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IL RAPPORTO AZIENDA SANITARIA E CITTADINO
Giuseppe Rosato
Direttore Generale AORN San Giuseppe Moscati Avellino
Le strutture sanitarie pubbliche sono insiemi molto complessi da governare, soprattutto per i compiti particolarmente impegnativi che derivano dal fatto di non avere come ultimo fine il profitto ma la salute delle persone. Come tutte le strutture produttive complesse esse devono poter contare su una organizzazione efficiente e nel contempo in grado di assicurare una buona efficacia rispondendo alla necessità di prestazioni ed utilizzando razionalmente le risorse assegnate.
Nelle organizzazioni che si occupano di sanità pubblica sono molte le complessità aggiunte essendo tali organizzazioni di solito di grandi dimensioni, molto eterogenee, con norme e regolamenti amministrativi fortemente vincolanti, con inerzie quasi centenarie che rallentano qualsiasi processo di cambiamento oltre al fatto che la loro mission principale, produrre risultati tangibili di salute, spesso viene messa in secondo piano per concentrarsi sulla conformità alle regole e alle procedure, indipendentemente dal risultato sull'utente o sull'efficienza interna dei processi trascurando se quanto fatto è realmente in grado di soddisfare un bisogno.
Per poter rispondere a ciò, quindi l'organizzazione non può essere vista avulsa dall'ambiente in cui opera e per poter funzionare bene necessita soprattutto di una buona definizione della sua struttura e delle sue regole che devono essere conosciute da tutti gli operatori oltre che condivise e rispettate.
Tutto questo senza cadere nel tecnicismo e nell'efficientismo fine a se stesso, ricordando soprattutto che le organizzazioni sanitarie sono fatte da persone e non solo da procedure, gerarchie e costi.
L'Azienda ospedaliera può essere definita come un insieme ordinato di risorse umane, finanziarie,tecnologiche, organizzato per raggiungere obiettivi di salute. Questo insieme è definito da tre fondamentali caratteristiche che lo rendono per l'appunto "azienda":
1. La durabilità nel tempo;
2. L'unitarietà delle sue componenti che si riconoscono in finalità comuni;
3. L'autonomia cioè la capacità di sopravvivenza nel lungo periodo senza ricorso patologico a terze autonomie.
Tale organizzazione è inserita in un ambiente di riferimento dal quale acquisisce risorse (input) e sul quale opera restituendo prestazioni (output).
Ma esiste il forte rischio di un sistema che veda al centro l'Ospedale e i suoi addetti e non il cittadino, specie se malato, e il soddisfacimento dei suoi bisogni di salute, contravvenendo alla finalità generale di una AO che è quella di proteggere e promuovere la salute dei cittadini, con la maggior qualità tecnica possibile, ottenendo una buona soddisfazione dell'utente, al minor costo.
Le tre principali finalità di una AZIENDA si possono così riassumere :
1. produrre "utilità" attraverso trasformazioni fisico tecniche delle risorse;
2. produrre un "risultato economico", cioè aggiungere favore alle risorse impiegate;
3. produrre "prodotti" per soddisfare la domanda.
Non sempre però vi è coerenza nelle scelte politiche sanitarie in favore dei cittadini (istituzioni degli Uffici di Relazione con il Pubblico, implementazione del fron-office, obbligato per le Aziende ad emettere documenti di pubblica informazione come la Carta dei Servizi), se le loro esigenze, all'atto pratico passano in secondo ordine rispetto alle esigenze, spesso giustificate, dei medici e delle categorie sanitarie, ai problemi della spesa sempre crescente e alla necessità, che nessuno può negare, di contenerla. In questo universo di problemi, le necessità, i desideri, ma anche le preoccupazioni e le paure dei cittadini sembrano non solo passare in seconda linea, ma venire addirittura ignorati, creando nell'italiano medio un senso di smarrimento che talora naufraga nella sfiducia.
Proprio partendo da questo senso di sfiducia - che a volte sembra prevalere nell'opinione pubblica - è possibile valutare esattamente la realtà nella quale oggi la sanità opera nel nostro paese e comprendere, nelle sue vere implicazioni, il divario cioè tra servizi prestati e soddisfazione del cittadino.
Occorre quindi per prima cosa analizzare, comprendere e spiegare questo paradosso per poter poi tentare di risolvere una realtà che sembra sfidare la logica. L'unica cosa veramente importante, qualunque sia il modello di sanità inizialmente scelto per il paese, è porre in maniera chiara e non equivoca il cittadino con le sue esigenze e priorità al centro del sistema. La sanità, pubblica o privata che sia,intesa nel suo significato moderno di "salute per tutti", non esiste né per dar lavoro o assecondare le necessità dei medici e del personale sanitario in genere, né per sostenere il mercato. Esiste per "produrre salute" e non solo per curare le malattie.
In questo contesto, insistere sulla centralità del cittadino significa affermare non solo che la cosa più importante è che le impostazioni puramente ideologiche devono cedere il passo alla realtà delle aspettative dei cittadini, che vogliono sentirsi "accuditi" e non "sballottati" nel bel mezzo di diatribe tra medici, personale ausiliario, politici, economisti, ecc. I modelli prescelti devono quindi poter mutare per adattarsi nel tempo alle diverse necessità della comunità nazionale.
La dicotomia che viviamo in Italia, caratterizzata da un sistema complessivamente buono, che tuttavia non soddisfa affatto le esigenze dei cittadini,si potrà risolvere solo quando gli italiani si sentiranno al centro dell'attenzione del Servizio sanitario. Perché ciò avvenga, occorre procedere con forza sulla strada di una nuova umanizzazione della medicina. Occorre convincere i medici che il cittadino (termine che sottintende il concetto di "portatore di diritti") ha quindi il diritto, prima ancora di essere curato, di essere informato, rassicurato quando ciò sia possibile, indirizzato e consigliato. Ha, in una parola, diritto di sentirsi al centro dell'attenzione del sistema.
Oggi viviamo in una società molto complessa in quanto l'interesse che un cittadino può avere nei confronti della fruizione dei servizi non è legata esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni, in quanto si da per scontato che a tale soddisfacimento si è già pervenuti. Oggi i bisogni sono sostituiti dai desideri e questi a differenza dei bisogni non hanno limiti o perlomeno non hanno indicatori standard .
Questa nuova dimensione del sociale viene a condizionare l'insieme dei processi necessari al funzionamento di un'azienda che eroga servizi utili ai cittadini e ne caratterizza il sistema organizzativo che, per consentire una maggiore flessibilità dovrebbe rivolgersi ad un modello "dinamico".
In un modello dinamico l'organizzazione e quindi il contesto interno, si deve adeguare alle variazioni del contesto esterno e quindi dei bisogni, dovrà poter seguire una variazione dell'organizzazione che fissa nuove regole di funzionamento adeguando le caratteristiche interne dell'organizzazione alle caratteristiche del sistema del contesto esterno.
Proprio per questo uno dei temi più dibattuti oggi in sanità è il ruolo del sistema ospedaliero nel futuro È evidente che l'ospedale resterà uno dei perni fondamentali per tutti i sistemi sanitari, in particolare perché gli ospedali:
- assorbono larga parte della spesa della sanità
- costituiscono il primo datore di lavoro per medici e infermieri; oltre alla cura dei malati hanno un ruolo molto importante nella didattica e nella ricerca;
- rappresentano un volano economico di molte realtà sociali;
- non da ultimo hanno un significato simbolico importante in quanto "segno visibile e tangibile" della presenza del sistema sanitario in un territorio.
La letteratura internazionale è concorde nel ritenere necessario un forte ripensamento del sistema ospedaliero a causa, in particolare di quattro differenti pressioni:
-1) sul lato della domanda,
-2) sul lato dell'offerta,
-3) sociali,
-4) delle nuove conoscenze e tecnologie.
Sono inoltre evidenti alcuni importanti fabbisogni ai quali deve rispondere una riconfigurazione della rete ospedaliera:
a) qualità e sicurezza delle prestazioni;
b) efficienza;
c) accessibilità;
d) equità;
e) tempestività nell'applicare l'innovazione e i risultati della nuova medicina.
Ripensare quindi ad un'assistenza che abbia il cittadino al centro della propria ragion d'essere impone che il cittadino/utente/cliente venga informato ma soprattutto educato. Un cittadino informato, edotto dei problemi cui va incontro la sanità pubblica, è un cittadino responsabilizzato, che può e deve vedere i servizi che gli sono offerti nella loro realtà (e quindi nei loro inevitabili limiti), senza false illusioni, ma anche con la fiducia di chi sa che il SSN è veramente pronto a servirlo.
Oggi, invece, il cittadino medio sente di non avere assolutamente voce in capitolo quando si tratta dei problemi legati alla sua salute. Tutto è devoluto alle Aziende sanitarie locali e Ospedaliere a cui il cittadino può solo rivolgersi, fidando nella comprensione di medici e addetti all'amministrazione. Perché il cittadino medio possa riappropriarsi della gestione della propria salute occorre che egli sia in qualche modo presente nelle Aziende che si prendono cura di lui. Ciò può avvenire creando dei Comitati consultivi di controllo, costituiti e gestiti dai cittadini appartenenti al territorio di riferimento.
C'è poi un'altra problematica fondamentale legata al pieno coinvolgimento dei cittadini nella gestione: quella della separazione dei compiti. Un sistema sanitario moderno deve basarsi su quattro cardini:
- chi chiede servizi,
- chi li offre,
- chi li paga
- chi li controlla.
In Italia questi quattro soggetti non sono sempre tra loro distinti e indipendenti. A chiedere i servizi sono ovviamente i cittadini; a fornirli sono i privati, le Aziende ospedaliere e le ASL; a pagare sono le regioni, le assicurazioni e i singoli cittadini. Il vero problema sorge nei riguardi del controllo sempre più orientato alla riduzione dei costi piuttosto che alla qualità ed appropriatezza delle prestazioni.
Se è vero che gli sprechi e le inefficienze che hanno spesso caratterizzato il passato della sanità italiana hanno spinto verso la sua "aziendalizzazione", è ancor più vero che gli enti erogatori di salute non possono essere "entità commerciali", concetto insito in quello di azienda. In realtà, mentre è assolutamente necessario insistere per una gestione economicamente solida e corretta della sanità, applicare a chi eroga prestazioni sanitarie i principi che regolano le aziende è fuorviante. Un'azienda deve creare profitto; un ente pubblico erogatore di salute, no.
A questo proposito va detto che i costi globali per la salute in Italia sono destinati ineluttabilmente a salire per due fattori non modificabili: da un lato, l'aumento dell'aspettativa di vita e la bassissima natalità che producono un invecchiamento progressivo della popolazione. Ne consegue, come già detto, che non è possibile fornire tutto a tutti.
Questo è per i cittadini un argomento obiettivamente difficile, sia perché in passato è stata data loro l'illusione del contrario, sia perché sprechi e inefficienze sono sotto gli occhi di tutti. È tuttavia un discorso non solo assolutamente necessario, ma preliminare a qualunque iniziativa. Un ristabilito rapporto di fiducia tra i cittadini e il loro SSN faciliterà il compito di coloro che dovranno operare le scelte e ne indirizzerà l'opera. Occorre che i cittadini del nostro paese comprendano che è inevitabile stabilire ciò che deve essere garantito a tutti e ciò per cui è necessario che ciascuno contribuisca, almeno in parte.
Senza una rivisitazione del sistema, non c'è vera soluzione. È giusto ridurre il numero degli ospedali per ottenere sostanziali economie, ma - seguendo la logica della centralità del cittadino - prima di farlo occorre spiegare e far capire ai malati e ai loro familiari che ciò, oltre a razionalizzare la spesa, produce un chiaro miglioramento delle possibilità di cura. Piccoli ospedali non forniti delle attrezzature diagnostiche e terapeutiche moderne inevitabilmente curano male; accorparli potrà obbligare molti a fare 20 chilometri per arrivare in ospedale, ma renderà la loro cura più efficiente, più rapida, globalmente migliore.
Ciò naturalmente deve andare di pari passo con l'istituzione a livello locale di una rete di medicina di base, di strutture per malati cronici, per anziani, per disabili, riservando il ricovero in ospedale alle malattie gravi, che necessitano di diagnostica e terapia altamente specializzate.
Costruire un sistema capace di offrire cura ed assistenza sanitaria, coniugando obiettivi di qualità e appropriatezza a regole e politiche economiche, è un impegno che richiede una corretta analisi sia della domanda sanitaria, sia del livello di soddisfazione dei pazienti in termini di qualità percepita delle prestazioni.
La capacità di raccogliere ed elaborare l'ascolto dei pazienti e monitorare la loro percezione del servizio diventa allora un imput importante per l'organizzazione sanitaria, che fa della customer satisfaction una tappa fondamentale del percorso di qualità.
Conoscere le diverse tipologie del bisogno (soprattutto quelle legate all'individuo come persona), nonché le eventuali criticità connesse alla relazione utente/servizio, consente di avviare interventi finalizzati a favorire la presa in carico globale del malato e una trasformazione della dimensione relazionale da uno schema di dipendenza e di scarsa partecipazione alle decisioni ad un rapporto paritario, nel quale lo stile comunicativo sia di tipo negoziale.
E' evidente, quindi, che la customer satisfaction può costituire lo strumento per introdurre innovazioni rilevanti, sia nei confronti degli operatori che nel rapporto con i fruitori dei servizi.
Con il termine Customer Satisfaction si intende, generalmente, l'indagine volta alla conoscenza del grado di soddisfazione del cliente e delle sue aspettative finalizzata al sempre maggior gradimento del prodotto; in sanità, è l'indagine rivolta alla conoscenza del grado di soddisfazione dei cittadini rispetto alle prestazioni offerte dalle strutture sanitarie, finalizzata al continuo miglioramento dei servizi offerti
Per cambiare l'Ospedale, quindi, dobbiamo trasformarlo sia come struttura che come maniera di essere. C'è la necessità di superare la sua impersonalità e la sua antirelazionalità
Mi sono chiesto a riguardo cosa si può fare in un Ospedale per cambiare alcuni dei suoi modi di essere e la risposta è nella trasformazione culturale e nel superamento delle resistenze culturali.
Cominciare a vedere il ricovero non solo come mero atto assistenziale ma come ospitalità.
Considerare l'accettazione non come freddo momento burocratico che consente il passaggio all'interno dell'ospedale, ma come primo momento di accoglienza.
Il termine accoglienza, nella sua accezione più significativa comporta la presa in carico del paziente in un rapporto di empatia che si fonda sulla relazione d'aiuto e sul dialogo. Significa rendere l'assistenza personalizzata, predisporsi all'ascolto, considerando che il paziente è una persona con i suoi retaggi e la sua spiritualità e quindi rispettarne la sua dignità.
In questa relazione d'aiuto il dialogo, l'interazione, la comunicazione sono elementi determinanti a far sentire la persona ammalata compresa, ascoltata, parte ancora attiva di un universo esistenziale che ci comprende tutti sia che siamo sani sia che non lo siamo più. Il presupposto di ogni vero dialogo, di ogni comunicazione è l'ascolto, un ascolto non opacizzato.
L'accoglienza è quindi ospitalità: un ospite non si accetta, si accoglie. Se un malato viene accolto, allora è come un ospite e ospitalità vuol dire riconoscere all'ospite un potere, un'importanza, una sacralità, una posizione privilegiata.
L'accoglienza, dentro una relazione di ospitalità, significa coabitazione e, in Ospedale, l'ospitalità è coabitazione nel senso dello stare insieme di "malati ed operatori", quindi non solo presa in carico e la Relazione di Ospitalità non si limita all'accettazione e alla dimissione ma organizza una "coabitazione relativa", organizza cioè i rapporti tra le persone.
Accoglienza ed ospitalità riguardano tutto l'Ospedale. Un servizio che promuova in Ospedale Accoglienza ed Ospitalità non può essere rivolto solo al malato ma deve rivolgersi anche agli operatori dell'Ospedale stesso.
Le iniziative rivolte alla tutela dei diritti dei cittadini come l'istituzione degli URP dove i cittadini possono esprimere le loro osservazioni, le proprie doglianze; uffici come l'Ufficio Umanizzazione che attraverso monitoraggi continui dell'attività assistenziale individua le aree di criticità sono momenti di relazionalità importanti; incoraggiare rapporti di collaborazione con il volontariato e le iniziative a sostegno dei malati, sono poca cosa se ad esse non si affianca una crescita culturale che faccia maturare in ognuno di noi la cultura dell'umanizzazione e la consapevolezza che ogni altro siamo noi e che in ogni altro c'è una parte dello stesso universo.
Ma a questo punto abbiamo il dovere di domandarci: "hanno l'istituzione sanitaria ed il medico, oggi, gli strumenti "culturali" ed "organizzativi" per attuare una siffatta "buona medicina"?
La risposta è un sì ma a condizione che l'Etica medica sia affiancata e sostenuta dall'Etica politica, dall'Etica istituzionale, dall'Etica amministrativo-gestionale.
Bisogna essere attenti dunque a valutare ed intendere nella giusta misura espressioni come "aziendalizzazione", "produttività","cliente", ecc. che, se male interpretate, possono celare al loro interno una valenza molto inquietante e negativa per la "buona medicina", perché possono decretarne la sua morte.
A questo proposito mi sembra molto calzante quanto ha detto il Cardinale Carlo Maria Martini, nella sua lettura al Convegno sulla "riforma ter", sottotitolata come"un patto di solidarietà per la salute", organizzato dal Ministero della Sanità.
Ha detto il Cardinale, tra l'altro: "Non si può pensare alla Sanità come Azienda, alla salute come prodotto,al paziente come cliente. È necessario riproporre la centralità della persona umana, soprattutto nei momenti di sofferenza".
La speranza è che l'enfasi sulla centralità del cittadino sia vera, convinta, reale, da parte di tutti, in possesso o meno di responsabilità istituzionali, e non siano soltanto espressioni di un semplice atto di rispetto e di cortesia, ma che si trasformino in comportamenti autentici per pervenire ad una "buona medicina".