Le SCA con ST non elevato
nell’ anziano e nel grande anziano
F. Piscione, G. Vitulano, F. D’Auria, N. Virtuoso
Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Universita’ degli Studi di
Salerno .
1.
INTRODUZIONE ED EPIDEMIOLOGIA
Secondo una
relazione dell'UE, entro il 2060 quasi un terzo degli europei
avrà 65 anni o più, su una popolazione totale di 517 milioni. In
Italia , secondo i dati Istat , è previsto che il numero degli
ottuagenari si triplicherà nei prossimi 40 anni passando dal 4%
al 13% della popolazione: è il cosiddetto “elderly boom”.I
pazienti con diagnosi di NSTEMI anziani hanno una storia più
lunga di malattia coronarica con piu’comorbidità . In effetti
l'età è considerato uno dei più importanti fattori predittivi di
rischio per gli eventi avversi e le complicanze del NSTEMI.
Molte controversie sono insorte circa la corretta gestione di
questa particolare categoria che costituisce un sottoinsieme
critico UA / NSTEMI . Inoltre , gli anziani sono
sottorappresentati e poco inclusi nei trial clinici a causa
della loro scarsa compliance , ridotta aspettativa di vita e la
scarsa qualità della vita Pertanto , gli anziani hanno meno
probabilità di essere trattati con farmaci anti- ischemici e
antitrombotici o sottoposti a cateterizzazione cardiaca rispetto
ai pazienti più giovani anche perche’ i medici hanno un
atteggiamento prevalentemente non aggressivo nel trattamento di
questi " pazienti ad alto rischio "
Numerose sono
le comorbidita’ presenti nel paziente anziano e che si
incrementano decisamente dopo i 70 anni. Tra queste il diabete ,
insufficienza renale , patologie cardiovascolari , cancro ,
artrite , problemi respiratori sono le piu’ comuni. Le patologie
cardiache che più frequentemente interessano l’ultraottantenne
sicuramente sono la cardiopatia ischemica, la fibrillazione
atriale, le valvulopatie aortiche e mitraliche, i disturbi della
conduzione, lo scompenso cardiaco. Dal 2004 il DRG 112
(“Interventi sul sistema cardiovascolare per via percutanea”) è
entrato a far parte della graduatoria dei primi 10 DRG più
frequenti.Malgrado il DRG 112 sia al 9°posto in termini di
frequenza, è al 2° posto in termini di assorbimento di risorse
economiche . Questo ,di pari passo all’aumento del numero delle
ospedalizzazioni dei pazienti con eta’> 85 anni (registro
svedese) , ha fatto si che i costi siano notevolmente aumentati.
Morici et al. (1) dal gennaio 2008 al maggio 2010
hanno arruolato 645 pazienti di età > 75 anni con NSTEMI
trattati con terapia conservativa o aggressiva . Durante l’ammisione
sono morti 32 pazienti( 30 per cause cardiovascolari e 2 non
cardiovascolari), dei 631 sopravvissuti 88 sono morti durante il
primo anno di follow up, dei 525 sopravvissuti 508 hanno
completato 1 anno di follow up . La mortalità complessiva è
stata del 18,6 % , per lo più aveva una origine cardiaca ( circa
l’80 %) ed in particolare per ischemia miocardica( 77% delle
cause cardiache) . Fig.5 . La frazione di eiezione , il livello
di emoglobina , l'età avanzata e la clearance della creatinina
sono stati identificati come fattori predittivi indipendenti di
tutte le cause di morte a 1 anno.
2. DIAGNOSI E
FRAGILITA’
La diagnosi
di SCA nei pazienti anziani e’piu’ difficile perche’ essi
presentano piu’ spesso sintomi atipici (il dolore ischemico o è
assente o è riferito in zona atipica, come l'addome), presentano
spesso dispnea . Inoltre le SCA negli anziani spesso possono
essere scatenate da stress emodinamici come infezioni o
disidratazione . Per cui la presentazione atipica di ACS in
pazienti anziani può ritardare la diagnosi e il trattamento, che
può a sua volta contribuire alla peggiore prognosi che si ha in
tali pazienti. Infine gli anziani con NSTEMI sono piu’
frequentemente ricoverati in reparti di medicina piuttosto che
nelle UTIC . (2)
Pertanto, è
necessario un alto indice di sospetto per la diagnosi di ACS
negli anziani (classe I livello C raccomandazione).
Fatte queste
dovute premesse bisogna pero’ precisare che esiste “anziano e
anziano”. Esiste l’anziano con comorbidita’ o ad “ alto rischio”
e l’anziano con meno comorbidita’ o a “ basso rischio “ . La
fragilita’, intesa come la presenza di menomazioni di multipli
sistemi che comportano un declino dell’omeostasi, influisce sia
sull’outcome che sulla strategia terapeutica dei pazienti. La
prevalenza di patologie cardiovascolari, stratificata in base
allo stato di fagilità definita dai criteri di Fried, e’
nettamente superiore nel paziente fragile rispetto al non
fragile ( 75 % vs 25% )(3) . La fragilita’e’
influenzata negativamente dalla presenza delle numerose
comorbidita’ che ,come abbiamo gia’ detto , sono presenti
nell’anziano e tra di esse spicca l’insufficienza renale. Uno
studio ha evidenziato che su una popolazione di pazienti con
eta’ maggiore di 75 anni l’incidenza di insufficienza renale era
negli uomini del 34,5% e nelle donne del 31,6% , piu’ del doppio
rispetto ai pazienti tra 65 e 74 anni ( 15% e 11% ) (4).L’insufficienza
renale a sua volta si e’ visto essere uno dei fattori principali
che condizionano l’insorgenza di sanguinamento maggiore nei
pazienti con N-STEMI .Quindi ,ricapitolando, il paziente anziano
che spesso ha insufficienza renale che predispone al
sanguinamento , ha bisogno di un’attenzione particolare riguardo
alla strategia invasiva e alla successiva terapia farmacologica
antiaggregante dato che sulla bilancia ischemia-emorragia
quest’ultima nell’anziano ha un peso nettamente maggiore che nel
soggetto giovane. Ritornando all’outcome, uno studio sui
nonagenari con IMA effettuato su 177 pazienti ha evidenziato che
nel grande anziano l’infarto NSTEMI e’ nettamente piu’ frequente
dello STEMI ( 77% vs 23% ), che tra una terapia di
cateterizzazione precoce ( entro le prime 48 ore) e una
effettuata tardivamente al follow up ad 1 anno non c’erano molte
differenze con una mortalita’ per entrambi i gruppi molto alta
intorno al 50 % e soprattutto che vi erano alcuni fattori
predittori di mortalita’ all’ingresso: una body mass index< 25
kg/m2 , una creatinina sierica >20 md/dl,
l’emoglobina < 12 mg/dl e la presenza di demenza(5).
Tab. 1.
3. TERAPIA
INVASIVA PRECOCE vs CONSERVATIVA
Qual e’ la
migliore strategia terapeutica nel paziente anziano con N-STEMI
?
Molti
suggeriscono l' indicazione di una gestione invasiva precoce
(precoce cateterizzazione cardiaca entro 48-72 ore dalla
presentazione , con rivascolarizzazione determinata dai
risultati angiografici nei pazienti ad alto rischio). In realtà
i risultati a breve e medio termine nei pazienti ad alto rischio
con UA / NSTEMI sono migliori con una strategia invasiva precoce
rispetto alla strategiaconservativa .
Gli studi Fragmin and Fast RevascularizationDuringInstability in
CoronaryArteryDisease (FRISC II), RandomizedIntervention Trial
of Unstable Angina (RITA-3) and Invasive Versus Conservative
treatment in UnstableCoronarySyndromes (ICTUS) hanno studiato
gli esiti a lungo termine dopo angiografia precoce o tardiva in
una popolazione di pazienti con NSTEMI sottoposti a una gestione
invasiva di routine. Gli studi hanno riportato risultati di
cinque anni di follow-up e la mortalità a lungo termine e’ tra
il 10% e il 15 % senza differenze significative tra il
trattamento conservativo e invasivo .
I dati dello studio ICTUS hanno dimostrato che l'uso di
rivascolarizzazione è associato ad un piu’ basso tasso di
mortalità ( 4,8 % contro 10,0 % ) rispetto alla strategia
conservativa .
Di recente lo
studio Elderly ACS ha valutato l’ outcome ad 1 anno in 313
pazienti anziani ( > 75 anni) con NSTEMI sottoposti a una
terapia aggressiva o conservativa precoce . Questo studio pero’
non ha permesso di raggiungere una coclusione definitiva . Sono
stati reclutati pazienti con un’eta’ media di 81,8 anni. Su 154
e’ stata adottata una terapia precoce aggressiva (EA) ( 136
solo cateterizzazione e 76 anche PCI) e su altri 159 una terapia
inizialmente conservativa (IC) (46 cateterizzati e 35 anche
PCI). Dalle curve di Kaplan-Meier si evince che riguardo all’end-point
primario composto dai casi di reinfarto miocardico , di morte
e di riospedalizzazione le due terapie EA e IC hanno dei
risultati molto simili e per questo richiederebbero ulteriori
approfondimenti. Cio’ che si evidenzia e’pero’ una relazione tra
trattamento ,valori di troponina all’ingresso ed outcome; in
particolare pazienti con elevata troponina ( HR : 0,43 , IC 95%
: 0,23-0,80 )hanno una mortalita’, incidenza di reinfarto
miocardico e re ospedalizzazioni piu’ alta nell’ IC che nell’ EA;
quelli con valori di troponina normale ( HR : 1.67 IC 95% :
0,75-3,70 ; p per l'interazione = 0.03 ) al contrario
beneficiano di piu’ di una strategia IC (6). Fig.1 e
Fig.2.
Galasso e
colleghi(7) hanno studiato 452 pazienti NSTEMI con
eta’> 70 anni sottoposti a terapia invasiva precoce . Sono stati
divisi in 3 gruppi in base all’ eta’ : 70 / 75-80 e > 80 . Il
follow-up , compreso tra trenta giorni dopo la procedura e 6
anni, ha registrato l’incidenza di morte, infarto miocardico e
restenosi. L’incidenza di morte era maggiore nel gruppo di
pazienti con eta’ 75-80 e minore negli altri due

Figura 1 Procedure effettuate all’ ingresso ed entro un anno.

Figura 2
gruppi , il
tasso di morte cardiaca era del 13 % rispetto ad un totale di
morti del 27,2 % . Cosi’ la mortalita’ del gruppo con eta’> 80
anni , messa su curva di Kaplan- Meier , diverge repentinamente
dagli altri due gruppi (Figure 6) . Le differenze di restenosi
non sono significative . L’infarto miocardico a 6 anni ha un’
incidenza del 4,9 % distribuita nei tre gruppi cosi’ come la
mortalita’.
Ottenere
risultati circa l'impatto della gestione precoce invasiva o
conservativa sulla prognosi a lungo termine nella popolazione
anziana con UA / NSTEMI di routine è difficile perché pochi
pazienti anziani sono inclusi negli studi sebbene definire l’outcome
nel paziente anziano con NSTEMI e le cause di morte è importante
per il processo decisionale clinico.Solo pochi studi hanno
indagato l’outcome e le cause di morte in questi i pazienti .
Nel registro italiano ROSAI -2 la percentuale di anziani ( > 75
anni ) sottoposti ad angiografia coronarica è stata del 39 % .
Lo studio ha mostrato un outcome migliore nei pazienti anziani
trattati aggressivamente mentre l' approccio conservativo e l’
infarto del miocardio NSTEMI non sono risultati predittori di
esito sfavorevole a 30 giorni.
De Servi et
al. (8) hanno studiato come le diverse gestioni (
conservatore vs aggressivo ) su 564 pazienti anziani con infarto
NSTEMI influenzano l’ outcome a 30 giorni. I pazienti anziani
hanno avuto un esito più sfavorevole rispetto a quelli più
giovani , come è dimostrato dal tasso più elevato di morte (
6,4 % vs 1,7 % ) , infarto acuto del miocardio ( 7,1 % vs 5 % )
e di ictus ( 1,3 % vs 0,5% ) . I pazienti anziani avevano più
fattori di rischio e malattia coronarica piu’ estesa rispetto ai
più giovani . Inoltre la strategia conservativa e il non- Q
-wave MI sono stati identificati come fattori predittivi
indipendenti di eventi a 30 giorni .
In un’ indagine israeliana sulle sindromi coronariche acute (
Acsis )(9) tra i pazienti anziani con NSTEMI ( ≥ 80
anni), si e’ evidenziato che il rischio di mortalità ad 1 anno
era più alto rispetto ai pazienti più giovani e la
rivascolarizzazione percutanea è stata associata ad un più basso
rischio di morte a 1 anno ma non a 30 giorni.
Nello studio
condotto da Roe(10) e colleghi è stato osservato in
19.336 pazienti con NSTEMI (di età > 65 anni ) con malattia
coronarica significativa , come le diverse strategie
terapeutiche ( terapia medica , PCI e CABG ) influenzassero a
lungo termine il rischio di mortalità e di eventi
cardiovascolari non fatali . I risultati hanno mostrato che il
rischio a lungo termine di eventi avversi e di morte è risultato
più basso in pazienti trattati con PCI (33,5 % hazard ratio
aggiustato , 0,75 , intervallo di confidenza 95 % , 0,70-0,79 )
rispetto a quelli trattati con sola terapia medica ( 50 %),
mentre il valore piu’ basso e’ stato rilevato nei pazienti
trattati con bypass coronarico ( 24,2 %, hazard ratio aggiustato
, 0,52 , intervallo di confidenza 95 % , 0,47-0,57).
4.
DES vs BMS
Alla luce di
quanto esposto precedentemente , in particolare in relazione
alle differenze del paziente anziano rispetto al paziente
giovane, al suo essere un paziente “ad alto rischio” ; alle
maggiori complicanze precoci e tardive derivanti dal trattamento
quale tipologia di stent utilizziamo? Sappiamo che il DES (
drugelutingstent) riduce la necessita’ di re- interventi se
comparato al BMS senza un rischio di incremento di morte,
infarto miocardico e ristenosiintrastent seppure con un alto
rischio di restenosiintrastent tardiva( dopo un anno). Il DES di
2° generazione comparato con uno DES di 1° generazione riduce
la percentuale di re- interventi, infarto miocardico e trombosi
intrastent senza differenze riguardo alla percentuale di morti(11)
. Ma nel paziente anziano ci sono almeno due fattori che
suggeriscono l’utilizzo del BMS rispetto al DES. Sappiamo che
dopo un intervento percutaneo di rivascolarizzazione e’
necessaria una doppia terapia anti aggregante che viene
protratta per 6-12 mesi in caso di utilizzo di DES e per 1 mese
in caso di utilizzo di BMS. Ovviamente una terapia
antiaggregante a lungo termine comporta un notevole rischio di
sanguinamento che gia’e’ notevolmente piu’ alto in pazienti con
eta’piu’ avanzata ( Acuity trial ) (12)specie se
hanno anche insufficienza renale. Ragion per cui una terapia
antiaggregante piu’ breve , permessa soltanto dal BMS,
risulterebbe auspicabile. Un altro fattore sempre legato all’eta’e’
l’ osservazione che pazienti anziani e che hanno effettuato una
procedura percutanea nel primo anno di follow up hanno un’ alta
percentuale di interventi chirurgici non cardiaci che richiedono
una brusca modificazione o interruzione della stessa terapia
antiaggregante. Un altro fattore e’ senza dubbio l’alta
percentuale di aritmie e conseguente terapia anticoagulante a
cui sono sottoposti i pazienti anziani. La triplice terapia
,dovuta all’aggiunta dell’anticoagulante, determina un rischio
di sanguinamento maggiore molto piu’ alto in tali pazienti
rispetto sia a pazienti che fanno doppia terapia antiaggregante
sia rispetto a quelli che fanno terapia con un antiaggregante e
un anticoagulante . Da Lambert et al.(13). Un nuovo
approccio di rivascolarizzazione coronarica percutanea in
pazienti che necessitano di un intervento chirurgico non
cardiaco e’ il GenousBio-engineered R stent (GRS) che , con un
rivestimento anti-hCD34, cattura le cellule progenitrici CD-34 +
circolanti nelle maglie dello stent al fine di favorire una
accelerazione della re-endotelizzazione , differenziando
rapidamente uno strato endoteliale funzionale . Questo potrebbe
ridurre l’incidenza di trombogenicità e restenosi,masoprattutto,rende
possibile limitare la durata della doppia
antiaggregazionepiastrinica,a solo due settimane(14).
5.
TERAPIA FARMACOLOGICA
Riguardo alla
terapia farmacologica antiaggregante sappiamo che l’aspirina (I
A) , nonostante abbia un alto rischio di sanguinamenti minori,
determina raramente sanguinamenti maggiori e per questo e’ quasi
sempre utilizzata. Il clopidogrel ( IA), nel paziente anziano
con insufficienza renale( clearence< 64ml/l ), ha una scarsa
efficacia.Ilprasugrel ( IB) nei pazienti dopo i 75 anni non e’
raccomandato per un aumentato rischio emorragico intracranico .
Sebbene lo studio Plato evidenzi un maggior beneficio del
ticagrelor ( I B ) nei confronti del clopidrogel , nei pazienti
con eta’> 75 anni non c’era differenza nei vari endpoint tra i
due trattamenti sebbene il ticagrelor ,non metabolizzato dal
rene, e’piu’ indicato del clopidogrel in pazienti con
insufficienza renale. Nei soggetti con eta’> 80 anni non vi e’
un incremento di infarto miocardico a 30 giorni né un incremento
del rischio di moderato e severo sanguinamento utilizzando
epifibatide e tirofiban . Sull ‘efficacia degli inibitori del GP
II b / GP III a uno studio effettuato su pazienti anziani con
sindromi coronariche acute mostra che, dopo un follow up di 24
mesi, nei pazienti trattati con stent e abciximab l’incidenza
di eventi avversi morte , infarto non fatale e re-PCI e’
nettamente minore rispetto ai pazienti trattati con solo stent
. In particolare nei pazienti con piu’ di 80 anni la differenza
tra gli eventi avversi e’ la seguente : morte ( 29,3 vs 10,8) ;
IM non fatale (29,3 vs 8,1 ) ; re-PCI (26,8 vs 2,7 ). Da
Galasso et al. (15).Fig.3 e Fig. 4. Con eparina non
frazionata o enoxaparina aumenta il sanguinamento maggiore
mentre un significativo piu’ basso rischio di sanguinamento e’
osservato con fondaparinux, comparato con enoxaparina in
pazienti con eta’> 65 anni, sebbene sia controindicato in
pazienti con insufficienza renale severa.

Figura 3 : Questa figura riporta l’ incidenza di morte, IM non
fatale e di pre- PCI dopo un lungo follow- up nei due gruppi . I
pazienti trattati con abciximab mostravano una piu’
significativa riduzione di tutti gli eventi avversi considerati
rispetto ai pazienti trattati solo con stent . Questa differenza
e’ stata confermata anche nei pazienti divisi per eta’.

Figura 4 :Curva di Kaplan- Meier sulla sopravvivenza libera da
eventi . Analisi di tutti I MACE nei due gruppi di pazienti .
Anziani trattati con PCI e abciximab mostrano una significativa
riduzione di tutti i MACE .

Figura 5

Figura6: Curva di Kaplan – Meier mostra il rischio di morte
dopo 120 mesi dalla dimissione ospedaliera in pazienti
stratificati per fasce di età.
Nello studio Horizons-ami, i pazienti con STEMI che ,
sottoposti a intervento coronarico percutaneo ( PCI ) , sono
stati trattati con l'inibitore della trombinaBivalirudina, hanno
avuto tassi a 30 giorni sostanzialmente inferiori per
complicanze emorragiche ed eventi clinici avversi rispetto ai
pazienti assegnati a Eparina più un inibitore della
glicoproteina IIb/IIIa.E’ stato valutato il mantenimento a 1
anno di questi benefici iniziali.Un totale di 3.602 pazienti
sono stati assegnati in modo casuale, in un rapporto 1:1, a
ricevere Bivalirudina ( 0.75 mg/kg in bolo endovenoso seguito da
1.75 mg/kg per ora di infusione, n=1.800 ) oppure Eparina più un
inibitore GP IIb/IIIa ( controllo; 60 UI/kg in bolo endovenoso
seguito da boli con tempo di coagulazione attivata [ ACT ]
target di 200-250 s, n=1.802 ).I due endpoint primari erano
sanguinamento maggiore ed eventi clinici avversi netti ( NACE:
costituiti da sanguinamento maggiore o eventi avversi
cardiovascolari maggiori compositi: MACE; mortalità, reinfarto,
rivascolarizzazione del vaso target per ischemia, o ictus ). Il
tasso di NACE è risultato più basso nel gruppo Bivalirudina
rispetto al gruppo di controllo ( 15.6% vs 18.3%; hazard ratio,
HR=0.83; p=0.022 ), come risultato di un più ridotto tasso di
sanguinamento maggiore nel gruppo Bivalirudina ( 5.8% vs 9.2%,
HR=0.61; p minore di 0.0001 ).Il tasso di MACE è risultato
simile tra i due gruppi ( 11.9% vs 11.9%, HR=1.00; p=0.98 ). I
tassi di mortalità cardiaca a 1 anno ( 2.1% vs 3.8%, HR=0.57;
p=0.005 ) e di mortalità per qualsiasi causa ( 3.5% vs 4.8%,
HR=0.71; p=0.037 ) si sono rivelati inferiori nel gruppo
Bivalirudina rispetto al gruppo di controllo.
Dallo studio è emerso che nei pazienti con infarto STEMI
sottoposti a PCI primaria, una terapia anticoagulante con
Bivalirudina è in grado di ridurre i tassi di eventi clinici
avversi netti e sanguinamento maggiore a 1 anno rispetto al
trattamento con Eparina più un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa.(16)
6.
CONCLUSIONI
In
conclusione possiamo dire che i pazienti anziani aumentano
sempre di piu’ e aumenteranno sempre di piu’ nei prossimi
decenni. La terapia invasiva comunque deve essere attuata ma
pone numerosi problemi che non sono presenti nel paziente
giovane. Non ci sono rigide linee guida masoltanto
raccomandazioni cosicche’ dovrebbe essere sempre ricercata e
perseguita una terapia cosi’ detta su misura (“ tailoredterapy”)
data la singolarita’ di ogni singolo paziente anziano e la
spiccata eterogeneita’ della popolazione degli anziani e dei
grandi anziani.
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