Cardiorete 2011


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Sibilio

IL PUNTO SULLE TROPONINE

*Gerolamo Sibilio, *Luigi Cavuto, § Francesco Sibilio
*Unità Operativa UTIC -Cardiologia -
Presidio Ospedaliero S. Maria delle Grazie- Pozzuoli (NA)-ASL Napoli 2 Nord
§ Seconda Università Studi Napoli (SUN)



Introduzione
Dopo la perdita dell'integrità del sarcolemma, le macromolecole intracellulari dei cardiomiociti (markers cardiaci biologici) diffondono nello spazio interstiziale, nei vasi linfatici e nel microcircolo per poi raggiungere la circolazione periferica (1).
Le cinetiche di rilascio dei vari marcatori biologici dipendono prevalentemente dalla loro localizzazione intracellulare (compartimentalizzazione) e dal loro peso molecolare (1).
Fino a 20 anni fa', per la diagnosi retrospettiva di necrosi miocardica, venivano utilizzati esami di laboratorio quali i metodi enzimatici per la misura delle attività catalitiche della creatinchinasi (CK) e della lattico-deidrogenasi (LDH). Negli ultimi anni si sono sviluppati marcatori di danno miocardico più sensibili e specifici, quali le troponine cardiache (cTn). Esse si sono dimostrate utili, non soltanto perché soddisfano molti criteri di un ideale marker biologico, ma anche perché conferiscono informazioni prognostiche ed aiutano nell'algoritmo terapeutico dei pazienti con Sindromi Coronariche Acute (SCA) (2).

Background biochimico e fisiopatologico
Il complesso troponinico gioca un ruolo critico nel processo di accoppiamento eccitazione-contrazione del muscolo striato ed è formato da 3 subunità proteiche, la cui nomenclatura deriva dalle rispettive funzioni nella contrazione muscolare: la troponina C (TnC) si lega ai calcio-ioni, la troponina I (TnI) si lega all'actina ed inibisce le interazioni actina-miosina e la troponina T (TnT) si lega alla tropomiosina, attaccando in tal modo il complesso tropomiosinico al filamento sottile.
Alla luce di studi sperimentali si ritiene che circa il 6% della TnT ed il 2-3% della TnI siano disciolte nel citosol (1).
In considerazione dei protocolli di preparazione utilizzati nei suddetti modelli sperimentali e della scarsa solubilità di entrambe le Tn nel citoplasma fortemente idrofilo, un migliore termine per definire tale quantità (approssimativamente circa il 5% del contenuto totale delle cTn) è probabilmente "pool con rilascio precoce" in virtù del fatto che tali proteine appaiono "meno fortemente" legate ai miofilamenti e perciò possono essere più facilmente rilasciate (3).
Benché le TnI e TnT siano presenti sia nel muscolo cardiaco che in quello scheletrico, nei due tipi di muscolo sono codificate da geni differenti (tre geni diversi, rispettivamente nelle fibre muscolari rapide, in quelle lente ed in quelle cardiache): ciò comporta una sequenza aminoacidica diversa e quindi la sintesi di proteine immunologicamente distinte (4). Questo ha permesso di mettere a punto, per l'uso clinico, dei test immunoenzimatici (ELISA), per dosare la concentrazione sierica delle troponine cardiache I (cTnI) e T (cTnT).
La TnC è codificata da due geni, uno specifico per le fibre muscolari rapide ed un secondo espresso sia nelle fibre muscolari lente che in quelle cardiache (4). Conseguentemente, nel muscolo scheletrico differenziato, sono espresse le isoforme muscolari scheletriche e cardiache.
Non è stato sviluppato, quindi, alcun metodo quantitativo per la componente C, in quanto le sequenze aminoacidiche della TnC cardiaca e muscolare (fibre muscolari lente) sono identiche (4).
Quando sopravviene un danno dei cardiomiociti, vengono rilasciate per prime le cTn del "pool a rilascio precoce", seguite da una dismissione prolungata delle cTn legate ai miofilamenti danneggiati ("pool strutturale") (3). Il miocardio necrotico libera queste cTn nel torrente circolatorio, sia in forma intatta che come prodotti di degradazione proteolitica.
Inoltre le cTn si possono trovare in circolo sia come forme libere sia come complessi (la forma predominante è il complesso cTnI-cTnC ).
In definitiva, in virtù della loro espressione di isoforme cardiospecifiche, le cTnI e le cTnT, una volta che sono rilasciate nel sangue, devono considerarsi come markers altamente specifici di danno miocardico.

cTn e diagnosi di infarto acuto del miocardio (IMA)
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha tradizionalmente richiesto, per la diagnosi di IMA, la presenza contemporanea di almeno due criteri diagnostici su tre: sintomatologia clinica "tipica", modifiche elettrocardiografiche ed incremento degli "enzimi cardiaci"(essenzialmente CK totale o la sua attività isoenzimatica MB) (5).
Nel settembre 2000 le commissioni congiunte della Società Europea di Cardiologia (ESC) e dell'American College of Cardiology (ACC), hanno definito un documento di consenso per una nuova definizione dell'IMA (6). Considerata la quasi assoluta specificità delle cTn per il tessuto miocardico e la loro elevata sensibilità anche per zone microscopiche di necrosi miocardica (fino ad 1 grammo di tessuto), le cTn sono state definite dalla Commissione ESC/ACC come i markers biologici preferiti (il nuovo gold standard) per la diagnosi di IMA.
La definizione dell'IMA da parte dell'ESC/ACC richiedeva l'incremento e la riduzione del marker biochimico di necrosi miocardica (Tn), insieme con altri criteri quali "sintomi ischemici", sviluppo di onde Q patologiche, modifiche elettrocardiografiche di tipo ischemico o procedure interventistiche.
Veniva altresì raccomandato di utilizzare, come limite alto di riferimento (upper reference limit), un singolo "cut-off" pari al 99o percentile dei valori misurati in una popolazione normale di controllo, con un livello di imprecisione (coefficiente di variazione) ritenuto accettabile < 10% (6).
Veniva indicato che le determinazioni delle Tn dovevano essere effettuate all'atto del ricovero e dopo 6 e 12 ore, in caso di negatività dei campioni ematici, ma in presenza di condizioni cliniche fortemente suggestive di ischemia miocardica (6).
Successivamente, tuttavia, è stato precisato che la curva temporale del rilascio del marcatore non era indispensabile per la diagnosi di IMA ed anzi avrebbe impedito talora la corretta classificazione di molti casi, giunti sia precocemente che tardivamente (2).
Nei pazienti in cui le variazioni temporali non erano coerenti con l'esordio dei sintomi, allorché era presente un'unica determinazione troponinica od un andamento a plateau del rilascio del marcatore bioumorale, era necessaria una evidenza strumentale dell'origine ischemica del danno miocardico (2).
Nelle recenti linee-guida sulla "Definizione universale di infarto del miocardio" della Task Force Congiunta ESC/ACCF/AHF/WHF viene ribadito che la diagnosi di IMA viene posta quando nel contesto clinico-strumentale di un'ischemia miocardica acuta (sintomatologia, ecg, metodiche di imaging), i livelli plasmatici delle cTn risultano elevati, con andamento in incremento e/o decremento (7). Nello stesso Documento viene proposta una classificazione clinica di 6 differenti tipi di IMA. In particolare i livelli di cut-off delle cTn, per individuare un IMA post-PCI (classificato come tipo 4A) o post by-pass aorto-coronarico (classificato come tipo 5), sono rispettivamente > 3 x 99o percentile e > 5 x 99o percentile, cioè multipli del cut-off utilizzato per la diagnosi dell'IMA spontaneo (classificato come tipo 1) (7). Viene confermato altresì, che, dopo la prima valutazione della cTn (generalmente alcune ore dopo l'esordio dei sintomi), il secondo controllo del marcatore bioumorale dovrebbe essere effettuato dopo 6-9 ore; in alcuni pazienti con condizioni cliniche di forte sospetto di IMA un ulteriore prelievo andrebbe eseguito tra la 12 e la 24 ora dall' esordio dei sintomi (7).Per il riconoscimento di un reIMA, in cui era precedentemente raccomandato di ricorrere a marcatori, dotati di cinetica di rilascio più limitata nel tempo, quali la mioglobina o la CKMB, viene proposto, nelle suddette linee-guida, l'utilizzo della determinazione sierica della cTn- nei pazienti con sintomi e segni di recidiva infartuale- immediatamente e dopo 2-6 ore dalla sintomatologia clinica (7).
Un incremento della cTn > 20% alla seconda misurazione deve essere considerato significativo ai fini della diagnosi di recidiva infartuale.

Tab. I. Cause non ischemiche di incremento delle cTn sieriche (2)

¢ Danno correlato ad ischemia miocardica secondaria (IMA di tipo 2)
Tachicardia o bradicardia
Dissezione aortica o valvulopatia aortica severa
Ipotensione o ipertensione, es. shock emorragico,
crisi ipertensiva
Scompenso cardiaco acuto e cronico, in assenza di coronaropatia severa associata
Cardiomiopatia ipertrofica
Tromboembolia polmonare severa o ipertensione polmonare
Vasculiti coronariche, es, LES
Disfunzione endoteliale coronarica in assenza di coronaropatia, es. secondaria ad abuso di cocaina
¢ Danno non correlato ad ischemia miocardica
Contusioni cardiache
Incisioni cardiache secondarie ad interventi chirurgici
Ablazione con radiofrequenza o crioablazione
Rabdomiolisi con coinvolgimento cardiaco
Miocarditi
Agenti cardiotossici (es.terapia con antracicline), Intossicazione da monossido di carbonio
Ustioni importanti (> 30% della superficie del corpo)
¢ Gruppo indefinito o multifattoriale
Sindrome di tako-tsubo
Insufficienza renale
Severe patologie neurologiche acute
Traumi
Patologie infiltrative (es. amiloidosi, sarcoidosi)
Sforzo strenuo
Sepsi
Insufficienza respiratoria acuta
Shock frequenti da parte del defibrillatore

Modificata da Tygesen ed al. (7)

Non c'è una differenza sostanziale tra cTnT e cTnI: entrambe compaiono in circolo dopo 3-4 ore dall'evento acuto; la prima presenta un'emivita di circa 10-14 giorni; la seconda un'emivita di 7-10 giorni. Entrambe sono quindi importanti nella valutazione di una sospetta SCA, avvenuta talora fino a 2 settimane precedenti (2). Nelle SCA senza sopraslivellamento del segmento ST le elevazioni delle Tn si risolvono in genere in 48-72 ore.
Secondo alcuni autori il wash-out della cTnI non sarebbe alterato rispetto a quello della cTnT, nei casi di insufficienza renale cronica (2).
Esistono isoforme fetali della cTnT (nel muscolo scheletrico danneggiato e "rigenerato"), che erano individuate dai Kit di I generazione: tale problematica tecnica è stata superata dai nuovi Kit, che impiegano anticorpi altamente specifici per il "danno miocardico adulto" (3).
E' opportuno rimarcare che per la loro elevata sensibilità le cTn consentono la diagnosi di danno miocardico in circa un terzo dei pazienti che si presentano con SCA, senza una concomitante elevazione della CKMB (8).
Un test troponinico positivo, in pazienti con SCA con ST non persistentemente sopraslivellato, è associato ad un rischio di morte ed IMA non fatale quattro volte superiore di quello evidenziato in pazienti con test troponinico negativo (9-11).
E' importante sottolineare come qualsiasi incremento delle cTn sia associato ad un incrementato rischio di morte e reIMA; il rischio di morte è correlato con il grado di elevazione delle cTn (9-11). Pazienti con livelli molto elevati di cTn presentano elevata mortalità, ma un modesto rischio di reIMA. Un rischio aumentato è evidenziabile anche nei casi di modesti incrementi delle cTn, in presenza di un normale valore della CKMB ("danno cardiaco minore o microinfarto") (9-11).
In uno studio prospettico canadese su 4627 pazienti, all'analisi multivariata un incremento delle cTn e non delle CK/CKMB era indipendentemente associato con un incremento della mortalità ad un anno (12).
Il rischio aumentato, associato ad elevati livelli di cTn, è indipendente ed incrementale rispetto ad altri parametri prognostici, quali l'ecg ed i markers infiammatori.
E' importante ricordare che esistono molte condizioni, in cui si manifestano incrementi delle cTn in assenza di evidenze clinico-strumentali di ischemia miocardica (Tabella I) (7).
I suddetti contesti clinici, in cui è presente un "danno miocardico non ischemico", sono associati comunque ad una prognosi peggiore. Questi incrementi del marcatore bioumorale non dovrebbero essere considerati test falsamente positivi, ma riflettono piuttosto l'elevata sensibilità del marker.
Veri "falsi positivi", invece, sono stati riscontrati per le cTnT nel setting di miopatie e di insufficienza renale cronica e per le cTnI in condizioni correlate ad interazioni immunologiche con filamenti di fibrina ed anticorpi eterofili.
Le cTn, oltre ad essere importanti nella stratificazione del rischio, si sono rivelate determinanti nella guida delle decisioni terapeutiche. Recenti trials hanno infatti dimostrato che i pazienti con SCA senza sopraslivellamento persistente del segmento ST beneficiano del trattamento farmacologico con eparine a basso peso molecolare, inibitori glicoproteici IIb/IIIa, clopidogrel e di una "strategia precocemente invasiva", mentre tale beneficio non è stato osservato nei pazienti senza elevazione della cTn (13).

Limiti dei metodi di dosaggio delle cTn
Uno dei problemi più rilevanti, derivanti dall'utilizzo routinario delle Tn, è sicuramente l'individuazione del cutt-off decisionale.
Nel 1999 la "National Academy of Clinical Biochemistry" ha proposto due cut-off per il dosaggio delle cTn, confrontando i dosaggi delle cTn con quelli della CKMB: il limite di riferimento, definito come il 97.5o percentile dei valori misurati in una popolazione di controllo ed un limite più alto per individuare un infarto del miocardio, definito come il livello di cTn misurato in pazienti i quali, sulla base della determinazione della CKMB rientravano nei criteri tradizionali di IMA secondo la WHO (14).
Come precedentemente specificato, le commissioni congiunte ESC/ACC hanno successivamente raccomandato, per la diagnosi di IMA, un solo cut-off, definito come un livello che eccedesse il 99o percentile dei valori misurati in una popolazione normale di controllo, con un coefficiente di variazione (CV) < 10% (6). Tale approccio è stato confermato dalle recenti linee-guida sulla "Definizione universale dell'infarto del miocardio" (7).
Tuttavia tali caratteristiche analitiche non erano soddisfatte da nessuno dei metodi di dosaggio delle cTnI e cTnT, presenti al momento in cui erano state pubblicate le prime raccomandazioni.
I kit per la cTnT sono prodotti in commercio da una singola Ditta ed hanno valori di cut-off relativamente uniformi, con un alto grado di riproducibilità; per la cTnI esiste una maggiore variabilità intra-analitica, dovuta a differenti specificità di anticorpi per evidenziare cTnI libera o legata ai filamenti. Per la cTnI la mancanza di standardizzazione è determinata dalla presenza in commercio di più di 15 Ditte, che impiegano diversi anticorpi con differenti epitopi.
Un'altra sorgente di errore è l'imprecisione analitica: da un punto di vista pratico i kit in commercio non riescono a fornire il livello di imprecisione previsto dal documento ESC/ACC (CV < 10% alla concentrazione pari al 99o percentile). Ciò comporta che per la diagnosi di IMA debbano essere utilizzate concentrazioni più elevate di Tn, corrispondenti alla concentrazione minima, per la quale il CV è < 10%.
A titolo esemplificativo il sistema Beckman Access II Generazione ha come livello decisionale per la diagnosi di IMA, come suggerito dal Comitato Congiunto ESC/ACC, cioè il 99o percentile, una concentrazione di 0.04 microgrammi/L, mentre presenta una concentrazione di 0.06 microgrammi/L, associata ad un CV del 10% (15).
In altri Kit presenti in commercio l'influenza dell'imprecisione analitica è molto più elevata, con una differenza più marcata delle concentrazioni dei cut-off, precedentemente considerati (la concentrazione associata ad un CV del 10% è talora fino a 9 volte maggiore). In tale modo si riduce la sensibilità clinica dei Kit in commercio, ma aumenta la specificità (riduzione di "falsi positivi") (15).
I problemi analitici non sono completamente risolti in quanto:
1) non tutti i sistemi presenti in commercio garantiscono gli stessi standard;
2) non sono fornite talora dai foglietti informativi informazioni adeguate;
3) esistono dei Kit che riportano ancora il 97.5o percentile.
Nell'ultima situazione sono spesso riportati due cut-off: uno per il cardiaco minimo, l'altro per l'IMA. Sarebbe auspicabile che quest'ultimo, anche per problematiche di natura medico-legale, venisse riportato nel range del Laboratorio come cut-off di "necrosi miocardica" in senso lato, da valutare poi nell'ambito del contesto clinico.
In definitiva, il cardiologo clinico, in caso di utilizzo delle cTnI, dovrebbe sempre far riferimento ai valori di concentrazione che sono specifici per il particolare Kit utilizzato nel proprio Laboratorio.

Metodi ad alta sensibilità ("ultrasensibili") di misurazione delle cTn
In questi ultimi anni le Ditte produttrici di Kit per il dosaggio delle cTn hanno sviluppato metodi sempre più ad alta sensibilità analitica, al fine di soddisfare le specifiche di qualità, raccomandate dalle linee-guida (16). Si è passati, nel tempo, dai sistemi di determinazione della Tn di 1a generazione, a quelli di 3a generazione che utilizzano Tn ricombinanti nuove per la standardizzazione.
L'aumento della sensibilità diagnostica (migliore precisione analitica alle basse concentrazioni) infatti ha consentito di soddisfare i criteri analitici per la diagnosi di IMA (coefficiente di variazione del metodo < 10% alla concentrazione corrispondente al 99o percentile di una popolazione di riferimento). I nuovi metodi "ultrasensibili" possono evidenziare cocentrazioni di cTn 10-100 volte più basse del limite precedente.
Con i nuovi metodi ad alta sensibilità, si è dimostrato la cTn è misurabile anche nel soggetto apparentemente sano (16).
Viene dunque a cadere il paradigma precedente, per cui qualsiasi concentrazione di cTn, misurabile nel sangue, individuava un danno miocardico (paradigma sulla base del quale la cTn ha sostituito la CKMB nella diagnosi di IMA). Le minime quantità di cTn, talora rilevate nel sangue erano, infatti, precedentemente attribuite all'imprecisione analitica (livello di noise dell'apparecchiatura).
Secondo Apple i metodi analitici più diffusi in commercio (I livello) misurerebbero valori significativi di cTnI e cTnT in meno del 50% dei soggetti, mentre con i nuovi metodi di misura ad alta sensibilità (terza generazione o IV livello) si potrebbero misurare livelli significativi in quasi tutta la popolazione di controllo (> 95%) (17).
Viene attualmente ipotizzato che il meccanismo fisiopatologico, che spieghi la presenza in circolo di quantità di Tn, in soggetti normali, sia un processo di rimodellamento (necrosi, apoptosi), che avviene in tutti gli organi, compreso il cuore. Tale processo potrebbe essere accelerato da un'intensa attività fisica (atleti dopo gare di resistenza) e dall'invecchiamento (3, 17).
Nel caso, invece, di danni tissutali, al momento considerati reversibili, nel senso che non portano necessariamente a necrosi dei miocardiociti (es. dopo ischemia da sforzo e deficit perfusivi documentati alla tomoscintigrafia miocardica), il meccanismo ipotizzato è quello della formazione di vescicole (blebs) che potrebbero veicolare alcune componenti citoplasmatiche, liberando il contenuto in circolo senza determinare necrosi del miocardiocita. Dunque i miocardiociti "anossici," analogamente a quanto già descritto per gli epatociti, potrebbero formare vescicole, in grado di versare il loro contenuto ( rilevabile con i sistemi analitici delle cTn di terza generazione) in circolo (17).
All'inizio degli anni 2000 si è affermato che la Tn potesse individuare anche una necrosi di 1 gr. di tessuto miocardico ed è divenuto il marcatore miocardico di riferimento per la diagnosi di IMA.
Attualmente con i nuovissimi metodi ad alta sensibilità è verosimile che si possa misurare una quantità di proteina presente nei cardiomiociti, che corrisponde ad 1 mg. di tessuto.
Al momento non esiste alcuna metodica di imaging, per quanto sofisticata e costosa, che abbia la stessa sensibilità del dosaggio delle cTn con metodi ad alta sensibilità (17).
Le metodiche di misurazione delle cTn di terza generazione hanno dimostrato di migliorare l'accuratezza diagnostica, consentendo di identificare un numero maggiore di pazienti con SCA, rispetto alle cTn tradizionali e permettendo una diagnosi più precoce di IMA.
Inoltre una percentuale di pazienti (circa il 20%), con precedente diagnosi di angina instabile, hanno un IMA, alla luce dell'utilizzo delle cTn "ultrasensibili" di terza generazione; di converso è possibile escludere nel DEA un IMA, con un elevato potere predittivo negativo (18-19).
ll potere predittivo negativo è > del 95% per misurazioni fatte all'ingresso ed è sovrapponibile a quanto ottenuto precedentemente con misurazioni seriate delle cTn di I generazione (21). Nel setting di pazienti con presentazione molto precoce ("very early presents") è possibile il riscontro di falsi negativi; tuttavia un secondo campione a 3 h. aumenta la sensibilità del marcatore fino al 100% (21).
E' stato recentemente proposto, nelle linee-guida ESC 2011 sul "Trattamento delle SCA con ST non persistentemente sopraslivellato" il seguente work-up diagnostico, nei pazienti che si presentano, con dolore toracico, con insorgenza < 6 ore (21):
" due prelievi di cTn, rilevate con sistemi "ultrasensibili" (test all'ingresso e re-test 3 ore dopo), inferiori al limite normale di riferimento, escludono un IMA al 100%;
" qualora, nello stesso contesto clinico, il primo test evidenza valori lievemente superiori al limite di riferimento ed il 2 test non mostra variazioni ("delta"di incremento) significative, bisogna escludere altre cause ("non ischemiche") di aumento delle cTn;
" se, invece, il 2 prelievo mostra un "delta" di incremento significativo, viene diagnosticato un IMA e consigliata una "strategia invasiva "(cateterismo cardiaco);
" se sono presenti concentrazioni molto elevate di cTn all'ingresso, associate al contesto clinico, viene diagnosticato un IMA e consigliata una "strategia invasiva".
Nel Congresso Europeo di Cardiologia dell'agosto 2011, un gruppo di ricercatori svizzeri ha comunicato i risultati preliminari di un trial in corso, cioè lo studio APACE (Advantageous Predictors of ACS Evolution), in cui ha sviluppato un semplice algoritmo, per coloro che si presentano nell'Emergency Room con sospetta SCA, entro 12 ore dall'insorgenza dei sintomi. In particolare ha evidenziato che la variazione assoluta della concentrazione di cTn, rilevata con metodiche "ultrasensibili", ad 1 ora dalla presentazione, era più discriminante, ai fini diagnostici, rispetto alla variazione percentuale di incremento (nella fattispecie la variazione assoluta era > 0,005 microgrammi /L). Le modifiche delle concentrazioni di cTn oltre la 1 ora non sembravano incrementare la sensibilità del protocollo diagnostico.
Le cTn, rilevabili con metodi "ultrasensibili", analogamente a quelle misurabili con metodiche di I generazione, consentono una stratificazione del rischio nell'ambito delle SCA (valore prognostico a 30 giorni ed ad 1 anno). L'aumento del rischio, per l'incremento delle cTn rilevate con metodiche "ultrasensibili", è indipendente ed incrementale rispetto ad altri fattori di rischio (ecg o markers flogistici) (21). I valori di cTn, rilevate con metodiche ad alta sensibilità, sono da interpretare come una variabile continua e non come una variabile che individui il paziente" positivo" e/o quello "negativo": anche valori seriati in incremento, superiori al limite di rilevamento della metodica, ma < 99o percentile hanno un importante ruolo prognostico.
Analogamente alle "cTn tradizionali", l'incremento delle "ultrasensibili" rappresenta un indicatore di rischio più elevato e di prognosi peggiore (aumento di eventi futuri, incluso la morte), anche nell'ambito di uno spettro ampio di patologie cardiovascolari non ischemiche.
Le cTn ad elevata sensibilità possono essere utilizzate come biomarkers anche nella prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari ed è ipotizzabile un ruolo futuro, accanto ai fattori di rischio tradizionali.
I pazienti che presentino aumento delle concentrazioni di cTn ad elevata sensibilità e normali concentrazioni (< al 99o percentile) con i test tradizionali, in un contesto clinico di ischemia miocardica, possono esprimere un danno cardiaco subclinico e sono correlati ad una prognosi peggiore nel follow-up (IMA o mortalità) (18).
Non è ancora completamente definito il ruolo di una strategia interventistica precoce nei pazienti che manifestano incrementi lievi delle cTn, rilevate con metodi ad alta sensibilità.
Sono stati proposti dei sistemi analitici "a letto del paziente" (bedside biomarker testing), soltanto se l'intervallo temporale della risposta del Laboratorio ospedaliero è > 60' (21).

Problematiche relative ai metodi "ultrasensibili" di misurazione delle cTn
Le problematiche più rilevanti, relative alla diffusione in commercio dei metodi "ultrasensibili" di rilevazione delle cTn, sono:
¢ L' individuazione di una popolazione sana di riferimento.
Le industrie, per "testare" i metodi di misurazione "ultrasensibile" delle cTn, hanno selezionato prevalentemente una popolazione di riferimento "sana", privilegiando soggetti con età < 71 anni, apparentemente sani (18).
I valori delle cTn, tuttavia, variano in rapporto al sesso (sono più elevati negli uomini) ed all'età (sono più elevati nei pazienti anziani). Nei pazienti con età > 70 anni sono misurabili concentrazioni di cTn > 99o percentile, in assenza di patologie cardiache acute in atto: ciò rappresenta un fattore confondente rilevante, in quanto tale setting di pazienti rappresenta epidemiologicamente la maggioranza di coloro che afferiscono in pronto soccorso (18).
¢ L' incremento dei ricoveri in Utic di pazienti con incrementi delle cTn rilevate con metodica "ultrasensibile", in assenza di IMA.
Molti pazienti, con incrementi della cTn non riferibili ad IMA (l'elenco si è notevolmente accresciuto negli anni), hanno spesso una sintomatologia acuta ed una variazione del marcatore bioumorale (aumento e/o decremento), indistinguibile da quello riscontrabile nei pazienti con IMA. Pazienti con coronaropatia cronica, insufficienza renale cronica, ipertrofia ventricolare sinistra e scompenso cardiaco possono avere, d' altra parte, un' elevazione persistente delle cTn, misurate con metodi "ultrasensibili".
In un gruppo di pazienti con scompenso cardiaco, è stato riscontrato, ad esempio, un incremento della cTn con metodi ultrasensibili >8-9 volte (> 90% della popolazione esaminata), rispetto a quanto rilevato con misurazione della cTn con metodica tradizionale (2).
E' difficile la distinzione tra danno acuto e cronico con il cut-off proposto dalle linee-guida sulla "Definizione universale dell'infarto del miocardio" che prevede- come detto precedentemente- un aumento delle concentrazioni della cTn > 20% in due prelievi successivi.
E' verosimile che questo cut-off andrà modificato alla luce dell'avvento delle cTn rilevate con metodiche "ultrasensibili"( è stato proposto da alcuni autori, come significativo, un incremento tra il 50%-100% in due prelievi successivi).
Nelle recentissime linee-guida ESC sul "Trattamento delle SCA senza sopraslivellamento del segmento ST", si specifica che la variazione della cTn deve eccedere la naturale variazione biologica e necessita di essere definita per ogni metodica analitica utilizzata (21).
¢ L' aumento delle consulenze cardiologiche, con difficoltà a definire sovente, con certezza, la patologia cardiaca sottostante responsabile dell'elevazione della cTn rilevata con metodiche "ultrasensibili".
Nessuna metodica di imaging (cRM, TC multislice, coronarografia) può allo stato individuare il danno cardiaco (fino a 1 mg. di tessuto) evidenziato dalle cTn "ultrasensibili". Manca di fatto il gold standard diagnostico strumentale.
¢ Bassa specificità in pazienti con prevalenza di patologie cardiovascolari acute, che possono influenzare l'incremento (non "ischemico") delle cTn rilevate con metodiche "ultrasensibili".
La performance del test rimane condizionata dalla prevalenza della malattia. La misura delle variazioni temporali nello stesso paziente potrebbe migliorare l'accuratezza diagnostica della metodica, nel distinguere tra danno acuto e cronico, oppure tra danno ischemico e non ischemico.
Per tali considerazioni viene recentemente raccomandato, dal Gruppo di studio sui biomarkers in Cardiologia dell' ''ESC Working Group on Acute Cardiac Care", un atteggiamento di prudenza, prima di introdurre routinariamente nell'ambito clinico l' utilizzo delle metodiche di rilevazione "ultrasensibili" delle cTn (3).



Conclusioni
Anche nell'"era troponinica" la diagnosi di IMA rimane ancora clinica: l'incremento di tale marcatore bioumorale di necrosi miocardica deve infatti manifestarsi in un contesto clinico-strumentale di ischemia miocardica acuta.
Al momento nessun test diagnostico riesce a discriminare tra eziologia ischemica e non ischemica di danno miocardico. E' raccomandata pertanto la determinazione delle cTn, solo nei casi di probabilità medio-alta (approccio bayesiano) di ischemia miocardica acuta, per limitare il numero dei pazienti con danno miocardico in contesti differenti dall'IMA. Una determinazione indiscriminata delle cTn, in pazienti valutati in una situazione clinica di urgenza ("all-comers"), è sconsigliabile, in quanto determina un incremento del carico di lavoro dei cardiologi, un aumento di ricoveri inappropriati nelle Utic, con contenziosi giornalieri intraospedalieri e problematiche di ordine medico-legale.E' fonte di errore diagnostico l' approccio mentale che considera equivalenti l'incremento delle cTn e l'IMA. L'introduzione nel commercio di sistemi di analisi delle cTn con metodi "ultrasensibili" aumenta fortemente la sensibilità della metodica, facilitando una diagnosi più precoce dell' IMA, con un incremento dell'accuratezza diagnostica. In caso di disponibilità di questi nuovi test, è stato recentemente raccomandato, nelle linee-guida ESC 2011 sul "Trattamento delle SCA con ST non persistentemente sopraslivellato" il suddescritto algoritmo diagnostico (0-3 h. protocol), che sfrutta l'elevato potere predittivo negativo del test (fast-track rule-out strategy), ai fini della diagnosi e della stratificazione prognostica delle SCA (Classe I; Livello di raccomandazione B) (21).
Il triage dei pazienti con sospetta SCA è time-consuming. Tali sistemi di analisi "ultrasensibili" delle cTn possono consentire una diagnosi più rapida, cioè nelle prime 3 ore dall'insorgenza dei sintomi ("troponin-blind period"), rispetto alle 6 ore, attualmente raccomandate dalle linee-guida sulla "Definizione universale dell'infarto del miocardio" con l' utilizzo delle metodiche attualmente più diffuse. Ciò potrà consentire un migliore trattamento dei pazienti ed una riduzione dei costi ospedalieri.Tuttavia la riduzione della specificità, con l'incremento dei falsi positivi, potrebbe rappresentare un problema, determinando quelle che sono state preconizzate, da taluni autori, come "epidemie virtuali" di SCA (18). La maggiore criticità legata alla diffusione di tale metodica "ultrasensibile" di misurazione della cTn potrebbe essere la distinzione dei pazienti con IMA da quelli con patologie associate ad un danno miocardico acuto.L'impiego delle cTn con metodiche "ultrasensibili" potrà migliorare la diagnosi, la stratificazione prognostica ed il trattamento delle malattie cardiovascolari, purchè i risultati degli esami siano interpretati dal cardiologo con cautela e sempre alla luce del contesto clinico.

BIBLIOGRAFIA

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