Cardiorete 2011


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Baldi

QUALE STENT, PER QUALE PAZIENTE,
PER QUALE CONDIZIONE CLINICA

Cesare Baldi, Francesco Vigorito, Tiziana Attisano, Michele Di Muro, Marco Mirra, Roberta Giudice, Pietro Giudice

Struttura Complessa di Cardiologia Interventistica-Emodinamica
Dipartimento Medico-Chirurgico di Cardiologia
A.O." S. Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona" - Salerno



Dal momento della loro introduzione nel mercato, gli stent a rilascio controllato di farmaci antiproliferativi (DES) hanno rivoluzionato profondamente e rapidamente i comportamenti operativi del cardiologo interventista tanto da raggiungere, già nel 2005, livelli di impiego prossimi al 90% nelle procedure coronariche (PCI) effettuate negli ospedali statunitensi; negli anni successivi, a causa delle preoccupazioni connesse al fenomeno della trombosi intrastent (ST) ed alla necessità di prolungare il trattamento di doppia antiaggregazione (DAPT) fino a 12 mesi, l'impiego dei DES è sceso fino a livelli compresi tra il 60 ed il 70% sul totale delle PCI, per raggiungere allo stato attuale valori del 75%.
All'interno di popolazioni con lesioni " a basso rischio" senza caratteri di particolare complessità, selezionate ai fini della approvazione da parte della FDA, i DES hanno mostrato, nei confronti degli stent metallici convenzionali (BMS), un beneficio circoscritto alla riduzione del ricorso a nuova rivascolarizzazione della lesione trattata (TLR), senza documentare differenze significative in termini di morte e di IMA. La dimostrazione della estensione di questi benefici a popolazioni con caratteristiche cliniche ed angiografiche particolari (diabete mellito; in stent restenosis, occlusioni croniche totali, lesioni lunghe, vasi di piccolo calibro) ha inevitabilmente spinto il cardiologo interventista ad allargare l'uso dei DES al di là dei confini ristretti delle indicazioni "on label", pur nella consapevolezza che il modesto numero dei pazienti arruolati in questi studi non consente di individuare differenze, misurabili con i criteri della significatività statistica, in end points duri a bassa incidenza come la morte, l'IMA e la ST.
I dati relativi alla maggiore incidenza di ST ed al minore ricorso alla TLR nei pazienti trattati con DES rispetto a quelli trattati con BMS rende legittimo chiedersi quali criteri adottare nella scelta del tipo di stent da utilizzare nel singolo paziente e nella singola lesione, se esistono prove di efficacia a sostegno della scelta o se la scelta è supportata da posizioni personali, sia pure condivise e dichiarate da esperti.


" Quale stent?
Esiste ancora un ruolo per i BMS nella gestione del paziente coronaropatico, nonostante i benefici mostrati dai DES? La risposta è anche da trovare nella pratica clinica quotidiana del cardiologo interventista che, negli USA, se assegna ai DES una fetta pari al 75% delle procedure, mostra però una ampia variabilità nell'impiego di questi dispositivi che, in alcuni stati centrali ed in alcuni ospedali rurali, scende al di sotto del 50%.
La decisione di impiantare un BMS è legata a considerazioni di ordine clinico e di ordine economico.
Il beneficio clinico netto deve scaturire dalla analisi bilanciata dei vantaggi e degli svantaggi, nel senso che esso non corrisponde alla differenza aritmetica della minore incidenza della TLR rispetto all'incremento della ST ed al prolungamento della DAPT, ma deve tener in conto il diverso impatto clinico di questi eventi. E' stato dimostrato, per esempio, che la incidenza della ST e della TLR è risultata, rispettivamente, del 3.1%, con un rapporto DES:BMS 1.4:1, e del 12%, con un rapporto DES:BMS 0.47:1, laddove la incidenza di morte e di IMA è stata del 91% per la ST e del 3.5% per la TLR. Pertanto i DES non si limitano a ridurre la restenosi, ma lo fanno senza incrementare il rischio di morte o di IM.
Questo beneficio non è da considerare universale a favore dei DES, ma, in
particolari pazienti e per particolari lesioni, può capovolgersi a favore dei BMS; il vantaggio dei DES in termini di riduzione della restenosi dipende dalle caratteristiche della lesione ed il beneficio documentato è più alto nelle lesioni a più alto rischio di restenosi. Nello studio Ontario, Tu ha registrato una incidenza significativamente più bassa di TLR con l'uso dei DES rispetto ai BMS nei pazienti diabetici con lesioni > 20 mm di lunghezza in vasi di calibro < 3 mm di calibro (NNT:10); al contrario, nessuna differenza significativa è stata documentata nell'impiego dei DES rispetto ai BMS tra i pazienti non diabetici con lesioni di lunghezza < 20 mm e con calibro del vaso > 3 mm.
Sono state eseguite numerose analisi di costo-efficacia, ma con risultati controversi, verosimilmente anche in relazione al fatto che le popolazioni sottoposte a questo tipo di studio hanno raccolto pazienti trattati con differenti tipi di DES che hanno mostrato differenti performance e che l'impiego di un follow up di tipo angiografico unito ad una osservazione non sufficientemente prolungata hanno sbilanciato i risultati a favore dei DES. Una recente revisione sistematica ha valutato 19 differenti studi di costo-efficacia, giungendo alla conclusione che i DES non mostrano un comportamento favorevole nei confronti dei BMS perché il più elevato costo iniziale non sarebbe neutralizzato da un significativo incremento della aspettativa di vita, accompagnandosi ad una riduzione relativa del ricorso a nuova procedura e solo ad un modesto miglioramento della qualità della vita. Inoltre l'impatto della ST molto tardiva, che sfugge alla consueta finestra cronologica del follow up di 12 mesi, contribuisce a introdurre un ulteriore elemento di pregiudizio a sfavore dei BMS. Cionondimeno la progressiva riduzione dei costi dei DES obbliga ad un processo di globale revisione delle analisi costo efficacia condotte finora.
In conclusione il rapporto rischio-beneficio guida la selezione dei pazienti nei quali appare ragionevole l'impianto di un BMS, che può essere riservato ai casi seguenti:
" Pazienti che per ragioni di isolamento sociale non possono garantire una aderenza continuativa per 12 mesi al trattamento di DAPT
" Pazienti che presentano un alto rischio di sanguinamento, compresi quelli in trattamento anticoagulante orale cronico
" Pazienti che hanno in programma, entro l'anno successivo alla procedura,
un intervento di chirurgia maggiore non cardiaca per il quale è richiesta la sospensione della DAPT
" Pazienti a basso rischio di restenosi con benefici attesi dal DES solo marginali (lesioni focali in vasi di calibro > 3.5 mm)
Sirolimus e paclitaxel sono i due farmaci che hanno accumulato la maggiore quantità di evidenze scientifiche nella sperimentazione dei DES, analizzata sia per mezzo di trial clinici randomizzati in cui sono state arruolate popolazioni con gradi crescenti di complessità delle lesioni, sia con registri che hanno rappresentato, nel mondo reale, gli esiti clinici dell'impianto dei DES. Il confronto diretto degli esiti dei pazienti trattati con stent a rilascio di sirolimus (SES) e stent a rilascio di paclitaxel (PES) è stato affrontato da numerosi studi randomizzati che hanno arruolato o popolazioni non selezionate o sottogruppi di pazienti segmentati per specifici contesti clinici o per definite caratteristiche angiografiche delle lesioni. I risultati del follow up angiografico a breve termine hanno dimostrato livelli di late loss e di restenosi binaria inferiori nei pazienti con SES , sebbene nello studio SIRTAX, in cui è stato effettuato un follow up angiografico a 5 anni, i SES abbiano mostrato un fenomeno di late loss tardiva che ha annullato il beneficio evidente a breve termine e non ha più registrato differenze statisticamente significative tra i due stent. Una metanalisi basata sulla revisione di 16 trial randomizzati che avevano raccolto i dati clinici di 8695 pazienti ha documentato, a 2 anni di follow up, una significativa riduzione di TLR e di ST nei pazienti trattati con SES rispetto ai pazienti trattati con PES, in assenza di differenze in termini di morte e di IMA.
Late loss e restenosi binaria sono stati comunemente usati come surrogati di efficacia clinica nei DES trial: tra le due variabili, quella considerata più utile ai fini della gestione dei dati di un trial è la restenosi binaria che richiede una singola misurazione ed appare indipendente dal calibro del vaso. Inoltre, la relazione che lega il late loss ed il rischio di restenosi binaria è stata descritta come monotomica, nel senso che incrementi progressivi dei valori di late loss si associano con un rischio atteso incrementale di restenosi binaria; al contrario la relazione tra il late loss e la TLR appare curvilineare e pertanto il rischio di TLR non cresce in maniera lineare al crescere del late loss. Ciò spiega quanto è stato documentato nel TAXUS IV trial che ha mostrato che il rischio normalmente basso di TLR si incrementa significativamente solo quando il late loss raggiunge e supera un valore soglia di almeno 0.5 mm e che significative differenze nel late loss non necessariamente si traducono in differenze di esiti clinici.
La valutazione sintetica dei benefici dei DES nei confronti dei BMS può essere affidata alla più ampia metanalisi disponibile al momento, che ha incluso > 18000 pazienti appartenenti a 38 DES trial e che ha mostrato, in un follow up a 4 anni, una riduzione della TLR del 70% con i SES e del 58% con i PES nei confronti dei BMS, con un NNT di 7 per i SES e di 8 per i PES; è importante segnalare, peraltro, che questi risultati non appaiono confinati agli studi randomizzati che hanno incluso pazienti con indicazioni on label, ma risultano riproducibili in termini di beneficio da ridotta restenosi anche in pazienti appartenenti a trial randomizzati ed a registri che hanno incluso pazienti con impianto di DES off label.
La scelta di impiantare un DES deve tener conto dei problemi connessi con questo tipo di stent e che appaiono causati sia dalla tecnica di impianto utilizzata che dal tipo di polimero.
Il problema fondamentale emerso nel corso delle prime esperienze di impianto dei DES è rappresentato dalla espansione incompleta dello stent rispetto alle pareti del vaso che tende a produrre un incremento della restenosi e della TLR; la scelta di uno stent sottodimensionato rispetto al calibro reale del vaso, per giunta aggravato dall'impianto diretto di stent , in una procedura gestita esclusivamente sotto la guida angiografica, si associa al fenomeno della incompleta espansione che può trasformarsi in una potenziale ST. L'impiego della ecografia intracoronarica (IVUS) rappresenta, almeno nelle lesioni complesse, lo strumento per ridurre il rischio di apposizione subottimale dello stent .
I DES sono rivestiti da un polimero che facilita il rilascio del farmaco e che persiste a lungo dopo la completa eluizione del farmaco stesso; questo fenomeno di persistenza del polimero può determinare un rallentamento del processo di neoendotelizzazione degli strut dello stent o una reazione di ipersensibilità che può culminare in un episodio di ST. La responsabilità dei polimeri non erodibili utilizzati nella costruzione dei DES di prima generazione nella patogenesi di un fenomeno potenzialmente devastante come la ST ha stimolato lo sviluppo di nuovi polimeri utilizzati nella costruzione dei DES di seconda generazione e che hanno mostrato gradi di neoendotelizzazione maggiore e da cui si attende una riduzione della incidenza di ST. Gli stent di seconda generazione sono la risposta che la ricerca e l'industria hanno trovato ai problemi rimasti irrisolti ed hanno la caratteristica di unire un farmaco innovativo della famiglia "limus" con un polimero a biocompatibilità maggiore su una piattaforma metallica non di acciaio ma di una lega di cobalto-cromo. L'Endeavor stent, che utilizza un analogo del sirolimus, lo zotarolimus (ZES), eluito da un polimero biomimetico a base di fosforilcolina ha mostrato una copertura endoteliale degli strut superiore a quella registrata nei SES e nei PES; la performance meno favorevole degli ZES che mostrano valori più elevati di late loss e di TLR nei confronti dei SES e dei PES appare controbilanciata da una minore incidenza del "late catch up phenomenon" registrata negli ZES. Un altro DES di seconda generazione , lo Xience V che su una piattaforma di cobalto-cromo monta un polimero biocompatibile su base acrilica e fluorinata che eluisce un derivato di sintesi del sirolimus, l'everolimus (EES), è stato studiato in confronto con il PES sia all'interno di una serie di studi controllati in popolazione selezionate (la famiglia SPIRIT) sia in una popolazione di all comers: i dati mostrano in maniera omogenea il profilo di superiore efficacia e sicurezza dell' EES nei confronti del PES, sostenuto da una riduzione significativa della TLR e degli eventi cardiaci maggiori (MACE), a fronte di una parallela riduzione della ST.


" Per quale paziente?
" I pazienti affetti da diabete mellito (DM) tendono a sviluppare una forma particolarmente aggressiva di aterosclerosi coronarica per la quale rimangono ad alto rischio di MACE dopo PCI, in relazione al fenomeno molto più esteso della in stent restenosis (ISR). In questa prospettiva la capacità di abbattere l'incidenza della ISR da parte dei DES nei confronti dei BMS appare confermata dai dati che provengono sia dai registri che dai trial randomizzati. Tra i DES una metanalisi che raccoglie i dati provenienti da 5 studi randomizzati diretti ad analizzare il confronto in pazienti diabetici tra SES e PES non ha documentato alcuna differenza significativa in termini di rischio di morte e di re IMA. Una recente analisi patient level basata su 4 studi randomizzati che hanno confrontato gli esiti clinici a distanza in pazienti con e senza DM, trattati con EES e con PES, ha dimostrato che l'impianto di EES, a due anni, riduce in maniera significativa morte, IMA, ST e TLR solo nei pazienti non diabetici ma non nei pazienti affetti da DM: in particolare i pazienti non in trattamento insulinico hanno mostrato un ridotto livello di TLR se ricevevano EES, laddove quelli trattati con insulina mostravano una più bassa TLR se esposti all'impianto di PES; pertanto la presenza di DM di per sé, ed il trattamento insulinico in particolare, sembrano condizionare l'esito clinico di questi pazienti. Nel sottogruppo dei pazienti diabetici dell'ENDEAVOR IV non sono state registrate differenze significative sia in termini di late loss che di TLR tra i pazienti trattati con ZES e quelli trattati con SES
" I pazienti con malattia multivasale (MVD) mostrano un interesse crescente: il dibattito sulla migliore strategia di rivascolarizzazione tuttora aperto in questo sottogruppo clinico, il progressivo prolungamento della aspettativa di vita, il pesante corredo di comorbilità nelle fasce di età avanzata proiettano, in un futuro prossimo, un numero sempre più alto di soggetti con MVD che richiedono rivascolarizzazione. Metanalisi condotte su diversi pool di studi randomizzati, disegnati a confrontare gli esiti della PCI con impianto di BMS rispetto all'intervento chirurgico di rivascolarizzazione (CABG), hanno documentato in maniera omogenea livelli paragonabili di end point composito per morte, IMA e stroke tra le due categorie di pazienti, sia pure in presenza di un trend più elevato, ma non significativo, di stroke, nei pazienti con CABG, e di un ricorso a TLR significativamente maggiore nel gruppo dei BMS. Allo stato attuale non si dispone di un trial randomizzato disegnato esclusivamente per analizzare il confronto dei pazienti con MVD trattati con BMS e DES: nella pratica clinica i pazienti che non possono essere trattati con l'impianto di DES vengono avviati alla opzione chirurgica. Il SYNTAX è un trial che ha raccolto 1800 pazienti "all comers" o con malattia del TC (LMD) o con MVD di tre vasi ed ha randomizzato al trattamento o con PCI mediante impianto di PES o al CABG: il disegno di uno studio "all comers" ha risolto il problema connesso con la selezione a priori dei pazienti, che ha condizionato i precedenti studi di confronto dei BMS verso il CABG, e l'impiego di uno score, sia pure esclusivamente basato su dati angiografici, ha consentito di stratificare per diversi livelli di rischio i pazienti arruolati con forme di MVD non sovrapponibili, come era stato fatto negli studi presedenti. Il risultato di questa analisi è stato che gli esiti clinici dei pazienti sottoposti a impianto PES sono risultati sovrapponibili a quelli dei pazienti avviati al CABG solo all'interno del terzile che comprendeva i pazienti a SYNTAX score più basso (< 22).
" Per i pazienti con quadro di malattia del tronco comune non protetto (UPLMD) si sono aperti del tutto di recente, per la cardiologia interventistica, spazi di appropriatezza operativa: questi soggetti, a cui era stata assegnata una raccomandazione di classe III nella Linee Guida ACC/AHA del 2007, sono transitati nel successivo aggiornamento della LG pubblicato nel 2009 in classe IIb, nel senso che è stato riconosciuto ragionevole effettuare PCI con DES in quei pazienti che mostrano una anatomia coronarica a basso rischio di complicanze periprocedurali, ma con elevato profilo di rischio sistemico in caso di ricorso alla opzione chirurgica. Il confronto degli esiti in pazienti trattati con differenti DES (SES vs PES) è stato affrontato da due registri e da un trial randomizzato che non hanno in maniera coerente documentato differenze statisticamente significative nell'end point primario, composito di morte, IMA, TLR. Il confronto tra CABG e DES nel trattamento dei pazienti con UPLMD è stato oggetto di analisi nel sottogruppo specifico del SYNTAX trial e si è risolto con valori di MACE non significativamente differenti tra i due gruppi, ma in presenza di valori di mortalità e di IMA neutri, e con un incremeto di stroke a sfavore dei pazienti CABG e di TLR a sfavore dei pazienti PCI. Lo strumento del SYNTAX score si è rivelato utile per stratificare i pazienti rispetto alla sicurezza della stategia di rivascolarizzazione: per quelli con score fino a 32 la PCI si è mostrata sicura ed efficace quanto il CABG, laddove il CABG si è presentata la opzione di scelta nei pazienti con score > 33.
" I pazienti con occlusione cronica totale (CTO) rappresentano tuttora una sfida per la cardiologo interventista, in relazione al più basso tasso di successo delle procedure registrato in questa categoria di soggetti rispetto al trattamento delle lesioni non occlusive, imputabile nella grande maggioranza dei casi alla incapacità della guida di transitare attraverso il sito di occlusione; peraltro, i dati relativi al beneficio prognostico sulla sopravvivenza a lungo termine appaiono controversi. La ricanalizzazione di una CTO va stabilizzata assolutamente con l'impianto di DES che hanno mostrato una incidenza inferiore di TLR rispetto ai BMS. Una recente metanalisi di tutti questi studi, che ha incluso > 4000 pazienti con CTO, ha confermato la superiorità dei DES in termini di efficacia e sicurezza nei confronti dei BMS, sia pure in presenza di un trend consistente ma non significativo di incremento della ST
" La degenerazione dei graft venosi ancora attende una risposta terapeutica adeguata: se da un lato il nuovo ricorso alla chirurgia espone questi pazienti ad un rischio incrementale di morbilità e di mortalità rispetto all'intervento primario, anche in relazione alla consueta coesistenza di innesti arteriosi, dall'altro la PCI dei graft degenerati appare gravata da risultati non soddisfacenti per l'alta incidenza di IM periprocedurale e di restenosi con necessità di TLR. Circa venti registri hanno prodotto dati eterogenei riportando, in alcuni, vantaggi a favore dell'uso dei DES, ed in altri, nessuna differenza significativa nei confronti dei BMS. Un recente studio randomizzato condotto su 610 pazienti e costruito con un disegno 1:1:1:3 che assegnava i pazienti con graft degenerato all'impianto o di un SES o di un PES a polimero permanente o ad un PES a polimero biodegradabile per ogni 3 soggetti con BMS, ha documentato una riduzione significativa della TLR nei DES rispetto ai BMS, in assenza di differenze significative di morte, di IM e di ST.


" Per quale condizione clinica?
La strategia riperfusiva meccanica dello STEMI è attualmente il trattamento standard di riferimento per i pazienti con STEMI trasferiti in tempo adeguato in ospedali forniti delle necessarie tecnologie e competenze; nonostante ciò l'impiego nella PCI dello STEMI dei DES è stato negativamente condizionato da una serie di resistenze legate agli effetti stimati come sfavorevoli di alcuni fenomeni: l'intrappolamento del materiale trombotico tra gli strut dello stent e la parete coronarica che, dopo la risoluzione, può generare una condizione di incompleta apposizione dello stent, preliminare alla ST; la protrusione degli strut dello stent all'interno del nucleo necrotico della placca colpevole; un ritardo del processo di neoendotelizzazione e di persistente deposizione di materiale fibrinoso segnalato come più frequente nei pazienti trattati per STEMI rispetto a quelli trattati per angina stabile; l'alto rischio di eventi avversi nei pazienti non aderenti alla DAPT responsabile di un significativo incremento di mortalità tra quelli che dopo la PCI primaria, sospendono la DAPT. I dati dell'HORIZON-AMI, che ha arruolato una popolazione totale di 3006 pazienti trattati con PES o con BMS, hanno invece documentato una significativa riduzione della TLR guidata dai sintomi, in assenza di differenze statisticamente significative in termini di morte, IMA e ST. Questi risultati sono stati sostanzialmente confermati dalla ampia metanalisi di Brar, che ha incluso 13 studi randomizzati ed oltre 7000 pazienti seguiti per 2 anni, e che ha precisato che il beneficio della ridotta TLR a carico dei DES è estesa sia ai pazienti con DAPT > 6 mesi sia per quelli con DAPT < 6 mesi ed appare tanto maggiore quanto più grande è il rischio di restenosi.




BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE



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