A VOLTE RITORNANO…
Antonio Longobardi, Generoso Mastrogiovanni, Mario Colombino,
Antonio Panza, Severino Iesu, Giuseppe Di Benedetto
Dipartimento “Cuore” – Struttura Complessa di Cardiochirurgia
A.O.U. Ospedali Riuniti San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona Salerno (Italia)
Caso clinico
Nel marzo 2011 un uomo di 51 anni giungeva al Pronto Soccorso della nostra Azienda Ospedaliera in seguito alla comparsa di un forte ed improvviso dolore toracico. Tale paziente, iperteso, fumatore ed obeso, veniva sottoposto agli esami diagnostici di routine, tra cui un esame ecocardiografico ed un’angio-TC torace ed addome che evidenziavano una dissezione aortica di Tipo I sec. De Bakey, con flap intimale localizzato in aorta ascendente. Per tale motivo, nello stesso giorno, il paziente veniva sottoposto ad intervento chirurgico di sostituzione dell’aorta ascendente con protesi retta InterGard 30 (InterVascular, La Ciotat, Francia). Il decorso post-operatorio è stato complicato da sindrome da bassa gittata trattata mediante infusione endovenosa di farmaci inotropi, da importante agitazione psicomotoria e lento risveglio, insufficienza respiratoria che ha richiesto l’esecuzione di una tracheostomia, insufficienza renale acuta trattata mediante ultrafiltrazione. Tali complicanze si sono risolte tutte prima della dimissione, avvenuta in 33a giornata post-operatoria. Dopo alcuni mesi, però, il paziente ha cominciato ad accusare precordialgie e claudicatio intermittens, per cui si sottopone nuovamente ad esami ecocardiografici (sia transtoracico che transesofageo) ed ad angio-TC del torace ed addome che evidenziano un’evoluzione della dissezione aortica: flap intimale in arco aortico, dissezione aortica coinvolgente il tronco anonimo e l’arteria carotide di sinistra (trombizzazione del falso lume che comprime quello vero, condizionante una stenosi carotidea del 60%), progressiva dilatazione del falso lume in aorta toracica discendente che comprime il vero lume (quest’ultimo ha diametro di 1,2 cm in arco aortico e 0,5 cm in aorta toracica discendente). Alla luce di tale quadro di dissezione conica dell’arco aortico (con coinvolgimento dei tronchi sovraortici) e dell’aorta toracica discendente in paziente sintomatico per dolore toracico e claudicatio si è deciso di procedere con l’intervento chirurgico di sostituzione dell’arco aortico (con reimpianto dei tronchi sovraortici) e dell’aorta toracica discendente (frozen elephant trunk) con protesi E-vita open (Jotec Inc., Hechingen, Germania). Dopo l’esecuzione della sternotomia mediana e lisi di tenaci aderenze, il bypass cardio-polmonare è stato avviato previa cannulazione dell’arteria succlavia di destra e dell’atrio destro. Una volta raggiunta la temperatura naso-faringea di 26°C i flussi della circolazione extracorporea sono stati ridotti a 1 l/min e l’arteria anonima è stata clampata in modo da ottenere una perfusione cerebrale unilaterale ed arrestare il flusso sistemico. Dopo la rimozione dell’arco aortico ed introduzione di un catetere per la perfusione cerebrale selettiva (connesso ad un ossigenatore mediante una pompa roller) in arteria carotide comune di sinistra (in modo da stabilire una perfusione cerebrale bilaterale), si è proceduto con la preparazione del moncone aortico distale ed introduzione della protesi E-vita open per via anterograda in aorta toracica discendente attraverso una guida precedentemente posizionata. Tale protesi consente di eseguire una chirurgia ibrida dell’aorta toracica, essendo costituita da un graft in politetrafluoroetilene (porzione endovascolare) incapsulato all’interno di anelli in nitinolo a forma di Z disposti in maniera circonferenziale lungo tutta la sua lunghezza e da un’estremità prossimale in Dacron (porzione vascolare). L’endoprotesi è stata liberata sotto visione diretta e quindi anastomizzata la parte distale del Dacron al moncone aortico distale precedentemente preparato. La porzione di graft costituito da Dacron non precoagulato viene completamente ritirata indietro e cannulata per ristabilire una perfusione anterograda dell’aorta toracica discendente. Successivamente si è proceduto con il reimpianto dei tronchi sovraortici e la ricostruzione aortica è stata, quindi, completata mediante il confezionamento dell’anastomosi prossimale. La durata della circolazione extracorporea è stata di 175 minuti, clampaggio aortico di 98 minuti ed arresto cardio-circolatorio di 87 minuti. Il decorso postoperatorio è stato complicato da comparsa di ictus cerebrale che ha condizionato uno stato comatoso, disartria ed ipostenia al braccio sinistro con completa restitutio ad integrum dopo circa 20 giorni ed assenza di alterazioni densitometriche evidenziabili alla TC dell’encefalo eseguita prima della dimissione. Alle angio-TC dell’aorta eseguite durante il follow-up la porzione endovascolare della protesi appare ben posizionata e con regolare opacizzazione dopo mezzo di contrasto, in assenza di spandimenti extraluminali. Attualmente il paziente è in buone condizioni generali ed ha ripreso le normali attività quotidiane e lavorative.
Discussione
Il trattamento della patologia dell’arco aortico con estensione distale all’origine dell’arteria succlavia di sinistra rappresenta una grande sfida in cardiochirurgia. Come descritto da Borst et al. [1] nel 1983, l’approccio in due tempi (elephant trunk) rimane ancora quello più comunemente utilizzato in questo gruppo di pazienti. Tale approccio prevede un primo intervento in cui si esegue la sostituzione completa dell’arco aortico in sternotomia mediana lasciando libero e flottante in aorta toracica discendente un tratto di protesi della lunghezza di 5-8 cm (elephant trunk), ed una seconda procedura in cui l’elephant trunk viene utilizzato come colletto prossimale per il rilascio di un’endoprotesi o per facilitare l’anastomosi prossimale nella sostituzione dell’aorta toracica discendente in toracotomia antero-laterale sinistra. L’approccio descritto, pur rendendo trattabili con mortalità accettabili i pazienti con patologia estesa dell’aorta toracica, non è privo di svantaggi. In particolare, la letteratura prodotta da diversi autorevoli gruppi, ha evidenziato che la tecnica elephant trunk, richiedendo due procedure maggiori, si associa ad una significativa mortalità cumulativa. LeMaire et al. [2], Svensson et al. [3], Schepens et al. [4] e Safi et al. [5] hanno riportato una mortalità compresa tra il 2.1% e il 12.2% per il primo stadio e tra il 3.9% e 9.6% per il secondo. Inoltre, l’impossibilità di completare il trattamento con l’esecuzione della seconda procedura sembra presentarsi nel 32-50% dei casi e la mortalità in attesa del secondo intervento sembra essere compresa tra l’11% e il 25%, il più delle volte secondaria a rottura aortica. Per tali motivi la tecnica frozen elephant trunk, introdotta recentemente da diversi autori giapponesi [6-7] rappresenta una valida alternativa alla classica “elephant trunk technique”. Si tratta, infatti, di una procedura ibrida che associa la chirurgia tradizionale ad una procedura endovascolare in modo da trattare patologie complesse dell’aorta toracica in un singolo step, avvalendosi di una protesi ibrida (E-vita open; Jotec Inc., Hechingen, Germany) costituita prossimalmente da una protesi vascolare in Dacron e distalmente da un’endoprotesi in nitinolo.
In conclusione, il frozen elephant trunk è un intervento giovane che prevede l’impiego di materiale endoprotesico. Per tale motivo è consigliabile una stretta sorveglianza con imaging dei pazienti sottoposti al trattamento al fine di verificare la durabilità della procedura e, specialmente nei pazienti con dissezione aortica, di monitorare l’evoluzione dell’aorta residua non trattata.
Bibliografia