linee guida  ed Esercizio fisico   nello scompenso:

è tutto chiaro?

 

Salvatore  Pirelli

Cardiologia Cremona

 

Premessa

La insufficienza cardiaca, nonostante i progressi della terapia farmacologica e interventistica rimane una “sfida” per il sistema sanitario dei paesi più avanzati per il grande numero di soggetti coinvolti, per la alta mortalità e i costi sempre crescenti.

La criticità della gestione assistenziale è secondaria

-              alla sua grande dimensione epidemiologica, legata all’invecchiamento della popolazione e alla miglior cura delle sindromi coronariche acute,

-              alla sua evoluzione clinica, che presenta larghi margini di imprevedibilità,

-              alla scarsa efficacia risolutoria della terapia che, quando efficace, è in grado solamente di rallentare la progressione della malattia,

-              alla dispersione dei riferimenti sanitari, cardiologi – internisti,

-              alla età avanzata e alle frequenti comorbilità che necessiterebbero un approccio realmente multidisciplinare ancora francamente poco praticato.

Nel corso degli ultimi anni abbiamo registrato in questo ambito una significativa riduzione di mortalità grazie all’impiego sempre più estensivo di Aceinibitori, Betabloccanti, procedure di Resincronizzazione cardiaca, Defibrillatori impiantabili, tuttavia la mortalità ad un anno, la frequenza di reospedalizzazione che naturalmente condiziona una cattiva qualità della vita rimangono inaccettabilmente elevate. Secondo il registro ANMCO IN HF la mortalità ospedaliera è intorno al 6%, la mortalità ad un anno del 25% la frequenza di reospedalizzazione intorno al 30%.

Le Linee Guida ESC e e ACC/AHA

In considerazione del fatto che la inattività fisica è frequente nei pazienti con insufficienza cardaica sintomatica, sin dal 2008 le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia raccomandano formalmente in questi soggetti una attività fisica regolare e programmi strutturati di riabilitazione cardiologica. Questa raccomandazione è basata sul fatto che il training fisico migliora la capacità funzionale e la qualità della vita, non condiziona significativamente il rimodellamento ventricolare e può ridurre la mortalità e la frequenza di reospedalizzazione. Più analiticamente è ormai documentato che nei pazienti con insufficienza cardiaca in fase di stabilità clinica, l’esercizio fisico è in grado di aumentare il picco di VO2, di migliorare la utilizzazione periferica dell’ossigeno, di attenuare i sintomi, di ridurre il tono simpatico,  l’attivazione neurormonale e  i livelli delle citochine circolanti e ancora di migliorare la funzione endoteliale. Le linee guida ESC 2012 pongono formalmente in classe I livello di evidenza A, la raccomandazione di incoraggiare una attività fisica aerobica per migliorare la capacità funzionale e i sintomi;  e l’arruolamento dei pazienti con insufficienza cardiaca in programmi di trattamento multidisciplinare finalizzati a ridurre le reospedalizzazioni. Anche le linee guida dell’ACC/AHA pongono l’esercizio fisico in classe I  livello di evidenza A sullo stesso piano di diuretici, aceinibitori, betabloccanti, antagonisti dell’aldosterore, ICD e Resincronizzazione cardiaca.

Lo studio HF- ACTION

Recentemente lo studio HF-ACTION ha valutato gli effetti del training fisico in oltre 2000 soggetti con insufficienza cardiaca in fase di stabilità, 63% in classe NYHA II e 35% in classe III e con FE < = 35%, ed età media di 59 anni. Il followup di 30 mesi ha evidenziato una riduzione dell’11% dell’end point primario  composito di mortalità per tutte le cause e di  reospedalizzazioni e del 15% dell’end point secondario  composito di morte cardiovascolare e reospedalizzazioni per scompenso . Non si è registrato peraltro nessuna riduzione di mortalità.

Lo studio evidenzia un effetto benefico del training fisico anche se i soggetti arruolati nel trial sono relativamente giovani, non tutti i pazienti hanno eseguito il test da sforzo a 3 e 12 mesi e pertanto le variazioni di consumo massimo di O2 devono essere interpretate con cautela.

La capacità di ridurre del 13% la mortalità cardiovascolare e la ospedalizzazione per scompenso è di particolare rilevo se si considera che il 95% dei pazienti senza controindicazioni assumeva betabloccanti e Aceinibitori e il 45% erano trattati con ICD o PM biventricolare. E’ da rilevare inoltre che la grandezza dell’ effetto del training su mortalità cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso era simile a quello osservato con Candesartan nello studio CHARM o Valsartan nel trial Valsartan Heart failure.

Training fisico

La implementazione di un programma di training fisico richiede una accurata selezione dei pazienti, la identificazione di un protocollo specifico, la scelta del trattamento in regime degenziale o ambulatoriale.

Selezione dei pazienti: il training fisico è indicato nei pazienti con insufficienza cardiaca in fase di stabilità e in I—III classe NYHA. Una valutazione accurata delle controindicazioni all’esercizio deve prevedere un riesame attento della storia clinica  , una visita medica completa, un ecg a riposo, un test da sforzo ed un ecocardiogramma.

Selezione di un protocollo di training

La identificazione di un appropriato e adeguato livello di esercizio è fondamentale per ottenere i benefici attesi, mantenendo un accettabile livello di rischio. Le variabili da considerare sono in primo luogo le caratteristiche del paziente (età, comorbilità, abitudini, preferenze, logistica), quindi intensità (aerobica e anaerobica),  tipo (endurance,resistenza, strenght), metodo (continuo o intermittente), applicazione (sistemica, regionale, dei muscoli respiratori, controllo (supervisionato o non supervisionato), setting (ambulatoriale o degenziale). Sono inoltre da definire il numero e la durata delle singole sessioni (settimanale, mensili).

Le raccomandazioni standard includono una attività aerobia per almeno 30 minuti 5 o più giorni alla settimana, con una frequenza pari al 70 % - 80% del valore di Frequenza Cardiaca raggiunto ad un test da sforzo symptom – limited precedente.

Il continous endurance training è tipicamente eseguito ad intensità medio-alta in condizioni di steady state che consente al paziente di portare a termine sessioni di 45-60 minuti. Nei pazienti più decondizionati è raccomandato di di iniziare con sessioni di 5-10 minuti a bassa intensità 2 volte alla settimana; se ben tollerate si prolunga la durata delle sessioni fino a 20-60 min per 3-5 giorni alla settimana.

Recentemente, è stato ipotizzato che “ interval training “ possa essere più efficace nel migliorare la capacità di esercizio. In questo caso, il paziente è chiamato a alternare brevi periodi di  attività medio-alta, con una fase di  recupero più prolungato. Ogni sessione include 4 minuti di attività ad alta intensità, 3 minuti di recupero a bassa intensità e 5-10 minuti di riscaldamento e di recupero. I programmi ad alta intensità sono eseguiti al teradmill, quelli a bassa intensità al cicloergometro

Il Respiratory training si è dimostrato in alcuni trial recenti i grado di indurre  un miglioramento significativo della capacità di esercizio, soprattutto in presenza di problematiche a livello dei muscoli inspiratori.

Training fisico in regime di ricovero o ambulatoriale.

 Tradizionalmente i programmi di training fisico in pazienti con insuffienza cardiaca  sono “controllati” e preferibilmente eseguiti in regime di ricovero  dal momento che si sono dimostrati sicuri ed efficaci ed offrono condizioni di cura ottimali. D’altra parte essendo le risorse necessarie in continua riduzione e dal momento che l’obiettivo principale non è il risultato a breve termine ma il mantenimento nel tempo, un approccio adeguato deve prevedere una strategia che sia in grado di motivare il paziente a proseguire a casa per un tempo indefinito una attività fisica regolare.

Barriere all’implementazione

Nonostante le evidenze accumulate, la raccomandazione di impiegare il training fisico come parte integrante del trattamento della insufficienza cardiaca è ben lungi dall’essere implementata in modo adeguato. In una survey recente che ha coinvolto 673 ospedali in 43 paesi d’Europa è emerso che solo nel 63% dei casi è attivo un programma strutturato di riabilitazione cardiologica nel trattamento di questi malati,   solo nel 42% di questi è previsto una componente di esercizio fisico e inoltre meno del 20% dei pazienti sono avviati ad un programma di riabilitazione. Da dati rilevati nel nostro paese a cura del GICR,  emerge che poco più del 10% dei pazienti che afferiscono a programmi di riabilitazione cardiologica strutturata sono soggetti con insufficienza cardiaca

L’ aderenza alle linee guida è un predittore di outcome anche  nei pazienti con insufficienza cardiaca: tuttavia è ampiamente documentato che siamo ancora lontani  dall’optimum sia nei confronti della prescrizione della terapia farmacologica raccomandata che anche verso il trattamento non farmacologico e  in primis dell’esercizio fisico.

Le motivazioni che riducono in maniera significativa le raccomandazioni di implementare e soprattutto proseguire i programmi di training fisico sono molteplici e complessi e vanno dall’età avanzata, al basso livello socioeconomico, al genere femminile, alla severità dei sintomi, al livello di disabilità, alla presenza e alla rilevanza delle comorbilità che includono i problemi cognitivi e la depressione alla  mancanza di motivazione, ma anche agli aspetti economici, alla ridotta disponibilità dell’offerta, alla difficoltà dei trasporti e dei rimborsi.  

 

 

Conclusioni

L’esercizio fisico è una componente fondamentale della terapia dei pazienti con insufficienza cardiaca, che rimane tuttavia poco utilizzata e anche quando i pazienti sono arruolati in programmi strutturati di riabilitazione mostrano in genere una scarsa aderenza soprattutto a lungo termine. Le ragioni della non aderenza sono molteplici ed è pertanto  necessario cercare di identificarle per cercare di correggerle disegnando strategie adeguate, considerando che è ormai ampiamente documentato che l’esercizio fisico è un presidio prezioso, efficace oltre che poco costoso.

 

Note bibliografiche

 

1)Downing j, Balady GJ The role of exercise training in heart failure. JACC 2011,58,561-569

 

2)ESC Guidelines for diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure EHJ 2012, 33 1787 -1847 

 

3) Conraads VM, Deaton C, Piotrowicz E et all Adherence of heart failure patients to exercise: barriersand possible solutions Euro J Heart Failure 2012 451-458

 

4) O Connor CM, Whellan DJ, Lee KL et all Efficacy and safety of exercise training in patients with chronic heart failure HF - Action Randomized Controlled Trial JAMA 2009,301;1439-1450 

 

5)Piepoli MF, Conraads V, Corra U Exercise training in heart failure:from theory to practice  Euro J Heart Failure 2011, 13,347 - 357