Cardiologia Interventistica, mezzo di contrasto
e rene nell’ Anziano e Grande Anziano
Esposito Giovanni
Dipartimento di Medicina Clinica, Scienze Cardiovascolari
ed Immunologiche Università degli Studi di Napoli Federico II
L’USO DEL
MEZZO DI CONTRASTO IN EMODINAMICA
Il ruolo del
mdc in emodinamica è quello di assistere il cardiologo
interventista nella visualizzazione vascolare (localizzazione e
dimensione), identificazione e localizzazione di stenosi
(numero, sede e dimensioni esatte) e nell’identificazione dei
principali rami vascolari e malformazioni cardiovascolari. Nel
corso degli anni sono stati sviluppati numerosi mezzi di
contrasto, con diverse caratteristiche e dunque è fondamentale
individuare quello ideale che unisce la capacità di fornire
immagini di alta qualità alla minimizzazione delle complicanze.
I mdc di prima generazione avevano osmolarità superiore a quella
del plasma, mentre successivamente sono stati sviluppati mdc
non-ionici che hanno ridotto l’osmolarità (iso-osmolari), pur
aumentando la viscosità, e si distinguono in monomeri e dimeri.
La
visualizzazione ottimale del vaso è correlata al rilascio e alla
persistenza dello iodio contenuto nel mdc. Maggiori
concentrazioni migliorano la qualità dell’immagine, riducono il
volume e i costri e consentono tempi procedurali inferiori. In
particolare, lo Iomeprolo (Iomeron 400) è quello a più alta
concentrazione di iodio (400 mg/ml) ed è uno dei più utilizzati
in emodinamica. Il rilascio di iodio tuttavia potrebbe causare
effetti collaterali tiroidei, per cui in molti mdc si utilizza
l’EDTA (Iomeprolo è l’unico che non lo contiene) che a sua volta
però può contribuire agli effetti di citotossicità renale. Nella
scelta del mdc è necessario considerare anche la tollerabilità
ed i potenziali eventi avversi che generalmente possono essere:
cardiaci (aritmie ), renali e tiroidei che sono dose-dipendenti
e da ipersensibilità (acuta e tardiva) che invece sono
dose-indipendenti.
NEFROPATIA
INDOTTA D A CONTRASTO (CIN)
La Nefropatia
indotta da mezzo di contrasto (CIN) è oggigiorno uno degli
argomenti maggiormente dibattuti nella medicina
cardiovascolare. Nella maggior parte degli studi la definizione
usata considerava l’ incremento della creatinina plasmatica,
assoluto(≥0.5 mg/dl; 44 μmol/l) o relativo (>25%), conseguente a
una ridotta funzionalità renale e che si presenta entro 24-72
ore dalla somministrazione di mezzo di contrasto ed il picco di
aumento della Creatinina sierica si verifica intorno al 3-5
giorno e ritorna ai valori normali entro 1-3 settimane. In rari
casi il danno renale può essere invece irreversibile. Per fare
diagnosi di CIN, oltre all’avvenuta somministrazione di mezzo di
contrasto deve esserci la presenza di una relazione spazio
temporale tra la procedura radiologica e l’insufficienza renale
acuta e, l’esclusione di altre cause concomitanti di danno
renale.
Epidemiologia
L’incidenza
della CIN è in netto aumento e, ciò è legato all’incremento del
numero di procedure radiologiche che utilizzano il mezzo di
contrasto, effettuato in pazienti anziani che, molto spesso
hanno varie patologie che predispongono al danno renale come
l’ipertensione, il diabete mellito e la patologia nefrovascolare.
Infatti la CIN si manifesta raramente in una popolazione con
normale funzionalità pre-contrasto ed è invece tra le cause più
frequenti di insufficienza renale acuta in ambiente ospedaliero.
Nonostante il rischio di sviluppare insufficienza renale tale da
richiedere la dialisi sia molto basso (in alcune casistiche tra
lo 0,1% e lo 0.3% dei pazienti che eseguono procedure di
cardiologia interventistica), l’insorgenza di insufficienza
renale a seguito dell’esposizione del MdC iodato è stata
associata ad un eccesso di morbidità e mortalità.
Inoltre, un
elevato incremento di Creatininemia sierica dopo PCI è associato
ad un incremento della mortalità nei 30 giorni successivi.
Per
stratificare la prognosi dei pazienti che sono andati incontro a
CIN dopo PCI, Harjai e collaboratori hanno proposto uno score a
tre livelli (grado 0 con SCr<25% e <44 micromol/l, grado 1 SCr>
del 25% e <44 micromol/l e grado 2 con SCr>44 micromol/l), e
hanno suggerito che un incremento di grado è correlato con un
peggiore outcome dopo PCI.
Le procedure
associate con maggior frequenza allo sviluppo di CIN sono la
coronarografia e la TC con MdC iodato; il sempre più intensivo
utilizzo di queste metodiche, l’incremento dei nuovi casi di
insufficienza renale e l’aumento dell’età media della
popolazione ci fanno ritenere probabileun conseguente incremento
di incidenza di CIN.
Secondo
alcuni autori l’azione nefropatica dei mezzi di contrasto
sarebbe sovrastimata in quanto, da una revisione critica della
letteratura, pochi sono gli studi che hanno una potenza
statistica tale da dimostrare un nesso causale tra la
somministrazione del mdc e l’insorgenza di nefropatia e non è
emersa una differenza statisticamente significativa tra il
gruppo di pazienti sottoposti a somministrazione di mdc e il
gruppo di controllo.
Fisiopatologia
La CIN è una
riduzione della funzione renale conseguente alla tossicità
intravascolare del mezzo di contrasto. La fisiopatologia della
CIN è multifattoriale e non è conosciuta in modo completo. Ci
sono circa 5 meccanismi che contribuiscono alla patogenesi:
1.
La tossicità
diretta del mdc verso le cellule epiteliali:
il mdc aumenta l’osmolarità tubulare in quanto esso viene
filtrato e non più riassorbito. Le cellule tubulari vanno così
incontro a danno dei meccanismi di trasporto intracellulari e
dell’apparato energetico.
2.
Alterazioni
nell’emodinamica microvascolare indotte da mdc:
trials hanno dimostrato le modifiche del flusso ematico nelle
arterie renali esposte a mdcche prima va incontro ad un aumento
e poi ad un’importante riduzione. Quest’ultima potrebbe essere
legata a a) un incremento della pressione intra-tubulare indotta
da mezzo di contrasto che porta ad una diminuzione del flusso
sanguigno renale; b) un effetto diretto vaso-costrittivo
determinato dal mezzo di contrasto; c) un aumento del feedback
tubulo-glomerulare dovuto all’incrementata osmolarità tubulare,
e d) il mdc rilascerebbe sostanze vasocostrittrici come l’adenosina
e l’endotelina. La riduzione del flusso sanguigno colpisce in
modo particolare la parte più esterna della midollare, che è
particolarmente suscettibile ad ischemia dovuta a maggiore
attività metabolica.
3.
Riperfusione
e tossicità delle specie reattive dell’ossigeno:
i ROS rilasciati dalla riperfusione dopo PCI contribuiscono al
danno a livello renale. La riserva antiossidante è diminuita nei
pazienti anziani e lo stress ossidativo basale è incrementato
nei pazienti con CKD o diabete. Questi pz sono infatti
particolarmente vulnerabili.
4.
Tossicità
dovuta ad infiammazione:
legata in modo particolare all’attivazione della cascata del
complemento e al rilascio di citochine infiammatorie.
5.
Tossicità
dovuta ad ostruzione tubulare:
la precipitazione intra-tubulare di proteine contribuisce alla
CIN.
Fattori di
rischio
I fattori di
rischio per CIN possono essere divisi in intrinseci ossia
correlati al paziente e fattori estrinseci che sono
legati alla procedura. I più importanti fattori di rischio
intrinseci sono pre-esistenti alla CIN e sono lo scompenso
cardiaco congestizio, l’età avanzata, l’anemia, il diabete
mellito e l’uso contemporaneo di farmaci nefrotossici. I fattori
estrinseci comprendono il tipo e la quantità di mdc utilizzato,
il modo in cui viene somministrato (per via arteriosa oppure per
via venosa) e il tempo che passa tra due somministrazioni
differenti.
Il singolo
fattore di rischio più importante per lo sviluppo di CIN è l’IRC
che da sola aumenta il rischio
di 20 volte;
i pazienti con IRC e diabete hanno il rischio più alto, e il 50%
sviluppa CIN. I pazienti con normale funzione renale hanno un
rischio di sviluppare CIN trascurabileanche se diabetici.
L’incidenza
di un aumento significativo dei valori di Cr (>1 mg/dl) aumenta
con la coesistenza di piùfattori di rischio e/o la severità dei
singoli fattori di rischio; ad esempio in un paziente con una Cr
di 1,5 – 4 mg/dl come unico FR, l’incidenza di CINvaria dal 4
all’11%, ma aumenta sino al 40% in presenza di diabete, o
disidrazione o studi radiologiciravvicinati (<72 ore) o grave
scompenso cardiaco.
L’età
avanzata, generalmente considerata > 75 anni anche se in alcuni
studi già > 70 anni correlava con CIN, è uno dei fattori di
rischio sicuramente più rilevanti, sia perché i pazienti
anziani, particolarmente i grandi anziani, presentano più
frequentemente una riduzione della funzionalità renale, sia
perché sono pazienti con importante co-morbidità e dunque che
spesso associano più FR.
Stratificazione del rischio
Per aiutare
il clinico a stratificare il rischio di CIN sono stati proposti
vari score. Mehran e collaboratori hanno creato un semplice
score per predire l’insorgenza della CIN dopo PCI (tabella). La
categoria di rischio 1 (≤ 5 punti) è associata ad un rischio di
CIN del 7,5% e ad un rischio di dialisi dello 0,04%; la
categoria 2 (da 6 a 10 punti) con un rischio del 14% e dello
0,12%; la 3 (11 a 16 punti) con un rischio del 26,1% e del 1,09%
e la 4 (≥16 punti) con 57,3% e 12,6% rispettivamente. Altri
autori hanno provato poi a stimare il rischio di CIN in base al
volume di mdc usato, particolarmente nei pz ad alto rischio. Nei
pz con CKD Brown e coll. hanno proposto “il calcolo della dose
massima consentita” (MACD; limite del volume del mdc (5ml x peso
corporeo in kg/ 88,4 x SCr in µmol/l)). I loro risultati
mostrano che i pazienti che ricevono un volume di mdc che eccede
il MACD sono più inclini a sviluppare una CIN o ad aver bisogno
di dialisi.
Fattori di rischio CIN |
Mehran Score |
Score |
Diminuzione perfusione renale |
-Pressione sistolica <80 mmHg per almeno 1h che richiede
supporto inotropo con farmaci o contropulsatore aortico
nelle 24h prima della procedura.
-Uso del contropulsatore aortico a 24h dalla procedura.
-Scompenso cardiaco congestizio di classe 3 o 4 NYHA e/o
edema polmonare. |
5
5
5 |
Età avanzata |
Età>75 anni |
4 |
Anemia |
Ht <39% per gli uomini e <36% per le donne |
3 |
Diabete |
Presente oppure no |
3 |
Volume di mdc |
Dose assoluta |
1 per
ogni 100ml |
Insuff. renale pre-esistente. |
SCr basale >1,5mg/dl
oppure eGFR<60 ml/min |
4
2 per
40-60
4 per
20-40
6 per <20 |
CIN, TAVI e
TAAVI
Nell’ambito
della popolazione di Anziani e grandi Anziani sicuramente di
grande interesse sono i pz con stenosi aortica sottoposti a
TAVI, sia perché hanno età avanzata sia perché hanno importanti
co-morbidità (infatti sono pazienti inoperabili o ad alto
rischio chirurgico) tra cui frequentemente IRC moderata-severa e
la procedura di TAVI ha dunque il rischio di CIN.
Recenti
reports hanno confermato che l’incidenza dei disordini renali
dopo TAVI può arrivare anche al 30%, con il più delle volte
dialisi transitoria o permanente e tale fenomeno è amplificato
quando ci sono altre patologie concomitanti. Ad ogni modo i
dati relativi alla CIN nella TAVI e nella TAAVI sono scarsi. È
stato proposto che la CIN sia correlata ad un incrementato
volume di mdc utilizzato durante la procedura e al fatto che i
pazienti selezionati per queste due procedure hanno solitamente
oltre gli 80 anni e, a causa dei processi involutivi e fibrotici
del rene legati all’età, presentano spesso una compromissione
renale pre-procedurale. La letteratura attuale indica un danno
renale acuto tra l’11 e il 57%. In alcuni studi è stato
dimostrato un incremento del tasso di CIN laddove la quantità
di mdc usata supera i 100 ml. Un altro studio con più di 7000
pazienti ha mostrato che ogni 100 ml di mdc somministrato
correla con un hazard ratio per CIN di 1,12.
Diagnosi
precoce e potenziali marker.
Nella pratica
clinica quotidiana i cambiamenti della SCr sono usati per
stimare le modificazioni acute della funzione renale e il
monitoraggio della SCr resta importante per la diagnosi di CIN.
Sfortunatamente la SCr è un marcatore tardivo e poco sensibile
per i cambiamenti acuti della funzionalità renale. Sono stati
proposti quindi altri marcatori come il Plasma Neutrophil
Gelatinase-Associated Lipocalin (NGAL o Lipocalin 2) che viene
secreta precocemente dalle cellule tubulari renali in caso di
danno ischemico o nefrotossico. I livelli urinari sarebbero
maggiormente specifici rispetto a quelli plasmatici. Ad ogni
modo oggi si utilizza la valutazione della variazione della
Creatinina sierica, con la stima dell’eGFR attraverso alcune
semplici formule (MDRD, Cockcroft-Gault) che rappresenta un
indice più accurato della funzione renale rispetto al solo
valore della Cr.
Misure
Preventive
Riduzione dei
fattori di rischio:
1.Farmaci
nefrotossici
Nei pazienti
con GFR <60 ml/min si dovrebbero sospendere i farmaci
nefrotossici, se possibile 2-3 giorni prima dell’esame. I
diuretici, se le condizioni cliniche del paziente lo permettono,
dovrebbero essere sospesi il giorno dell’esame ed il precedente.
Gli ace-inibitori possono essere proseguiti ma si consiglia di
non variare le dosi o iniziare il farmaco nel periodo
immediatamente precedente e seguente l’esame con MdC. Ci
dovrebbe essere un intervallo di almeno 7 giorni tra il termine
di una chemioterapia (specialmente se contenente derivati del
platino) e l’esecuzione di un esame con MdC.
Biguanidi
Non sono
farmaci nefrotossici ma, in caso di insufficienza renale, si
possono accumulare e determinare
acidosi
lattica; si raccomanda pertanto che, nei pazienti con GFR<60
ml/min, il farmaco sia sospeso al
momento
dell’esecuzione dell’esame e non sia assunto per almeno 48 ore e
solo se la funzione renale rimane stabile. Nei pazienti con
normale funzione renale (GFR >60 ml/min) si consiglia la
sospensione solo in caso di infusioni di grossi volumi di MdC
iodato (>100 ml).
2.Mezzi di
Contrasto
Scelta del
mezzo di contrasto
Una revisione
sistematica della letteratura condotta da Barret nel 1993 aveva
evidenziato una minor incidenza di CIN con l’utilizzo di mezzi
di contrasto a bassa osmolarità (600-850 mosmol/kg) rispetto a
quelli ad alta osmolarità (1500-1800 mosmol/kg); il beneficio
era tuttavia ristretto ai pazienti in cui il MdC era
somministrato per via intra-arteriosa e in quelli con riduzione
del GFR (<70 ml/min). Tale dato era stato confermato da due
ulteriori RCT (Hill 1993, Rudnick 1995): solo i pazienti con
insufficienza renale cronica, soprattutto se diabetici, traevano
vantaggio dall’utilizzo di un MdC con bassa osmolarità. Dopo la
pubblicazione di un piccolo RCT (Aspelin 2003) che aveva
evidenziato, in pazienti ad alto rischio, la minor
nefrotossicità di un MdC iso-osmolare (iodixanolo) rispetto al
MdC a bassa osmolarità (ioexolo), l’interesse si è spostato
sull’utilizzo di MdC iso-osmolari. Tre revisioni sistematiche
(Solomon 2005; Solomon 2006; Sharma 2005) non hanno evidenziato
differenze di nefrotossicità tra MdC iso-osmolari e MdC a bassa
osmolarità. Una metanalisi (16 RCT in doppio cieco, con dati
individuali di 2727 pazienti) ha evidenziato che i MdC iodati
iso-osmolari (290 mosmol/kg) sono associati ad una minor
nefrotossicità (misurata come incremento della Cr entro 72 ore)
rispetto ai MdC a bassa osmolarità; il beneficio era maggiore
nei pazienti a rischio più alto (IRC associata a diabete)
(McCullough 2006). Negli ultimi 2 anni sono stati pubblicati
alcuni studi che hanno valutato l’uso di MdC iso-osmolari versus
MdC a bassa osmolarità sia per via endovenosa (Thomsen 2008;
Nguyen 2008; Kuhn 2008) che per via intra-arteriosa. I risultati
sono discordanti e non permettono di trarre conclusioni, inoltre
molti di questi studi (CARE, RECOVER) sono stati criticati per
problemi metodologici.
Un registro
svedese (57925 pazienti, 23 ospedali) ha valutato il danno
renale clinico (riospedalizzazione per insufficienza renale o
necessità di dialisi) dopo una procedura cardiaca
(coronarografia o PCI). Questo registro ha evidenziato
un’incidenza di danno renale clinicamente significativo maggiore
nei pazienti trattati con il MdC iso-osmolare iodixanolo
rispetto a MdC a bassa osmolarità, anche nei pazienti con
insufficienza renale pre-esistente o diabete; inoltre gli
ospedali che avevano sostituito il MdC con quello iso-osmolare
hanno avuto un raddoppio dei casi di danno renale dopo le
procedure cardiache. I risultati di questo lavoro, trattandosi
di uno studio osservazionale e quindi con maggiori probabilità
di bias, devono essere trattati con cautela.
Alcuni
raccomandano, per i pazienti ad alto rischio, di non utilizzare
mezzi di contrasto ad elevata osmolarità e suggerisce l’utilizzo
di mezzi di contrasto iso-osmolari. Le linee guida ACC/AHA
(Anderson 2007), nei pazienti con insufficienza renale,
raccomandano l’uso dei MdC iso-osmolari (1A). Le linee guida
dell’Associazione dei radiologi canadesi (Can Ass Rad 2007)
raccomandano di evitare i MdC ad elevata osmolarità e
consigliano l’utilizzo di MdC iso-osmolari o a bassa osmolarità.
Anche le linee guida della National Kidney Foundation
consigliano di considerare l’utilizzo di materale
contrastografico iso-osmolare o non ionico. In base ai dati
finora pubblicati si possono trarre le seguenti conclusioni:
• i MdC
iodati ad elevata osmolarità dovrebbero essere evitati
• per quanto
riguarda la scelta tra MdC iso-osmolari e MdC a bassa
osmolarità, i dati disponibili non
sembrano al
momento tali da permettere di raccomandare un MdC rispetto ad un
altro.
3. Espansione
del volume circolante
L’espansione
del volume è universalmente accettata come la singola misura più
importante da effettuare prima di somministrare un MdC iodato;
tutte le linee guida concordano su questo punto, pur non essendo
mai stato formalmente provato con uno studio randomizzato. Quale
sia la migliore soluzione da utilizzare e il protocollo di
somministrazione non è, invece, così chiaro. È usata di routine
la soluzione salina isotonica (NaCl 0,9%). L’uso di bicarbonato
di sodio (NaBic 1,4% o NaHCO3 da 154 a 166 mEq/l) è riduce la
produzione di radicali liberi diminuendo l’acidità tubulare. Una
recente meta-analisi effettuata da Kunadian e collaboratori
dimostra la superiorità del bicarbonato di sodio. L’idratazione
è solitamente effettuata attraverso un accesso venoso periferico
ad una velocità d’infusione di 1 ml/kg/h durante le 12h prima
della PCI. In caso di situazioni di emergenza è possibile
effettuare una idratazione di 1h a 3 ml/kg. Per mantenere un
ottimo stato d’idratazione e l’output urinario (≥300ml/h),
minimizzando allo stesso tempo il rischio di edema polmonare,
Briguori e coll hanno proposto l’uso del RenalGuard System che
consiste nel somministrare allo stesso tempo furosemide e
idratazione ev. L’effetto nefroprotettivo potrebbe essere dovuto
all’aumentato flusso urinario che diluisce il mdc a livello
tubulare, e al blocco del co-trasportatore Na-K-2Cl, diminuendo
il consumo d’ossigeno delle cellule tubulari. Inoltre hanno
dimostrato che l’uso del RenalGuard System con un’idratazione
salina normale in pz ad alto rischio (eGFR≤30 ml/min e/o un
Meheran Risk Score ≥ a 11 punti) diminuisce in modo
significativo l’incidenza di CIN (2,7%) quando comparato alla
usuale idratazione con bicarbonato di Sodio.
Idratazione
per os
E’ un aspetto
importante soprattutto per i pazienti ambulatoriali. Per i
pazienti a rischio basso-moderato, se la somministrazione di
fluidi ev non è pratica o possibile, un’alternativa è costituita
dall’assunzione libera di acqua e sale e dalla sospensione dei
diuretici “non necessari”. Ci sono pochi dati e generalmente si
usa il seguente schema: 250-500 cc di soluzione salina (brodo
salato) il giorno prima e il mattino dell’esame. L’assunzione di
liquidi dovrebbe essere proseguita nelle 24 ore seguenti l’esame
(Can Ass Rad 2007). Le linee guida della Società Francese di
Radiologia consigliano di tenere idratato il paziente per os (2
L di acqua ricca di sodio e bicarbonato nelle 24 ore precedenti
e seguenti l’iniezione di mezzo di contrasto). Secondo il
documento di UptoDate la sicurezza e l’efficacia
dell’idratazione orale o del carico di sale per la prevenzione
della CIN è incerta. Vengono citati 3 RCT a supporto di queste
conclusioni (Taylor 1998; Trivedi 2003; Dussol 2006), tutti con
pochi pazienti (36, 53 e 153, rispettivamente) di cui 2 non
hanno evidenziato differenze (Taylor e Dussol) mentre 1 ha
mostrato un netto peggioramento della funzione renale nei
pazienti sottoposti a idratazione per os (Trivedi). Il CIN
Consensus Working Panel dice che i dati a supporto dell’uso
dell’idratazione per os rispetto all’idratazione ev sono
insufficienti (vengono citati il trial di Trivedi e quello di
Taylor).
4.Farmaci
nefroprotettivi
N-Acetilcisteina (NAC)
Sono stati
condotti numerosi trial sull’efficacia della NAC nella
prevenzione della CIN con una generale inconsistenza di
risultati. Le diverse metanalisi condotte non hanno portato
chiarezza in quanto mentre alcune hanno mostrato un sostanziale
beneficio con riduzioni del rischio fino al 50%, altre hanno
riportato riduzioni non significative o addirittura nessun
beneficio (Kshirsagar 2004; Birck 2003; Alonso 2004; Pannu 2004;
Liu 2005; Nallamothu 2004; Zagler 2006). Le metanalisi più
rigorose (che hanno valutato l’eterogeneità esistente tra gli
studi) hanno di solito evidenziato una riduzione meno spiccata e
non significativa del rischio di CIN (Zagler 2006). Una
revisione sistematica (Kelly 2007) ha analizzato 41 studi ed
evidenziato una significativa riduzione del rischio (rischio
relativo 0.62 [95% CI, 0.44 to 0.88]); da segnalare
l’eterogeneità dei risultati e la bassa qualità metodologica
degli studi.
• Dosi: la
dose più frequentemente utilizzata è 600 mg/12 ore per os, di
solito il giorno precedente ed il giorno dell’esame. Alcuni
trial hanno evidenziato una maggior efficacia di dosi maggiori
(1200-1500 mg/12 ore) rispetto alla dose standard (Briguori
2004) mentre altri non hanno dimostrato l’efficacia delle dosi
più
alte
(Oldemeyer 2003).
• NAC per via
endovenosa: i pazienti che richiedono una procedura in urgenza,
e che quindi non possono assumere il farmaco il giorno
precedente per os, sono stati trattati con il farmaco per via
endovenosa. Gli studi riguardanti l’efficacia di questo
approccio hanno dato risultati contrastanti (Webb 2004; Baker
2003; Marenzi 2006) e presentavano problemi che ne rendevano
difficoltosa l’interpretazione (altre cause che potevano
spiegare l’insufficienza renale nel gruppo di controllo)
(Marenzi 2006).
Tutti i
documenti concludono che l’efficacia della NAC è tuttora non
chiara; tuttavia, in considerazione del fatto che è ben
tollerata, è poco costosa e che i risultati degli studi sono
generalmente orientati verso il beneficio, la NAC può essere
utilizzata nei pazienti ad alto rischio alla dose di 600-1200
mg/12 ore per os associata all’espansione di volume.
Statine
A causa
dell’effetto benefico sulla funzione endoteliale e sul danno
ossidativo è stato ipotizzato un potenziale ruolo delle statine
nel ridurre la CIN. Due studi osservazionali di pazienti
sottoposti a PTCA
hanno
evidenziato una riduzione del rischio di CIN e, nel secondo
studio, anche di dialisi nei pazienti trattati con statine prima
della procedura (Attallah 2004; Khanal 2005). Nessun documento,
sulla base di questi studi, ne supporta l’uso con il solo scopo
di ridurre il rischio di CIN. Un recente studio (Quintavalle,
Circulation 2013) su circa 400 pz di età media 70 anni valuta
gli effetti di una singola dose di Atorvastatina 80 mg data
almeno 24 ore prima dell’esposizione al mdc e tutti i pz
(trattati con Atorvastatina o Controlli) ricevevano idratazione
con soluzione di sodio bicarbonato e N-Acetilcisteina.
Si può
osservare come il CI-AKI (danno renale acuto indotto da mdc
valutato a 24 ore dalla procedura e definito da aumento del 10%
della Cistatina C)) è significativamente inferiore nei pz
trattati con Atorvastatina e ciò accadeva sia nei diabetici che
non diabetici ma solo nei pz con moderata IRC (GFR 31-60 ml/min)
e non severa. Inoltre valutano anche gli effetti in vitro
dimostrando che tale pretrattamento riduce l’apoptosi delle cell
renali indotta dal mdc attraverso riduzione delle kinasi indotte
dallo stress e l’attivazione di vie di segnalazione
intracellulare di sopravvivenza mediati da Akt e ERK.
Prostaglandina E1 (PGE1)
Uno studio
pilota ha valutato l’efficacia di 3 diverse dosi di PGE1 per
ridurre il rischio di CIN (Sketch 2001). Tutte le dosi testate
(10, 20, o 40 ng/kg per 6 ore iniziando prima della procedura)
hanno evidenziato
un minor
aumento dei valori di creatinina rispetto al placebo. Solo il
CIN Working Group la considera una potenziale terapia.
Teofillina/Aminofillina
Considerando
che è un mediatore vasoattivo è stato proposto per la
prevenzione della CIN post-PCI. Una revisione sistematica (Bagshaw
2005), 9 studi, 585 pazienti, ha valutato l’effetto della
profilassi con teofillina nei pazienti esposti a MdC. Dei 6
studi che valutavano la comparsa di CIN, 3 hanno mostrato
una minor
incidenza e 3 nessun effetto (OR 0,40 IC95% 0,14 – 1,16); la
metanalisi ristretta ai 4 studi di
miglior
qualità (Jadad score >2) dava delle stime più conservative (OR
0,77 IC95% 0,29 – 2,04). Tutti i documenti esaminati, ad
eccezione di quello del CIN Working Group, non ne consigliano
l’uso. Nella decisione è anche considerato lo stretto margine
terapeutico di questo farmaco.
Acido
Ascorbico
Una recente
metanalisi (Sadat, JACC 2013) ha validato l’efficacia come mezzo
di prevenzione della CIN dell’acido ascorbico, che
possiede attività di scavenger contro i radicali liberi
dell’ossigeno. Sono analizzati 9 RCT per un totale di 1500 pz e
si dimostra che c’è un significativo effetto benefico dell’Acido
Ascorbico nella protezione del rene dalla nefropatia acuta (AKI)
sottolineando che seppure non siano ben chiari i meccanismi sarà
opportuno chiarire adeguatamente la dose e la modalità di
somministrazione ottimale. Negli studi inclusi l’Acido Ascorbico
era dato per os o ev insieme a soluzione salina ed era
paragonato a soluzione salina da sola o con altre sostanze
nefroprotettive.
Conclusioni
La Nefropatia
indotta da contrasto è una complicanza non rara e seria potendo
precipitare un danno renale cronico e maggior rischio
cardiovascolare
Il rischio
maggiore è nei pazienti anziani e grandi anziani perché:
1.
L’età è uno dei FR più importanti per CIN
2.
Hanno più frequentemente IRC pre-esistente e comorbidità
quali diabete, anemia, ipotensione arteriosa e scompenso
cardiaco che sono FR per CIN
E’
fontamentale eseguire procedure con mdc solo se necessarie,
utilizzando mdc a bassa osmolarità o iso-osmolari, limitando il
più possibile la quota di contrasto e preparando adeguatamente
il paziente
