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NUOVI ORIZZONTI NELLA TERAPIA DELLA
CARDIOPATIA ISCHEMICA CRONICA: LA RANOLAZINA
Piera Angelica Merlini
Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca' Granda
La cardiopatia ischemica è la prima causa di mortalità e morbilità nel mondo occidentale e, relativamente alla cardiopatia ischemica stabile, si stima che essa interessi circa il 3% della popolazione generale con circa 30 pazienti affetti per ogni paziente ricoverato per infarto miocardico. La prevalenza e l'incidenza della cardiopatia ischemica stabile varia in funzione dell'età e del sesso, essendo nettamente prevalente nella popolazione anziana e nel sesso maschile. Rispetto al passato, il paziente attuale tende peraltro ad essere più anziano, ad essere già stato sottoposto a procedure di rivascolarizzazione coronarica ed a presentare frequentemente altre patologie associate, come scompenso cardiaco e diabete mellito.
In più della metà dei casi, i sintomi anginosi limitano le attività quotidiane, peggiorano la qualità della vita e possono portare alla sospensione anticipata dell'attività lavorativa, in particolare in caso di angina persistente nonostante la terapia medica massimale e la rivascolarizzazione coronarica.
Nel paziente con cardiopatia ischemica stabile l'obiettivo della terapia è quindi duplice: controllare i sintomi per migliorare la qualità di vita e prolungare la sopravvivenza prevenendo gli eventi cardiovascolari maggiori. A questo proposito va comunque sottolineato come i pazienti con cardiopatia ischemica stabile siano una popolazione a basso rischio di eventi cardiovascolari eccetto quelli con ischemia miocardica di grado severo.
Sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, la terapia medica ha oggi un ruolo centrale nel trattamento dei pazienti con con angina cronica e relativamente all'opzione rivascolarizzazione coronarica è fondamentale identificare quando e quali pazienti proporre a quest'ultima. Essa è infatti indicata quando la terapia medica massimale non è sufficiente per il controllo della sintomatologia anginosa o in caso di evidenza di ischemia miocardica di grado severo.
L'angina è un sintomo che risulta dallo squilibrio tra la richiesta e il consumo di ossigeno a livello miocardico. I farmaci tradizionali utilizzati per il trattamento dell'angina stabile, nitrati, calcio-antagonisti e betabloccanti, agiscono quindi aumentando l'apporto di ossigeno al miocardio attraverso la dilatazione dei vasi coronarici e riducendo il consumo miocardico di ossigeno. Tuttavia, nonostante la rivascolarizzazione coronarica e i farmaci anti-anginosi, una proporzione significativa di pazienti, dal 26% al 54%, continua ad accusare angina pectoris e frequentemente va incontro a progressione della malattia coronarica , . Molti pazienti non riescono peraltro a tollerare l'uso di più farmaci anti-anginosi in associazione per lo sviluppo, ad esempio, di bassi valori pressori o di bradicardia, ed altri ancora non sono buoni candidati per la rivascolarizzazione coronarica, sia per la sfavorevole anatomia coronarica che per le eventuali comorbidità associate.
La ranolazina è un nuovo farmaco anti-anginoso che agisce con un meccanicismo d'azione diverso e peculiare rispetto ai farmaci anti-ischemici tradizionali. La ranolazina è stata recentemente approvata in Europa per il trattamento sintomatico dei pazienti con angina pectoris stabile non adeguatamente controllati con le terapie anti-anginose di prima linea, come i betabloccanti, i calcioantagonisti e i nitrati, o che non le tollerano.
La ranolazina è un derivato piperazinico che agisce inibendo la corrente cardiaca tardiva del sodio. L'ischemia miocardica determina infatti una significativa alterazione nell'omeostasi del sodio e del calcio a livello delle cellule miocardiche con conseguente disfunzione elettrica e contrattile delle cellule stesse. Durante l'ischemia miocardica si verifica quindi un aumento delle concentrazioni intracellulari di sodio, probabile risultato di una riduzione dell'efflusso e di un aumento dell'influsso, con conseguente sovraccarico intracellulare di calcio per aumento dell'attività dello scambiatore sodio-calcio ubicato a livello della membrana citoplasmatica. La ranolazina previene la patologica persistente apertura dei canali lenti del sodio che si verifica durante ischemia e il conseguente accumulo intracellulare di sodio e quindi di calcio riducendo l'instabilità elettrica e la disfunzione meccanica della cellula miocardica . L'attività della ranolazina differisce quindi da quella degli altri farmaci anti-anginosi, poiché è indipendente dai parametri emodinamici e i suoi effetti anti-anginosi ed anti-ischemici non dipendono dalle variazione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa o della vasodilatazione.
L'efficacia e la sicurezza della ranolazina, da sola o in associazione ad altri farmaci anti-anginosi, nel trattamento di pazienti affetti da angina cronica è stata chiaramente documenata in studi clinici randomizzati.
Nel trial MARISA (Monotherapy Assessment of Ranolazine In Stable Angina), studio randomizzato crossover in doppio cieco, la ranolazina è stata usata in monoterapia in 191 pazienti affetti da angina pectoris stabile con significative modificazioni elettrocardiografiche al test ergometrico. I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con ranolazina alla dose di 500 mg due volte al giorno, 1000 mg due volte al giorno, 1500 mg due volte al giorno e al placebo per 1 settimana ciascuno in crossover. La ranolazina a tutti i dosaggi è risultata significativamente superiore al placebo nel prolungare la durata dell'esercizio fisico (p<0.005) e al dosaggio di 1000 mg e 1500 mg nel prolungare il tempo di comparsa dell'angina e di depressione del segmento ST di 1 mm durante il test (p<0.04). Nello studio è stata anche documentata una correlazione tra dose e risposta: la durata massima dell'esercizio è stata raggiunta con 1500 mg; tale dosaggio si associava tuttavia ad un incremento eccessivo degli effetti indesiderati per cui non è stato ulteriormente esaminato.
Nello studio CARISA (Combination Assessment of Ranolazine in Stable Angina), studio in doppio cieco a gruppi paralleli, sono stati arruolati 823 pazienti con angina cronica stabile già in trattamento con atenololo, amlodipina o diltiazem. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere placebo o ranolazina alla dose di 750 mg o 1000 mg due volte al giorno per 12 settimane. Ad entrambi i dosaggi la ranolazina, utilizzata come terapia aggiuntiva, è risultata significativamente più efficace rispetto al placebo nel prolungare la durata dell'esercizio fisico pur in assenza di sostanziali differenze tra i due dosaggi. La ranolazina ha altresì determinato la significativa riduzione del numero di attacchi anginosi e dell'uso di nitroglicerina sublinguale. Nello studio CARISA il trattamento a lungo termine con ranolazina si è inoltre dimostrato capace di ottimizzare il controllo glicometabolico nel paziente diabetico, in particolare nel sottogruppo insulino-dipendente, come documentato dalla significativa riduzione dei livelli di emoglobina glicata (HbA1C) (pur in assenza di un significativo cambiamento dei valori di glicemia a digiuno) . Questi dati risultano ovviamente di particolare rilievo in quanto il diabete mellito costituisce uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare ed è una comorbidità estremamente comune nei pazienti affetti da angina pectoris.
Lo studio ERICA (Efficacy of Ranolazine In Chronic Angina) ha valutato l'efficacia della ranolazina nei pazienti con angina persistente nonostante il trattamento con 10 mg di amlodipina. In questo studio 565 pazienti sono stati randomizzati a ricevere, in aggiunta all'amlodipina, ranolazina alla dose di 500 mg due volte al giorno o placebo per una settimana e ranolazina alla dose di 1000 mg due volte al giorno o placebo nelle sei settimane successive. La ranolazina ha determinato una significativa riduzione del numero di attacchi di angina per settimana (p=0,028) e del consumo di nitroglicerina (p=0,014) (figura 5).
I tre studi randomizzati MARISA, ERICA e CARISA hanno arrulato nel complesso circa 1700 pazienti con angina stabile; solo circa 412 dei partecipanti erano però donne. Negli studi eseguiti le donne hanno avuto un minor incremento della tolleranza allo sforzo rispetto ai maschi, mentre hanno avuto un beneficio sovrapponibile in termini di riduzione del numero degli attacchi anginosi e del consumo di nitroglicerina . (La ragione per cui nelle donne si sia verificata questa risposta non è chiara, ma è verosimile che il minor incremento della tolleranza allo sforzo sia semplicemente ascrivibile a diversi protocolli utilizzati per la prova da sforzo e a criteri diversi per la sospensione della prova da sforzo stessa).
Più recentemente lo studio MERLIN-TIMI 36 (Metabolic Efficiency with Ranolazine for Less Ischemia in Non-ST-elevation acute coronary syndromes) ha studiato l'effetto della ranolazina in un'ampia popolazione di pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento persistente del tratto ST. In questo studio 6560 pazienti sono stati randomizzati a ricevere ranolazina o placebo in aggiunta alla terapia standard e sono stati poi seguiti per 12 mesi. Tra i due gruppi di trattatmento non si sono verificate differenze nell'end-point primario composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico e ischemia ricorrente, mentre lo sviluppo di ischemia miocardica ricorrente, end-point secondario dello studio, è risultato significativamente inferiore (p=0.03) nel gruppo trattato con ranolazina rispetto al gruppo trattato con placebo. In considerazione del fatto che circa 1 paziente su 4 continua ad accusare angina pectoris in seguito all'evento coronarico acuto, è stato ipotizzato che la ranolazina, riducendo la frequenza degli episodi anginosi, potesse migliorare la qualità di vita dei pazienti. Effettivamente, l'assunzione di ranolazina nei 12 mesi successivi all'evento coronarico acuto ha determinato una significativa, seppur lieve, riduzione degli episodi anginosi ed una tendenza verso il miglioramento della qualità di vita. L'analisi per sottogruppi ha documenato come il miglioramento della qualità di vita associato alla ranolazina fosse estremamente importante nel sottogruppo di pazienti che soffrivano di angina prima della sindrome coronarica acuta, mentre fosse pressochè trascurabile e non significativo nel sottogruppo di pazienti che viceversa non soffrivano di angina già prima dell'evento acuto .
La ranolazina oltre che efficace è risultata anche sicura. Possibili effetti indesiderati descritti sono stati nausea, vertigini, mal di testa, astenia e costipazione; tali effetti sono generalmente di entità lieve o moderata ed hanno determinato la sospensione del trattamento nei trial randomizzati in circa il 3% dei casi, versus il 6% nei pazienti che assumevano placebo. La ranolazina può inoltre determinare il prolungamento del QTc in maniera dose-correlata, ma nei trial clinici effettuati non sono stati però descritti casi di torsione di punta.
In conclusione la ranolazina è un nuovo farmaco anti-anginoso con peculiare meccanismo d'azione e di documentata efficacia e sicurezza nel trattamento del paziente affetto da angina pectoris cronica, sia quando utilizzato da solo, che in associazione a farmaci anti-anginosi tradizionali.
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