QUANDO E PERCHE’ RICOVERARE IL PAZIENTE IN UTIC.

 

Amelia Ravera

U.O. UTIC   A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona Salerno

 

Le unità di terapia intensiva coronarica (UTIC) sono sorte negli anni sessanta per garantire la gestione ottimale delle complicanze aritmiche dell’infarto miocardico acuto. Gli enormi progressi effettuati nell’ultimo ventennio nella gestione dell’infarto (riperfusione farmacologica e meccanica) hanno determinato una significativa riduzione della mortalità, con un conseguente aumento della morbidità. Tale fenomeno insieme all’innalzamento progressivo dell’età media, all’errato stile di vita imperante (fumo, alimentazione, sedentarietà), alle malattie metaboliche e alle altre comorbidità sempre più diffuse, ha reso il panorama dei pazienti che afferiscono alle UTIC estremamente vario e spesso molto complesso.

Per questa ragione l’acronimo UTIC nel corso degli anni ha modificato in parte il suo significato, passando da unità di terapia intensiva coronarica a unità di terapia intensiva cardiologica. Analogamente, il cardiologo che lavora nelle UTIC ha avuto la necessità di acquisire competenze molto specifiche, non solo nella gestione farmacologica dei pazienti, ma anche nell’utilizzo di una serie di dispositivi (contropulsatore aortico, ultrafiltrazione, elettrostimolazione provvisoria, ventilazione invasiva e non, monitoraggio invasivo arterioso e venoso etc.) e infine nella gestione delle eventuali complicanze delle procedure invasive (emorragie, ischemie, danni meccanici etc.). Si delinea così la figura del cardiologo intensivista, le cui competenze cliniche sono state molto ben definite sia dalla società europea di cardiologia che dall’ANMCO, tant’è che quest’ultima da alcuni anni organizza dei corsi teorico-pratici per la clinical competence in UTIC.

Stante la sempre maggiore richiesta di ricovero in UTIC cui fa da contraltare la cronica mancanza di posti letto disponibili, è stato necessario individuare una scala di priorità di accesso alle cure cardiologiche intensive:

 

 

*      Indicazioni di livello A: ricovero immediato obbligatorio

*      Indicazioni di livello B: ricovero indicato, immediato se vi è disponibilità di posto letto.

*      Indicazioni di livello C: ricovero non indicato, ma possibile in caso di disponibilità di posto letto, in assenza di alternative

 

Indicazioni di livello A

 

*      STEMI con esordio sintomi < 12 ore

*      NSTEMI con esordio sintomi < 48 ore

*      Scompenso cardiaco grave – Shock

*      Aritmia ipercinetica ventricolare (TV – FV)

*      Embolia polmonare massiva con shock

*      Tamponamento cardiaco

 

♥ Sincopi da bradiaritmia

 

Indicazioni di livello B

 

*      A.I. ad alto rischio con esordio sintomi < 48 ore

*      A.I. con ischemia ricorrente

*      Complicanze post – PCI

*      Infarto subacuto (esordio sintomi > 48 ore) complicato da angina precoce o scompenso

*      Embolia polmonare con disfunzione ventricolare destra, ma senza compromissione emodinamica

*      Dissezione aortica senza indicazione a trattamento chirurgico immediato

 

 

Indicazioni di livello C

 

*      Pz non cardiologici che necessitano di   cure intensive

 

*      Pz con sospetta SCA

 

                                                           Chi non ricoverare?

 

Pazienti terminali (desistenza terapeutica)

 

Se diamo per acquisite le indicazioni schematizzate innanzi e la relativa tempistica di ricovero, argomenti su quali credo non ci siano ulteriori margini di discussione, resta aperto il problema delle diverse tipologie di UTIC:

 

I livello: UTIC senza emodinamica

 

II livello: UTIC con emodinamica non h 24

 

III livello: UTIC con emodinamica h 24

 

      IV livello: UTIC con emodinamica h24 e cardiochirurgia

 

e quindi di come distribuire i pazienti in modo da garantire loro gli stessi standard assistenziali.

 

L’ultimo censimento delle strutture cardiologiche italiane mostra ancora una volta come le UTIC siano variamente distribuite sul territorio nazionale e che non vi sia una omogenea distribuzione delle UTIC con emodinamica e di quelle con emodinamica e cardiochirurgia. Perciò da anni ormai si discute della cosiddetta ‘’rete cardiologica per l’emergenza’’ che, ispirandosi al modello Hub e Spoke (mozzo e raggi di una ruota), sottende un’idea dinamica dell’assistenza basata sulla complessità delle prestazioni, per cui in base alla gravità del quadro clinico il paziente viene trasferito da unità più semplici (Spoke) a unità più complesse (Hub), salvo poi tornare all’unità di riferimento qualora le condizioni lo consentano.

Nell’attesa che questa rete venga attuata, sarebbe buon auspicio individuare in maniera condivisa il paziente che deve raggiungere in tempi brevi l’UTIC Hub, rispetto a quello che può essere gestito in maniera ottimale in un centro Spoke, così da dare pari dignità a tutte le strutture, cercando di preservare la salute dei cittadini.

A tale scopo l’ANMCO Campania, analogamente all’associazione nazionale, ha creato l’area di studio di emergenza-urgenza, avente tra gli altri anche lo scopo di mettere a confronto le professionalità operanti nelle differenti UTIC, stanare le relative difficoltà gestionali e individuare infine gli ambiti di competenza delle varie tipologie di UTIC.

Infatti se le UTIC Hub si delineano sempre più come le strutture destinate alla gestione del paziente con infarto miocardico acuto, le UTIC Spoke dovrebbero diventare il riferimento per la gestione delle emergenze cardiologiche che non richiedano rivascolarizzazione immediata.

Resta poi l’ampia fetta dei pazienti con scompenso cardiaco, dei pazienti con bradi e tachiaritmie etc, che in linea teorica non richiedono affatto il ricovero presso l’UTIC Hub, intesa come l’UTIC dotata di emodinamica, ma necessitano di una terapia intensiva che sia fornita di tutti i dispositivi (CVVH, IABP, NIV, ESP…) che oggi la cardiologia ha a disposizione, e che troppo spesso coincide con l’UTIC Hub.