Terapia farmacologica delle sindromi coronariche acute e Linee Guida: è tutto chiaro ?

 

Luigi Oltrona Visconti

Divisione di Cardiologia IRCCS Policlinico S. Matteo Pavia

 

Le Linee Guida, che a partire circa dai primi anni 2000 sono state pubblicate sistematicamente dalle principali Società Scientifiche Cardiologiche, l’American Heart Association e l’American College of Cardiology per gli USA e l’European Society of Cardiolgy (ESC) per l’ Europa, hanno assunto negli anni un rilievo crescente in quanto paradigma di riferimento dell’ attività clinica dei Cardiologi di tutto il mondo. Non sono trascorsi molti anni da quando ferveva il dibattito se le Linee Guida fossero, agli estremi della dialettica, una sorta di tavola della legge recepita addirittura come un' imposizione o un agglomerato di considerazioni personali prive di credibilità e autorevolezza nella loro applicazione nella pratica clinica quotidiana. La convinzione che le Linee Guida, al di là delle classificazioni in gradi di raccomandazione e livelli di evidenza, siano il condensato della medicina basata sulle evidenze, va rafforzandosi e diffondendosi: ne è testimone il crescente interesse che gli aggiornamenti periodici che esse producono nella comunità scientifica, evidenziato da una fervida attesa della loro pubblicazione e dalla grande partecipazione alle sessioni dei principali congressi internazionali nei quali vengono presentati.

Le più recenti Linee Guida Europee ESC sulle Sindromi Coronariche Acute senza ST sopraslivellato (SCA/NSTEMI) sono state pubblicate sul European Heart Journal nel 2011 (1) e sono l’aggiornamento delle precedenti edizioni del 2002 e 2007. Le Società Cardiologiche delle nazioni europee hanno rinunciato a pubblicare Linee Guida nazionali e tutte si rifanno a quelle dell’ ESC che sono divenute un punto di riferimento clinico, aggiornamento, confronto, dibattito, valutazione delle misure di qualità delle cure. Poiché una quota considerevole delle SCA/NSTEMI vengono sottoposte a rivascolarizzazione coronarica, è obbligo far riferimento anche alle specifiche Linee Guida sulla rivascolarizzazione pubblicate nel 2010 sempre dalla Società Europea di Cardiologia (2).

Antipiastrinici per via orale

Aspirina

Non mutano nelle ultime Linee Guida ESC le indicazioni all’ utilizzo di aspirina basate sull' evidenza del beneficio clinico nel ridurre del 46% gli eventi vascolari in pazienti con SCA/NSTEMI che proviene dalla metanalisi dell’Antithrombotic Antiplatelet Trialist Collaboration (3). I risultati dello studio Current-OASIS 7 hanno evidenziato in circa 25.000 pazienti come dosaggi più elevati di aspirina non producono differenze in termini di outcome clinico ma un eccesso di sanguinamento rispetto alla bassa dose, per cui rimane valida l’ indicazione a utilizzare cronicamente in tutti i pazienti 75-100 mg al giorno (4).

Tienopiridine e altri inibitori dei recettori P2Y12

L’ ultimo aggiornamento delle linee guida della Società Europea di Cardiologia per la gestione del paziente con SCA/NSTEMI ribadiscono con raccomandazione di classe I ed evidenza di livello A che una volta effettuata la diagnosi va iniziata la terapia con aspirina e un inibitore del recettore P2Y12. L' associazione di questi farmaci va proseguita per 12 mesi. E' consigliata (classe I, livello di evidenza A) la somministrazione di un inibitore della pompa protonica in pazienti con storia di ulcera gastrica o di sanguinamento gastrico, di età superiore a 65 anni, portatori di H. Pilory, che assumono anche steroidi o anticoagulanti. 

Prasugrel

La novità forse più rilevante nel capitolo dell' aggiornamento delle Linee Guida ESC che riguarda la terapia antitrombotica è costituito dall' indicazione con un grado di raccomandazione I e un livello di evidenza B a somministrare ai pazienti colpiti da SCA prasugrel, una tienopiridina più potente e con più rapida entrata in azione rispetto a clopidogrel. Tale raccomandazione si basa sui risultati dello studio TRITON-TIMI 38 nel quale prasugrel ha ridotto gli eventi coronarici rispetto a clopidogrel  in una popolazione di 12.600 pazienti ospedalizzati per un episodio compreso in tutto l’ ampio spettro delle sindromi coronariche acute, con presenza o assenza del sopraslivellamento del tratto ST all’ elettrocardiogramma. (5) I pazienti senza sopraslivellamento del tratto ST costituivano il 75% della popolazione; sulla scorta dei risultati del TRITON-TIMI 38 la somministrazione di prasugrel, con dosaggio di carico di 60 mg e di mantenimento di 10 mg, deve avvenire in precise condizioni : A) nei pazienti sottoposti ad angioplastica che non avevano un pregresso trattamento con clopidogrel nei quali si conosce l' anatomia coronarica; la terapia deve quindi iniziare in sala di Emodinamica B) devono essere esclusi i pazienti che presentano un rischio elevato di sanguinamento (in particolare quelli con pregresso ictus) C) nei pazienti sopra i 75 anni e in quelli di peso inferiore a 60 kg il dosaggio di mantenimento va ridotto a 5 mg die; queste precauzioni si basano sull' eccesso di sanguinamenti del farmaco rispetto a clopidogrel emersi nel TRITON-TIMI 38, non solo per quanto riguarda i sanguinamenti totali ma anche quelli maggiori secondo le principali classificazioni internazionali. Dalle numerose pubblicazioni delle analisi di una serie di endpoint predeterminati dello studio emerge il maggior beneficio del farmaco in particolare nei pazienti diabetici e nel prevenire la trombosi dello stent. Nei pazienti sottoposti a bypass aortocoronarico la somministrazione del farmaco va sospesa almeno 5 giorni prima dell’ intervento.

Ticagrelor

 Allo stesso livello di raccomandazione del prasugrel, l'aggiornamento delle Linee Guida consiglia la somministrazione di ticagrelor associato ad aspirina come prima linea del trattamento delle SCA (grado di raccomandazione I e livello di evidenza B). Ticagrelor, una tiazopirimidina con potente e rapida azione antipiastrinica ma in particolare con un legame reversibile per il recettore P2Y12, nella popolazione di più di 18.600 pazienti dello studio PLATO, ricoverati per SCA con e senza sopraslivellamento del tratto ST (62% senza ST sopraslivellato), il 30% dei quali era già stato trattato con clopidogrel prima dell’ arruolamento, ha ridotto rispetto a clopidogrel gli eventi coronarici a un anno del 16% (6). L’ effetto più evidente del farmaco, somministrato a 180 mg come dose di carico e a 90 mg due volte al giorno come dose di mantenimento, si è osservato nei confronti della mortalità cardiovascolare, ridotta del 21% rispetto a clopidogrel, effetto riscontrato per la prima volta in un trial che valuta l’ efficacia di un farmaco antipiastrinico. Non si è evidenziato un eccesso di sanguinamenti totali, se si considerano anche quelli correlati al bypass, ma un eccesso, rispetto a clopidogrel, dei sanguinamenti non correlati a chirurgia. Le analisi dei sottogruppi predeterminati hanno evidenziato il beneficio clinico di ticagrelor nei pazienti trattati con angioplastica, in quelli trattati con bypass ma anche in quelli trattati conservativamente, in quelli con insufficienza renale, in tutti i pazienti indifferentemente dall’ utilizzo concomitante di inibitori GpIIb/IIIa. Sono state oggetto di pubblicazioni separate l’ attenta analisi di due effetti collaterali emersi nel PLATO: A) le bradiaritmie, con un rischio relativo di 1.6 rispetto a clopidogrel di pause superiori a 3 secondi, soprattutto nella prima settimana, prevalentemente asintomatiche, senoatriali e notturne B) la dispnea, verificatasi in quasi il 15% dei pazienti, per lo più di grado lieve e moderato, non associata a prognosi severa o a eventi avversi. Anche ticagrelor va sospeso almeno 5 giorni prima dell’ intervento di bypass aortocoronarico.

Clopidogrel

Le Linee Guida ESC ribadiscono la raccomandazione a utilizzare, sia nei pazienti rivascolarizzati sia nei pazienti trattati con terapia medica, clopidogrel, un antagonista non reversibile del recettore piastrinico P2Y12 per l’ADP, in aggiunta ad aspirina, in un’ unica dose giornaliera, solamente se non sono disponibili i nuovi farmaci, prasugrel e ticagrelor. Gli studi che hanno fatto assumere a clopidogrel il ruolo chiave nella gestione delle sindromi coronariche acute sono stati il CURE, il PCI-CURE e il CREDO (7-9). La somministrazione di 600 mg come dose di carico è raccomandata in quanto sembra avere un beneficio in termini di rapporto tra efficacia ed effetti collaterali solo nei pazienti avviati alla rivascolarizzazione ma non nell’ intera popolazione con SCA: se si scegie il trattamento conservativo la dose di carico raccomandata è di 300 mg. Bisogna comunque tener conto somministrando clopidogrel del potenziale rischio di sanguinamento, che va considerato in un profilo costo/beneficio del farmaco comunque favorevole, ma che nello studio CURE è risultato superiore del 38% rispetto alla sola somministrazione di sola aspirina. Tale rischio è stato evidenziato soprattutto in pazienti sottoposti a bypass aortocoronarico nei quali la somministrazione del farmaco va sospesa almeno 7 giorni prima dell’ intervento. Risulta non univocamente raccomandato nelle nuove Linee Guida ESC l' incremento del dosaggio di clopidogrel, come emerge dai risultati dello studio Current-OASIS 7 (4), che ha determinato un eccesso di sanguinamento senza un chiaro beneficio nel ridurre gli eventi coronarici, dall' associazione di clopidogrel 600 mg di carico e 150 mg di mantenimento per 7 giorni nei pazienti avviati alla rivascolarizzazione e con un basso rischio emorragico. Non sono invece raccomandate le modificazioni del dosaggio in base ai risultati dei test di funzionalità piastrinica e di tipizzazione genetica. Rimane infine l' indicazione ad utilizzare clopidogrel nei pazienti con controindicazione ad aspirina.

La più rilevante novità delle Linee Guida 2011 SCA/NSTEMI riguarda probabilmente l’ inserimento di prasugrel e ticagrelor quale prima linea della terapia antitrombotica con grado di raccomandazione I e livello di evidenza B. Vi sono differenze nelle indicazioni tra prasugrel e ticagrelor che riguardano essenzialmente le caratteristiche del paziente e la necessità o meno di rivascolarizzarlo con angioplastica e stenting. Tuttavia i due farmaci non possono essere confrontati in quanto i due grandi trial di fase 3, il TRITON-TIMI 38 e il PLATO, nonostante abbiano un disegno per molti aspetti simile hanno arruolato popolazioni differenti. Rimane sempre valida l’ indicazione a utilizzare clopidogrel che, per via dell’ evidenza negli stessi trial di un beneficio clinico inferiore rispetto ai due nuovi farmaci, va utilizzato solo quando questi non sono disponibili.

 

  Antagonisti dei recettori piastrinici glicoproteici IIb/IIIa 

La sezione delle Linee Guida ESC 2011 sulla terapia farmacologica delle SCA/NSTEMI che riguarda questa classe di farmaci è tra le più controverse. Se infatti in quest’ ultimo aggiornamento vi sono raccomandazioni sacrosante (la scelta di uno di questi farmaci va fatta considerando il rapporto tra il rischio di eventi ischemici e quello di sanguinamento, raccomandazione di classe I evidenza A, e questi farmaci non vanno utilizzati nei pazienti trattati conservativamente, raccomandazione di classe III evidenza A) le indicazioni nell’ uso clinico più corrente possono essere discutibili. Innanzitutto viene raccomandato di non utilizzare questi farmaci routinariamente prima del cateterismo e dell’ eventuale angioplastica (raccomandazione di classe III evidenza A); viene invece conservata la raccomandazione di utilizzare un inibitore delle glicoproteine IIb/IIIa (raccomandazione di classe I evidenza B) in caso di angioplastica a rischio elevato (presenza di trombo all’ angiografia, elevazione della troponina) anche nel paziente già trattato con doppia antiaggregazione orale se il rischio emorragico è basso : innanzitutto la maggior parte della angioplastiche secondo questi criteri possono essere considerate a rischio elevato, considerata la frequenza di troponina elevata, inoltre conosciamo bene la difficoltà di individuare un basso rischio di sanguinamento e sappiamo anche che il rischio emorragico è parallelo a quello ischemico; di conseguenza, anche se viene riaffermato che questi farmaci vanno utilizzati sostanzialmente dopo aver effettuato l’ angiografia coronarica (specie in presenza di un trombo visibile), sembra difficile individuare un paziente che si giovi di doppia antiaggregazione orale, anticoagulante per via ev (vedi successivo paragrafo) e in aggiunta inibitore delle GpIIb/IIIa.

Un aspetto dibattuto di queste Linee Guida è l’ indicazione tutto sommato non dirimente al cosidetto trattamento upstream (raccomandazione di classe II evidenza C), ovvero l’inizo della somministrazione ev di questi farmaci prima della coronarografia; nelle Linee Guida viene precisato che l’ indicazione è IIa se il paziente è ad alto rischio e non è stato pretrattato con aspirina e inibitore dei recettori P2Y12, IIb se ha già assunto questi farmaci per os; questa indicazione è basata sui risultati dello studio EARLY-ACS che ha evidenziato in 9492 pazienti con SCA/NSTEMI avviati a coronarografia che il pretrattamento nelle 12 ore precedenti l’ angiografia con eptifibatide ev non ha determinato una riduzione degli endpoint dello studio in confronto alla somministrazione tradizionale iniziata in sala di cateterismo (10). L’endpoint primario era determinato a 96 ore e il classico endpoint di morte, (re)infarto a 30 giorni era in questo caso secondario. Lo studio è stato oggetto di critiche sotto il profilo metodologico, tuttavia sembra aver messo fine all’ ipotesi di estendere all’ interno della vasta popolazione dei pazienti con SCA/NSTEMI avviata alla rivascolarizzazione il pretrattamento con inibitori delle GpIIb/IIIa, che comunque in questo caso va effettuata con piccole molecole (eptifibatide o tirofiban). Ricordiamo che evidenze più solide che indirizzano verso l’ utilizzo di questa classe di farmaci provengono dagli studi condotti su pazienti con sindromi coronariche acute sottoposti ad angioplastica. In questa condizione il farmaco con più ampie dimostrazioni è l’ abciximab (11-15). La somministrazione di eptifibatide comprende un bolo di 180 microg/kg ripetuto a distanza di 10 minuti seguito da infusione di 2.0 microg/kg/min che va proseguita per 18 ore, per il tirofiban è consigliato iniziare con 0.4 microg/kg/min per 30 minuti seguiti da 0.1 microg/kg/min. La durata massima della terapia con aggrastat può arrivare a 108 ore. Le Linee Guida precisano anche l’ utilizzo di questi farmaci nei pazienti che devono essere sottoposti a bypass aortocoronarico: le piccole molecole permettono di effettuare l’ intervento chirurgico anche a breve distanza di tempo dalla loro sospensione, in caso di abciximab il bypass è raccomandato dopo 24-48 ore dopo la sospensione, a meno di non trasfondere piastrine fresche.

Nel paragrafo successivo vengono discusse le varie possibilità di associazione farmacologica di questi farmaci con gli anticoagulanti; si anticipa che l’ associazione raccomandata in caso di utilizzo degli inibitori GpIIb/IIIa è con l’eparina non frazionata.

 

Anticoagulanti

Le Linee Guida ESC ribadiscono (raccomandazione di classe I evidenza A) che un anticoagulante va sempre associato agli antipiastrinici e che la scelta del farmaco va bilanciato in base al rapporto costo/efficacia e al profilo di rischio ischemico ed emorragico del paziente. Le Linee Guida sembrano offrire una precisa scala di raccomandazioni: somministrare fondaparinux (IA), se non è  non disponibile somministrare enoxaparina, se non disponibile somministrare eparina non frazionata. La bivalirudina sembra riservata a un atteggiamento “simil GpIIb/IIIa”, ovvero ai pazienti avviati a procedura di rivascolarizzazione, in questo caso se presentano un elevato rischio di sanguinamento.

Le Linee Guida raccomandano di mantenere un anticoagulante fino alla fine dell’ eventuale procedura di rivascolarizzazione o fino alla dimissione in caso di trattamento conservativo.

Fondaparinux sc 2.5 mg al dì (raccomandazione di classe I evidenza A)  sembra preferito sulla scorta dei risultati del Michelangelo/OASIS-5 (16). Viene precisato che se il paziente è candidato a coronarografia va aggiunto un bolo di eparina non frazionata di 85 mg/kg (60 mg se viene utilizzato anche un inibitore delle GpIIb/IIIa) sulla scorta dei risultati del FUTURA/OASIS-8 (17). In effetti i risultati dell’ OASIS-5 sono solidi, tuttavia il limite di una maggior incidenza di trombosi di stent emersa nello stesso studio è solo parzialmente adeguatamente controbilanciata dal bolo di eparina. Il farmaco è controindicato in caso di insufficienza renale severa (creatinina clearance <20 ml/min).

Enoxaparina (raccomandazione di classe I evidenza B) è stata ampiamente valutata in trial condotti in pazienti con SCA/NSTEMI; tuttavia il suo profilo di sicurezza, in relazione al rischio di sanguinamenti, sembra meno favorevole rispetto a fondaparinux; il farmaco è meno maneggevole (raccomandata la somministrazione di 1 mg/kg sc due volte al dì) e nel paziente avviato a rivascolarizzazione andrebbe, secondo le evidenze della letteratura, preceduto da un bolo ev, pratica non approvata in Italia. Uno dei problemi gestionali è costituito dalla chiara raccomandazione di non effettuare il cambio di anticoagulante una volta iniziata la somministrazione di enoxaparina, in caso di decisione di avviare il paziente a coronarografia (raccomandazione di classe III evidenza B): questa pratica ha comportato una elevata incidenza di sanguinamenti (18); pertanto un paziente rischia di effettuare una procedura invasiva con enoxaparina, non consigliata in questa circostanza anche perchè il raggiungimento di un’ adeguata efficacia antitrombotica, particolarmente necessaria durante rivascolarizzazione, è di fatto impossibile da monitorare. In caso di insufficienza renale (creatinina clearance <30 ml/min) si raccomanda di diminuire il dosaggio a 1 mg/kg/die in singola somministrazione.

Eparina non frazionata (raccomandazione di classe I evidenza C) costituisce lo storico caposaldo di ogni terapia antitrombotica/anticoagulante del paziente avviato a procedura interventistica; i dati della letteratura sono relativi riguardo alla sua efficacia in quanto essa è risultata inferiore, quando confrontata, a quella di enoxaparina; tuttavia il farmaco, suggerito nel suo utilizzo a un dosaggio che permette di raggiungere un target di aPTT di 50-70 secondi, è ideale in associazione a un inibitore GpIIb/IIIa.

Le evidenze del beneficio della somministrazione della bivalirudina provengono dallo studio ACUITY e sono confinate al paziente con SCA/NSTEMI rivascolarizzato con angioplastica (raccomandazione di classe I evidenza B) (18). Le Linee Guida raccomandano di utilizzare bivalirudina associandolo a un inibitore delle GpIIb/IIIa al bisogno, durante angioplastica, in quanto emergevano dallo studio ACUITY i limiti della potenza antitrombotica di bivalirudina, che comunque comporta un basso rischio di sanguinamento. In caso di insufficienza renale il dosaggio va ridotto è associata a un preciso nomogramma. Successivamente alla pubblicazione delle Linee Guida ESC l’ effetto benefico della bivalirudina nei pazienti con SCA/NSTEMI sottoposti ad angiopasltica è stato confermato nei 1720 pazienti dello studio ISAR-REACT 4, che ha dimostrato l’ equivalenza del farmaco nei confronti dell’ associazione eparina non frazionata/abciximab nel ridurre a 30 giorni gli eventi coronarici ma la sua superiorità nel contenere i sanguinamenti (19).

Le Linee Guida ESC 2011 raccomandano l’ utilizzo di un anticoagulante, insieme ad un antipiastrinico, nel paziente ricoverato per SCA/NSTEMI. Al di là del livello di evidenza proposto, fondaparinux ed enoxaparina appaiono più indicati in caso di strategia conservativa, eparina non frazionata e bivalirudina in previsione di strategia invasiva. Una delle raccomandazioni più importanti è quella di non sostituire enoxaparina con eparina non frazionata e viceversa.

 

L’ aggiornamento del 2011 delle Linee Guida ESC sulla gestione del paziente con SCA/NSTEMI ha il notevole pregio di suggerire l’ inquadramento di ogni scelta farmacologica nel singolo paziente in base alla valutazione del rapporto rischio/beneficio della terapia in questione; si tratta di un esercizio complicato che le Linee Guida si sforzano di facilitare raccomandando l’ utilizzo costante di strumenti di valutazione del rischio coronarico (GRACE risk score) e di rischio di sanguinamento (CRUSADE bleeding risk score). In aggiunta sono stati introdotti paragrafi specifici per precise, particolari condizioni (anziani, sesso femminile, diabetici, pazienti con insufficienza renale, disfunzione ventricolare sinistra, obesi, con anemia, con sanguinamenti, sottoposti a trasfusioni, con trombocitopenia) che sono molto utili nell’ aiutare a ricercare sempre di più la miglior terapia personalizzata.

 

Bibliografia

 

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