La valvulopatia mitralica

 nell’Anziano e nel Grande Anziano: problematiche cardiochirurgiche

 

Generoso Mastrogiovanni, Paolo Masiello, Antonio Panza, Severino Iesu e Giuseppe Di Benedetto

S. C. di Cardiochirurgia, AOU San Giovanni e Ruggi D’Aragona-Salerno

 

 

Con la sostanziale scomparsa della patologia reumatica, l’indicazione alla chirurgia mitralica è cambiato sensibilmente nel corso degli anni.

Attualmente, essa è indicata, in via quasi esclusiva, per la correzione dell’insufficienza valvolare, nelle forme degenerativa e post-ischemica.

Esistono quindi forme “organiche” legate cioè a disfunzione strutturale di uno o più degli elementi che definiscono la valvola mitrale o “funzionali” secondarie cioè a disfunzione più o meno severa e settoriale del ventricolo sinistro.

Inoltre, l’invecchiamento progressivo della popolazione, con le problematiche ad esso connesse, ha reso più intrigato il percorso verso il timing chirurgico.

 

Malattia mitralica

 

  1. Degenerativa: La plastica valvolare mitralica rappresenta il gold standard della chirurgia mitralica, in termini di complicanze perioperatorie, di risultato immediato e a distanza e di riduzione di effetti avversi nel follow-up. IM non è una malattia “benigna” perché una elevata morbilità (FA, scompenso cardiaco) e persino un aumento della mortalità sono osservati in storia naturale. Fe preoperatoria è il migliore indice di mortalità a distanza: una fe < 55-60% o un diametro telesistolico ecocardiografico > 45 mm rappresentano segni di disfunzione ventricolare sinistra e devono orientare verso l’indicazione chirurgica. 
  2. Funzionale: il rimodellamento ventricolare sinistro che segue il post-ima può condurre alla insufficienza mitralica attraverso il riposizionamento di uno o ambedue i muscoli papillari e la dilatazione dell’anello mitralico. La chirurgia della im funzionale è gravata da numerose problematiche: eziologia (ischemica vs CMD), severità e reversibilità della disfunzione ventricolare sinistra, severità e corregibilità della malattia coronarica associata, gravità della malattia vascolare periferica. La correzione di questa malattia si associa ad un elevato rischio di mortalità procedurale, che condiziona la sopravvivenza a 5 anni.

 

 

 

Paziente con malattia mitralica

Un peggiore profilo di rischio basale identifica sottogruppi di pazienti a ridotta sopravvivenza nel follow up a distanza.

Età, sesso femminile, classe funzionale NYHA, bmi, ipertensione polmonare, vasculopatia cerebrale e periferica, insufficienza renale, stato neurocognitivo, rappresentano elementi fondamentali di valutazione della indicazione e prognosi perioperatoria.

L’anatomia della valvola mitralica ed il suo score di plasticabilità hanno un grande impatto nel timing chirurgico, essendo noto il beneficio, in termini di mortalità perioperatoria, della valvuloplastica vs sostituzione valvolare.

La FE preoperatoria del ventricolo sinistro è il miglior predittore di mortalità a lungo termine: essa si riduce di circa il 10% dopo valvuloplastica, nonostante il miglioramento della sintomatologia.

Anche una lieve, iniziale disfunzione può mascherare una riduzione significativa nel post-op e si associa a ridotta sopravvivenza e scompenso cardiaco. Il miglior timing è rappresentato da una insufficienza mitralica severa, con conservata contrattilità del ventricolo sinistro. A causa della comparsa di una quota impredittibile di disfunzione postoperatoria, l’attesa della sintomatologia non è consigliabile se non per le im moderate, per i malati “complicati” e per le valvulopatie a basso score di plasticabilità.

D’altro canto, la chirurgia mitralica può essere effettuata, su malati selezionati e con opzione di valvuloplastica, anche per bassi valori di contratilità del ventricolo sinistro (30-35%), prima di considerare altre opzioni terapeutiche.

L’ insufficienza mitralica “funzionale” rappresenta un sottogruppo di pazienti ad elevato rischio di eventi avversi, sia per la coronaropatia associata che per la bassa frazione di eiezione del ventricolo sinistro.

La  chirurgia è gravata da un rischio di mortalità di circa tre volte superiore a quello della forma degenerativa, che si concentra essenzialmente nei 30 giorni perioperatori, per cui va effettuata un attenta valutazione prechirurgica, di etò anagrafica e di attesa di vita, per quanto riguarda sia l’indicazione a chirurgia che l’estensione della stessa.

  

Anziano

L’età cronologica è parametro necessario ma non sufficiente per un giudizio di indicazione chirurgica.

L'età di 65 anni è frequentemente adottata come arbitrario punto di partenza per definire la popolazione anziana mentre i 70 anni rappresentano il vero ingresso nella fascia di anzianità. La valutazione dell’età biologica o fisiologica di un individuo, è tuttavia di gran lunga più importante, consentendo un giudizio più appropriato sulla robustezza/fragilità del paziente e se e come possa far fronte all'impatto di una proposta terapeutica. Gli anziani fragili sono quelli dipendenti nelle attività della vita quotidiana, quelli con più di 3 comorbidità; quelli con età > 85 anni possono essere considerati “grandi anziani” per l’ elevato rischio di fragilità clinica e per l’elevata incidenza di disfunzione organica o neurocognitiva.

La stratificazione del paziente anziano e dell’anziano fragile deve mirare a valutare:

  1. profilo biologico e l’anamnesi patologica
  2. stato di fragilità, funzionale e neurocognitivo
  3. aspettativa di vita, i desideri e valori personali, le aspettative famigliari
  4. specifico anatomico e tecnico dell’intervento chirurgico

 

L’uso di risorse economiche non illimitate deve essere mirato e tale stratificazione, che necessita di un lavoro di gruppo da esperire in “Heart team”, deve consentire:

  1.  identificare i pazienti che possono avere beneficio da un trattamento standard
  2. identificare quelli a rischio di complicanze periprocedurali:

·         valutarne arruolabilità ed eventuali strategie alternative.

·         attivare risorse cliniche e tecnologiche atte a superare i problemi individuati

  1. valutare i pazienti fragili con l'intento di rispondere ai seguenti quesiti:
    • l'attesa di vita del paziente è superiore alla sopravvivenza in storia naturale?
    • è probabile che la qualità di vita del paziente migliori con la terapia chirurgia?
    • la dipendenza del paziente è reversibile o può peggiorare dopo terapia chirurgica?
  2. identificare i pazienti non idonei a terapia chirurgica

 

Conclusioni

La chirurgia mitralica si beneficia grandemente dell’opzione chirurgica della valvulopastica. Essa può essere offerta, con profili di rischio e risultati diversi, a seconda dello specifico patologico e della gravità, ad un’ampia platea di pazienti  anche anziani.

Tuttavia, l’approccio al paziente anziano e grande anziano deve tener conto dell’aspettativa di vita del paziente, della storia naturale e della complessità del gesto chirurgico necessario.

Un “counseling” individuale e famigliare, volto a sottolineare i potenziali rischi di dipendenza e di peggioramento dello stato di salute, va sempre considerato nella strategia di screening preoperatorio.