Cardiorete 2011


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Ravera

EPIDEMIOLOGIA DELLE SCA IN CAMPANIA

Amelia Ravera
U.O. UTIC - A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi D' Aragona


I dati più recenti relativi alla epidemiologia delle Sindromi Coronariche Acute in Campania risalgono al 2009, anno dell'ormai famoso progetto I.C.A.R.O. (Registro osservazionale sull'infarto miocardico acuto in Campania), uno studio promosso dall'ANMCO Campania che ha visto la partecipazione di 37 centri (di cui 36 UTIC e 1 Medicina d'Urgenza che svolge ruolo attivo nella gestione delle SCA, praticando abitualmente terapia fibrinolitica), corrispondenti all'84% del totale dei centri che ricoverano pazienti con IMA. Pertanto i risultati possono essere considerati altamente rappresentativi della realtà.
Per meglio comprendere il substrato sul quale i dati emersi soggiacciono, è necessario tener presente che solo il 21,5% dei centri partecipanti era dotato di UTIC con Emodinamica H24, mentre il 13,5% era dotato di emodinamica operante solo nelle ore diurne e ben il 65% privo di emodinamica. Nel Blitz 4 (2010-2011), studio osservazionale in ambito nazionale con cui ci accingiamo a confrontare i dati della nostra regione, i centri partecipanti erano in circa 2/3 dei casi dotati di emodinamica H24 e ciò viene considerato un limite dello studio non essendo rappresentativo della realtà nazionale.
In un periodo di un 36,5 gg equivalente a 1/10 di anno, nello studio ICARO sono state arruolate 332 SCA. Da questo dato si può facilmente risalire al numero medio annuo di ricoveri per SCA in Campania, ovvero 11.120, di cui il 30% di SCA con ST sopraslivellato e il 70% di SCA con ST non sopraslivellato (48% NSTEMI, 22% Angine instabili). La distribuzione per età e sesso non si discostava dai dati epidemiologici nazionali, con una prevalenza del sesso maschile e con una popolazione sempre più anziana man mano che si passava dalle SCA con ST sopraslivellato a quelle con ST non sopraslivellato.
Quanto alle comorbidità gli obesi sono stati il 20 %, i diabetici il 26 %. Il TIMI Risck Score medio è stato 3 ± 1,4. I sintomi di esordio, generalmente extraospedaliero, sono stati considerati tipici in oltre l'80% dei pazienti e le aritmie, generalmente non maligne, si sono manifestate all'esordio in percentuale non significativa.
Tanto premesso per focalizzare l'attenzione sulle SCA con ST sopraslivellato, ovvero su tempi e modi di gestione dell'infarto acuto in Campania.
Partendo dal presupposto che in Campania, tranne una rara eccezione, non esiste la possibilità di effettuare un ECG preospedaliero e ancor più di teletrasmetterlo, possiamo affermare che è già un gran successo che il tempo preospedaliero (tra esordio sintomi e ingresso al P.S.) mediano sia di 120', più breve nelle aree urbane che in quelle extraurbane dove anche per motivi geografici esso raggiunge i 180'. Il ritardo è spesso attribuibile alla pessima e purtroppo ancora consolidata abitudine, non solo locale, di chiamare il medico di famiglia, il cardiologo curante, la guardia medica…. piuttosto che il 118, e di giungere in ospedale con mezzi propri. Se poi consideriamo il tempo pre-coronarico (tra inizio sintomi e inizio terapia riperfusiva) esso è mediamente di 180' (con un picco di 250' nelle aree periferiche), di cui 25' la mediana del ritardo intraospedaliero (tra ingresso in P.S. e ingresso in UTIC).
Passando alla terapia, la prima considerazione va fatta sulla terapia preospedaliera: in oltre il 95% dei casi ai pazienti prima dell'ingresso in ospedale non viene somministrata alcuna terapia farmacologica (nel Blitz 4 oltre il 75% riceve almeno l'ASA entro le prime 3 ore dall'esordio sintomi). Se tale dato viene inserito nel contesto dei ritardi precedentemente descritti, risulta evidente che l'inizio della terapia farmacologia sia decisamente troppo tardivo!
La terapia riperfusiva prevalentemente utilizzata in Campania resta ancora la fibrinolisi farmacologica (50% dei casi), mentre la PCI primaria viene praticata solo nel 23% dei pazienti. Da ciò si evince che quasi il 30% dei pazienti non riceve alcuna terapia riperfusiva (ricovero tardivo?, riconoscimento tardivo? Controindicazioni?). Se a questo dato aggiungiamo il numero di trombolisi fallite che non praticano PCI rescue (tempo medio di esecuzione della PCI rescue 1,5 gg!!!) possiamo concludere che la percentuale di pazienti che in Campania non riceve alcuna terapia riperfusiva si aggira intorno al 40% (contro il 18,9% dello studio IN- ACS).
La coronarografia, sia nei pazienti trattati con fibrinolisi efficace che in quelli non riperfusi, viene effettuata nel 60% dei casi, ma difficilmente nell'ambito del ricovero stesso (e oltre tutto non è questa procedura a fare la differenza).
Nel Blitz 4 solo il 10% dei pazienti non viene sottoposto a riperfusione meccanica o farmacologica, il 50% a fibrinolisi farmacologica entro 30', la PCI primaria nei primi 120' dall'esordio sintomi viene eseguita nel 70% dei pazienti ricoverati nei centri Hub e solo nel 40% dei pazienti trasferiti dai centri Spoke. Tutto ciò nonostante il 40% di ricorso a ECG pre-ospedaliero e l'80% di ricorso a ECG entro 10' dall'ingresso in P.S.
Il problema del cosiddetto ''ritardo evitabile'' accomuna quindi la Campania al resto d'Italia, in quanto, tranne rari casi, manca una organizzazione interospedaliera che garantisca a tutti i pazienti il medesimo trattamento. Da entrambi i registri emerge infatti come sia quasi schizofrenica la gestione dei pazienti affetti da infarto acuto, quasi che la gestione clinica e quindi la prognosi dipenda soprattutto dalle caratteristiche dell'ospedale cui ci si rivolge!
La mortalità intraospedaliera è del 5,7%, quella a sei mesi 8,7%. (Nel Blitz 4 rispettivamente 4,1% e 5,1%) Se però andiamo ad analizzare meglio questo dato, ci accorgiamo che nel braccio di pazienti sottoposti a PCI primaria la mortalità intraospedaliera è del 3,9%, quindi significativamente più bassa; se però il tempo pre-coronarico è stato inferiore a 210' la mortalità è 0%, così come nel follow up a sei mesi. La mortalità per infarto acuto sia nell'ambito del ricovero che nel follow up è quasi esclusivo appannaggio dei non riperfusi o dei fibrinolisati inefficacemente!
Sarebbe auspicabile, ma senza dubbio poco realistico, augurarsi che dal 2009 al 2011 fosse cambiato qualcosa!
I dati dell'ICARO fanno emergere in maniera drammatica l'enorme distanza tra il mondo accademico delle linee guida e quello reale della nostra regione, che fa quotidianamente i conti con un assetto geografico e stradale spesso sfavorevoli, condizioni socio-culturali di parte della popolazione difficilmente sensibilizzabile verso le problematiche della prevenzione (la Campania è la regione italiana con il più alto tasso di obesità infantile) e della necessità di ricorrere precocemente alle cure sanitarie, la mancanza di risorse economiche e di una rete interospedaliera di cui si parla da almeno un ventennio.

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