Le SCA  con ST non elevato

nell’ anziano e nel grande anziano

 

F. Piscione, G. Vitulano, F. D’Auria, N. Virtuoso

Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Universita’ degli Studi di Salerno .

 

 

1. INTRODUZIONE ED EPIDEMIOLOGIA

Secondo una relazione dell'UE, entro il 2060 quasi un terzo degli europei avrà 65 anni o più, su una popolazione totale di 517 milioni. In Italia , secondo i dati Istat , è previsto che il numero degli ottuagenari si triplicherà nei prossimi 40 anni passando dal 4% al 13% della popolazione: è il cosiddetto  “elderly boom”.I pazienti con diagnosi di NSTEMI  anziani hanno una storia più lunga di malattia coronarica con piu’comorbidità . In effetti l'età è considerato uno dei più importanti fattori predittivi di rischio per gli eventi avversi e le complicanze del NSTEMI. Molte controversie sono insorte circa la corretta gestione di questa particolare categoria che costituisce un sottoinsieme critico  UA / NSTEMI . Inoltre , gli anziani sono sottorappresentati e poco inclusi nei trial clinici a causa della loro scarsa compliance , ridotta aspettativa di vita e la scarsa qualità della vita Pertanto , gli anziani hanno meno probabilità di essere trattati con farmaci anti- ischemici e antitrombotici o sottoposti a cateterizzazione cardiaca rispetto ai pazienti più giovani anche perche’ i medici hanno un atteggiamento prevalentemente non aggressivo nel trattamento di questi " pazienti ad alto rischio "

Numerose sono le comorbidita’ presenti nel paziente anziano e che si incrementano decisamente dopo i 70 anni. Tra queste il diabete , insufficienza renale , patologie cardiovascolari , cancro , artrite , problemi respiratori sono le piu’ comuni. Le patologie cardiache che più frequentemente interessano l’ultraottantenne sicuramente sono la cardiopatia ischemica, la fibrillazione atriale, le valvulopatie aortiche e mitraliche, i disturbi della conduzione, lo scompenso cardiaco. Dal 2004 il DRG 112 (“Interventi sul sistema cardiovascolare per via percutanea”) è entrato a far parte della graduatoria dei primi 10 DRG più frequenti.Malgrado il DRG 112 sia al 9°posto in termini di frequenza, è al 2° posto in termini di assorbimento di risorse economiche . Questo ,di pari passo all’aumento del numero delle ospedalizzazioni dei pazienti con eta’> 85 anni (registro svedese) , ha fatto si che i costi siano notevolmente aumentati. Morici et al. (1) dal gennaio 2008 al maggio 2010 hanno arruolato 645 pazienti di età > 75 anni con NSTEMI trattati con terapia conservativa o aggressiva . Durante l’ammisione sono morti 32 pazienti( 30 per cause cardiovascolari e 2 non cardiovascolari), dei 631 sopravvissuti 88 sono morti durante il primo anno di follow up, dei 525 sopravvissuti 508 hanno completato 1 anno di follow up . La mortalità complessiva è stata del 18,6 % , per lo più aveva una origine cardiaca ( circa l’80 %) ed in particolare per ischemia miocardica( 77% delle cause cardiache) . Fig.5 . La frazione di eiezione , il livello di emoglobina , l'età avanzata e la clearance della creatinina sono stati identificati come fattori predittivi indipendenti di tutte le cause di morte a 1 anno. 

 

2. DIAGNOSI E FRAGILITA’

La diagnosi di SCA nei pazienti  anziani e’piu’ difficile perche’ essi presentano piu’ spesso sintomi atipici (il dolore ischemico o è assente o è riferito in zona atipica, come l'addome), presentano spesso dispnea . Inoltre le SCA negli anziani spesso possono essere scatenate da stress emodinamici come infezioni o disidratazione . Per cui la presentazione atipica di ACS in pazienti anziani può ritardare la diagnosi e il trattamento, che può a sua volta contribuire alla peggiore prognosi che si ha in tali pazienti. Infine gli anziani con NSTEMI sono piu’ frequentemente ricoverati in reparti di medicina piuttosto che nelle UTIC . (2)

Pertanto, è necessario un alto indice di sospetto per la diagnosi di ACS negli anziani (classe I livello C raccomandazione).

Fatte queste dovute premesse bisogna pero’ precisare che esiste “anziano e anziano”. Esiste l’anziano con comorbidita’ o ad “ alto rischio” e l’anziano con meno comorbidita’ o a “ basso rischio “ . La fragilita’, intesa come la presenza di menomazioni di multipli sistemi che comportano un declino dell’omeostasi, influisce sia sull’outcome che sulla strategia terapeutica dei pazienti. La prevalenza di patologie cardiovascolari, stratificata in base allo stato di fagilità definita dai criteri di Fried, e’ nettamente superiore nel paziente fragile rispetto al non fragile ( 75 %  vs 25% )(3) . La fragilita’e’ influenzata negativamente dalla presenza delle numerose comorbidita’ che ,come abbiamo gia’ detto , sono presenti nell’anziano e  tra di esse spicca l’insufficienza renale. Uno studio ha evidenziato che su una popolazione di pazienti con eta’ maggiore di 75 anni l’incidenza di insufficienza renale era negli uomini del 34,5% e nelle donne del 31,6% , piu’ del doppio rispetto ai pazienti tra 65 e 74 anni ( 15% e 11% ) (4).L’insufficienza renale a sua volta si e’ visto essere uno dei fattori principali che condizionano l’insorgenza di sanguinamento maggiore nei pazienti con N-STEMI .Quindi ,ricapitolando, il paziente anziano che spesso ha insufficienza renale che predispone al sanguinamento , ha bisogno di un’attenzione particolare riguardo alla strategia invasiva e alla successiva terapia farmacologica antiaggregante dato che sulla bilancia ischemia-emorragia quest’ultima nell’anziano ha un peso nettamente maggiore che nel soggetto giovane. Ritornando all’outcome, uno studio sui nonagenari con IMA effettuato su 177 pazienti ha evidenziato che nel grande anziano l’infarto NSTEMI e’ nettamente piu’ frequente dello STEMI ( 77% vs 23% ), che tra una terapia di cateterizzazione precoce ( entro le prime 48 ore) e una effettuata tardivamente al follow up ad 1 anno non c’erano molte differenze con una mortalita’ per entrambi i gruppi molto alta intorno al 50 % e soprattutto che vi erano alcuni fattori predittori di mortalita’ all’ingresso: una body mass index< 25 kg/m2 , una creatinina sierica >20 md/dl, l’emoglobina < 12 mg/dl e la presenza di demenza(5). Tab. 1.

 

3. TERAPIA INVASIVA PRECOCE vs CONSERVATIVA

Qual e’ la migliore strategia terapeutica nel paziente anziano con N-STEMI ?

Molti suggeriscono l' indicazione di una gestione invasiva precoce (precoce cateterizzazione cardiaca entro 48-72 ore dalla presentazione , con rivascolarizzazione  determinata dai risultati angiografici nei pazienti ad alto rischio). In realtà i risultati a breve e medio termine nei pazienti ad alto rischio con UA / NSTEMI sono migliori con una strategia invasiva precoce rispetto alla strategiaconservativa .
Gli studi Fragmin and Fast RevascularizationDuringInstability in CoronaryArteryDisease (FRISC II), RandomizedIntervention Trial of Unstable Angina (RITA-3) and Invasive Versus Conservative treatment in UnstableCoronarySyndromes (ICTUS)   hanno studiato gli esiti a lungo termine dopo angiografia precoce o tardiva in una popolazione di pazienti con NSTEMI sottoposti a una gestione invasiva di routine. Gli studi hanno riportato risultati di cinque anni di follow-up e la mortalità a lungo termine e’ tra il 10%  e il 15 % senza differenze significative tra il trattamento  conservativo e invasivo .
I dati dello studio ICTUS hanno dimostrato che l'uso di rivascolarizzazione è associato ad un piu’ basso tasso di mortalità ( 4,8 % contro 10,0 % ) rispetto alla strategia conservativa .

Di recente lo studio Elderly ACS ha valutato l’ outcome ad 1 anno in 313 pazienti anziani ( > 75 anni) con NSTEMI sottoposti a una terapia aggressiva o conservativa precoce . Questo  studio pero’   non ha permesso di raggiungere una coclusione definitiva . Sono stati reclutati pazienti con un’eta’ media di 81,8 anni. Su 154  e’ stata adottata  una terapia precoce aggressiva (EA) ( 136 solo cateterizzazione e 76 anche PCI) e su altri 159 una terapia inizialmente conservativa (IC) (46 cateterizzati e 35 anche PCI). Dalle curve di Kaplan-Meier si evince che  riguardo all’end-point primario composto dai casi di reinfarto miocardico ,  di morte e  di riospedalizzazione le due terapie EA e IC hanno dei risultati molto simili e per questo richiederebbero ulteriori approfondimenti. Cio’ che si evidenzia e’pero’ una relazione tra trattamento ,valori di troponina all’ingresso ed outcome; in particolare pazienti con elevata troponina ( HR : 0,43 , IC 95% : 0,23-0,80 )hanno una mortalita’, incidenza di reinfarto miocardico e re ospedalizzazioni piu’ alta nell’ IC che nell’ EA; quelli con valori di troponina normale ( HR : 1.67 IC 95% : 0,75-3,70 ; p per l'interazione = 0.03 ) al contrario beneficiano di piu’ di una strategia IC (6). Fig.1 e Fig.2.

Galasso e colleghi(7) hanno studiato 452 pazienti NSTEMI con eta’> 70 anni sottoposti a terapia invasiva precoce . Sono stati divisi in 3 gruppi in base all’ eta’ : 70 / 75-80 e  > 80 . Il follow-up , compreso tra trenta giorni dopo la procedura e 6 anni, ha registrato l’incidenza di morte, infarto miocardico e restenosi. L’incidenza di morte era maggiore nel gruppo di pazienti con eta’ 75-80 e minore negli altri due

Figura 1 Procedure effettuate all’ ingresso ed entro un anno.

 

 

 

 

Figura 2

 

gruppi , il tasso di morte cardiaca era del 13 % rispetto ad un totale di morti del 27,2 % . Cosi’ la mortalita’ del gruppo con eta’> 80 anni , messa su curva di Kaplan- Meier , diverge repentinamente dagli altri due gruppi (Figure 6) . Le differenze di restenosi non sono significative . L’infarto miocardico a 6 anni ha un’ incidenza del 4,9 % distribuita nei tre gruppi cosi’ come la mortalita’.

Ottenere risultati circa l'impatto della gestione precoce invasiva o conservativa  sulla prognosi a lungo termine nella popolazione anziana con UA / NSTEMI  di routine è difficile perché pochi pazienti anziani sono inclusi negli studi  sebbene definire l’outcome nel paziente anziano con NSTEMI e le cause di morte è importante per il processo decisionale clinico.Solo pochi studi hanno indagato l’outcome e le cause di morte in questi i pazienti  .
Nel registro italiano ROSAI -2 la percentuale di anziani ( > 75 anni ) sottoposti ad angiografia coronarica è stata del 39 % . Lo studio ha mostrato un outcome migliore nei pazienti anziani trattati aggressivamente mentre l' approccio conservativo e  l’ infarto del miocardio NSTEMI non sono risultati predittori di esito sfavorevole a 30 giorni.

De Servi et al. (8)  hanno studiato come le diverse gestioni ( conservatore vs aggressivo ) su 564 pazienti anziani con infarto NSTEMI influenzano l’ outcome a 30 giorni. I pazienti anziani hanno avuto un esito più sfavorevole rispetto a quelli più giovani  , come è dimostrato dal tasso più elevato di morte ( 6,4 % vs 1,7 % ) , infarto acuto del miocardio ( 7,1 % vs 5 % ) e di ictus ( 1,3 % vs 0,5% ) . I pazienti anziani avevano più fattori di rischio e malattia coronarica piu’ estesa rispetto ai più giovani  . Inoltre la strategia conservativa e il non- Q -wave MI sono stati identificati come fattori predittivi indipendenti di eventi a 30 giorni .
In un’ indagine  israeliana  sulle sindromi coronariche acute ( Acsis )(9) tra i pazienti anziani con NSTEMI ( ≥ 80 anni), si e’ evidenziato che il rischio di mortalità ad 1 anno era più alto rispetto ai pazienti più giovani e la rivascolarizzazione percutanea è stata associata ad un più basso rischio di morte a 1 anno ma non a 30 giorni.

Nello studio condotto da Roe(10) e colleghi è stato osservato in 19.336 pazienti con NSTEMI (di età > 65 anni ) con malattia coronarica significativa , come le diverse strategie terapeutiche ( terapia medica ,  PCI e CABG ) influenzassero a lungo termine il rischio di mortalità e di eventi cardiovascolari non fatali . I risultati hanno mostrato che il rischio a lungo termine di eventi avversi e di morte è risultato più basso in pazienti trattati con PCI  (33,5 % hazard ratio aggiustato , 0,75 , intervallo di confidenza 95 % , 0,70-0,79 ) rispetto a quelli trattati con sola terapia medica ( 50 %), mentre il valore piu’ basso e’ stato rilevato nei pazienti trattati con bypass coronarico ( 24,2 %, hazard ratio aggiustato , 0,52 , intervallo di confidenza 95 % , 0,47-0,57).

 

4.      DES  vs BMS

Alla luce di quanto esposto precedentemente , in particolare in relazione alle differenze del paziente anziano rispetto al paziente giovane, al suo essere un paziente “ad alto rischio” ; alle maggiori complicanze precoci e tardive derivanti dal trattamento quale tipologia di stent utilizziamo? Sappiamo che il DES ( drugelutingstent) riduce la necessita’ di re- interventi se comparato al BMS senza un rischio di incremento di morte, infarto miocardico e ristenosiintrastent seppure con un alto rischio di restenosiintrastent tardiva( dopo un anno). Il DES di 2° generazione  comparato con uno DES di 1° generazione riduce la percentuale di re- interventi, infarto miocardico e trombosi intrastent senza differenze riguardo alla percentuale di morti(11) . Ma nel paziente anziano ci sono almeno due fattori che suggeriscono l’utilizzo del BMS rispetto al DES. Sappiamo che dopo un intervento percutaneo di rivascolarizzazione e’ necessaria una doppia terapia anti aggregante che viene protratta per 6-12 mesi in caso di utilizzo di DES e per 1 mese in caso di utilizzo di BMS. Ovviamente una terapia antiaggregante a lungo termine comporta un notevole rischio di sanguinamento che gia’e’ notevolmente piu’ alto in pazienti con eta’piu’ avanzata  ( Acuity trial ) (12)specie se  hanno anche insufficienza renale. Ragion per cui una terapia antiaggregante piu’ breve , permessa soltanto dal BMS, risulterebbe auspicabile. Un altro fattore sempre legato all’eta’e’ l’ osservazione che pazienti anziani  e che hanno effettuato una procedura percutanea nel primo anno di follow up hanno un’ alta percentuale di interventi chirurgici non cardiaci che richiedono una brusca modificazione o interruzione della stessa terapia antiaggregante. Un altro fattore e’ senza dubbio l’alta percentuale di aritmie e conseguente terapia anticoagulante a cui sono sottoposti i pazienti anziani. La triplice terapia ,dovuta all’aggiunta dell’anticoagulante, determina un rischio di sanguinamento maggiore molto piu’ alto in tali pazienti rispetto sia a pazienti che fanno doppia terapia antiaggregante sia rispetto a quelli che fanno terapia con un antiaggregante e un anticoagulante . Da Lambert et al.(13). Un nuovo approccio di rivascolarizzazione coronarica percutanea in pazienti che necessitano di un intervento chirurgico non cardiaco e’ il GenousBio-engineered R stent (GRS) che , con un rivestimento anti-hCD34, cattura le cellule progenitrici CD-34 + circolanti nelle maglie dello stent  al fine di favorire una accelerazione della re-endotelizzazione , differenziando rapidamente uno strato endoteliale funzionale . Questo potrebbe ridurre l’incidenza di   trombogenicità e restenosi,masoprattutto,rende possibile limitare la durata della doppia antiaggregazionepiastrinica,a solo due settimane(14).

 

5.      TERAPIA FARMACOLOGICA

Riguardo alla terapia farmacologica antiaggregante sappiamo che l’aspirina (I A) , nonostante abbia un alto rischio di sanguinamenti minori, determina raramente sanguinamenti maggiori e per questo e’ quasi sempre utilizzata. Il clopidogrel ( IA), nel paziente anziano con insufficienza renale( clearence< 64ml/l ), ha una scarsa efficacia.Ilprasugrel ( IB) nei pazienti dopo i 75 anni non e’ raccomandato per un aumentato rischio emorragico intracranico . Sebbene lo studio Plato evidenzi un maggior beneficio del ticagrelor ( I B ) nei confronti del clopidrogel , nei pazienti con eta’> 75 anni non c’era differenza nei vari endpoint tra i due trattamenti sebbene il ticagrelor ,non metabolizzato dal rene, e’piu’ indicato del clopidogrel in pazienti con insufficienza renale. Nei soggetti con eta’> 80 anni non vi e’ un incremento di infarto miocardico a 30 giorni né un incremento del rischio di moderato e severo sanguinamento utilizzando epifibatide e tirofiban . Sull ‘efficacia degli inibitori del GP II b / GP III a  uno studio effettuato su pazienti anziani con sindromi coronariche acute mostra che, dopo un follow up di 24 mesi, nei pazienti trattati con stent e abciximab  l’incidenza di eventi avversi  morte , infarto non fatale e  re-PCI e’ nettamente minore rispetto ai pazienti trattati con solo stent  . In particolare nei pazienti con piu’ di 80 anni la differenza tra gli eventi avversi e’ la seguente : morte ( 29,3 vs 10,8) ; IM  non fatale (29,3 vs 8,1 ) ; re-PCI (26,8 vs 2,7 ).     Da Galasso et al. (15).Fig.3 e Fig. 4.  Con eparina non frazionata o enoxaparina aumenta il sanguinamento maggiore mentre un significativo piu’ basso rischio di sanguinamento e’ osservato con fondaparinux, comparato con enoxaparina in pazienti con eta’> 65 anni, sebbene sia controindicato in pazienti con insufficienza renale severa.

 

 

Figura 3 : Questa figura riporta l’ incidenza di morte, IM non fatale e di pre- PCI dopo un lungo follow- up nei due gruppi . I pazienti trattati con abciximab mostravano una piu’ significativa riduzione di tutti gli eventi avversi considerati rispetto ai pazienti trattati solo con stent . Questa differenza e’ stata confermata anche nei pazienti divisi per eta’.

 

 

Figura 4 :Curva di Kaplan- Meier sulla sopravvivenza libera da eventi . Analisi  di tutti I MACE nei due gruppi di pazienti . Anziani trattati con PCI e abciximab mostrano una significativa riduzione di tutti i MACE .

 

 

 

Figura 5

 

 

 

Figura6: Curva di Kaplan – Meier mostra il rischio di morte   dopo 120 mesi dalla dimissione ospedaliera in pazienti stratificati per fasce di età.

 

 

Nello studio Horizons-ami, i pazienti con STEMI   che , sottoposti a intervento coronarico percutaneo ( PCI )  , sono stati trattati con l'inibitore della trombinaBivalirudina, hanno avuto tassi a 30 giorni sostanzialmente inferiori per complicanze emorragiche ed eventi clinici avversi rispetto ai pazienti assegnati a Eparina più un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa.E’ stato valutato il mantenimento a 1 anno di questi benefici iniziali.Un totale di 3.602 pazienti sono stati assegnati in modo casuale, in un rapporto 1:1, a ricevere Bivalirudina ( 0.75 mg/kg in bolo endovenoso seguito da 1.75 mg/kg per ora di infusione, n=1.800 ) oppure Eparina più un inibitore GP IIb/IIIa ( controllo; 60 UI/kg in bolo endovenoso seguito da boli con tempo di coagulazione attivata [ ACT ] target di 200-250 s, n=1.802 ).I due endpoint primari erano sanguinamento maggiore ed eventi clinici avversi netti ( NACE: costituiti da sanguinamento maggiore o eventi avversi cardiovascolari maggiori compositi: MACE; mortalità, reinfarto, rivascolarizzazione del vaso target per ischemia, o ictus ). Il tasso di NACE è risultato più basso nel gruppo Bivalirudina rispetto al gruppo di controllo ( 15.6% vs 18.3%; hazard ratio, HR=0.83; p=0.022 ), come risultato di un più ridotto tasso di sanguinamento maggiore nel gruppo Bivalirudina ( 5.8% vs 9.2%, HR=0.61; p minore di 0.0001 ).Il tasso di MACE è risultato simile tra i due gruppi ( 11.9% vs 11.9%, HR=1.00; p=0.98 ). I tassi di mortalità cardiaca a 1 anno ( 2.1% vs 3.8%, HR=0.57; p=0.005 ) e di mortalità per qualsiasi causa ( 3.5% vs 4.8%, HR=0.71; p=0.037 ) si sono rivelati inferiori nel gruppo Bivalirudina rispetto al gruppo di controllo.
Dallo studio è emerso che nei pazienti con infarto STEMI sottoposti a PCI primaria, una terapia anticoagulante con Bivalirudina è in grado di ridurre i tassi di eventi clinici avversi netti e sanguinamento maggiore a 1 anno rispetto al trattamento con Eparina più un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa.(16)

 

6.  CONCLUSIONI

In conclusione possiamo dire che i pazienti anziani aumentano sempre di piu’ e aumenteranno sempre di piu’ nei prossimi decenni. La terapia invasiva comunque deve essere attuata ma pone numerosi problemi  che non sono presenti nel paziente giovane. Non ci sono rigide linee guida masoltanto raccomandazioni cosicche’  dovrebbe essere sempre ricercata e perseguita una terapia cosi’ detta su misura (“ tailoredterapy”) data la singolarita’ di ogni singolo paziente anziano e la spiccata eterogeneita’ della popolazione degli anziani e dei grandi anziani.

 

Bibliografia

 

1. Morici, N., et al., Causes of Death in Patients >/=75 Years of Age With Non-ST-Segment Elevation Acute Coronary Syndrome. Am J Cardiol, 2013112(1): p. 1-7.

2. Casella, G., et al., Elderly patients with acute coronary syndromes admitted to Italian intensive cardiac care units: a Blitz-3 Registry sub-analysis. J Cardiovasc Med (Hagerstown), 201213(3): p. 165-74.

3.Howard Bergman, MD.et alRole of Frailty in Patients With Cardiovascular Disease (Am J Cardiol 2009;103:1616 –1621) .

4.Cirillo M et al.  Prevalence of CKD in Italy (Kidney Int2006;70:800 )

5. ArsenHovanesyan, MDa, and Michael W. Rich, MD Outcomes of   Acute  Myocardial Infarction in Nonagenarians(Am J Cardiol 2008;101:1379 –1383)

6 .Savonitto, S., et al., Early aggressive versus initially conservative treatment in elderly patients with non-ST-segment elevation acute coronary syndrome: a randomized controlled trial. JACC CardiovascInterv, 20125(9): p. 906-16.

7. Galasso G . , NSTEMI in elderly patients treated with early revascularization: long-term outcome.

8. De Servi, S., et al., Non-ST-elevation acute coronary syndrome in the elderly: treatment strategies and 30-day outcome. Am Heart J, 2004. 147(5): p. 830-6.

9.Buber, J., et al., One-year outcome following coronary angiography in elderly patients with non-ST elevation myocardial infarction: real-world data from the Acute Coronary Syndromes Israeli Survey (ACSIS). Coron Artery Dis, 201324(2): p. 102-9

10.Roe, M.T., et al., Long-term outcomes after invasive management for older patients with non-ST-segment elevation myocardial infarction. CircCardiovascQual Outcomes, 20136(3): p. 323-32.

11. Cassese S. , et al. ,Twelve-month clinical outcomes of everolimus-eluting stent as compared to paclitaxel- and sirolimus- eluting stent in patients undergoing percutaneous coronary interventions. A meta- analysis of randomized clinical trials. Int J Card (2011) 150:84-89 .

12. Manoukian Steven V., Impact of Majaor Bleeding on 30 – Day Mortality and Clinical Outcomes in patients with acute coronary syndromes J Am CollCardiol , 2007

13. Lamberts et al. Thromboembolic and bleeding outcomes following MI or PCI in AF patients according to type of antithrombotic treatment regimen. . Circulation 2012;126:1185-1193 .

14.Piscione F. et al. , A new approach to percutaneous coronary revascularization in patients requiring undeferable non - cardiac surgery.Int J Cardiol. 2011 Feb 3;146(3):399-403 .

15.  Galasso G.et al. Abciximab in elderly with Acute Coronary Syndrome invasively treated:  Effect on outcome. International Journal of Cardiology xx (2008) – IJCA  10835 .

16. Mehran R et al,Bivalirudin in patients undergoing primary angioplasty for acute myocardial infarction (HORIZONS-AMI): 1-year results of a randomised controlled trial The Lancet 2009; 374: 1149-1159