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VALVULOPATIE
● La valvulopatia
mitralica
nell’Anziano e nel
Grande Anziano: epidemiologia e clinica
● La valvulopatia
mitralica
nell’Anziano e nel
Grande Anziano:
problematiche
cardiochirurgiche
● La valvulopatia
aortica
nell’Anziano e nel
Grande Anziano: epidemiologia e clinica
● La valvulopatia
aortica
nell’Anziano e nel
Grande Anziano:
problematiche
cardiochirurgiche
La valvulopatia mitralica
nell’Anziano e nel Grande Anziano:
epidemiologia e clinica
Cesare
Baldi, Marco Di Maio, Maria Vincenza Polito Elisabetta
Bellino,Costantina Prota Angelo Silverio, Pietro Giudice.
S. C.
Cardiologia Interventistica-EmodinamicaDipartimento
Medico-Chirurgico di CardiologiaA.O.U.” S. Giovanni di Dio e
Ruggi d’Aragona” - Salerno
I progressi della medicina e delle condizioni socio-sanitarie
hanno determinato un incremento del numero di persone
appartenenti alle fasce di età più avanzata. In Italia, le stime
ISTAT prevedono un aumento della popolazione al di sopra degli
80 anni dai 3.6 milioni del 2011 ai 9.3 milioni nel 2065.
L’invecchiamento della popolazione comporta una maggiore
prevalenza di cardiopatie strutturali, di ipertensione
arteriosa, di aritmie (fibrillazione atriale soprattutto), di
malattia aterosclerotica.
Tra le cardiopatie strutturali ad alta prevalenza in età
avanzata, l’insufficienza mitralica (IM) occupa uno spazio
epidemiologico rilevante e mostra un crescente impatto clinico
per la frequente evoluzione verso la disfunzione ventricolare
sinistra ed il conseguente quadro di scompenso cardiaco cronico
(SCC); in tarda età la ridotta distensibilità del ventricolo
sinistro è relativamente comune ed è in grado da sola di
condizionare la comparsa dei segni dello SC diastolico che sopra
i 70 anni può arrivare a rappresentare il 50% di tutti i
pazienti con scompenso; appaiono inevitabili pertanto le
conseguenze negative, in termini di compromissione della qualità
della vita ed in ultima istanza di scompenso e di morte,
prodotte nel paziente anziano dal sovraccarico cronico di volume
della IM severa in una condizione fisiopatologica già
caratterizzata da un impoverimento della popolazione di
miocitifunzionanti e da uno sbilanciamento nella struttura
cardiaca verso lasua impalcatura fibrosa.
ü
Quali
peculiarità del paziente anziano?
Spesso, in
tarda età, la patologia del cuore si presenta in associazione
con altre malattie che hanno colpito altri distretti nell’ambito
di un contesto di grande fragilità globale; un atto terapeutico
complesso e ad alto costo in una persona molto anziana in
scompenso per IM severa , con limitata aspettativa di vita,
richiede sempre una valutazione difficile e ponderata. Questo
scenario clinico impone un approccio multidisciplinare
integrato, in grado di effettuare scelte personalizzate: diversi
specialisti devono essere coinvolti e condividere le fasi della
diagnosi, della valutazione, del processo decisionale e del
trattamento.Tutto questo si può realizzare a condizione che
cardiologo clinico, cardiochirurgo, cardiologo interventista e
geriatra siano abituati a dialogare all’interno di un gruppo
multidisciplinare (Heart Team) per scegliere l’ opzione
strategica più idonea alla soluzione del problema del paziente.
Nella
popolazione anziana il peso delle malattie croniche appare
nettamente aumentato, ed il loro impatto clinico tende a
moltiplicarsi perché spesso coesistono accanto alla patologia
dominante in quadri definiti di comorbosità o multimorbosità.
Il termine
di comorbosità indica “l’esistenza o la comparsa di ogni
distinta entità clinica aggiuntiva durante il decorso di una
specifica malattia (malattia indice) per la quale il paziente
sia seguito”. La comorbosità non ha relazione eziologica con la
diagnosi primaria, in ciò distinguendosi dalle complicanze, che
della malattia indice o del suo trattamento sono sequele. Più di
recente, è stato proposto il concetto di multimorbosità,
ovvero “la concomitanza di più malattie acute e croniche in un
soggetto”, in cui scompare il riferimento alla malattia indice:
in effetti, questa definizione meglio descrive quanto
comunemente si osserva nel paziente anziano, in cui spesso il
clinico non riesce ad individuare una patologia dominante e si
trova a
fronteggiare più forme morbose allo stesso tempo. Comorbosità e
multimorbosità interferiscono con tutti i momenti dell’approccio
clinico, a partire da quello diagnostico, e rappresentano dunque
elementi centrali della complessità delpaziente anziano; la
contemporanea presenza di molteplici condizioni morbose rende
spesso atipica la manifestazione di esordio di ogni singola
malattia e, come tale, rappresenta fonte comune di errori
diagnostici. Ancora, co- e multimorbosità rendono assai
complesso l’approccio terapeutico, che nell’anziano ben di rado
può aderire completamente alla medicina basata sull’evidenza e
alle sue linee guida, in genere
sviluppate
in soggetti più giovani e senza sostanziali patologie associate.
Purtuttavia
non è possibile cogliere appieno la complessità del paziente
anziano e del suo stato di salute globale senza considerare gli
aspetti cognitivi e quelli funzionali. Nell’approccio
all’anziano, la valutazione dello stato funzionale, premessa
all’adozione di interventi finalizzati al mantenimento e al
recupero della massima autonomia, è parte essenziale e compito
specifico della valutazione multidimensionale geriatrica. Mentre
nell’adulto la disabilità è espressa dall’incapacità
lavorativa, nell’anziano il suo riconoscimento coincide con
l’incapacità di attendere autonomamente ad attività di base
della vita quotidiana (Basic Activities of Daily Living,
BADL), quali lavarsi, vestirsi, alimentarsi, mantenere la
continenza, usare la toilette, compiere trasferimenti in ambito
domestico (anche con l’utilizzazione di ausili); non sorprende
che, se il grado di disabilità esprime in modo sintetico
l’effetto combinato delle variazioni indotte dall’invecchiamento
“normale” e dalle malattie associate la misura della disabilità
migliora la capacità di formulare la prognosi, indipendentemente
dalle singole diagnosi cliniche.
La
valutazione funzionale ha un ruolo centrale per identificare gli
anziani disabili nelle attività di base della vita quotidiana e
quelli fragili. La fragilità è espressione del
progressivo esaurimento delle riserve funzionali e si traduce
nella progressiva inefficienza dei meccanismi di mantenimento
dell’omeostasi biologica e si manifesta con la riduzione della
performance fisico-funzionale. Malattie acute e croniche possono
contribuire alla fragilità riducendo le riserve funzionali e
portando alla luce deficit fino a quel momento compensati.
In
conclusione, l’approccio all’anziano, che spesso è
caratterizzato da un intreccio di multimorbosità, disabilitàe
fragilità, è particolarmente complesso perchènon può limitarsi
alla valutazione ed al trattamento dellasola malattia d’organo,
ma deve procedere con una prospettiva di valutazione globale.
ü
Quale
peculiarità della IM severa nella popolazione anziana?
In una
indagine effettuata per misurare il “carico” delle valvulopatie
nella vita reale, Nkomo ha utilizzato sia i dati provenienti da
studi di popolazione, generati con l’ esecuzione di esami
ecocardiografici sistematici su campioni della popolazione
generale, sia dati provenienti da studi di comunità, raccolti
invece a partire da esami ecocardiografici effettuati per la
formulazione di diagnosi in pazienti che presentavano un qualche
sospetto clinico. E’ stato dimostrato che la prevalenza delle
valvulopatie è fortemente legata all’avanzare dell’età, con un
andamento della relazione non lineare ma regolarmente
incrementale sevalutata per fasce di età progressivamente
crescenti di 10 anni ciascuna; che,tra le valvulopatie, la IM
mostra il valore di prevalenza maggiore rispetto alle altre;
che non tutte le valvulopatie vengono riconosciute e
conseguentemente trattate, come viene dimostrato dalla
differenza significativa del loro riconoscimento tra gli studi
di popolazione e quelli di comunità; che quella meno
riconosciuta è proprio la IM rispetto alla stenosi aortica,
verosimilmente per il minore clamore della sua presentazione
clinica; che, infine, è stata documentatanel sesso femminile una
riduzione nel riconoscimento della IM per una ricorso
all’indagine ecocardiografica nelle pazienti anziane meno
frequente rispetto ai pazienti maschi.
All’interno
dell’Euro HeartSurveystudy,Mirabel ha condotto una indagine
circoscritta alla sottopopolazione di 396 pazienti con IM severa
e sintomatica; nel 49% dei casi, i pazienti non vennero
sottoposti ad intervento chirurgico e la analisi multivariata
documentò che i predittori più potenti della decisione di
rifiutare l’opzione chirurgica risultarono l’età avanzata, la
presenza di comorbidità e il valore di FE. Anche i pazienti di
età compresa tra i 70 e gli 80 anni sono stati rifiutati alla
chirurgia sebbene il rischio del ricorso all’intervento di
correzione in questa fascia di età non apparisse proibitivo; in
realtà sia la crescente aspettativa di vita nei paesi
industrializzati sia la valutazione comparativa degli esiti in
storia naturale di questi pazienti rispetto a quelli avviati
alla correzione chirurgica non giustificano la decisione di non
operare questi pazienti, in tale fascia. La presenza di una
pesante comorbidità, attestata da un indice di Charlson elevato,
appare invece coerente con la decisione di rifiuto della
correzione, perché un alto indice mostra un impatto sfavorevole
sulla aspettativa di vita e si associa ad un elevato rischio
operatorio.
La
soluzione di una insufficienza mitralica severa associata a
sintomi rimane la chirurgia, ma le condizioni in cui essa può
essere realizzata anche in una popolazione anziana senza un
elevato rischio operatorio non sono poi così frequenti; in
questa ottica appare cruciale la adeguata valutazione del
rischio operatorio attraverso l’uso di score di rischio che
proprio nella popolazione anziana rimane esposto a grossi
problemiinterpretativi.
I due
score più utilizzati fino ad ora sono l’EuroSCORE logistico
e l’STS score. L’EuroSCORE logistico, leggermente più specifico
per la patologia coronarica, tuttavia è stato ripetutamente
dimostrato che nei pazienti più compromessi tende a sovrastimare
il rischio fino a 3 volte. L’STS score, in confronto, si
basa su di una casistica più ampia, ed è più preciso nella
patologia valvolare e nei pazienti ad alto rischio.
Entrambiquesti score hanno limiti importanti, quando
vengono applicati nel singolo paziente molto anziano:il rischio
non è specifico per la fascia di età (essendo ricavatoda
esperienze cliniche riguardanti prevalentemente pazientipiù
giovani) e non è stratificato per le pratiche interventistichee
per le diverse patologie; infine, molte variabili non sono
considerate(aorta a porcellana, funzionalità epatica,
irradiazione,fragilità, ecc.). Questi score di rischio
garantiscono una capacità discriminativa relativamente buona,
cioè una adeguata capacità nel distinguere lo strato dei
pazienti a basso rischio da quello ad alto rischio, ma non
mostrano una pari accuratezza di valutazione della mortalità
operatoria nel singolo paziente per una insufficiente capacità
calibrativa, dovuta alle differenze ancora significative che
sussistono tra il rischio atteso e quello osservato, evidenti
soprattutto per l’EuroSCORE logistico che mostra di sovrastimare
il rischio operatorio nel paziente ad alto rischio. Queste
considerazioni riducono la affidabilità che può essere riservata
ad un singolo numero generato dallo score e da utilizzare nel
processo decisionale,e pongono il problema di incrementare la
performance predittiva degli score di rischio attraverso
ripetute procedure di calibrazioni e di validazione (è il caso
dell’EuroSCORE II per l’ EuroSCORE logistico), attraverso la
integrazione di nuove variabili che nella popolazione anziana
vadano a valutarne le capacità funzionali e cognitive e lo stato
di fragilità fino alla costruzione di score di rischio specifici
per il sottogruppo della popolazione anziana.
In età
avanzata esistono fondamentalmente due tipi di IM di grado
severo in grado di provocare un quadro di SCC conclamato:
l’insufficienza primaria di tipo degenerativo, che si realizza
nella condizione organica del prolasso mitralico complicato,
meno frequente, e l’insufficienza secondaria di tipo funzionale,
che si realizza come risultato del rimodellamento ventricolare
tipico della disfunzione ventricolare postischemica o della
cardiomiopatia dilatativa idiopatica, che è la forma più
frequente.
La
correzione chirurgica della IM degenerativo-organica rimane la
soluzione più appropriata e la opzione riparativa, quando è
fattibile, si presenta associata a risultatimigliori della
opzione sostitutiva. Le prospettive della correzione chirurgica
nella IM funzionale appaiono, invece, ancora controverse in
età avanzata: la mortalità operatoria è più elevata che nella
forma primaria e la prognosi a lungo termine è gravata da una
sopravvivenza minore per il peso esercitato da una maggiore
comorbidità. In realtà questo della chirurgia della IM
funzionale rimane un terreno povero di indicazioni robuste
quando vengano valutate secondo le prospettive della
evidencebased medicine: il solo studio randomizzato che ha
confrontato la rivascolarizzazione da sola nei confronti della
rivascolarizzazione combinata con la riparazione mitralica ha
dimostrato che l’esecuzione delle tecniche riparative migliora
gli end point surrogati della classe funzionale e della FE ma
non è stato disegnato per valutare il loro impatto sulla
sopravvivenza; la maggior parte degli studi non è stata in grado
di dimostrare un reale miglioramento della prognosi a lungo
termine dopo la correzione chirurgica della IM funzionale;
infine non esistono studi randomizzati di confronto dei
risultati a lungo termine della riparazione verso la
sostituzione valvolare, anche se una metanalisi effettuata su
studi retrospettivi suggerisce risultati migliori, in termine di
sopravvivenza a lungo termine, della chirurgia riparativa
rispetto alla chirurgia sostitutiva.
I limiti
della correzione chirurgica della IM funzionale nel paziente
anziano hanno promosso lo sviluppo di tecniche alternative, in
particolare nel settore della riparazione percutanea. Il sistema
di impianto MitraClip, un dispositivo applicabile per via
transcatetere e derivato dalla tecnica chirurgica di riparazione
edge to edge, è stato oggetto di uno studio randomizzato,
l’EVEREST II trial(Endovascular Valve Edge-to-EdgeREpairSTudy)
che ha dimostrato, in una popolazione di pazienti con una quota
di IM funzionale pari ad 1/3 del totale, risultati soddisfacenti
sia in termini di sicurezza che in termini di efficacia, con una
incidenza di successo procedurale, definito in accordo con la
presenza di un rigurgito residuo ≤2+, di circa il 75%. Grazie
alla legittimazione all’uso in clinica basata sui dati EVEREST,
negli ultimi 3 anni sono stati pubblicati numerosi registri
condotti in Europa su popolazioni di pazienti noneligibili per
lo studio EVEREST, o per evidente inoperabilità o per alto
rischio chirurgico, e che presentavano caratteristiche
relativamente simili per età > 70 anni, valori di FE< 35% e di
EuroSCORE logistico > 30; i risultati di questi studi, in parte
prospettici in parte retrospettivi, documentano, nel paziente
anziano e grande anziano con IM prevalentemente funzionale, una
buona efficacia nel medio termine,in particolare per
miglioramento dei sintomi, della qualità di vita, e della
funzione VSin a fronte di un bassissimo rischio operatorio
(mortalità intraospedaliera 2%, a 12 mesi 12%). Al momento
attuale sono in corso due studi relativamente simili con disegno
prospettico, randomizzato, multicentrico, progettati, il RESHAPE
in Europa ed il COAPT negli Stati Uniti, con l’obiettivo di
stabilirel’efficacia e la sicurezza della MitraClip nei
confronti della terapia chirurgica standard in pazienti
sintomatici affetti da insufficienza mitralicafunzionale e
disfunzione ventricolare sinistra.
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