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SCOMPENSO CARDIACO
● Il punto sulla
terapia dello Scompenso C. Cronico
nell’ Anziano e nel
Grande Anziano
● Il punto sulla
terapia dello Scompenso C. Acuto
nell’ Anziano e nel
Grande Anziano
● Miocardiopatia
dilatativa e Scompenso Cardiaco
nell’Anziano e nel
Grande Anziano
● Anemia e
Scompenso
nell’Anziano e nel
Grande Anziano
● Insufficienza
renale e Scompenso
nell’Anziano e nel
Grande Anziano
Il Punto sulla
Terapia dello Scompenso Cardiaco Cronico nell’ Anziano e nel
Grande Anziano
Sergio Cuomo
Cardiologia SUN Presidio
Ospedaliero Monadi - Napoli
Cardiologia UTIC Presidio
Ospedaliero "S. Luca" - Vallo della Lucania
L’Italia, insieme al Giappone, è
la nazione con la più alta percentuale di
ultra-ssessantacinquenni ( ~ 20%). Conseguenza
dell’invecchiamento della popolazione è l’aumento dei tassi di
incidenza e prevalenza di malattie croniche, in particolare
dello scompenso cardiaco cronico, che rappresenta la più
comune evoluzione clinica di molte malattie cardiovascolari. Non
sorprende che gli anziani siano i maggiori beneficiari delle
risorse sanitarie ed i massimi consumatori di farmaci, come
dimostrato anche in Italia da un recente rapporto OSMED
(Osservatorio dei Medicinali; Agenzia Italiana del Farmaco, AIFA,
2011). In particolare, i farmaci cardiovascolari, soprattutto
quelli per l’ipertensione arteriosa e lo scompenso cardiaco,
rappresentano la categoria farmaceutica più prescritta. Eppure,
nonostante il peso epidemiologico, le conoscenze sulla terapia
dello scompenso cardiaco nell’anziano sono ancora abbastanza
limitate. Nell’era dell’evidence based medicine, il giudizio di
efficacia dei farmaci deriva quasi esclusivamente dai risultati
di trial clinici randomizzati e dalle meta-analisi di questi
studi. Tuttavia i trial randomizzati sulla efficacia delle
terapie dello scompenso cardiaco tendono ad arruolare pazienti
che non sono affatto rappresentativi della popolazione che
maggiormente assume queste terapie. Per opportunismo
metodologico, il paziente arruolato nei trial è frequentemente
di sesso maschile, di media età, non è affetto da
pluri-patologie e non è in trattamento con farmaci diversi da
quelli oggetto di studio. Anche nei pochi trial disegnati
specificamente per valutare le terapie dello scompenso nell’
anziano, i soggetti arruolati non rispecchiano la reale
tipologia dei pazienti che si incontrano nella pratica clinica,
perché rispetto alla popolazione reale si rileva età meno
avanzata, frazione d’eiezione ventricolare sinistra maggiormente
depressa, minor presenza di comorbidità, minor numero di farmaci
in associazione, minore disabilità fisica e deterioramento
cognitivo, minore rappresentazione del sesso femminile. La
discordanza tra evidence-based medicine e pratica clinica
aumenta ancor più quando ci si riferisce al grande anziano, che
è il grande assente nei trial clinici su cui si fondano le
raccomandazioni delle Linee Guida. A ben riflettere utilizziamo
linee guida elaborate secondo i principi della medicina basata
sulle evidenze, ma fondate su evidenze poco basate sulla
medicina reale. In parole povere applichiamo empiricamente nella
cura dei pazienti anziani conoscenze maturate
su popolazioni composte
prevalentemente da pazienti mediamente più giovani e molto
diversi. La consapevolezza della difficoltà nel trasferire i
risultati dei trial randomizzati alla pratica reale, non
autorizza tuttavia ad ignorare le raccomandazioni delle linee
guida nella cura dell’anziano. L’efficacia nella pratica reale
di un trattamento può essere valutata anche con metodologia
diversa dai megatrial, ad esempio mediante studi osservazionali
ben disegnati, che, a differenza dei trial clinici controllati,
possono studiare vaste popolazioni affette da una determinata
patologia, indipendentemente dall’età, dal sesso e dalla
presenza di comorbidità. Diversi studi osservazionali di
elevata qualità, condotti su migliaia di pazienti non
selezionati, dimostrano che il beneficio clinico netto
conseguito con i vari trattamenti dello scompenso non mostra
differenze sostanziali tra pazienti anziani e pazienti più
giovani, anche se a prezzo di reazioni avverse alla terapia più
frequenti e severe. Non si giustifica, quindi, quanto emerge
dall’analisi di svariate banche dati che documenta la
sottoutilizzazione nell’anziano scompensato di terapie
farmacologiche in grado di ridurre morbilità e mortalità e la
variabilità dell’atteggiamento terapeutico in ragione del sesso
e dello stato sociale dei pazienti,derivanti dalla non aderenza
alle linee guida.
Va tuttavia sottolineato come
l’approccio assistenziale convenzionale sia frequentemente
inadeguato nell’ anziano. Se in teoria il concetto di terapia
ottimizzata dello scompenso dovrebbe tradursi nel
somministrare al paziente tutti i farmaci che hanno dimostrato
nei trial effetto benefico sulla prognosi e qualità della vita,
possibilmente alla dose target o alla dose massima tollerata
per ciascun farmaco, nella vita reale occorre individuare dei
criteri di personalizzazione della terapia, soprattutto nella
cura dell’anziano. Se consideriamo che il paziente affetto da
scompenso cronico deve assumere un beta-bloccante, un ACE
inibitore e molto spesso anche un diuretico, un
antialdosteronico, la digitale, un anticoagulante, l’ amiodarone
e svariati altri farmaci per il trattamento delle frequenti
comorbidità, risulta evidente che “l’armadietto dei farmaci”
finisca per essere spesso strapieno. Ciò comporta inevitabili
conseguenze sia sull’aderenza che sulla tolleranza alla terapia,
per cui spesso non è possibile raggiungere i dosaggi target
indicati dai grandi trial. Poco chiare sono le linee di
condotta da adottare quando la ridotta tolleranza alla terapia
costringe a privilegiare, almeno in termini di posologia, una
classe farmacologica rispetto all’altra, così come i criteri da
utilizzare nella scelta di una molecola all’interno della stessa
classe farmacologica.
Altro responsabile della scarsa
qualità delle cure nell’anziano è l’ assenza di continuità
assistenziale, dovuta all’assenza di programmazione alla
dimissione ospedaliera, che avviene spesso dopo degenze troppo
brevi, alla mancanza di comunicazione tra i diversi operatori
sanitari, all’assenza di un follow-up personalizzato che tenga
conto dello stato funzionale globale, delle comorbidità e del
contesto socio-ambientale del paziente. Va da sé che un
approccio razionale della terapia dello scompenso soprattutto
nell’anziano dovrebbe basarsi su un’effettiva integrazione
ospedale-territorio, slogan molto inflazionato ma, per motivi
più o meno ignoti, mai concretizzato.
