LA TERAPIA
ANTIAGGREGANTE PIASTRINICA NELL’ANZIANO E NEL GRANDE ANZIANO
TRA VECCHI E
NUOVI FARMACI
Emilio Di
Lorenzo
Laboratorio
di Emodinamica e Cardiologia Interventistica
A.O.R.N. San
G. Moscati – Avellino
Introduzione
L'invecchiamento è un importante fattore di rischio
cardiovascolare e la malattia coronarica (CAD) è la causa più
comune di morte negli anziani (1). È importante sottolineare
che, a causa dell’aumento della vita media la popolazione
geriatrica è in rapida espansione nei paesi industrializzati.
La terapia antitrombotica rappresenta un cardine del trattamento
in pazienti con CAD. Anche se i benefici della terapia
farmacologica nei pazienti anziani con CAD sono ben stabiliti,
gli anziani sono in genere più vulnerabili agli effetti negativi
degli antitrombotici. Ciò può essere ulteriormente aggravato
dalla concomitante presenza di fattori di rischio tromboembolico,
come la fibrillazione atriale, che richiedono anche regimi
terapeutici dedicati. La sfida nei pazienti anziani più che
negli altri pazienti è quella di individualizzare la terapia ed
i regimi di dosaggio allo scopo di bilanciare i profili di
sicurezza ed efficacia della terapia antitrombotica
Considerazioni biologiche e Farmacologiche negli anziani.
Le alterazioni età-dipendenti dell’emostasi negli anziani sono
state ampiamente descritte. In sintesi, negli anziani si
verifica uno spostamento della bilancia emostatica verso una
maggiore coagulazione ed una diminuzione della fibrinolisi (2).
L'invecchiamento può anche portare a cambiamenti intrinseci
delle piastrine che si associano ad una aumentata reattività
piastrinica. In aggiunta alle variazione dei fattori emostatici
con l'età, alcuni fattori aggiuntivi come la stasi ematica, la
degenerazione vascolare e la disfunzione endoteliale giocano un
ruolo chiave nella maggiore attivazione piastrinica (3-6).
Inoltre, diversi aspetti farmacologici devono essere considerati
nella gestione di terapie antitrombotiche nelle persone anziane,
come, ad esempio, i cambiamenti legati all'età
nell’assorbimento, distribuzione, metabolismo, clearance dei
farmaci antitrombotici e la politerapia che è comune nei
pazienti anziani e che li espone a un maggior rischio di
interazioni negative tra farmaci.
I Farmaci Antipiastrinici.
Attualmente, non esiste nessun generale consenso sulla
definizione di anziani, e quindi, generalizzare i dati dai
diversi trial è spesso problematico anche in considerazione che
i pazienti anziani sono spesso esclusi dagli studi clinici. La
scarsità di dati basati sull'evidenza, i problemi di sicurezza e
le sempre più frequenti disparità economiche spesso si traducono
in un sostanziale sottoutilizzo delle terapie antitrombotiche in
pazienti più anziani (7,8).
Aspirina
Pochissimi studi di prevenzione primaria o secondaria hanno
specificatamente affrontato il rapporto rischio-beneficio
dell'aspirina nella popolazione anziana, e i dati disponibili in
pazienti anziani sono spesso derivati da ampi studi clinici in
cui i pazienti sono stratificati per età. Ad esempio i benefici
assoluti ed i rischi in prevenzione primaria dell’aspirina negli
anziani non è completamente noto. Infatti, anche se in pazienti
con elevato rischio trombotico di base sono più alte le
probabilità di trarre beneficio dell’aspirina, le complicanze
emorragiche tra cui ictus e sanguinamento gastrointestinale sono
più comuni negli anziani e potrebbero contrastare il beneficio
in termini di rischio ischemico. In una meta-analisi di 195
studi (135.000 pazienti) dalla Antiplatelet Trialists'
Collaboration, ha evidenziato che l'uso di aspirina in
prevenzione secondaria si associa ad una riduzione del 22% del
rischio combinato di morte vascolare, infarto miocardico e ictus
(9). La riduzione del rischio relativo è simile tra i gruppi di
diversa età (19,4% vs 23,1% sia pazienti di età superiore a 65
anni che inferiore ai 65 anni) con l’evidenza di una riduzione
del rischio assoluto maggiore beneficio negli anziani (4,5% vs
3,3). L’incidenza globale di emorragie maggiori con aspirina
era 1.6, ma veniva compensata dalla riduzione degli eventi
ischemici punto in tutte le categorie di rischio elevato. Le
linee guida ACC / AHA, consigliamo l'uso di aspirina, in assenza
di controindicazioni assolute, in pazienti con angina cronica
stabile (10), sindrome coronarica acuta (ACS), (11,12).
In conclusione i dati supportano l'uso di aspirina per la
prevenzione secondaria degli eventi vascolari nei pazienti
anziani senza suggerire modifiche di dosaggio in base all'età,
consigliando dosaggi fra 75 - 150 mg di aspirina che hanno
dimostrato di essere efficace quanto le dosi più elevate con un
minor rischio di tossicità e sanguinamenti gastrointestinale.
Tienopiridine
Da più di dieci anni le linee guida raccomandano clopidogrel
come alternativa all’aspirina nei pazienti intoleranti
all’aspirina per la prevenzione secondaria delle recidive di
eventi ischemici (13). Nei pazienti con SCA e sottoposti a PCI ,
le linee guida raccomandano l'uso di clopidogrel in aggiunta
all'aspirina (11, 12). Nel CURE la combinazione di clopidogrel
con l'aspirina è stata associata ad una riduzione del 20%
dell’endo point composito (morte cardiovascolare , infarto
miocardico non fatale o ictus) e di un incremento del 38% di
sanguinamento maggiore a 1 anno nella popolazione generale
rispetto alla sola aspirina (13) . Rispetto ai pazienti più
giovani, quelli di età superiore a 65 anni di età hanno mostrato
analoga riduzione del rischio assoluto (2,0 % vs 2,2 %) ma una
minore riduzione del rischio relativo (13,1 % vs 28,9 %)
associata alla somministrazione di clopidogrel. Tuttavia, il
clopidogrel si mostrava particolarmente efficace in pazienti con
elevato TIMI risk score o in quelli sottoposti a PCI,
caratteristiche spesso presenti nei soggetti anziani (14,15) .
Recentemente sono stati introdotti nella pratica clinica due
nuovi farmaci tienopiridinici, il prasugrel ed il ticagrelor che
hanno, rispetto al clopidogre, il vantaggio di non essere
limitati da fenomeni di farmacoresistenza legata a fattori
genetici o metabilici.
Il TRITON - TIMI 38, ha confrontato il prasugrel ed il
clopidogrel, aggiunti all’aspirina, in pazienti con SCA STEMI e
NSTEMI sottoposti a rivascolarizzazione miocardica (16).Il
prasugrel ha determinato riduzione del rischio di eventi
ischemici del 19 % rispetto a clopidogrel in pazienti affetti da
SCA ad alto rischio sottoposti a PCI . Anche se prasugrel si
associa ad un aumento del rischio del 32% di sanguinamenti
maggiori in particolare quelli legati alla eventuale
rivascolarizzazione chirurgica, il beneficio clinico netto era
ancora in favore di prasugrel nella popolazione generale.
L’aumentato rischio emorragico del prasugrel era particolarmente
accentuato in alcuni sottogruppi di pazienti, in particolare
quelli con recente evente ischemico cerebrale o ictus, di età
superiore a 75 anni e quelli con peso inferiore a 60 kg. Sulla
base di questi risultati, l'uso di prasugrel in pazienti di età
superiore a 75 anni non è generalmente raccomandato. Tuttavia,
US Food and Drug Administration ( FDA ) suggerisce che in
assenza di altre controindicazioni ed in pazienti con alto
rischio ischemico (diabete o una storia di infarto del
miocardio), il prasugrel può essere somministrato anche in
questi pazienti.Il PLATO ha testato il ticagrelor ed il
clopidogrel, aggiunti all’aspirina in pazienti con SCA STEMI e
NSTEMI sottoposti a rivascolarizzazione miocardica o a terapia
medica (17). Il ticagrelor ha determinato una riduzione del 16%
degli eventi ischemici rispetto al clopidogrel. Anche il
ticagrelor si è associato ad un lieve incremento di
sanguinamenti maggiori rispetto al clopidogrel ma nei pazienti
sottoposti a CABG, al contrario, è stata osservata una minore
incidenza di sanguinamenti. Inoltre, nel sottogruppo di pazienti
non sottoposti a strategia invsasiva, il ticagrelor si è
dimostrato molto più efficace del clopidogrel. Nel gruppo di
pazienti con età maggiore di 65 anni il ticagrelor ha
determinato una riduzione sia del rischio assoluto (2,8% vs
1,3%) che del rischio relativo (17,0 % vs 15,0%) di eventi
ischemici. Tuttavia, nei pazienti di età superiore a 75 anni
tale beneficio era di dimensioni ridotte e soprattutto non
statisticamente significativo rispetto al clopidogrel.In
conclusione, i dati al momento disponibili suggerirebbero,
almeno nei pazienti di età superiore ai 75 anni con SCA o
sottoposti a PCI, l’utilizzo del clopidogrel essendo il
prasugrel, al momento controindicato in questa categoria di
pazienti ed il ticagrelor non determinare enormi benefici. In
casi particolari di pazienti anziani con SCA e con elevato
rischio di eventi ischemici ed un rischio presunto di
sanguinamenti non eccessivo l’uso del ticagrelor o prasugrel
potrebbe essere preso in considerazione.
Inibitori delle Glicoproteine IIb/IIIa (GPi)
Le attuali linee guida delle principali società scientifiche
raccomandano l'uso di GPi (abciximab, tirofiban, eptifibatide)
in casi selezionati di pazienti (es diabetici) con SCA
sottoposti ad angioplastica coronarica senza dare indicazioni
relative a limitazioni legate all’età dei pazienti (11,12)
.Tuttavia, in considerazione che tali farmaci sono estremamente
potenti ed associati ad un significativo rischio emorragico e
che i pazienti anziani sono quelli più a rischio per
sanguinamenti, l’utilizzo di tali farmaci soprattutto in
pazienti di età superiore ai 75 anni andrebbe valutato con
attenzione. Inoltre, il dosaggio corretto di queste molecole è
estremamente prono ad errori e va regolato sulla base della
clearance della creatinina (GFR), di conseguenza nei pazienti
anziani, in cui spesso la GFR è ridotta, il rischio di
sovradosaggio è molto alto. Una sottoanalisi dello studio
CADILLAC trial ha dimostrato che la somministrazione di
abciximab di routine, non determinava significativi benefici
nei pazienti anziani con infarto miocardico acuto sottoposti a
PCI primaria (18). Allo stesso modo, i dati del ISAR - REACT 2
trial (19) hanno suggerito che l'abciximab come terapia
aggiuntiva in pazienti con SCA sottoposti a PCI, può dare minori
beneficio nei pazienti anziani rispetto ai pazienti giovani
Conclusioni.
I cambiamenti fisiologici che accompagnano l'invecchiamento
hanno un importante impatto sugli effetti di agenti terapeutici,
compresi i farmaci antitrombotici. Dato che le malattie su base
aterotrombotica aumentano con l’età che la prevalenza della
popolazione anziana è in continua crescita, la gestione corretta
delle terapie antitrombotiche in questo gruppo di pazienti ad
alto rischio ischemico ed emorragico è di fondamentale
importanza. La mancanza di studi dedicati agli anziani, che
spesso sono esclusi da studi clinici su larga scala, si traduce
in una mancanza di raccomandazioni chiare sulle linee guida
rendendo più alta la probabilità di scelte talvolta arbitrarie
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