INSUFFICIENZA RENALE E SCOMPENSO CARDIACO NELL’ANZIANO E NEL GRANDE ANZIANO

 

Domenico Gabrielli °, Manuela Benvenuto°, Ettore Savini °,

 Lorena Di Gioacchino °, Elisabetta Simonetti *

° Cardiologia Ospedale Murri Fermo, ASUR Marche

*PO Risk Management e Qualità OORR di Ancona

 

 

Lo scompenso cardiaco e la disfunzione renale sono delle patologie molto diffuse ed in progressivo aumento e quando coesistono la loro storia naturale risulta pesantemente e negativamente condizionata (1). La prevalenza e  l’incidenza di tali patologie aumentano in maniera esponenziale con l’età e i costi dell'assistenza ospedaliera sono i principali determinanti dell'assorbimento di risorse per la loro gestione (2). La maggior parte dei pazienti affetti da scompenso cardiaco è rappresentata da anziani, ovvero da soggetti di età superiore ai 65 anni; nelle ultime linee guida sullo Scompenso Cardiaco di ACCF/AHA, pubblicate nello scorso Giugno, si stima che negli Stati Uniti ne sia affetto circa il 20%o degli individui di età compresa tra 65-69 anni e >80%o degli individui di età superiore agli 85 anni (3); tale fenomeno è da attribuirsi in parte al progressivo incremento dell’età media della popolazione ed in parte al miglioramento della sopravvivenza dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari. Questo generale invecchiamento della popolazione ha creato negli ultimi anni, un ulteriore sottogruppo di pazienti, i cosiddetti “grandi anziani”, intendendo con questo termine i soggetti di età superiore agli 85 anni, “fragili” (affetti cioè da una grande variabilità di patologie croniche concomitanti) e che presentano delle peculiari caratteristiche sia in termini di fisiopatologia che di trattamento delle varie patologie.

L’età è associata con degli importanti cambiamenti a livello del sistema cardiovascolare che conducono sostanzialmente ad una riduzione delle riserve cardiovascolari e predispongono gli individui allo sviluppo di scompenso cardiaco. Per di più, la prevalenza dell’ipertensione arteriosa e della malattia coronarica -che rappresentano le due principali cause di scompenso cardiaco- aumenta con l’avanzare dell’età. I principali effetti dell’età sulla struttura e funzione dell’apparato cardiovascolare, comprendono:

1.      Aumento della rigidità dei vasi e del miocardio

2.      Riduzione della risposta beta adrenergica e della produzione di ATP mitocondriale

3.      Riduzione del riflesso dei barocettori e della regolazione del nodo seno-atriale

4.      Riduzione della funzione endoteliale

 

Diversi fattori distinguono le manifestazioni dello scompenso cardiaco nell’anziano e nel grande anziano da quelle dei soggetti  più giovani (4,5) (fig.1).

 

 

 

 

Fig.1: Fattori che distinguono lo scompenso cardiaco negli anziani rispetto ai pazienti di età media  (modificata da Rich MW, Am J Med 2005)

 

 

Età media

Anziani

Prevalenza

<1%

>10%

Sesso

M>F

F>M

Eziologia

Coronaropatia

Ipertensione Art

Segni Clinici

Tipici

Atipici

Fevs

Ridotta

Normale

Comorbidità

Poche

Multiple

Studi Clinici

Numerosi

Pochi

Terapia

Evidence-Based

Empirica

Medico

Cardiologo

Internista

 

Anche per quanto riguarda la sintomatologia, i più frequenti sintomi dello scompenso che comunemente si rilevano nella popolazione più giovane, quali dispnea, ortopnea, intolleranza allo sforzo ed edema, nell’anziano, ed ancor più nel grande anziano, vengono mascherati dalle comorbidità che frequentemente  si riscontrano in questa fascia di popolazione, come ad esempio patologie polmonari, renali, epatiche e tiroidee, anemia, depressione, insufficienza venosa ed obesità che rendono i “tipici” sintomi dello scompenso non specifici. Inoltre nei soggetti anziani, lo scompenso si presenta molto spesso con dei sintomi atipici quali riduzione delle capacità cognitive, confusione, irritabilità, nausea, diarrea e anoressia ed in alcuni casi questi sintomi “atipici” rappresentano le uniche manifestazioni di una riacutizzazione di uno scompenso cronico.  Stesso discorso può essere fatto nell’ambito dei segni più comuni dello scompenso quali: congestione polmonare, elevata pressione venosa giugulare, edemi pretibiali e ritmo di galoppo, che sono molto frequenti nell’anziano scompensato, ma la cui specificità e sensibilità si riduce progressivamente con l’aumentare dell’età. I peptidi natriuretici, che rappresentano un importante strumento per la diagnosi di scompenso cardiaco e per il monitoraggio dell’efficacia della terapia in corso di riacutizzazione dello stesso nei soggetti più giovani, nell’anziano è molto meno utile in quanto con l’aumentare dell’età, soprattutto nel sesso femminile, i suoi valori risultano aumentati già in condizioni basali (5). Certamente di indubbia utilità anche in questa fascia di popolazione, rimane l’ecocardiogramma che rappresenta un utilissimo strumento per la diagnosi e la valutazione della progressione della patologia e per il monitoraggio dell’efficacia dei trattamenti.

Così come per lo scompenso, un ulteriore crescente problema nella popolazione anziana, è rappresentato dall’insufficienza renale, definita da una riduzione della velocità di filtrazione glomerulare, proteinuria e/o da patologie strutturali del rene. Si stima che circa i 2/3 degli anziani definiti sani, presentino in realtà una riduzione della funzionalità renale (6). Anche al riguardo di quest’ultima, l’anziano presenta delle caratteristiche peculiari: infatti nel soggetto di età superiore ai 65 anni e ancor più in quello di età superiore agli 85, una diminuzione della funzionalità renale, generalmente presente già in condizioni fisiologiche e che di per sé potrebbe non creare particolari problemi, può sfociare in un grave e rapido scompenso qualora concomitino altre patologie che ne compromettano ulteriormente la stessa.  Le alterazioni fisiologiche secondarie all’invecchiamento, nell'insieme, vengono definite con il termine di “rene senile”, caratterizzato da :

1.      riduzione del numero dei nefroni con atrofia e sclerosi dei tubuli;

2.       modificazioni  vascolari con riduzione del flusso plasmatico e della velocità di filtrazione, che comportano a loro volta ridotta  sintesi di ammoniaca  e conseguentemente iperazotemia, tendenza all’acidosi e all’ipercaliemia;

3.      ridotta capacità di concentrazione delle urine;

4.      ridotta escrezione dei farmaci. (7)

A tali alterazioni correlate con l'invecchiamento, si sovrappongono poi quelle secondarie a patologie verificatesi nel corso della vita quali: ipertensione arteriosa, aterosclerosi, diabete, cardiopatie, malnutrizione e farmaci (8). Molto spesso l’insufficienza renale nell’anziano è di origine multifattoriale e presenta manifestazioni atipiche, racchiuse nella cosiddetta “sindrome intermedia”. Essa è  caratterizzata da una combinazione di diverse eziologie, sia pre-renali che renali. Per quanto riguarda quelle pre-renali, spesso secondarie ad una condizione di scompenso cardiaco, troviamo l'ipovolemia vera, secondaria a disidratazione, vomito e diarrea, e quella funzionale, legata prevalentemente all’abuso di terapia diuretica o a danno vascolare da risposta emodinamica per l’uso di FANS, Ace Inibitori e/o Sartani. Tra le cause renali troviamo invece la necrosi tubulare acuta da farmaci, soprattutto diuretici, analgesici e allopurinolo (6).

E’ ormai ben documentato come il declino della funzionalità renale si accompagni anche ad un peggioramento dell’outcome cardiovascolare (9) e proprio in virtù della stretta dipendenza esistente tra rene e cuore, da ormai qualche anno è stato proposto il concetto di Sindrome Cardiorenale, che può essere definita una condizione clinica nella quale i due organi primariamente coinvolti non riescono a compensare, vicendevolmente, il deficit funzionale l’uno dell’altro (10). Anche se generalmente con tale termine si intende la condizione caratterizzata da un inizio/progressione dell’insufficienza renale secondaria allo scompenso, lo stesso può anche essere usato per descrivere gli effetti negativi della ridotta funzionalità renale sul cuore e sui vasi (11).

É stato osservato che l'insorgenza di insufficienza renale in pazienti affetti da scompenso cardiaco acuto è un fattore di rischio, per mortalità ad 1 anno, indipendente dagli altri. Per di più l’incidenza dell’insufficienza renale acuta è in progressivo aumento, soprattutto nei pazienti anziani e quando compare, generalmente presenta una più rapida progressione in virtù della ridotta capacità di riparazione e rigenerazione dei tessuti dopo un danno acuto, che si riduce proporzionalmente con l’avanzare dell’età. In merito a ciò è bene tenere presente che anche i benefici della dialisi nei pazienti molto anziani, sono molto controversi. Ci sono degli studi che dimostrano che iniziare il trattamento dialitico nei pazienti di età maggiore di 75 anni, non apporti dei benefici in termini di miglioramento della sopravvivenza a breve e lungo termine (6).

Sebbene, come già detto in precedenza, la riduzione della funzionalità renale sia di per se un fattore prognostico negativo indipendente nei pazienti affetti da scompenso, tale fattore è però in alcuni studi spesso mal valutabile perché sotto-rappresentato. La vera problematica che si riscontra nel paziente anziano e ancor più nel grande anziano, è prima di tutto, la difficoltà di diagnosi dell’insufficienza renale, per la presenza della fisiologica riduzione del riassorbimento di urea e sodio e per la ridotta capacità di concentrazione delle urine, già in condizioni basali (7).  La stessa creatinina plasmatica, calcolata con la formula di Cockroft Gault, rappresenta un indicatore poco affidabile poichè risulta spesso normale pur in presenza di una velocità di filtrazione ridotta, in quanto normalmente inficiata dalla variabilità della massa muscolare e dalla presenza di edemi declivi, di denutrizione e di stati catabolici settici, che frequentemente si ritrovano nell'anziano, spesso anche malnutrito.  

Per tali ragioni, in molti studi clinici, è stato utilizzato il calcolo della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) tramite la formula “Modification of Diet in Renal Disease (MDRD) modificata”, che è un’equazione complessa, che richiede supporto informatico, ma che si è dimostrata essere più precisa nella diagnosi di insufficienza renale, soprattutto negli stadi più avanzati della malattia e in cronico. In un’ analisi ad hoc sui pazienti del registro dello scompenso acuto ANMCO (IN-HF outcome), non pubblicata, è stato stimato che utilizzando eGFR tramite MDRD modificata, la prevalenza di disfunzione renale aumentava del 21% rispetto all’uso della creatinina plasmatica (dal 38% al 59%), permettendo di identificare pazienti nuovi con disfunzione renale,  etichettati come “normali” con la valutazione della sola creatininemia. Ovviamente tali risultati sono utili anche per confermare i limiti della misurazione della creatininemia nella valutazione dell’eventuale peggioramento della funzionalità renale (WRF) nei pazienti ospedalizzati per scompenso (1).  Nei pazienti affetti da scompenso cardiaco, non bisogna solo tenere in considerazione  la disfunzione renale di base, ma anche il peggioramento della stessa in corso di ospedalizzazione, che si è dimostrata essere un marker affidabile di outcome avverso. Nei pazienti ricoverati per riacutizzazione dello scompenso, il peggioramento  della funzionalità renale - Worsening Renal Function (WRF) - pochi giorni dopo un trattamento aggressivo decongestionante, porta a rapide variazioni nel volume ematico circolante con progressiva riduzione della gittata cardiaca e della perfusione renale. Si distinguono 3 gradi di peggioramento della funzione renale, indicati rispettivamente con il termine WRF I (aumento della creatinina da 0,2-0,3 mg/dl), WRF II (aumento da 0,3-0,5 mg/dl e WRF III (aumento >0,5 mg/dl) (12). In una meta-analisi condotta da Damman et al (13) è stato verificato come il peggioramento della funzionalità renale sia un fattore indipendente di rischio per mortalità per tutte le cause nei pazienti anziani con scompenso cardiaco. In un recente studio pubblicato da Maeder et al (12) 1/5 dei pazienti anziani affetti da scompenso cardiaco sviluppava un WRF III a 6 mesi dall’intervento intensivo per riacutizzazione dello scompenso, mostrando anche una maggiore mortalità rispetto ai pazienti con minor incremento dei valori di creatinina durante il trattamento farmacologico. Inoltre un WRF III era generalmente riscontrato nei pazienti che avevano ricevuto una maggiore dose di diuretici dell’ansa e di spironolattone, ma non degli altri trattamenti farmacologici. In base a tali risultati, si può perciò affermare che il WRF complica il decorso di circa 1/3 dei pazienti ricoverati per scompenso ed è notoriamente associato ad una disfunzione renale preesistente, ad una degenza più prolungata, ad una maggiore recidiva di riammissioni e ad una aumentata mortalità sia intraospedaliera che a breve e lungo termine (1).

La peculiarità di curare adeguatamente il paziente anziano con insufficienza cardiaca e renale, dipende essenzialmente dalla difficoltà di ottenere un adeguato controllo del sovraccarico idrico evitando, contemporaneamente, un peggioramento della funzione renale. La terapia dello scompenso cardiaco può infatti peggiorare la funzionalità del rene attraverso quattro principali meccanismi: l'ipovolemia indotta dall'uso di diuretici, l’inibizione del Sistema RAA, l'ipotensione indotta dall'uso di vasodilatatori e il danno vascolare tossico diretto mediato dai farmaci. Questi farmaci, comunemente utilizzati, a fronte di un miglioramento emodinamico rilevante nel breve periodo, peggiorano la prognosi a distanza. I diuretici, in particolare, rappresentano la terapia più comune nel trattamento clinico del sovraccarico di volume associato allo scompenso e la somministrazione endovenosa di elevate dosi di diuretico dell’ansa resta l’approccio di prima scelta per la gestione del sovraccarico idrico e della congestione; tuttavia elevati dosaggi o combinazione di diversi tipi di diuretici,  rappresentano la principale causa iatrogena di danno renale in quanto possono indurre effetti dannosi quali l’attivazione del sistema renina-angiotensina, l’iperstimolazione del sistema nervoso simpatico e le alterazioni elettrolitiche. Nello studio DOSE (Diuretic Optimization Strategies Evaluation) (14) è stato dimostrato come basse dosi di furosemide siano efficaci al pari di dosi elevate indipendentemente dalla via di somministrazione. Pertanto, nei pazienti particolarmente fragili dal punto di vista delle comorbidità, appare prudente iniziare un trattamento a basso dosaggio riservando un intervento più aggressivo  in casi selezionati.

 

CONCLUSIONI

In conclusione possiamo affermare che lo scompenso cardiaco e l’insufficienza renale sono patologie la cui incidenza e prevalenza aumenta esponenzialmente con l’aumentare dell’età. A causa dell’invecchiamento generale della popolazione sempre più pazienti sono affetti da queste patologie, che frequentemente coesistono e il cui decorso è vicendevolmente influenzato. Tali pazienti sono frequentemente affetti da una grande variabilità di patologie croniche concomitanti e presentano delle peculiari caratteristiche sia in termini di fisiopatologia che di trattamento. Bisogna prestare molta attenzione alla diagnosi delle due patologie che spesso si presentano con segni e sintomi atipici. La peculiarità di curare adeguatamente il paziente anziano con insufficienza cardiaca e renale dipende essenzialmente dalla difficoltà di ottenere un adeguato controllo del sovraccarico idrico evitando, contemporaneamente, un peggioramento della funzione renale. Un altro aspetto importante da valutare è che il crescente numero di anziani affetti da patologie croniche, non è stato negli anni adeguatamente interessato dagli studi clinici effettuati; tanto che nella realtà clinica, vi è ancora una scarsa rappresentazione di questi pazienti nei trial che hanno testato le principali categorie dei farmaci  raccomandati nei vari stadi delle malattie; conseguentemente, ancora oggi, i farmaci impiegati nei soggetti delle fasce di età più avanzate, spesso vengono usati in maniera empirica. Anche le linee guida dello scompenso, sia americane che europee, a causa dell'inesistenza di dati certi derivati da trial in questo tipo di popolazione, si limitano a poche, preliminari e generiche considerazioni, raccomandando soprattutto cautela ed attenzione alla farmacocinetica e alla farmacodinamica dei principi attivi da impiegare in terapia.

Ma come favorire la partecipazione della popolazione geriatrica agli studi sperimentali? Probabilmente sollecitando la  creazione di collegamenti tra strutture di ricerca clinica ed accademica e istituti di cura ed assistenza per anziani,  realizzando  grandi trial che possano includere una popolazione più eterogenea con comorbidità multiple e differenze nella progressione delle patologie, e che permetta poi delle valutazioni di sottogruppi. Ma occorre anche prestare attenzione agli aspetti regolatori, allo scopo di incentivare lo studio dei farmaci nell’età avanzata: la FDA americana ha incluso una sezione “ uso geriatrico ” nelle specialità medicinali, obbligando ad inserire informazioni riguardanti l’impiego specifico nell’anziano, anche se, sotto il profilo dello sviluppo dei trial, non si sono rilevati grandi benefici, poiché si è limitata a indicare come fornire informazioni sui farmaci ad uso geriatrico  non obbligando a svolgere necessariamente studi supplementari nell’anziano.

 

BIBLIOGRAFIA

 

1.      Di Tano G, Misuraca G, Cuore e Rene nello scompenso cardiaco acuto. GIC 2012; 13(4): 281-291.

2.      Il percorso assistenziale del paziente con scompenso cardiaco-Consensus conference. GIC 2006; 7(6): 387-432

3.      ACCF/AHA Guideline for the Management of Heart Failure. JACC  2013 (June)

4.      Badano L., Patients with chronic heart failure encountered in daily clinical practice are different from the "typical" patients enrolled. It Heart J 2003; 4: 84-91.

5.      Rich M., Office management of heart failure in the elderly. Am J med 2005; 118: 342-348.

6.      Andersons S., Prediction, progression and outcomes of Chronic Kidney Disease in Older Adults. J Am Soc Nephrol 2009; 20:1199-1209.

7.      Musso C. Acute renal failure in the elderly: particular characteristic. Int Urol Nephrol 2006; 38: 787-93.

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10.  Shlipack, The clinical challenge of cardiorenal syndrome. Circulation 2004; 110 (12): 1514-17.

11.  Ronco C, Cardiorenal Syndrome. JACC 2008; 52 (19).

12.  Maeder. M., Incidence, clinical predictors and prognostic impact of worsening renal function in elderly patients with chronic heart failure on intensive medical therapy. Am Heart J 2012; 163 (3); 407-14.

13.  Damman K., Worsening renal function and prognosis in heart failure: systematic review and meta-analysis. J Card Failure 2007; 13 (8): 599-608.

14.  Felker., Diuretic strategies in patients with acute decompensated heart failure. NEJM 2011; 3; 364(9): 797-805.