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LA PREVENZIONE DELLA MORTE IMPROVVISA CARDIACA:
IL RUOLO DEL DEFIBRILLATORE IMPIANTABILE
Michele M. Gulizia, G.M. Francese
U.O.C. di Cardiologia, Garibaldi-Nesima, Catania
Per morte improvvisa si intende una morte naturale, preceduta da improvvisa perdita della conoscenza, che si verifica entro 1 ora dall'inizio dei sintomi, in soggetti con o senza cardiopatia nota preesistente, ma in cui l'epoca e la modalità di morte sono imprevedibili. Una morte così rapida è, nella maggior parte dei casi, attribuibile ad aritmia cardiaca. I sintomi prodromici sono spesso aspecifici e anche quelli che indicano ischemia, tachiaritmia o scompenso cardiaco possono essere considerati solamente suggestivi. Altri meccanismi, oltre che le aritmie, possono portare a morte improvvisa (MI) quali: rottura aortica, rottura di aneurisma sub aracnoideo, rottura di cuore con tamponamento ed embolia polmonare massiva
La MI è responsabile del 50%-60% delle morti per malattia cardiaca negli USA e negli altri paesi occidentali; si stima che essa colpisca dallo 0.36 all'1.28 per 1000 abitanti x anno e che l'incidenza sia variabile in base ad età, sesso, storia di cardiopatia: in uomini fra 60 e 69 anni e con storia di malattia cardiaca, la mortalità improvvisa è dell'8 per 1000 abitanti per anno (1).
La prevenzione della morte improvvisa è in larga misura un problema di prevenzione primaria in quanto solo una piccola percentuale (<5%) delle morti improvvise avviene in pazienti che hanno già sperimentato un episodio di tachicardia o fibrillazione ventricolare. I pazienti a maggior rischio di morte improvvisa sono quelli con una già nota cardiopatia strutturale e in particolare con pregresso infarto. La cardiopatia ischemica, infatti, rappresenta la più frequente causa di arresto cardiaco (80% dei casi) e nel 20% la morte improvvisa dei casi costituisce la prima manifestazione clinica della cardiopatia ischemica e nei restanti casi si manifesta nel corso della storia clinica del paziente (2). In questi casi il fattore predittivo indipendente più importante è la disfunzione ventricolare sinistra (3). Negli ultimi anni sono stati fatti vari sforzi per l'identificazione di marker specifici che, assieme alla frazione di eiezione, potessero individuare le classi di pazienti a più alto rischio; ma ad oggi la frazione di eiezione rimane quello più importante e su di esso si basano le attuali indicazioni.
Dal punto di vista del trattamento terapeutico sin dagli anni 80 sono stati condotti diversi studi, sia in prevenzione primaria e sia in secondaria, che hanno dimostrato la superiorità dell'ICD rispetto alla terapia medica standard nel ridurre sia la morte improvvisa sia la mortalità da tutte le cause. Nelle Tabella 1 (4) sono riassunti i principali studi sull'uso dell'ICD in prevenzione primaria.
Il Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial (MADIT) (5) è stato il primo studio a dimostrare il ruolo profilattico dell'ICD nei pazienti con cardiopatia ischemica e ridotta frazione di eiezione (<35%) con episodi spontanei di TV non sostenuta evidenziati all'Holter ECG e TV/FV indotti durante studio elettrofisiologico.
Tab. 1: Trials di prevenzione primaria.
Trial Anno N. Pz Criteri di arruolamento Scopo dello studio Risultati
MADIT 1996 196 FE?35%, precedente IMA, TVNS, classe NYHA I-III, TV inducibile al SEF ICD vs terapia medica standard Riduzione del 54% della mortalità totale con ICD
CABG-Patch 1997 900 FE?35%, pz in attesa di essere sottoposti a CABG; positivi per SAECG ICD vs no ICD Nessuna riduzione della mortalità con ICD
MUSTT 1999 704 FE?40%, coronaropatia, TVNS, TV inducibile durante SEF Terapia guidata da studio elettrofisiologico (farmaci antiaritmici o ICD) vs terapia standard Riduzione del 51% della mortalità totale con ICD
MADIT II 2002 1232 FE?30%, precedente IMA Terapia medica convenzionale vs ICD Riduzione del 31% della mortalità da tutte le cause con ICD
DEFINITE 2004 229 FE?36%, CMD non ischemica, TVNS o PVCS durante studio Holter Terapia medica convenzionale vs terapia medica convenzionale e ICD L'ICD ha ridotto la mortalità da tutte le cause (7,9% vs 14% a 2 anni
DINAMIT 2004 674 FE?35%, IMA recente /entro 4-40 giorni), alterata modulazione autonomica cardiaca Terapia medica convenzionale vs ICD Nessuna riduzione della mortalità da tutte le cause con ICD, riduzione delle morti aritmiche con ICD
COMPANION 2004 1520 Classe NYHA III-IV dovuta a cardiomiopatia ischemica e non ischemica, QRS >120 msec Terapia medica convenzionale vs terapia medica convenzionale e CRT con PM o PM-ICD La CRT con PM e ICD era associata a una riduzione del 36% del rischio di morte da tutte le cause
SCD-HeFT 2005 2521 FE?35, classe NYHA II -III (ischemica e non ischemica) Terapia medica convenzionale + placebo vs terapia medica convenzionale + amiodarone vs terapia medica convenzionale + ICD
Riduzione del 23% della mortalità totale con ICD
L'ICD riduceva l'incidenza di morti cardiache al 3% il primo anno e al 17% a 3 anni rispetto al 23% e 46% del gruppo trattato con terapia convenzionale. Questi dati sono stati confermati dallo studio MUSTT (6). Nel CABG-PATCH trial (7) sono stati arruolati pazienti con cardiopatia ischemica, bassa frazione di eiezione (<36%) e anomalie al signal-averaged ECG (SAECG), in lista per essere sottoposti a rivascolarizzazione miocardica in elezione. I pazienti venivano assegnati in modo random o a terapia con ICD o placebo. Non vi è stata alcuna differenza significativa fra i due gruppi, probabilmente perché la rivascolarizzazione migliorava in maniera significativa la funzione ventricolare. Successivamente nel MADIT II (8) sono stati arruolati pazienti con cardiopatia ischemica e bassa frazione d'eiezione (?30%) e successivamente randomizzati alla terapia standard o all'impianto di ICD. Si è evidenziata una riduzione del 31% della mortalità da tutte le cause nei pazienti impiantati con ICD. Nello studio DINAMIT (9) si è dimostrato che i pazienti con recente IMA (6-40 giorni), bassa frazione di eiezione (?35%) a 30 mesi di follow-up non presentavano alcuna differenza nella mortalità totale rispetto ai pazienti in trattamento con terapia medica convenzionale. Lo studio DEFINITE (10) ha voluto valutare pazienti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica, FE?35%, con battiti ectopici ventricolari o TV non sostenuta, randomizzati o a terapia farmacologica standard o a terapia farmacologica + ICD. Nel secondo gruppo si è evidenziata una riduzione del rischio di morte da tutte le cause che si avvicinava alla significatività statistica. Nel 2005 veniva pubblicato lo studio più grande, lo SCD-HeFT (11), che ha arruolato pazienti cardiopatici ischemici e non, con bassa frazione di eiezione (?35%) ed insufficienza cardiaca. I pazienti sono stati randomizzati in tre bracci: amiodarone, placebo e ICD. Nei pazienti sia con cardiopatia ischemica e non in terapia con ICD si è avuta una riduzione del 23% della mortalità da tutte le cause. Infine lo studio COMPANION (12) ha valutato la terapia di resincronizzazione cardiaca in associazione all'ICD. Sono stati arruolati 1520 pazienti con cardiomiopatia ischemica, non ischemica e ritardo della conduzione intra-ventricolare. I pazienti sono stati randomizzati alla terapia medica da sola o in associazione a pacemaker bi ventricolare associato o meno a ICD. E' stato dimostrato che la CRT riduce la riospedalizzazione e il rischio di morte da tutte le cause ma se associato a ICD riduce in maniera significativa la mortalità
Anche in termini di prevenzione secondaria i diversi trial fra cui l'AVID (13), che ha arruolato 1016 pazienti con arresto cardiaco dovuto a FV/TV, con TV e sincope e TV con frazione di eiezione ?40% sottoposti o a trattamento farmacologico (amiodarone o sotalolo) o ad impianto di ICD, hanno dimostrato una significativa riduzione della mortalità nel gruppo trattato con ICD (39% a 1 anno). Nella tabella 2 (14) vengono sintetizzati i principali trials di prevenzione secondaria di morte improvvisa.
Come evidenziato nelle Tabella 2 i risultati ottenuti dai diversi trial confermano il ruolo efficace della terapia con ICD nella prevenzione secondaria di morte improvvisa. Pertanto l'indicazione alla terapia con ICD nei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco dovuto a FV o a TV da cause non transitorie o reversibili è stata inclusa come raccomandazione di classe I, livello di evidenza A, nelle Linee Guida del ACC/AHA dal 1998 ad oggi.
Tab 2: Prevenzione secondaria
Studio Anno n.Pazienti Criteri di arruolamento Scopo dello studio Risultati
AVID 1997 1016 Sopravvissuti ad arresto cardiaco dovuto a TV/FV o TV con sincope o TV con FE?40% Terapia antiaritmica vs ICD Riduzione del 31% della mortalità con ICD a 3 anni
DUTCH study 1995 60 Sopravvissuti ad arresto cardiaco dovuto a FV/TV e pregresso IMA (>4 settimane) e TV inducibile durante SEF ICD come terapia di prima scelta vs terapia medica convenzionale (farmaci antiaritmici e poi eventuale ICD) L'ICD come terapia di prima scelta vs terapia medica convenzionale (farmaci antiaritmici e poi eventuale ICD) L'ICD come terapia di prima scelta riduce gli endpoint primari (morte, arresti cardiaci ricorrenti e trapianto cardiaco)
CASH 2000 288 Arresto cardiaco dovuto a FV o TV ICD vs farmaci antiaritmici Riduzione del 23% della mortalità da tutte le cause con ICD
CIDS 2000 659 Arresto cardiaco dovuto a FV o TV sostenuta con sincope o TV non tollerata e FE<40% o sincope e TV inducibile documentata ICD vs amiodarone Riduzione del 20% della mortalità da tutte le cause con ICD
Anche in prevenzione primaria i diversi trial hanno dimostrato i benefici della terapia con ICD in pazienti con bassa frazione di eiezione.
Un altro dato sicuramente importante che emerge dallo SCD-HeFT e che l'efficacia maggiore dell'ICD sembra esserci per i pazienti in classe NYHA II rispetto alla classe NYHA III in cui l'ICD sembra avere un effetto neutro; questo dato sembra in controtendenza con i dati dello studio MADIT II dove il beneficio dell'ICD era simile nelle diverse classi NYHA e con i dati dello studio DEFINITE dove i pazienti in classe NYHA III ne sembravano beneficiare maggiormente.
Piu recentemente è stato condotto il trial MADIT- CRT (Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial with Cardiac Resynchronization Therapy) (14) ove sono stati arruolati 1820 pazienti, sia in classe NYHA I ed eziologia ischemica (15%) che in classe NYHA II ed eziologia ischemica e non (85%), in ritmo sinusale, con compromissione della funzione ventricolare sinistra (frazione di eiezione ?30%) e durata del QRS ?130 ms 235; 1089 pazienti sono stati sottoposti ad impianto di CRT+ICD e 731 di ICD. Durante un follow-up medio di 2.4 anni (lo studio veniva interrotto prematuramente), il tasso di mortalità annuale in entrambi i gruppi era mediamente del 3%. Non sono state riscontrate differenze significative in termini di beneficio del trattamento con CRT tra i pazienti affetti da cardiopatia ischemica o non ischemica.
Secondo le più recenti Linee Guida (15) l'impianto di ICD è indicato:
" in prevenzione primaria
o in classe I:
" in pazienti con cardiomiopatia ischemica post-infartuale, con frazione di eiezione ?30%, dopo almeno 40 giorni da un infarto miocardico recente e/o 3 mesi da una procedura di rivascolarizzazione coronarica, in classe NYHA II-III e OMT (livello di evidenza A).
" in pazienti post-infartuati/cardiopatia ischemica con frazione di eiezione ?30%, dopo almeno 40 giorni da un infarto miocardico recente e/o 3 mesi da una procedura di rivascolarizzazione coronarica, in classe NYHA I e OMT (livello di evidenza B).
" in pazienti post-infartuati con frazione di eiezione ?40% e tachicardie ventricolari non sostenute e con tachicardie ventricolari sostenute inducibili al SEF (livello di evidenza B).
" in pazienti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica, frazione di eiezione ?30%, classe NYHA II-III, con disfunzione ventricolare sinistra persistente a oltre 6-9 mesi dall'esordio clinico, in OMT (livello di evidenza B).
o in classe II:
" in pazienti con cardiomiopatia ischemica post-infartuale, frazione di eiezione tra 31% e 35%, dopo almeno 40 giorni da un infarto miocardico recente e/o 3 mesi da una procedura di rivascolarizzazione coronarica, in classe NYHA II-III e OMT (livello di evidenza B).
" in pazienti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica, frazione di eiezione 31-35%, classe NYHA II-III, con disfunzione ventricolare sinistra persistente a oltre 6-9 mesi dall'esordio clinico, in OMT (livello di evidenza B).
" in prevenzione secondaria
o in classe I in caso di:
" Arresto cardiaco resuscitato dovuto a fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare, non dovuto a cause contingenti, o reversibili, ma potenzialmente recidivanti (livello di evidenza A).
" Tachicardia ventricolare sostenuta in presenza di cardiopatia strutturale (livello di evidenza B).
" Sincope di origine non determinata in soggetto con inducibilità al SEF di tachicardia ventricolare ad alto impatto emodinamico o di fibrillazione ventricolare (livello di evidenza B).
" Sincope ricorrente di origine non determinata in soggetto con cardiopatia strutturale ed inducibilità di tachicardia ventricolare sostenuta al SEF (livello di evidenza C).
o in classe II in caso di:
" Arresto cardiaco resuscitato dovuto a fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare, dovuto a cause contingenti e/o reversibili ma non efficacemente eliminabili o potenzialmente recidivanti (livello di evidenza C).
" Tachicardia ventricolare sostenuta in assenza di cardiopatia strutturale, se non trattabile con altri mezzi (livello di evidenza C).
" Sincope di origine non determinata in soggetto con cardiopatia strutturale e frazione di eiezione depressa (<35%) (livello di evidenza C).
" Nei pazienti con Displasia Aritmogena del Ventricolo destro
o in classe I in caso di:
" Arresto cardiaco resuscitato da fibrillazione o tachicardia ventricolare (livello di evidenza B).
" Tachicardia ventricolare con compromissione emodinamica (sincope e/o shock) (livello di evidenza B).
" Sincope di natura indeterminata dopo esclusione di natura extracardiaca e/o neuro-mediata (livello di evidenza B).
o in classe II in caso di:
" Tachicardia ventricolare monomorfa sostenuta ed emodinamicamente ben tollerata (livello di evidenza B).
" Severa dilatazione/disfunzione ventricolare destra in assenza di tachiaritmie ventricolari cliniche (livello di evidenza B).
" Coinvolgimento ventricolare sinistro (cardiomiopatia biventricolare) in assenza di tachiaritmie ventricolari cliniche (livello di evidenza B).
" Nei pazienti con Sindrome di Brugada
o in classe I in caso di:
" Arresto cardiaco resuscitato da fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare (livello di evidenza B).
" Tachicardia ventricolare polimorfa rapida con compromissione emodinamica (pre-sincope, sincope, respiro agonico notturno) (livello di evidenza B).
" Sincope di natura indeterminata dopo esclusione di natura extracardiaca e/o neuro-mediata (livello di evidenza B).
"
o in classe II in caso di:
" Paziente asintomatico, con o senza storia familiare di morte improvvisa, con inducibilità di fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare polimorfa sintomatica alla stimolazione ventricolare programmata (livello di evidenza B).
" Nei pazienti con Sindrome del QT lungo (LQTS) e del QT corto (SQTS)
o in classe I in caso di:
" Pazienti affetti da LQTS, resuscitati da arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare (livello di evidenza B).
" Pazienti affetti da SQTS, resuscitati da arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare (livello di evidenza B).
o in classe II in caso di:
" Pazienti affetti da LQTS, con sincopi, che continuano ad avere sincopi nonostante terapia con betabloccanti (livello di evidenza B).
" Pazienti affetti da SQTS, con storia familiare di morte improvvisa ed inducibilità di fibrillazione ventricolare al SEF (livello di evidenza B).
" Nei pazienti con Cardiomiopatia Ipertrofica
o in classe I in caso di:
" Precedente arresto cardiaco, fibrillazione ventricolare, tachicardia ventricolare sostenuta od emodinamicamente significativa (livello di evidenza B).
o in classe II in caso di:
" Fattori di rischio multipli, particolarmente se includono almeno due tra i seguenti fattori di rischio: ipertrofia ventricolare sinistra massiva, storia familiare di morte improvvisa, episodi prolungati o frequenti di tachicardia ventricolare non sostenuta su registrazione Holter, sincope recente non spiegata (non vasovagale) (livello di evidenza C).
" Storia familiare di morte improvvisa in familiari giovani, particolarmente se le morti improvvise sono multiple (livello di evidenza C).
" Ipertrofia ventricolare sinistra massiva (?30 mm) in pazienti giovani (livello di evidenza C).
" Uno o più episodi di sincope recente non spiegata (non vasovagale) (livello di evidenza C).
" Tachicardia ventricolare prolungata o frequente sull'Holter, particolarmente se associata ad altri fattori di rischio (livello di evidenza C).
" Nei pazienti con tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica
o in classe I in caso di:
" Pazienti affetti da CPVT, resuscitati da arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare (livello di evidenza B).
o in classe II in caso di:
" Pazienti affetti da CPVT, con tachicardia ventricolare sostenuta o sincope nonostante terapia betabloccante e/o denervazione simpatica (livello di evidenza C).
BIBLIOGRAFIA
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