Cardiorete 2011


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Severino

DOPO ANGIOPLASTICA : QUALI ESAMI, QUANDO E PERCHÉ?

Sergio Severino, Marco Pascotto, Angela Fusco, Salvatore Comenale,
Sergio Padula, Agata Lamberti, Alfonso Martiniello, Fortunato Arenga ,
Pio Caso
UOSD Diagnostica non Invasiva
Dipartimento Cardiologico Azienda dei Colli,Ospedale Monaldi (Napoli)


I test utilizzati dopo angioplastica coronarica sono essenzialmente quelli provocativi di ischemia e vedono nel test da sforzo al cicloergometro o al tappeto ruotante il test di prima scelta nella stratificazione diagnostica e prognostica della Cardiopatia ischemica . Tuttavia quando l'ecg risulta non interpretabile (per disturbo di conduzione o in alcuni sottogruppi di soggetti ,quali ipertesi con ipertrofia , sesso femminile, etc , in cui il marker elettrico perde sensibilità ) vengono utilizzati i test di imaging quali l'ecostress (fisico o farmacologico) e la scintigrafia miocardica (a riposo e dopo esercizio o con test farmacologico) in cui la rappresentazione dell'ischemia avviene sfruttando rispettivamente il deficit contrattile regionale (marker meccanico) ed il deficit di perfusione . Ancora poco utilizzati in clinica metodiche più sofisticate e costose quali la risonanza magnetica nucleare e la Coro TAC che per la scarsa diffusione e per la assenza al momento di studi clinici controllati su ampie popolazioni di pazienti non figurano nella Linee Guida .
Occorre poi precisare che l'angioplastica coronarica nell'ambito di una Sindrome Coronarica Acuta (SCA- STEMI) richiede test diagnostici ed una cronologia degli stessi diversa dalla strategia che viene adottata da pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica nell'ambito della cardiopatia ischemica cronica
In questi pazienti con pregresso infarto miocardico acuto in cui la rivascolarizzazione percutanea viene effettuata in fase acuta la tipologia del follow-up mira alla ricerca dell'ischemia residua. In quei pazienti con ricorrenza precoce (< 3 mesi dall'episodio infartuale) di angina è consigliabile la valutazione angiografica volta ad escludere la restenosi in sede di pregressa rivascolarizzazione o , meno probabilmente , una stenosi de novo per la progressione di malattia coronarica eterosede. Tale atteggiamento tiene conto del fatto che qualsiasi test provocativo di ischemia in questa finestra temporale presenta un insufficiente valore predittivo positivo e negativo.
Nei pazienti invece a " basso rischio" (per sede e caratteristiche della stenosi coronarica ed estensione della necrosi ) ed asintomatici o con sintomatologia atipica appare corretto far ricorso alla diagnostica non invasiva con test da sforzo tradizionale o con test di imaging
Gli obiettivi principali della strategia diagnostica sono la riduzione della mortalità e delle recidive e della progressione della malattia aterosclerotica , mentre vanno considerati obiettivi secondari la riduzione della restenosi. Infatti dal punto di vista prognostico la sopravvivenza è deteminata essenzialmente dalla estensione della coronaropatia e dalla funzione ventricolare sn. Ora mentre la coronarografia fotografa la situazione anatomica e non è proponibile nel follow-up di questi pazienti in assenza di sintomatologia , il test piu' importante diventa l'ecocardiografia a riposo con la determinazione della frazione di eiezione che stratifica da sola i pazienti secondo diverse categorie di rischio. Non sembra invece utile ricercare a tutti i costi la eventuale " restenosi" in considerazione che la prognosi della "restenosi silente"è generalmente favorevole e non sembra quindi raccomandabile un monitoraggio routinario strumentale (ad es. con un test provocativo )pur se riconosciuti efficaci con un ottimo valore predittivo.
Le Linee Guida sulle modalità e sul timing dei controlli clinici e strumentali del paziente rivascolarizzato con pregresso infarto e/o esiti stabilizzati sono non uniformi ed a volte contraddittorie. Le Linee Guida AHA/ACC 2006 raccomandano una valutazione funzionale molto selettiva limitata a sottogruppi di pazienti ad "alto rischio" (pazienti con disfunzione ventricolare sn, coronaropatia multi vasale e/o interessamento della a.discendente anteriore prossimale ,pz con rivascolarizzazione " incompleta" o " sub-ottimale",o con familiarità per morte improvvisa o diabete mellito, o con occupazioni definibili a "rischio elevato".) Per tutti gli altri pazienti che non rientrano in quelli citati viene chiaramente scoraggiato l'uso routinario o periodico del test ergometro o dei test di imaging se non clinicamente indicati. La Società Americana di Ecocardiografia riconosce con indicazione di classe 1 l'ecostress nella identificazione della restenosi in pazienti con sintomatologia atipica e classe 2 A nei pazienti con sintomatologia tipica. Leggermente differenti le indicazioni della Società Americana di Cardiologia Nucleare che riconoscono in classe 2 A lo stress imaging scintigrafico solo nei pazienti ad alto rischio e dopo almeno 6 mesi dalla procedura.
Le linee guida della Società Europea di Cardiologia sconsigliano poi l'esecuzione periodica di metodiche di stress imaging nel paziente stabile e senza significativa variazione della sintomatologia.
Fatte queste premesse è possibile brevemente rispondere alle domande poste nel titolo .

Quali esami?
Consigliabile in tutti i pazienti completare la valutazione clinica con un esame ecocardiografico in condizioni basali con la valutazione della volumetria cardiaca (per seguire l'eventuale rimodellamento sfavorevole del ventricolo sn) , della funzione sistolica (come frazione d'eiezione e quando possibile dei nuovi indici di deformazione miocardica ricavabili dallo speckle tracking 2D quali il global strain longitudinale ad es.)e della funzione diastolica. Nei pazienti a rischio elevato va indicato un test ergometrico o, quando poco affidabile perché non interpretabile , un test di imaging. Una strategia più cost-effective secondo Marwick prevede il test di imaging in prima battuta perché riducendo il numero di falsi positivi ridurrebbe il ricorso alla coronarografia . La coronarografia andrebbe indicata invece precocemente nel post-infarto in caso di angina e di viraggio clinico indicativo di instabilità (angina a riposo e primo decubito),nel paziente fortemente sintomatico nonostante la terapia medica o con aritmie maligne e nella cardiopatia ischemica cronica sinistra quando coesiste instabilizzazione clinica ( angina a soglia variata, dispnea da sforzo, astenia )e disfunzione ventricolare sn.


Quando?
Nei pazienti con coronaropatia nota e sottoposti ad angioplastica coronarica non esiste una cadenza precisa dei test nel follow-up. In caso di paziente "ad alto rischio"ed a maggior rischio di progressione di malattia (diabetici,dislipidemici etc)sembra ragionevole una valutazione funzionale periodica almeno ogni 3 anni anche in assenza di sintomi tipici, mentre in tutti gli altri pazienti è consigliabile una strategia " guidata dai sintomi".

Perché?
La presenza di ischemia miocardica ed il carico ischemico globale rilevante (> 10% del miocardio) ad un test provocativo hanno un rilevante prognostico e detta una strategia terapeutica invasiva che si è dimostrato utile nel ridurre la mortalità e le recidive ischemiche .Una strategia conservativa con terapia medica ottimale appare consigliabile in caso di assenza o scarsa rilevanza (< 10% di area miocardica) di ischemia ad un test provocativo.



BIBLIOGRAFIA
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Kilocke FJ,Bard MG,Lorell BH et al:uidelines for the clinical use of cardiac radionuclide imaging executive summary : a report of the ACC/AHA task force on practice guidelines for the clinical use of cardiac radionuclide imaging
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