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EPIDEMIOLOGIA , CLINICA E RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE CON ARTERIOPATIA OBLITERANTE
Domenico Miceli
UOSD Cardiologia Riabilitativa Intermedia AO "dei Colli" Monaldi Cotugno CTO - Napoli
L'arteriopatia obliterante cronica periferica (AOCP) è una sindrome clinica legata alla riduzione della portata ematica distrettuale agli arti inferiori.
Il sintomo principale dell'AOCP è rappresentato dalla claudicatio intermittens, definita come un dolore crampiforme ai muscoli dell'arto inferiore (natica, coscia o gamba) che compare durante deambulazione o salendo le scale, si manifesta ogni volta al medesimo sforzo e recede prontamente con la cessazione dello stesso. La localizzazione del dolore dipende dalla sede e dall'estensione delle lesioni vascolari: le lesioni a livello femorale, popliteo o tibiale producono un dolore crampiforme a carico dei muscoli del polpaccio, mentre lesioni prossimali a livello aorto-iliaco producono sintomi a livello del gluteo, anca e coscia.
Le classificazioni più diffuse dell'AOCP sono quella di Fontaine e quella di Rutherford.
La classificazione di Fontaine - Leriche, suddivide in stadi la AOCP:
STADIO I
Asintomatico o dolore da sforzo intenso, definito anche preclinico.
Possono essere presenti:
" parestesie da sforzo o da mantenimento prolungato della stazione eretta;
" sensazione di freddo alle estremità;
" ipotrofia relativa di un arto;
" scarsa o nulla crescita degli annessi cutanei.
STADIO II
L'esercizio muscolare, durante il quale aumenta la richiesta di ossigeno da parte dei muscoli, determina la comparsa di dolore. Il sintomo tipico è, infatti, la claudicatio intermittens: essa compare durante la deambulazione e scompare a riposo (asintomatologia a riposo).
Questo stadio si suddivide ulteriormente in:
" Stadio IIa: autonomia di cammino superiore ai 200 metri
" Stadio IIb: autonomia di cammino inferiore ai 150 metri
STADIO III
Comparsa di dolore a riposo in clinostatismo (dolore anche notturno), causato dalla grave ipossia cutanea e dalla neurite ischemica: si denota un quadro di ischemia arteriosa assoluta.
Al dolore a riposo si possono associare:
" iniziali alterazioni del trofismo cutaneo e del colorito;
" edema;
" cianosi.
STADIO IV
Ischemia critica, marcata ipossia e acidosi, lesioni trofiche, necrosi e/o gangrene.
Le turbe trofiche hanno gravità diversa, e possono consistere in:
" alterazioni degli annessi cutanei: riduzione del sistema pilifero o alterazioni ungueali, quali ad esempio rallentamento della crescita;
" lesioni periungueali;
" ulcere interdigitali;
" necrosi a stampo sulle articolazioni interfalangee;
" gangrena: secca (rapida necrosi e annerimento dei tessuti) o umida, accompagnata da riassorbimento di cataboliti necrotici e comparsa di sintomi generali quali febbre, leucocitosi e aumento della VES.
La classificazione di Rutherford può essere considerata una rivisitazione della prima, realizzata a 43 anni di distanza sulla base delle nuove conoscenze in tema di epidemiologia, fisiopatologia, possibilità di rivascolarizzazione e risultati clinici. Essa distingue 3 gradi e 6 categorie.
Il 1° stadio è definito come lo stadio asintomatico, nel quale le lesioni della parete arteriosa (calcificazioni, placche) sono già presenti, ma non inducono ancora sintomi. Il paziente con sintomi occasionali (es., in seguito a sforzi eccezionali), talvolta classificato come 1 stadio, deve essere considerato a tutti gli effetti un paziente claudicante (2 stadio).
Il 2° stadio è definito dalla presenza di claudicatio, caratterizzata da dolore crampiforme ai muscoli dell'arto inferiore (natica, coscia o gamba), che insorge salendo le scale o durante la deambulazione, e che si manifesta ogniqualvolta si ripete il medesimo sforzo, per scomparire
3prontamente alla sua cessazione.
La suddivisione nei sottogruppi 2a e 2b di Fontaine e, soprattutto, nelle tre categorie del I grado di Rutherford è molto utile, in quanto la storia naturale dell'arteriopatia nei pazienti con distanza di claudicatio assoluta (ACD) ridotta è decisamente più grave.
Il paziente con claudicatio lieve (stadio 2a con ACD > 200 m) è destinato a rimanere stabile in circa il 75% dei casi. In questi pazienti la presenza di claudicatio svolge un ruolo clinico importante come indicatore di rischio cardiovascolare globale (infarto miocardico e ictus).
Al contrario, la storia naturale del paziente con claudicatio moderata (ACD ? 200 m), e ancor più di quello con claudicatio severa (ACD < 100 m), è gravata da un rischio cardiovascolare maggiore e da un rischio elevato di progressione della malattia locale.
Il 3° stadio della classificazione di Fontaine (dolore ischemico a riposo, corrispondente al II grado categoria 4 di Rutherford) e il 4° stadio (lesioni cutanee ischemiche, corrispondente al III grado di Rutherford) dal 1989 sono riuniti nella definizione di ischemia cronica critica dell'arto inferiore (ICCAI) o critical limb ischaemia (CLI), secondo la dizione anglosassone universalmente utilizzata.
La CLI è caratterizzata dalla presenza di dolore a riposo persistente da almeno 15 giorni, che richiede un regolare trattamento analgesico, associata o meno alla presenza di lesioni cutanee ischemiche.
Epidemiologia
La reale incidenza e prevalenza dell'AOCP varia a seconda della popolazione studiata e dello strumento diagnostico utilizzato.
Utilizzando la misura dell'indice pressorio caviglia/braccio, la prevalenza di AOCP nella popolazione generale è del 2,5% tra i 40 e 59 anni, dell'8,3% tra i 60 e 69 anni e del 18,8% tra i 70 e 79 anni, superando di almeno 5 volte quella della sola claudicatio . In soggetti di età >65 anni, è stata riportata una prevalenza di claudicatio pari al 3,6% negli uomini e al 2,3% nelle donne.
Prognosi
La prognosi del paziente con AOCP è differente nei vari stadi della malattia. Il paziente con claudicatio lieve (cioè >200 m.), è destinato a rimanere stabile in circa il 75% dei casi e presenta un rischio di evoluzione verso stadi più avanzati pari al 25% in 2-5 anni . Questa prognosi apparente benigna è però gravata da un elevato rischio cardiovascolare globale: 5% di eventi non fatali e 30% di mortalità a 5 anni . Al contrario, la storia naturale del paziente con claudicatio moderata, cioè con distanza < a 200 metri e ancor più con claudicatio severa, cioè con distanza < a 100 metri, è gravata da un'incidenza di mortalità a 3 anni pari al 20% e da un ancor più pesante rischio di progressione della malattia locale .
Qualità di vita
Il paziente con claudicatio intermittens presenta un significativo deterioramento della qualità di vita, dimostrato utilizzando sia strumenti generici (SF-36), sia strumenti specifici (WIQ, Walking Impairment Questionnaire) di valutazione.
Valutazione funzionale
Il metodo più accreditato per valutare la capacità di marcia del paziente con AOCP è il treadmill test. I protocolli utilizzati possono essere sia a carico costante (velocità 3,2 Km/h, pendenza 12%), sia di tipo incrementale. In quest'ultimo caso, la velocità è costante (3,2 Km/h) e la pendenza in gradi aumenta del 3,5% ogni 3 minuti (Hiatt protocol) o del 2% ogni 2 minuti (Gardner protocol) . In entrambi i casi, i parametri da misurare sono la distanza che induce i primi fastidi muscolari senza impedimento a continuare la marcia, cioè la distanza di claudicatio iniziale (initial claudication distance, ICD); la distanza alla quale il paziente è costretto ad arrestare l'esercizio per la presenza di dolore crampiforme, cioè la distanza di claudicatio assoluta (absolute claudication distance, ACD).La capacità di marcia può essere espressa anche dalla misura del tempo di claudicatio iniziale (claudication pain time, CPT) e totale (maximum walking time, MWT). Nella valutazione del paziente con claudicatio possono essere utilizzati sia i protocolli a carico costante sia quelli di tipo incrementale, anche se nei soggetti meno compromessi, con ICD o ACD relativamente elevata, sarebbero da preferire quelli di tipo incrementale . Nella pratica clinica la misura della capacità di marcia può essere eseguita anche mediante la misura della marcia spontanea in piano. Tuttavia, il treadmill test è indispensabile quando il paziente deve essere sottoposto ad un protocollo di training fisico.
Il training fisico
Il training fisico è universalmente riconosciuto come il metodo più efficace per migliorare la capacità di marcia del paziente con AOCP. Esso dovrebbe essere sempre associato al trattamento farmacologico antiaterotrombotico volto al rallentamento della progressione della malattia . L'utilità del training fisico in questi pazienti è dimostrata da numerosi studi clinici di piccole dimensioni, spesso non randomizzati, e da alcune metanalisi. Una metanalisi di 21 studi pubblicati dal 1966 al 1993, compresi studi non controllati ed osservazionali , ha rilevato un aumento medio della capacità di marcia iniziale (ICD e CPT) e totale (ACD e MWT)rispettivamente del 179% e del 122%. I fattori predittivi di risposta positiva sono risultati una durata delle sedute di allenamento non inferiore a 30 minuti, una frequenza di allenamento non inferiore ad almeno 3 sedute/ settimana ed un periodo totale di training non inferiore a 6 mesi.Questi risultati sono stati confermati da una successiva meta-analisi che ha considerato soltanto 10 dei 49 studi pubblicati dal 1966 al 1996 inizialmente identificati, 6 randomizzati e 4 aperti. Più recentemente, il gruppo della Cochrane Collaboration ha valutato solo gli studi randomizzati pubblicati dal 1966 al 1997, per un totale di quasi 250 pazienti in 10 studi. In questa metanalisi l'aumento medio della capacità d'esercizio è stata del 150% (range 74%- 230%). Molti altri studi , tutti con un basso numero di pazienti arruolati (da 26 a 61), hanno confermato il miglioramento indotto dal training fisico sulle capacità d'esercizio nei pazienti con AOCP. Un solo studio non ha confermato i risultati positivi sopra riportati. Tuttavia, va sottolineato che in questo studio la compliance dei pazienti arruolati è stata molto bassa (49%). Molti studi, inoltre, hanno documentato un miglioramento della capacità fisica generale dei pazienti sottoposti a training, con un aumento del massimo consumo di ossigeno ed una riduzione della frequenza cardiaca, della ventilazione e del consumo di ossigeno a parità di carichi sottomassimali . In ultima analisi, i pazienti camminano più frequentemente, ad una velocità maggiore e per tempi più lunghi . Il miglioramento della capacità di marcia è risultato indipendente dalla presenza di fattori di rischio associati, quali il fumo e di altre patologie, quali il diabete , la cardiopatia ischemica o altre vasculopatie .Il training fisico ha anche dimostrato di migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti con AOCP, non solo nel dominio della salute fisica ma anche e soprattutto in quello psicosociale . Poiché qualità di vita e valutazione ergometrica in laboratorio correlano debolmente con tali parametri , si raccomanda di misurare la qualità di vita utilizzando strumenti ad hoc.
Meccanismo d'azione e modalità di esecuzione del training
Il meccanismo d'azione attraverso il quale il training esercita i sopradescritti effetti favorevoli non è completamente noto. Dai dati disponibili è possibile ipotizzarne più d'uno . Il programma di training fisico nel paziente con AOCP viene classificato in base alle modalità con cui viene realizzato: col termine di training fisico controllato s'intende il training effettuato con la supervisione di personale medico e infermieristico esperto; col termine di training fisico consigliato, si intende un allenamento effettuato autonomamente dal paziente su indicazione ed istruzione da parte di personale medico esperto. In tutti gli studi il training controllato ha sempre mostrato un'efficacia decisamente superiore rispetto al training fisico consigliato , che tuttavia è risultato più efficace rispetto all'assenza di esercizio fisico. Queste evidenze, anche in considerazione dei non semplici aspetti organizzativi attuali, potrebbero suggerire di avviare i pazienti con claudicatio lieve ad un programma di training consigliato, riservando il training controllato ai pazienti con claudicatio moderata o severa, nei quali il rischio di peggioramento locale della malattia è significativamente maggiore.
È preferibile, comunque, di iniziare il trattamento riabilitativo del paziente con AOCP sempre con un programma di training fisico controllato , adattando le fasi successive alla risposta clinica del paziente.
Effetti sulla morbilità e mortalità.
Non esistono studi specifici inerenti gli effetti del training sulla morbilità e mortalità dei pazienti con AOCP. In ogni caso, è possibile ipotizzare, almeno dal punto di vista teorico, una riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori, come osservato nei pazienti con cardiopatia ischemica . Inoltre, è ipotizzabile anche una riduzione della progressione della malattia aterosclerotica a livello periferico.
Protocolli di training
I protocolli di training adottati dai vari autori sono molto differenti tra loro per intensità e durata; si riportano di seguito gli schemi più largamente utilizzati.
Training fisico controllato
Tre sedute settimanali della durata di 1 ora, per un periodo di 3-6 mesi. Ciascuna sessione dovrebbe prevedere periodi di cammino sul tappeto scorrevole sino alla comparsa del dolore muscolare, il quale, comunque, non dovrebbe essere superiore al punteggio 3 o 4 di una scala strutturata da 0 (assenza di dolore) a 5 (dolore insopportabile che costringe a fermarsi). Ogni periodo di cammino dovrebbe durare 8-10 minuti circa e tra un periodo e quello successivo si dovrebbero prevedere alcuni minuti di riposo. Altri protocolli, al contrario, prevedono periodi di cammino sul tappeto scorrevole pari a circa il 60-70% della ACD misurata durante il test massimale iniziale, per evitare di raggiungere soglie di allenamento in debito di ossigeno. In quest'ultimo caso, durante il ciclo riabilitativo l'intensità dello sforzo andrebbe periodicamente modificata ripetendo il test massimale e ricalcolando i parametri di allenamento sulla base dei nuovi valori di ACD raggiunti. L'intensità dello sforzo (pendenza e velocità) va comunque adattata alle capacità deambulatorie complessive del paziente, non solo vascolari ma anche ortopediche, identificando il miglior livello di training aerobico possibile come quello associato al minor incremento del doppio prodotto (pressione arteriosa sistolica × frequenza cardiaca), capace cioè di determinare il massimo stress muscolare periferico con il minor stress cardiaco.
Training fisico consigliato
Anche se si tratta di un protocollo consigliato, è indispensabile che il programma di allenamento sia dato per iscritto, con precisi riferimenti alle frazioni di allenamento, agli intervalli di riposo e possibilmente supportato da un diario clinico opportunamente predisposto per l'aggiornamento da parte del paziente dei carichi lavorativi svolti. Il carico di lavoro dovrebbe essere calcolato secondo i medesimi criteri generali esposti per il training controllato. Recentemente è stato proposto un programma di allenamento domiciliare personalizzato tarato sulla soglia del dolore iniziale, nel quale il paziente durante l'allenamento domiciliare è guidato da un segnapassi personalizzato .
Protocolli di mantenimento
Al termine del periodo di training attivo, controllato o consigliato, deve seguire una fase di mantenimento a lungo termine. È stato dimostrato che i benefici ottenuti dopo 6 mesi di training fisico persistono a distanza di altri 12 mesi utilizzando un programma di esercizio fisico meno frequente . Altre osservazioni fanno rilevare che i risultati ottenuti da un training controllato di 3 mesi sono stati mantenuti ad una distanza media di 4 anni solo nei soggetti che a domicilio praticavano almeno 60 min di cammino alla settimana . Questi risultati sono in accordo con quelli rilevati in precedenza da altri Autori che avevano osservato, a distanza di 6 anni, una perdita dei benefici ottenuti in un gruppo di pazienti con scarsa aderenza al training fisico consigliato.
Controindicazioni e complicanze
Il training fisico è controindicato nei soggetti con patologie invalidanti di tipo ortopedico, neurologico e/o pneumologico. Inoltre, esso è controindicato nei pazienti con insufficienza cardiaca in classe NYHA III-IV ed in quelli con angina pectoris non controllata dalla terapia o con segni di ischemia al test ergometrico che impediscano il raggiungimento di un carico lavorativo adeguato durante il training. Mancano dati attendibili sull'incidenza di complicanze acute o a lungo termine nei pazienti con AOCP sottoposti a training fisico.È verosimile, comunque, che essa sia simile a quella riportata nei pazienti con cardiopatia ischemica.
Raccomandazioni
a) Il training fisico è in grado di migliorare significativamente la capacità di marcia nella maggior parte dei soggetti con claudicatio intermittens e dovrebbe rientrare sempre nel programma terapeutico del paziente.
b) La qualità della vita migliora significativamente nei pazienti con claudicatio intermittens che si sottopongono con regolarità ad un programma di training fisico. La sua misura, utilizzando strumenti ad hoc, dovrebbe essere uno dei parametri da rilevare routinariamente nel management di questi pazienti.
c) Il training fisico controllato dovrebbe prevedere 3 sedute settimanali della durata di almeno 30 minuti per un periodo non inferiore ai 3 mesi.
d) Il training fisico consigliato è in grado di apportare un moderato miglioramento nell'autonomia di marcia, ma non può essere considerato come modalità di trattamento iniziale in tutti i pazienti con claudicatio.
e) Il paziente con claudicatio dovrebbe praticare regolarmente sedute bisettimanali di cammino in piano e senza carichi, per mantenere i risultati ottenuti dal training fisico controllato.
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