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CONDIZIONI CLINICHE DIVERSE
● La endocardite
nell’Anziano e nel Grande Anziano:
epidemiologia e
clinica
● La endocardite
nell’Anziano e nel Grande Anziano:
problematiche
cardiochirurgiche
● Versamento
pericardico nell’Anziano e nel Grande Anziano
● L’ Anziano e il
grande Anziano con Malattia Cardiovascolare
in PP.SS
● Il Cuore Polmonare
Cronico nell’Anziano e nel Grande Anziano
● L’ Embolia
Polmonare nell’Anziano e nel Grande Anziano
L’ Endocardite nell’
Anziano e nel Grande Anziano: Epidemiologia e Clinica
Pio Caso, Massimo
Cavallaro , Emanuele Durante Mangoni, Ilaria Caso, Maria Macrino,
Alfonso Roberto Martiniello ,Sergio Severino,
UOC di Cardiologia-UTIC,
Ospedale Monaldi, Azienda Ospedaliera , Ospedali dei Colli
,Napoli
UOC Medicina
Infettivologica e dei Trapianti, Ospedale Monaldi
Azienda Ospedaliera
,Ospedali dei Colli ; Cattedra di Medicina Interna,
Seconda Università di
Napoli.
UOC di Cardiologia
Infettivologica ,Ospedale Cotugno,
Azienda Ospedaliera,
Ospedali dei Colli Napoli
Il
profilo epidemiologico dell’ endocardite infettiva (EI) è mutato
significativamente negli ultimi decenni ed è oggi profondamente
diverso da quello che si presentava nel diciannovesimo secolo,
quando Sir William Osler descrisse per la prima volta questa
patologia in maniera sistematica1. Nel passato,
prima della diffusione dell’ antibioticoterapia, la maggior
parte dei pazienti era rappresentata da soggetti giovani o
giovani-adulti affetti da valvulopatia (nella maggior parte dei
casi ad eziologia reumatica). Oggi, nonostante diverse serie di
casi e i dati provenienti da diversi registri nazionali
riportino una incidenza globale invariata, si registrauin
incremento dell’ età media dei pazienti, con l’ incremento
relativo di incidenza più consistente riscontrato fra i soggetti
anziani (definiti come soggetti di età superiore ai 65 anni)2,3,4,
in particolare in questa fascia d’ età il rischio di sviluppare
endocardite è stimato 4.6 volte quello della popolazione
generale adulta4.
Questi cambiamenti del quadro epidemiologico dell’ EI possono
riconoscere diverse cause: 1) la ridotta incidenza della
valvulopatia reumatica, che si manifesta tipicamente in età
infantile; 2) l’ aumento con l’ invecchiamento della popolazione
della prevalenza di valvulopatie calcifiche/degenerative, 3) la
maggiore frequenza in questa popolazione di portatori di protesi
valvolari, incluse le protesi biologiche aortiche impiantate
mediante TAVI nei cosiddetti grandi anziani;4) l’ elevata
frequenza di procedure diagnostiche invasive in questa classe di
età; 5) infine, da non trascurare, è l’ alta percentuale di
pazienti portatori di device, quali pace-makers o ICD, possibili
sedi di infezione.
Caratteristiche specifiche dell’ endocardite nell’ anziano.
L’ endocardite
batterica nei soggetti di età avanzata si presenta con
caratteristiche eziologiche e cliniche peculiari. I primi studi
retrospettivi, condotti spesso in singoli centri, su piccole
casistiche hanno permesso di avanzare l’ ipotesi che questa
categoria di pazienti abbia una prognosi peggiore5,6,7,,
un quadro caratterizzato da manifestazioni cliniche meno
evidenti8, spesso con un significativo ritardo nella
diagnosi6 e diverse caratteristiche eziologiche. D’
altra parte altri studi, che escludevano i pazienti con protesi
valvolare o che facevano uso di droghe per via endovenosa,
(considerando esclusivamente i casi di EI spontanea su valvola
nativa) concludevano invece che non vi era differenza per quanto
riguardava la prognosi, il profilo eziologico e le
manifestazioni cliniche fra pazienti giovani e adulti (età
compresa fra 19 e 60 anni) e pazienti anziani (età superiore ai
64 anni)9,10.
I
dati più consistenti di confronto fra pazienti di età avanzata e
soggetti di età giovanile provengono da un più recente ed ampio
studio prospettico e multicentrico11 ,l’
international Collaboration on Endocarditis Prospective Cohort
Study, che ha arruolato 2759 pazienti, suddivisi
in due gruppi, uno costituito da 1056 soggetti di età superiore
ai 65 anni e il secondo da 1703 di età compresa fra i 18 e i 64
anni. Tali risultati confermano le ipotesi avanzate dagli studi
precedenti riguardo le peculiari caratteristiche
epidemiologiche, cliniche ed eziologiche di questo subset di
pazienti.
Epidemiologia ed Eziologia.
Nel sopramenzionato studio
multicentrico i pazienti con più di 65 anni rappresentavano il
35% circa della popolazione totale11, tale dato era
in linea con l’ incremento dell’ età media dei soggetti affetti
da EI riportati in diversi studi epidemiologici2,3,4.
Vi era una correlazione diretta della mortalità con l’ età dei
pazienti, in particolare un età superiore ai 65 anni risultava
indipendentemente associata ad un maggiore rischio di morte.
Inoltre veniva osservato con l’ aumentare dell’ età11
un incremento dell’ incidenza di endocardite nelle donne.
Per quanto concerne l’ eziologia vi era un aumento dei casi
provocati da germi provenienti dal tratto gastrointestinale
quali gli enterococchi e lo Streptococcus Bovis, che possono
essere considerati i principali responsabili delle forme di
endocardite spontanea dell’ anziano, probabilmente a causa dell’
aumentato ricorso a procedure diagnostiche invasive a carico del
tratto gastrointestinale e genito-urinario in questa fascia di
età, associata alla maggiore prevalenza di patologie, in
particolare di tipo neoplastico, in questi distretti11.
Era meno frequente, invece, in questa categoria di pazienti l’
infezione da S. Aureus, ma con l’ aumentare dell’ età si
riscontrava un aumento dei ceppi meticillino-resistenti11,
la prevalenza dei quali si riduceva del 30% quando venivano
esclusi dall’ analisi i pazienti con forme di endocardite ad
acquisizione nosocomiale. Tali risultati confermavano quanto
rilevato da studi precedenti, condotti in singoli centri5,6.
Presentazione Clinica.
Le manifestazioni cliniche
tipiche, in particolare quelle di origine vascolare o
immuno-mediata, quali eventi embolici, “Roth spots”, i noduli
di Osler o le lesioni di Janeway sono osservate con minore
frequenza nei soggetti anziani11, in particolare la
ridotta incidenza di eventi embolici potrebbe essere connessa al
più largo utilizzo di farmaci antiaggreganti o anticoagulanti
fra i pazienti di età avanzata, associata a una ridotta tendenza
a formare vegetazioni di grandi dimensioni in questi pazienti,
probabilmente dovuta alla ridotta reattività di fase acuta e
alla minore efficienza del sistema emocoagulativo.
Più
frequentemente la sintomatologia riferita dai pazienti in età
avanzata è costituita da disturbi aspecifici, quali astenia,
malessere generale, anoressia, inoltre sono comuni
manifestazioni di tipo neurologico, quali ad esempio stato
confusionale o disturbi dell’ umore12. La febbre è
invece una manifestazione ugualmente comune fra i pazienti
anziani6,11.
Diagnosi. La diagnosi
di EI si basa sulla presenza di criteri diagnostici predefiniti
(criteri di Duke modificati13), che comprendono quali
criteri maggiori la positività delle emoculture per agenti
patogeni considerati tipicamente responsabili di endocardite,
associata ad evidenza ecocardiografica di coinvolgimento
endocardico da parte del processo infettivo (dimostrazione di
vegetazioni, o di ascessi perivalvolari oppure nuova deiscenza
di una protesi valvolare). Gli esami colturali hanno maggiore
probabilità di fornire esito positivo nei soggetti di età
avanzata11.
Dal punto di vista della diagnostica per immagini, l’
ecocardiogramma transesofageo (ETE) riveste un ruolo
fondamentale per la diagnosi dell’ EI data la sua più alta
sensibilità rispetto a quella dell’ ecocardiogramma
transtoracico (ETT)14,15, specialmente nei pazienti
anziani, nei quali le manifestazioni cliniche tipiche sono
raramente presenti. Inoltre in questa categoria di pazienti la
maggiore frequenza di lesioni valvolari calcifiche o di protesi
valvolari, rende più difficile l’ identificazione di vegetazioni
all’ETT, va anche ricordato che i pazienti di età avanzata
spesso presentano deformità della gabbia toracica, enfisema
polmonare o obesità, che comportano una peggiore qualità delle
immagini transtoraciche. Werner et al8 in un lavoro
pubblicato su American Journal of Medicine nel 1996 hanno
riportato una sensibilità dell’ ecocardiogramma transtoracico
per i pazienti di età superiore ai 70 anni del 45%, mentre per i
soggetti con età inferiore ai 50 anni la sensibilità dell’ esame
transtoracico risultava del 75%. La sensibilità dell’ ETE nel
gruppo di pazienti di età superiore ai 70 anni risultava invece
del 90% con un guadagno diagnostico globale del 45%, nel caso
delle infezioni su valvola nativa l’ incremento diagnostico
risultava in questa categoria di pazienti del 29%, mentre per le
endocarditi su protesi valvolare l’ incremento diagnostico
osservato con l’ ETE era dell’ 83%. Inoltre le vegetazioni
trovate nel gruppo di pazienti anziani avevano dimensioni
ridotte (in media 11mm contro 15mm)8, ciò è in
accordo con il ridotto rischio di eventi embolici riscontrato
nei soggetti anziani, infatti il rischio embolico è direttamente
correlato alle dimensioni delle vegetazioni, con un aumento del
rischio per le vegetazioni di dimensioni superiori ai 15mm16.
In uno studio più recente su pazienti anziani pubblicato nel
2003 da Di Salvo et al6, in cui tutti i pazienti
venivano sottoposti ad esame ecocardiografico transesofageo non
sono state riscontrate differenze significative fra i diversi
gruppi di pazienti, stratificati in base all’ età per quanto
riguardava la presenza di vegetazioni, la presenza di gestazioni
superiori ai 15mm, di vegetazioni altamente mobili, o altri
segni ecocardiografici di endocardite quali la deiscenza di
protesi valvolari, la presenza di ascessi, o la frequenza di
rigurgito valvolare moderato o severo. In conclusione, data l’
importanza di una diagnosi precoce e considerando che le
manifestazioni cliniche tipiche dell’ EI sono meno frequenti nei
pazienti di età avanzata è necessario disporre precocemente un
esame ecocardiografico transesofageo qualora vi sia un sospetto
clinico.
Trattamento. Per
quanto riguarda la terapia antibiotica va tenuto conto del fatto
che è spesso necessario adeguare il dosaggio dei farmaci data la
maggiore prevalenza di alterazioni della funzionalità renale che
si osserva nei soggetti di età avanzata., inoltre qualora sia
necessario intraprendere un trattamento antibiotico empirico va
tenuto conto del differente profilo eziologico che caratterizza
questa categoria di pazienti, anche se nei pazienti anziani le
emoculture hanno una maggiore probabilità di dimostrare crescita
di microorganismi. Una importante differenza nel trattamento
dell’ EI nei pazienti di età geriatrica, osservata nelle diverse
casistiche, è rappresentata dalla minore frequenza con cui
questi sono sottoposti ad intervento cardiochirurgico5,11,
ciò probabilmente è dovuto ad un più alto rischio operatorio di
questi pazienti17, dovuto al maggior tasso di
comorbidità.
Data la migliore prognosi che contraddistingue in generale i
pazienti trattati chirurgicamente nei diversi studi, il minor
ricorso all’ approccio chirurgico può in parte spiegare il
maggior tasso di mortalità proprio dell’ endocardite nella
sottopopolazione dei pazienti anziani. In uno studio pubblicato
da Remadi et al. nel 200818 il trattamento chirurgico
precoce (entro 30 giorni dall’ inizio dell’ antibioticoterapia)
nel gruppo di pazienti di età superiore ai 75 anni, risultava
indipendentemente associato ad una migliore sopravvivenza a
lungo termine, con una durata del follow up di 36 mesi, anche
in questa casistica il ricorso all’ intervento chirurgico era
meno frequente nel gruppo di pazienti di età avanzata.
Nonostante questi dati indichino un potenziale beneficio della
terapia chirurgica anche in età avanzata, al momento non sono
presenti in letteratura studi randomizzati che confrontino il
trattamento chirurgico precoce con la terapia medica in questa
categoria di pazienti.
Considerazioni riguardo i “grandi anziani”.
Per quanto concerne i grandi
anziani, definiti comunemente come soggetti di età superiori
agli 80 anni, non vi sono studi clinici che considerino
isolatamente questo gruppo di pazienti, che sono compresi nelle
categorie di soggetti definiti semplicemente come anziani, con
un cut-off che è rappresentato da una età superiore ai 65 o ai
70 anni, per cui a questa categoria di pazienti possono
applicarsi generalmente le stesse considerazioni emerse dagli
studi precedentemente descritti. Bisogna ,comunque , notare
che, secondo alcuni studi epidemiologici, l’ incidenza dell’ EI
tende a ridursi progressivamente dopo gli 80 anni4,
nonostante resti superiore a quella della popolazione di età
inferiore ai 65 anni4. Inoltre va tenuto conto del
fatto che in questa categoria di pazienti, è oggi sempre più
diffuso per il trattamento della stenosi aortica il ricorso ad
impianto percutaneo di protesi valvolare aortica (TAVI), sulla
quale può svilupparsi endocardite. L’ infezione delle protesi
biologiche impiantate mendiante TAVI è una complicanza rara
(frequenza compresa fra 0 e 2,3% nei più estesi studi di
coorte), sebbene sia particolarmente temibile per le difficoltà
che presente nella diagnosi e nel trattamento ed è
caratterizzata da un’ elevata morbilità e mortalità19,20.
La diagnosi ecocardiografica è resa più difficile,dalla limitata
esperienza degli operatori e dalla difficoltà nell’
interpretazione delle immagini ecocardiografiche per la
presenza di coni d’ ombra e per l’ alterata ecoreflettività
dovuti alla stessa presenza della protesi, inoltre è
frequentemente descritto l’ interessamento del lembo anteriore
mitralico. Infine bisogna considerare che il trattamento
chirurgico con l’ espianto della protesi e il reimpianto di una
nuova protesi valvolare presenta un rischio molto elevato, date
le caratteristiche intrinseche dei pazienti sottoposti a TAVI
come alternativa al trattamento chirurgico tradizionale, a cui
si aggiunge la notevole complessità tecnica dell’ intervento,
nonostante ciò sono stati riportati in letteratura diversi
successi della terapia chirurgica21,22.
Conclusioni. L’
endocardite nei soggetti anziani colpisce frequentemente
pazienti portatori di protesi valvolari o dispositivi
intracardiaci, le condizioni predisponenti sono spesso
rappresentate da malattie croniche, incluse le neoplasie,
specialmente a carico del tratto gastrointestinale e
genito-urinario, più spesso ha una origine nosocomiale,
secondaria a procedure diagnostiche o terapeutiche invasive.
Per i motivi sopra elencati gli agenti eziologici sono più
frequentemente rappresentati da microrganismi provenienti dal
tratto grastroentrico quali enterococchi o lo Streptococcus
Bovis. Le manifestazioni cliniche sono spesso meno evidenti in
questa categoria di pazienti ed è ,quindi, necessario per
raggiungere tempestivamente la diagnosi un alto indice di
sospetto clinico e l’ utilizzo precoce dell’ETE, data la minore
sensibilità dell’ approccio transtoracico in questi pazienti. La
prognosi di risulta peggiore, in parte per le frequenti
comorbidità e la maggiore fragilità ed in parte per il più raro
ricorso alla terapia chirurgica.
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