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LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE NELLO SCOMPENSO CARDIACO
Soccorso Capomolla
Polo Specialistico Riabilitativo Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus
Sant'angelo dei Lombardi
Il contesto
Lo scompenso cardiaco cronico (SCC) è una sindrome che determina una riduzione della capacità funzionale, una cattiva qualità della vita ed una ridotta sopravvivenza. La sua incidenza e prevalenza sono nettamente aumentate nei paesi industrializzati(1). Le cause di quest'aumento vanno ricercate, da una parte nell'incremento dell'età media della popolazione e dall'altra nella migliore gestione in fase acuta delle patologie condizionanti tale sindrome clinica(2).
Negli Stati Uniti è stato valutato che circa tre milioni d'individui sono affetti da SCC, mentre in Italia lo studio SEOSI ha dimostrato come, mediamente, ogni anno nei reparti cardiologici siano ricoverati circa 65000 pazienti con scompenso cardiaco cronico(3). Per altro, questi ultimi rappresentano solo una piccola parte dei pazienti affetti da SCC nel nostro Paese, poiché la maggioranza afferisce ad altre Divisioni Mediche o Geriatriche. Un'analisi comparativa delle SDO, tra il 1996 ed il 2001, ha evidenziato un incremento del DRG 127 del 39.5% che è diventato il terzo DRG più frequente nell'epidemiologia ospedaliera. L'analisi della valorizzazione economica, evidenzia che il DRG 127 è quello che determina il maggiore assorbimento di risorse tra i primi tre DRGs più frequenti(4).
E' inoltre noto che il 78% di pazienti con SCC subisce mediamente due ricoveri l'anno per instabilizzazione emodinamica(5). Ciò evidenzia la forte domanda sanitaria per tale patologia, alla quale è data spesso una risposta inappropriata o carente (6) con un elevato consumo annuale di risorse 7,8. Negli USA, quest'ultimo raggiunge i 18 milioni di dollari, di cui circa 2/3 spesi per riospedalizzazioni causate da instabilizzazioni cliniche (9).
Studi d'economia sanitaria rilevano la necessità di ridurre tale spesa contenendo soprattutto l'accesso ripetuto a strutture ospedaliere per acuti (10). Queste considerazioni impongono quindi la necessità di ridisegnare percorsi sanitari, che possano determinare un contenimento delle risorse senza, peraltro, diminuire la qualità della prestazione sanitaria.
Allo stato attuale, in Italia, la gestione di questa patologia cronica presenta diversi punti di criticità. Il primo è legato al nuovo modo di distribuzione delle risorse: l'introduzione del pagamento per prestazione impone la gestione della fase acuta di tale sindrome, penalizzando l'approccio multidisciplinare e la continuità assistenziale che tendono a stabilizzare la fase cronica. Il secondo è correlato alla rete sanitaria: com'evidenziato recentemente dai dati di studi osservazionali quali il TEMISTOCLE e l'OSCUR solo circa il 30% di pazienti affetti afferisce in divisioni di cardiologia (11). Una recente Survey europea ha evidenziato, analogamente, come la domanda sanitaria attinente lo scompenso cardiaco sia gestita dai cardiologi solo nella misura del 43% (12). Ciò comporta una gestione disomogenea per quanto riguarda sia i percorsi valutativi sia quelli terapeutici. In particolare i dati del data-base IN-CHF dell'ANMCO dimostrano come attualmente il percorso di stratificazione del rischio in questa popolazione, anche in ambiente cardiologico, rimanga carente (13). Infatti, solo il 65% dei pazienti ha eseguito un ecocardiogramma, e solo il 12%, un test cardiopolmonare; inoltre l'utilizzo di risorse, in termini di esami strumentali più complessi, è completamente svincolato dalla gravità clinica del paziente e/o dalla patologia di base della sindrome clinica (14). In Europa, solo il 63% dei pazienti ricoverati con diagnosi di scompenso ha eseguito un ecocardiogramma ed in questi gli indici di funzione sistolica erano riportati solo nel 46% dei referti (12). Il test cardiopolmonare è stato eseguito solo in una minorità di casi. L'informazione circa il timing di tali esami nella rimodulazione del rischio cardiaco vascolare è del tutto carente. Quando si considera l'intervento terapeutico, in Italia, solo il 16% dei pazienti assume beta-bloccanti mentre, seppur 85% dei pazienti assume ACE-Inibitori, ben il 52% l'assume a dosaggi inferiori al 50% della dose target dei trials (11). In Europa la prescrizione dell'ace inibitore nella popolazione con scompenso cardiaco è condizionata dal grado di disfunzione ventricolare; in riferimento al trattamento beta-bloccante è stata rilevata una forte disomogeneità della prescrizione tra i diversi paesi (15). Quando, poi, si analizza l'intervento terapeutico non farmacologico è possibile rilevare come il riposo sia prescritto nel 43.5% mentre l'attività fisica consigliata solo nel 3.9% (3). Del resto recenti evidenze scientifiche evidenziano come i risultati dei trials spesso possano non essere francamente rappresentativi dei "vissuto quotidiano" nella gestione di questa sindrome clinica (16). Tali distorsioni gestionali si traducono naturalmente in un alterato assorbimento delle risorse economiche dedicate con una riduzione dell'efficacia ed efficienza gestionale. Queste considerazioni rafforzano l'esigenza strategica di costruire modelli sanitari per la gestione di questa sindrome clinica che si facciano carico non già del bisogno acuto ed emergente del singolo paziente affetto, ma di programmi fortemente integrati in termini di organizzazione e processo di cura capaci di perseguire, mediante una rete della continuità assistenziale, un intervento preventivo che governi i bisogni e la storia naturale della sindrome clinica. In letteratura sono riportate esperienze incoraggianti che mostrano come modelli a basso consumo di risorse siano efficaci nell'indurre miglioramenti del quadro funzionale e della qualità della vita con riduzione delle ospedalizzazioni e delle loro durata.
La continuità assistenziale
Nel contesto sopra definito, è necessario ripensare i determinanti del risultato che, schematicamente, possono essere identificati nell'intervento terapeutico e nella continuità assistenziale. Nonostante il netto miglioramento dell'armamentario terapeutico, nella fase attuale, tale determinante sta conoscendo una fase di nadir; l'altro - la continuità assistenziale - costituisce uno snodo decisionale importante nel tentativo di ridefinizione dell'organizzazione dei processi sanitari inerenti lo scompenso cardiaco cronico. Il concetto di continuità assistenziale si struttura su due elementi pragmatici specifici: 1) il diritto alla salute e 2) l'organizzazione del processo sanitario che sottende l'applicazione dei percorsi diagnostico-terapeutici capaci di contrastare l'evoluzione naturale della sindrome clinica. In questa prospettiva la continuità assistenziale diventa un elemento strutturale di un modello di organizzazione dell'assistenza compatibile con le attuali disponibilità dei sistemi sanitari dei paesi moderni(17). Si rende, quindi, necessario l'istituto della "responsabilità derogata" ai diversi operatori ed ai servizi per la progettazione - in un sistema integrato - di modelli capaci di farsi carico delle diverse fasi del bisogno, utilizzando il supporto delle tecnologie telematiche e dell'automazione. Questo impone per ogni snodo gestionale un ripensamento della mission, la formalizzazione dell'area pertinente il progetto di cura, la definizione di indicatori di risultato, un miglioramento del processo comunicativo degli operatori sanitari, la formalizzzazione della presa in carico e della definizione del follow-up del paziente nella rete. Inoltre al referente istituzionale che esercita la clinical governance spetta l'onere di monitorizzare l'efficacia e l'efficienza della rete identificando punti di criticità che possono migliorare la gestione del paziente in una prospettiva di equilibrio economico(18). In questa dimensione, allora, la continuità assistenziale si esercita non solo in un contesto territoriale ma in tutte le fasi della sindrome Clinica e può interessare operatori e strutture diverse; Il suo carattere di eccellenza e di altà specialità saranno strettamente correlati ad elementi strutturali (vision 2000) ma soprattutto a contenuti clinici e gestionali della prestazione sanitaria. In uno sforzo di sintesi è quindi possibile identificare:
1) continuità nella gestione dell' evento acuto;
2) continuità nel corso della dimissione degenza ospedaliera e nel seguire la condizione clinica che l'ha determinata anche nel periodo postacuzie;
3) continuità rispetto ad un evento che ha indotto uno stato di cronicità e quindi richiede una pluralità di interventi in sedi e tempi diversi.
In ogni articolazione della continuità assistenziale è cruciale la ricerca di indicatori sensibili e specifici per sottrarre la valutazione degli interventi alla tradizionale genericità che ha accompagnato gli interventi in ambito sanitario e socio-assistenziale(19) . Non è impresa facile sia sul piano teorico (mancano studi precisi) sia su quello pratico; per l' operatore sanitario diventa un atto inderogabile quello di misurare i risultati ottenuti dal paziente durante il ricovero in riabilitazione ospedaliera ed extraospedaliera, in un day hospital, in un programma di assistenza domiciliare. Ancor più cruciale - nell'articolazione di una rete - è la ricerca di indicatori complessivi in grado di misurare per unità di tempo i risultati di salute transitando attraverso servizi diversi.
Continuità ed evento clinico acuto
L'operatore sanitario gestore del fatto acuto (medico generico, cardiologo, specialista di medicina interna), definito il progetto di cura, identifica il percorso diagnostico-terapeutico-riabilitativo che sottende l'intervento e ne pianifica la sua realizzazione. In questa fase gli elementi della continuità sono rappresentati: dalla valutazione strumentale, dal supporto decisionale, dalla rilevazione di outcomes gestionali, dalla definizione di punti aperti per la rete della continuità. Sul piano clinico l'adozione di linee guida per specifici aspetti diagnostici e terapeutici è una garanzia di continuità e di serietà rispetto ad ogni atto; la letteratura ha ampiamente dimostrato che una corretta implementazione di queste garantisce il raggiungimento di specifici outcomes, riducendo l'inappropriatezza gestionale. I dati dello studio Temistocle hanno evidenziato il limitato utilizzo della valutazione strumentale nell'iter decisionale. Dati del nostro centro evidenziano, del resto, che sebbene mediamente il paziente con diagnosi di scompenso cardiaco esegua 2.4 1.6 ecocardiogrammi, solo il 21% dei referti presenta dati inerenti la funzione diastolica ventricolare sx che si è dimostrato un sensibile marker diagnostico, prognostico e gestionale(20). I dati di letteratura hanno sottolineato come la valutazione emodinamica possa rappresentare un end-point surrogato con limitato valore prognostico; tuttavia nella fase di instabilizzazione l'unloading terapeutico con monitoraggio emodinamico si è dimostrato molto efficace sul piano gestionale(21); in questa prospettiva la semplice valutazione clinica ha evidenziato importanti limitazioni; l'integrazione del monitoraggio non-invasivo può costituire una valida modalità per supportare le decisioni cliniche dell'unloading. Dati ormai consolidati hanno evidenziato il ruolo come descrittore prognostico e decisionale del test cardiopolmonare(22,23); la sua integrazione con altre indagini permette una migliore caratterizzazione prognostica del paziente e del suo bisogno sanitario. Le recenti acquisizioni circa l'utilità di utilizzo di devices quale l' impianto di ICD, ha evidenziato - in una epoca di risorse finite - la necessità di una continua ricerca di markers sensibili per l'identificazione dei sottogruppi a rischio. Lo studio neurovegetativo si è dimostrato una accurata strategia nell'identificazione di sottogruppi a diverso rischio di eventi aritmici(24). Tale modo di operare diventa fortemente individualizzato consentendo , insieme ad altri markers funzionali, una forte personalizzazione del bisogno sanitario e dell'iter decisionale. l'ospedale rappresenta ancora il principale punto fermo oggettivo e nell'immaginario collettivo per una risposta alla sofferenza e alla malattia. Il Drg ha imposto una riduzione del tempo disponibile non utilizzato in maniera ottimale, riducendo i tempi di attesa per le indagini diagnostiche ed evitando attese inutili per eventuali decisioni cliniche. Questa ottimizzazione ha avuto un suo impatto condizionando una caduta della degenza media delle sindromi cardiache acute; per lo scompenso cardiaco, la degenza media è rimasta invariata intorno a 10 gg. Uno studio osservazionale sul percorso sanitario e terapeutico in 211 pazienti con instabilizzazione emodinamica afferiti presso L'unità per lo scompenso di montescano, ha evidenziato come dopo una degenza di 10 gg il 50% dei pazienti era ancora in terapia infusiva con diuretici e/o nitroprussiato, solo il 37% aveva eseguito un test cardiopolmonare; il 64% ed il 32% rispettivamente aveva in corso una titolazione ace-inibitore e beta bloccante. In questo scenario è ipotizzabile che la dimissione, nell'usual care, rappresenti una stabilità clinica ma non già il risultato di un intervento preventivo in termini di ottimizzazione terapeutica, stabilità emodinamica ed iter decisionale ( follow-up strutturato) capaci di ridurre la reospedalizzazioni. I Recenti dati osservazionali di epidemiologia ospedaliera in regione Lombardia evidenziano che il ricovero per scompenso è indotto nel 63% per autoriferimento del paziente alla struttura ospedaliera. E' verosimile ipotizzare che, quindi, la dimissione ospedaliera non sempre coincide con una condizione di salute raggiunta da parte del paziente. Non ultimo, Un altro aspetto particolare, ma non irrilevante per i suoi risvolti etici sotto il profilo dell'equità, è la garanzia per tutti i pazienti di continuità nelle attività diagnostiche e terapeutiche a prescindere del modello gestionale(cardiologia, medicina o riabilitazione ); anche in questo caso l'adozione di procedure condivise rappresenta per il paziente una garanzia migliore rispetto ad una sorveglianza economicistica della degenza . All'interno di un ospedale non possono essere ammesse disparità di trattamento per qualsiasi motivo, nemmeno clinico; il forte aumento della prevalenza di pazienti molto anziani ricoverati, spesso con compromissione delle funzioni cognitive e presenza di comorbilità , potrebbe infatti indurre anche non consciamente a percorsi assistenziali diversi. la continuità assistenziale durante la fase acuta si esercita, quindi anche nella valutazione multidisciplinare e multidimensionale capace di cogliere le comorbilità e i diversi gradi di compromissione funzionale che interagiscono in modo complesso con altre covariate nella determinazione dell'outcome in tale sindrome clinica( 25).
Continuità tra ospedale e territorio
Superato il fatto acuto, un'adeguata continuità assistenziale si esprime anche nell'appropriatezza e nella rapidità delle decisioni riguardanti la fase post-dimissione. L'invio al domicilio, in strutture riabilitative, richiede una definizione dei percorsi necessari a offrire continuità rispettivamente con il medico di medicina generale, con lo specialista di altri reparti ospedalieri o extraospedalieri, con i medici delle comunità, nonché con le altre figure sanitarie che in questa fase ricoprono ruoli rilevanti nel processo di cura e di riabilitazione. Purtroppo la prassi diffusa è molto carente su questo piano; la decisione spesso è raggiunta in base alla disponibilità di posti letto, piuttosto che alle necessità del paziente. Invece è ben noto come una corretta e rapida allocazione sia la principale garanzia di risultati positivi.
In questa fase l'aspetto principale è rappresentato dalla definizione dei punti aperti( criticità) del progetto di cura, in modo da mettere a disposizione del decisore dati precisi sui quali fondare il prosieguo del progetto di cura condiviso dal medico ospedaliero e da quello che assumerà le nuove responsabilità di cura. Questo aspetto sottende, anche, la definizione della mission dei diversi modelli( day-Hospital, ambulatorio, telemonitoraggio, assistenza domiciliare integrata, lungodegenza) che sono presenti sul territorio e degli strumenti attuativi di collaborazione tra gli operatori( lettera di dimissione, cartella clinica informatizzata condivisa, libretto sanitario magnetico, open access). Le aree di intervento sicuramente possono interessare l'ottimizzazione terapeutica, la gestione delle comorbilità, l'intervento educazionale, l'attività fisica. Esistono dati consolidati di letteratura che hanno evidenziato come questa modalità di operare riduca la morbilità e la mortalità di tale sindrome clinica. Nell'assenza di una apertura al territorio, il medico ospedaliero e quello di medicina generale non dispongono di informazioni sufficienti, per cui la decisione assume i contorni della precarietà, mettendo il paziente e la sua famiglia in una situazione di incertezza condizionante l'epidemiologia ospedaliera, come anche l'appropriatezza dell'accesso e del consumo di risorse( 26).
Continuità e cronicità
Le malattie croniche hanno condizionato un aumento della quantità di vita ma anche della complessità gestionale per la concomitante presenza di comorbilità che richiedono interventi sanitari ripetuti. Organizzare la continuità assistenziale diviene indispensabile sia per ragioni cliniche (garantire la continuità del processo di cura mediante la conoscenza dell'andamento clinico della sindrome) sia per motivazioni umane ed organizzative (il paziente che deve frequentemente ricorrere ai servizi sanitari è particolarmente esposto ad inappropriatezza diagnostica e decisionale, a difficoltà interpretative sui percorsi da seguire). In queste condizioni la figura del medico di famiglia con l'assetto organizzativo attuale, si è dimostrato inefficace al bisogno sanitario; tant'è che nello studio Temistocle la ospedalizzazione a sei mesi si è attestata intorno al 44%. La istituzione di un provider sarebbe indispensabile, per ragioni umane e di efficacia clinica; Studi di outcome research sui modelli gestionali hanno evidenziato come modelli a basso consumo di risorse possano integrare in modo efficace l'usual care. In questa prospettiva il provider ( che ha la funzione di governo della storia clinica e gestionale del paziente) diventa un supporto informato alle decisioni del medico di medicina generale. Questo nuovo assetto organizzativo rappresenterebbe l'elemento funzionale di raccordo dei modelli gestionali per l'attuazione del progetto di cura individualizzato. i sistemi telematici per la trasmissione dei dati potrebbero rappresentare l'elemento strutturale di questa fase della continuità assistenziale( 27).
Il punto cruciale, che rappresenta la svolta principale sul piano culturale ed umano, è la capacità di convincere la collettività (e quindi, a cascata, i programmatori, i gestori ed il personale di assistenza) che questo nuovo assetto non rapprenta un moltiplicatore di modelli e quindi di consumo di risorse bensi lo strumento di governo tra bisogno sanitario ed appropriatezza dell'offerta sanitaria più complessa.
I Soggetti della continuità Assistenziale
Le argomentazioni fini qui riportate evidenziano come la gestione dello scompenso cardiaco richieda un processo sanitario articolato, complesso, qualificato con l'uso di strutture, attrezzature e personale specificamente formato. Il dato epidemiologico ospedaliero per questa sindrome clinica, in Italia, risulta essere molto frammentato; solo il 30% dei pazienti afferisce in un ambiente cardiologico; la risultante quota è condivisa per il 60% nelle divisioni di medicina generale ed il restante 10% in altri reparti. L'analisi del percorso sanitario ha evidenziato una profonda eterogeneità in termini di valutazione strumentale, ottimizzazione terapeutica , gestione del follow-up ed outcomes a breve e lungo termine(10-15). la recente survey ISYDE ha evidenziato come la riabilitazione cardiologia presenti requisiti strutturali importanti per la costruzione del percorso sanitario con scompenso cardiaco cronico: competenze specifiche, iter strumentale a supporto decisionale, progetto di struttura capace di consentire l'interazione e l'integrazione multidisciplinare nel percorso sanitario(28). Intorno alle realtà riabilitative si sono sviluppano modelli gestionali a più basso consumo di risorse, ma contraddistinti dalle stesse competenze e funzione necessarie per il governo del processo sanitario attivato dalle diverse fase della sindrome clinica(29). Queste esperienze configurano la riabilitazione cardiologica - nel sistema sanitario nazionale - come un importante opportunità per la presa in carico di tale sindrome clinica. Tuttavia, perché tale opportunità venga colta ed utilizzata è necessario tenere conto di alcuni punti importanti:
1. Lo scompenso cardiaco, è una sindrome in netto incremento in termini di incidenza e prevalenza; in Italia rappresenta il 3° DRG in termini di frequenza; tra le sindromi cardiache è quella gravata di maggiore morbilità e mortalità; tale impegno epidemiologico ha coinciso con un netto impegno in termini di risorse economiche, costituendo Il primo DRG in termini di assorbimento di risorse.
2. Il processo sanitario nel paziente con scompenso cardiaco - capace di impattare l'epidemiologia della sindrome clinica - ha subito dal 1983 (anno di ingresso del sistema DRG) una notevole variazione in termini di valutazione diagnostica ed approccio terapeutico farmacologico e non-farmacologico cui è corrisposto un incremento dell'impegno organizzativo e dell'assorbimento di risorse configurando allo steso il carattere di intervento ad alta complessità..
3. Una recente indagine CENSIS sul federalismo sanitario ha evidenziato una difficoltà di accesso alla cura ( 62,8), la mancanza di assistenza al malato cronico( 19,3%), la necessità di attivazione di centri di riabilitazione (21.3%) e di un potenziamento dell'assistenza domiciliare del soggetto cronico(27.9%) (30).
4. Documenti di indirizzo della conferenza Stato regioni - " Sanità futura" - ha identificato tra le priorità istituzionali la necessità di una maggiore razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale per migliorare la qualità e l'efficienza(31).
Tutto questo contesto configura una forte domanda sanitaria, una richiesta di qualità ed una gestione dello scompenso come un intervento ad alta specialità. In questa ottica l'opportunità offerta dal circuito della riabilitazione cardiologia deve trovare rispondenza in un piano di riordino che identifichi istituzionalmente l'alta specialità, il bacino di utenza , l'organizzazione e la certificazione dei requisiti per l'accesso all'area. E' un lavoro sicuramente difficile, complesso ed articolato - che richiede il coinvolgimento di diversi Soggetti istituzionali - ma necessario per intervenire nelle dinamiche che condizionano una distorsione nell'uso di risorse dedicate a questa nuova pandemia.
Continuità e modalità di remunerazione
Questo aspetto rappresenta un elemento fondamentale in un sistema di risorse dedicate di tipo finito e/o budgetizzato. Negli USA sono state praticate diverse modalità per remunerare le prestazioni sanitarie di patologie ad andamento cronico che richiedono interventi di continuità assistenziale; Un criterio centrato sulla remunerazione della singola prestazione (fee for service) lega la remunerazione alla prestazione; questo consente una valutazione di efficacia allocativa e remunerativa ma tende a spezzettare la catena delle attività che caratterizzano il percorso diagnostico-terapeutico-riabilitativo. Nel caso della prestazione "Ecocardiogramma" mediamente vi è un chiaro identificazione delle risorse consumate; tuttavia le tre prestazioni medie annue con l'assenza di elementi decisionali non contribuiscono a modificare l'iter e l'outcome clinico. Di contro, il progressivo controllo esercitato sul medico di famiglia come ordinatore di spesa può provocare comportamenti astensionistici rispetto al bisogno di prestazioni ripetute( ecocardiogramma in corso di incertezza clinica per instabilizzazione emodinamica).
Un diverso criterio orientato alla remunerazione forfettaria annua per patologia, a prescindere dai singoli eventi clinici (managed care), può favorire una migliore collaborazione tra i diversi attori della cura, ma espone al rischio che il soggetto gestore autorizzi o meno determinate prestazioni in ragione di problemi di equilibrio economico o sia portato ad assumersi o rifiutare la gestione di un caso in base alla possibilità o meno di trarne un guadagno.
Nello scenario Italiano è ipotizzabile una terza via? La risposta affermativa sottende l'attivazione di responsabilità istituzionali e del gestore. Sicuramente il rappresentante istituzionale deve costruire un sistema di valorizzazione dei diversi nodi della rete. Nel sistema sanitario Inglese( Star rating System) come anche in quello americano( NORC - National Opinion Research Centre; IHQ - Index of Hospital Quality) sono stati istituiti Soggetti esterni al sistema capaci di graduare la qualità di un nodo della rete - l'ospedale - tenendo conti di tre aspetti specifici: le caratteristiche strutturali, i processi di governo e l'outcomes del processo sanitario(32,33). Il gestore dei nodi, ovvero della rete, deve - da parte sua - definire: 1) i percorsi diagnostico-terapeutic-riabilitativi, 2) il progetto di cura individualizzato, 3) gli outcomes ( intesi come indicatori di esito e risultato), 4) l'efficacia gestionale( intesa come recupero clinico ovvero minimizzazione dei costi), 5)la durata dell'intervento efficace, 6) la valorizzazione economica dell'intervento efficace, 7)la valorizzazione economica degli outliers( costi fuori della zona di efficacia: ricoveri brevi, ricoveri prolungati). Questa modalità - complessa ed articolata- consente la definizione di percorsi diagnostico-terapeutici riabilitativi individualizzati con identificazione di indicatori di iso-risorse; in questo modo la remunerazione corrisponde all'intensità dell'impegno chiaramente identificato dal percorso diagnostico-terapeutico attivato nel paziente e dalle risorse consumate(34).
Conclusioni
La continuità assistenziale è un bisogno organizzativo/gestionale finalizzato a dare una risposta appropriata alla domanda sanitaria crescente nei pazienti con scompenso cardiaco cronico. La sua attuazione è funzionale alla cultura degli operatori, al rispetto di linee guida e protocolli, all'esistenza di sistemi organizzativi adeguati per la raccolta dei dati e per la programmazione degli interventi sanitari, all'esistenza di una rete di modelli gestionali con la definizione delle missions. La realizzazione della rete della continuità assistenziale impone tuttavia un profondo ripensamento dell'assetto organizzativo territoriale in termini di funzioni, ruoli e processi interrazionali capaci di trovare unitarietà di intenti nel progetto di cura. La riabilitazione cardiologica con i suoi standards organizzativi e gestionali può costituire una valida opportunità per la presa in carico della cronicità cardiologica. Tuttavia tale impegno gestionale necessita un lavoro articolato e complesso dei diversi Soggetti istituzionali al fine di riordinare e regolamentare gli istituti attuativi di tale rete della continuità assistenziale.
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