TERAPIA MEDICA DELLO SCOMPENSO CARDIACO CRONICO E LINEE GUIDA: E’ TUTTO CHIARO ?
Angela Beatrice Scardovi
UOC Cardiologia Ospedale S. Spirito - Roma
Il trattamento dello scompenso cardiaco cronico è finalizzato a migliorare il quadro sintomatico, è indirizzato a prevenire la progressione della disfunzione cardiaca, a ritardare la comparsa dei sintomi e a ridurre la mortalità. Gli obiettivi terapeutici consistono nel contrastare il rimodellamento
cardiaco, l'attivazione neuroendocrina e delle citochine, la ritenzione dei fluidi e la disfunzione renale. Poichè l'insufficienza cardiaca è una sindrome complessa, l'approccio terapeutico può richiedere diverse strategie finalizzate a differenti obiettivi.
Trattandosi di un processo lento, l'effetto di terapie preventive può manifestarsi solo dopo un certo periodo di tempo, contrariamente agli effetti spesso più rapidi dei trattamenti sintomatici.
L'importanza relativa degli obiettivi terapeutici può variare tra individui, dovrebbe tenere conto delle preferenze del paziente ben informato sulla malattia e sulle opzioni terapeutiche, può variare nel tempo e può richiedere aggiustamenti in base al variare delle condizioni cliniche.
Per una migliore stratificazione dei pazienti è utile distinguere la malattia in quattro stadi a cui corrispondono strategie terapeutiche diverse :
Stadio A: pazienti ad alto rischio di andare incontro a insufficienza
cardiaca
Stadio B: pazienti asintomatici con disfunzione ventricolare
sinistra
Stadio C: pazienti con disfunzione ventricolare sinistra con
sintomi pregressi o in atto
Stadio D: pazienti con insufficienza cardiaca refrattaria allo
stadio terminale.
Ci si soffermera’ sui provvedimenti terapeutici utili nei primi tre stadi ( da A a C ) con particolare attenzione allo scompenso cardiaco secondario a disfunzione sistolica del ventricolo sinistro.
RACCOMANDAZIONI PER PAZIENTI IN STADIO A
1) Controllo dell'ipertensione arteriosa in accordo con le linee
guida internazionali. Elevati livelli di pressione arteriosa sia sistolica che diastolica rappresentano un fattore di rischio maggiore per lo sviluppo dell'insufficienza cardiaca. Alcuni trial randomizzati indicano che il precoce intervento con ACE-inibitori , con antagonisti recettoriali dell'angiotensina , con calcioantagonisti riduce significativamente l'incidenza di scompenso in popolazioni ad alto rischio quali quelle con cardiopatia ischemica, diabete mellito isolato o associato a nefropatia, e ipertensione. Fermo restando che tutti i farmaci in grado di ridurre la pressione arteriosa sono in grado di ridurre anche l’entita’ dell’ipertrofia ventricolare sinistra bisogna tener conto che i beta – bloccanti , come conseguenza del loro effetto bradicardizzante , aumentano il tempo di riempimento del ventricolo sinistro e quindi hanno un effetto piu’ lento nel ridurre l’ipertrofia.
2) Il trattamento delle dislipidemie in accordo con le linee guida internazionali ha dimostrato la capacità di ridurre la probabilità di morte e insufficienza cardiaca in pazienti con storia del infarto miocardico.
3 ) Nei pazienti con diabete mellito (che sono tutti a rischio di sviluppare scompenso cardiaco ) il controllo glicemico dovrebbe avvenire in accordo con le più recenti linee guida.
4 ) Evitare comportamenti che possono aumentare il rischio di scompenso cardiaco. La prevenzione dell'insufficienza cardiaca costituisce un obiettivo primario. Molte potenziali cause di danno cardiaco possono essere prevenute o trattate e l'estensione del danno può essere ridotta, con la possibilità di contenere l'incidenza dello scompenso e il suo impatto sulla salute pubblica. In questa ottica sono auspicabili correzioni di stili di vita inadeguati, quali la sedentarietà, l'abuso di alcool, il fumo e uno scorretto comportamento alimentare.
5 ) Controllo della frequenza ventricolare in pazienti con tachiaritmia sopraventricolare. Poichè una tachicardia prolungata può di per sè condurre ad una cardiomiopatia anche in soggetti altrimenti sani, ogni accorgimento deve essere messo in atto per eliminare o controllare la frequenza
di risposta ventricolare nei pazienti con tachiaritmia sopraventricolare.
6 ) I disordini tiroidei possono essere causa di danno cardiaco e devono essere trattati tempestivamente ed efficacemente
7 ) Valutazione periodica per sintomi e segni di scompenso cardiaco in pazienti ad alto rischio.
8 ) Prevenzione secondaria secondo le linee guida correnti in pazienti con alto rischio di sviluppare scompenso cardiaco e che hanno avuto eventi riferibili a vasculopatia aterosclerotica
9 ) Valutazione non invasiva in pazienti con storia familiare di cardiomiopatia o in coloro che hanno ricevuto interventi cardiotossici.
Non è indicata una valutazione non invasiva periodica della funzione ventricolare sinistra in pazienti a rischio; è ragionevole eseguire una valutazione ecocardiografica in pazienti selezionati come quelli con pesante storia familiare di cardiomiopatia o che sono stati trattati con farmaci cardiotossici.
RACCOMANDAZIONI PER PAZIENTI IN STADIO B
1 ) Tutte le raccomandazioni per lo Stadio A dovrebbero essere applicate a pazienti con anormalità strutturali cardiache che non hanno sviluppato scompenso cardiaco
2.) Uso dei Beta-bloccanti e degli ACE-inibitori in pazienti con recente o pregresso infarto miocardio indipendentemente dalla frazione di eiezione per ritardare la progressione dello scompenso nei pazienti con storia di infarto con e senza disfunzione ventricolare sinistra in quanto la terapia combinata ha dimostrato di ritardare la progressione dello scompenso oltre a ridurre la mortalità .
3 ) Uso dei beta-bloccanti in pazienti con ridotta frazione di eiezione indipendentemente dall'aver avuto un infarto miocardio.
4. ) Uso degli ACE-inibitori in pazienti con ridotta funzione sistolica ventricolare sinistra indipendentemente dall'aver avuto un infarto miocardico in quanto hanno dimostrato di rallentare l'inizio dei sintomi e ridurre il rischio combinato mortalità e ospedalizzazione in pazienti asintomatici con disfunzione ventricolare sinistra a prescindere dall'eziologia ischemica o primitiva della cardiopatia.
5 ) Uso di un bloccante dei recettori per l'angiotensina II ( ARB ) in pazienti che sono intolleranti agli ACE-inibitori ed hanno una ridotta contrattilita’ del ventricolo sinistro.
6 ) Trattamento dei pazienti dopo infarto miocardico acuto asintomatici per scompenso secondo le linee guida correnti.
RACCOMANDAZIONI PER IL TRATTAMENTO DEI PAZIENTI IN STADIO C.
L'approccio terapeutico dell'insufficienza cardiaca cronica dovuta a disfunzione cardiaca sistolica prevede la terapia farmacologica, una serie di raccomandazioni generali ed altre misure non farmacologiche quali i dispositivi meccanici e la chirurgia. É molto importante una reale ottimizzazione della terapia medica ed aspettare un congruo periodo (circa 6 mesi considerando i tempi di up-titration degli ACE-inibitori e dei beta-bloccanti) prima d’ impiantare una terapia di resincronizzazione ventricolare e/o un defibrillatore , in modo da valutare un eventuale incremento della frazione di eiezione del ventricolo sinistro che potrebbe far rivedere la necessità dell'impianto stesso.
In generale le dosi dei farmaci che migliorano i sintomi e la tolleranza all'esercizio possono essere aggiustate in base alla risposta del paziente, ma i farmaci che aumentano la sopravvivenza o riducono le ospedalizzazioni dovrebbero esser prescritti alle dosi dimostrate efficaci nei trial, o se ciò non è possibile, almeno alla massima dose tollerata.
I farmaci utilizzati in questo stadio della malattia sono essenzialmente appartenti a due categorie : quelli utili nel controllo dei sintomi ( diuretici e vasodilatatori ) e quelli che hanno dimostrato di rallentare la progressione della malattia e di migliorare la sopravvivenza riducendo anche il numero dei ricoveri ospedalieri ( inibitori del sistema renina- angiotensina- aldosterone, beta- bloccanti ). Un ruolo a se’ ricoprono digitale e ivabradina, farmaco che si e’ affacciato di recente sullo scenario della terapia medica dello scompenso e nelle ultime linee guida.
I diuretici vengono usati per il controllo dei sintomi causati dalla ritenzione di liquidi. Il farmaco di prima scelta è in genere un diuretico dell'ansa ( per esempio furosemide ) o un tiazidico . La somministrazione dei farmaci per via
endovenosa ed in particolare l'infusione continua spesso supera la resistenza ai diuretici. I tiazidici sono meno efficaci, in particolare se la velocità di filtrazione glomerulare scende al di sotto di 30 ml/min, una situazione questa che si incontra comunemente nei pazienti anziani con insufficienza cardiaca. Nell'insufficienza cardiaca grave, i tiazidici svolgono un'azione sinergica con i diuretici dell'ansa e possono essere usati in combinazione. Il diuretico deve essere utilizzato alla dose minima efficace per il controllo dei sintomi e della congestione in quanto ha molti effetti collaterali e tende ad aumentare la mortalita’. Quando è necessario un diuretico risparmiatore di potassio, che deve essere usato anche quando un paziente presenta sintomi da moderati a gravi (scompenso cardiaco di classe NYHA II-IV), ci si orienta sugli antialdosteronici che hanno un importante effetto di riduzione della fibrosi, contrastano il rimodellamento cardiaco e migliorano la prognosi.
Il metolazone è un potente diuretico, talvolta utilizzato in associazione con diuretici dell'ansa, che può essere utile nel trattamento acuto del deterioramento dello stato di compenso; tuttavia dovrebbe essere usato con cautela nella terapia di mantenimento a lungo termine. Il sovradosaggio dei diuretici può provocare ipovolemia, ipotensione , alcalosi ipocloremica e compromissione renale.Se possibile, i diuretici dovrebbero essere sempre somministrati in associazione con gli ACE-inibitori. Poiche’ non esistono linee guida "universali" per il loro uso la terapia deve essere personalizzata in base alla risposta del paziente. Il controllo giornaliero del peso corporeo è un'utile guida per il dosaggio . L'educazione del paziente riguardo il riconoscimento dei sintomi di sovraccarico, il controllo del peso corporeo e la modifica dell'apporto di sale e fluidi ha un ruolo di enorme importanza. La possibilità di contattare, al bisogno, un'infermiere o un medico specializzati in scompenso cardiaco per una consulenza telefonica o una visita contribuisce ad ottimizzare la terapia. La chimica ematica dovrebbe essere controllata settimanalmente durante la fase di modifica dei dosaggi.
Nelle ultime linee guida viene ribadito il messaggio di utilizzare i diuretici alla dose minima efficace per mantenere una condizione di euvolemia.
I nitrati possono essere indicati nello scompenso cardiaco di classe III-IV, in aggiunta alla terapia vasodilatatrice, per il miglioramento dei sintomi ma soprattutto se coesiste angina. L'associazione di idralazina e nitrati è un'alternativa agli ACE-inibitori o agli ARB, quando l'impiego di questi ultimi è precluso.
Gli ACE-inibitori sono indicati in tutti gli stadi dello scompenso cardiaco e della disfunzione ventricolare asintomatica , a prescindere dall’eziologia, migliorando i sintomi, la tolleranza allo sforzo e la qualita’ della vita . Dove possibile, è opportuno attenersi alle dosi target massimali indicate dai grandi trial che ne hanno dimostrato l’impatto positivo sulla prognosi. In assenza di congestione gli ACE-inibitori dovrebbero essere prescritti da soli, in presenza di congestione, gli ACEinibitori dovrebbero essere prescritti in associazione al diuretico. L’associazione con i beta – bloccanti e’ complementare e ambedue i farmaci debbono essere prescritti appena viene effettuata la diagnosi di disfunzione ventricolare sinistra poiche’ mentre gli ACE- inibitori hanno un effetto modesto sul rimodellamento ventricolare i beta – bloccanti generalmente provocano un miglioramento della frazione di eiezione . Un aspetto importante di cui tener conto puo’ essere l’ipotensione provocata dall’inizio della terapia combinata. In questi casi si puo’ iniziare titolando indifferentemente uno dei due ( non sembrano esserci differenze significative nell’efficacia della terapia se s’inizia con Ace –inibitore o con beta – bloccante) inserendo gradualmente l’altro. Puo’ essere accettabile il mancato raggiungimento delle dose target in favore della terapia combinata.
Gli ACE- inibitori possono causare occasionalmente peggioramento della funzionalita’ renale ( spesso transitorio ) ipotensione sintomatica , iperkaliemia, tosse e , raramente, angioedema .
Gli ARB vengono utilizzati quando i pazienti sviluppano effetti collaterali (soprattutto tosse) associati agli ACE-inibitori. Essi infatti riducono significativamente la mortalità cardiovascolare e le ospedalizzazioni per scompenso, senza significativi effetti collaterali quando confrontati con placebo. Confronti diretti tra ARB e ACE-inibitori nello scompenso cardiaco cronico non hanno dimostrato la superiorità dei ARB e pertanto l'ACE-inibitore dovrebbe costituire la prima scelta terapeutica .L'associazione di ARB e ACE-inibitori può essere benefica quando: la pressione arteriosa è elevata nonostante dosi massimali di ACE-inibitori ; la terapia beta – bloccante e’ controindicata o non tollerata.
La triplice associazione ACE-inibitori , ARB e antialdosteronici e’ controindicata .
Il vero ruolo riconosciuto degli ARB e’ quello di alternativa dell’ ACE- inibitore quando questo e’ indicato ma non tollerato e non rappresentano la prima opzione terapeutica in pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione del ventricolo sinistro ≤40% che permangono sintomatici non ostante il trattamento ottimizzato con ACE- inibitori e beta-bloccanti.
Questo dato e’ emerso con chiarezza dopo la pubblicazione dello studio EMPHASIS-HF, nel quale l’ eplerenone ha dimostrato di produrre una riduzione significamente maggiore della morbidita’–mortalita’ rispetto a quanto osservato negli studi che avevano testato gli ARB in aggiunta alla terapia standard. Infatti sia nel RALES che nell’ EMPHASIS-HF l’aggiunta di antialdosteronici riduceva la mortalita’ a differenza di quanto avveniva quando venivano aggiunti gli ARB .
I beta-bloccanti hanno un ruolo fondamentale nel trattamento dello scompenso cardiaco congestizio cronico. Come noto hanno anche effetto antischemico e , probabilmente, sono piu’ efficaci rispetto agli ACE- inibitori nel ridurre la morte improvvisa. Il numero dei trial randomizzati che ne hanno dimostrato il ruolo prognostico positivo e’ maggiore rispetto a quello che ha coinvolto gli ACE – inibitori considerando , comunque, che il 90 % dei pazienti arruolati era gia’ in terapia con ACE- inibitori o con ARB e che la significativa riduzione di mortalita’ e di ospedalizzazioni per scompenso si e’ aggiunta a quanto gia’ ottenuto con queste classi di farmaci . Vengono comunemente utilizzati carvedilolo, bisoprololo e metoprololo succinato , che hanno alle spalle grandi studi che ne hanno dimostrato l’efficacia.
Lo studio SENIORS , che ha valutato gli effetti del nebivololo su 2128 pazienti di eta’ uguale o superiore a 70 anni con scompenso cardiaco sistolico , ha dimostrato che questo beta – bloccante era in grado d’incidere positivamente sull’end- point combinato morte o ospedalizzazione per cause cardiovascolari ma non di ridurre la mortalita’. D’altra parte il trial BEST , condotto con il bucindololo, un beta-bloccante con proprieta’ anche beta – agoniste, non ha prodotto benefici in termini prognostici. Nello studio COMET , nel quale è stato eseguito un confronto diretto tra metoprololo tartrato (ß1-selettivo) vs carvedilolo (non selettivo) , la mortalità totale è risultata maggiormente ridotta dal carvedilolo. Il possibile (anche se non ancora certo) vantaggio terapeutico del carvedilolo potrebbe essere spiegato da un blocco adrenergico più completo e dal contemporaneo blocco dei recettori alpha, o da altri effetti ancillari.
Bisogna comunque tener conto che i beta-bloccanti possono ridurre eccessivamente la frequenza cardiaca, indurre una temporanea depressione miocardica ed accelerare l'insorgenza dell'insufficienza cardiaca. Inoltre possono provocare o peggiorare l'asma bronchiale e indurre una vasocostrizione periferica.La loro azione è bifasica : un'azione strettamente legata al blocco dei recettori beta, quindi immediata e transitoria che tra l'altro comporta una riduzione della funzione inotropa , e un'azione biologica che, attraverso la modificazione di espressioni genetiche , modifica aspetti fondamentali della biologia miocardica indicendo un aumento dell'inotropismo e un rimodellamento favorevole della struttura del cuore. L'effetto biologico richiede mesi per esprimersi in modo clinicamente significativo. Per evitare effetti indesiderati a breve termine, è molto importante che i beta- bloccanti siano introdotti con cautela, cominciando con dosaggi molto bassi, da aumentare lentamente sotto una scrupolosa supervisione. Le analisi degli effetti correlati alla dose nei trial MERIT-HF e CIBIS II mostrano un significativo benefico effetto sulla sopravvivenza anche per le basse dosi.
Pertanto vi è evidenza che anche una bassa dose di beta-bloccante è superiore all'assenza di trattamento: l'introduzione del beta-bloccante dovrebbe quindi essere tentata in tutti i pazienti anche se la fase di aggiustamento posologico dovesse essere lenta.Riguardo alla possibilità di far precedere il trattamento con beta-bloccanti a quello con ACE inibitori, rispetto all'abituale schema che prevede l'ACE inibitore come farmaco
iniziale, lo studio CIBIS-III ha dimostrato la sostanziale equivalenza delle due strategie. É stato comunque posto il problema se sia sempre corretto massimizzare il trattamento con ACE-inibitore e poi passare
al beta-bloccante o utilizzare basse dosi di entrambi sin dall'inizio; non c'è
un’ indicazione ancora definita ma probabilmente sfruttare entrambi i principi attivi a basso dosaggio può portare un miglioramento emodinamico maggiore che facilita l'up-titration di entrambi i principi attivi. La titolazione del beta- bloccante andrebbe iniziata nel paziente stabile e condotta con molta cautela in coloro che sono reduci da una recente instabilizzazione; lo studio COPERNICUS ha comunque dimostrato come possano essere utilizzati con un buon profilo rischio / beneficio anche in questa categoria di pazienti particolarmente fragili. La prosecuzione della terapia beta-bloccante durante un episodio d’instabilizzazione e’ generalmente considerata sicura anche se e’ necessaria una riduzione del dosaggio . La sospensione temporanea della terapia e’ indicata in caso di shock o di severa ipoperfusione ma il suo ripristino deve essere effettuato prima della dimissione. L’inotropo di scelta nel paziente in terapia beta- bloccante e’ il levosimendan. Tra i due farmaci , infatti, vi e’ un sinergismo positivo.
Gli antagonisti dei recettori dell’aldosterone ( MRA ) hanno assunto negli ultimi anni un ruolo di primo piano nel trattamento dello scompenso cardiaco. I piu’ studiati sono lo spironolattone e l’eplerenone.Sebbene gli studi di piu’ ampie dimensioni ne abbiano dimostrato l’efficacia nei pazienti piu’ compromessi e’ verosimile che il loro ruolo sia determinante in tutte le fasi dello scompenso secondario a disfunzione sistolica del ventricolo sinistro in particolare se associato ad infarto acuto del miocardio . Lo studio RALES ormai molti anni fa ha dimostrato come basse dosi di spironolattone somministrate in aggiunta alla terapia tradizionale a pazienti in III ( che negli ultimi 6 mesi erano stati anche in IV ) classe NYHA e frazione di eiezione del ventricolo sinistro inferiore o uguale a 35 % provocavano una marcata riduzione della mortalita’ e delle ospedalizzazioni per scompenso ( 30% e 35 % ). Piu’ recentemente lo studio EMPHASIS-HF, che ha arruolato pazienti con disfunzione sistolica del ventricolo sinistro in II classe NYHA ( ma con BNP elevato o con storia di ospedalizzazione per motivi cardiovascolari negli ultimi 6 mesi ) , somministrando loro eplerenone con un dosaggio massimo di 50 mg al giorno in aggiunta alla terapia ottimizzata con beta – bloccanti e ACE- inibitori, ha dimostrato che questa strategia terapeutica produceva una riduzione del rischio relativo del 27% rispetto all’ end- point combinato morte o ospedalizzazione per scompenso. Lo studio EPHESUS, condotto sempre con eplerenone in aggiunta alla terapia standard , ha arruolato pazienti con infarto acuto del miocardio e disfunzione ventricolare sinistra confermando il ruolo nella riduzione di mortalita’ di questo farmaco anche in questa categoria di soggetti. I dati emersi dagli ultimi studi hanno contribuito a completare il ventaglio di situazioni nel quale gli MRA di farmaci deve essere impiegata : disfunzione ventricolare sinistra post- infarto del miocardio, scompenso avanzato e meno avanzato con frazione di eiezione del ventricolo sinistro inferiore a 35 %. Durante l’ultimo congresso della Societa’ Europea di Cardiologia (E SC , agosto 2012 ) e’ stato presentato il sottostudio dell’ Emphasis Aldo DHF che ha dimostrato che le pressioni di riempimento ventricolare sinistro (E/E’), la massa ventricolare sinistra , BNP e NT- pro BNP si riducono in risposta alla terapia con eplerenone mentre il VO2 di picco resta invariato.
Come e’ noto gli MRA possono provocare iperkaliemia e peggioramento della funzionalita’ renale , frequenti nella pratica clinica quotidiana specialmente nei soggetti anziani , categoria di pazienti non esplorata nei trials. E’ quindi importante monitorare accuratamente la funzionalita’ renale e l’elettrolitemia specialmente durante le prime settimane di trattamento . Lo spironolattone, inoltre , puo’ provocare ginegomastia negli uomini ( circa nel 10% dei casi ) , effetto collaterale che e’ molto piu’ raro con l’eplerenone.
L’ Ivabradina, un bradicardizzante puro per i pazienti in ritmo sinusale che agisce sul nodo del seno , e’ il farmaco piu’ recentemente inserito nelle linee guida per il trattamento dello scompenso da disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. Lo studio SHIFT , che ha arruolato 6588 pazienti in classe funzionale NYHA II–IV, ritmo sinusale con frequenza cardiaca ≥70 battiti / minuto , una frazione di eiezione del ventricolo sinistro ≤35%, in terapia standard , con storia di ospedalizzazione per scompenso negli ultimi 12 mesi, infatti ha dimostrato come l’Ivabradina , inizialmente proposta solo per il controllo dell’angina, sia in grado di ridurre efficacemente le ospedalizzazioni per scompenso ( ma non la mortalita’ ) nei pazienti con scompenso cardiaco nei quali la frequenza cardiaca permane elevata non ostante l’ottimizzazione della terapia tradizionale. Per al tro la tolleranza del farmaco si e’ rivelata buona con un’incidenza di bradicardia sintomatica all’incirca dell’1%.
Un sottostudio dello SHIFT , presentato all’ultimo congresso ESC , ha dimostrato che l’Ivabradina e’ efficace anche nel ridurre i volumi del ventricolo sinistro . Il punto critico relativo all’utilizzo di questo farmaco e’ rappresentato dal fatto che la sua azione benefica e’ provata nei pazienti in terapia ottimizzata o in coloro nei quali il trattamento beta – bloccante sia realmente controindicato. Nel mondo reale e’ dimostrato che il beta – bloccante e’ sottoutilizzato o per lo meno sottodosato. In questo contesto e’ lecito chiedersi quale sia lo “ spazio concreto “ che rimane per introdurre la terapia con Ivabradina.
Altri farmaci usati nello scompenso cardiaco:
La digossina è indicata in presenza di fibrillazione atriale per il controllo della frequenza cardiaca ma può essere indicata nello scompenso cardiaco lieve, moderato e grave dovuto a disfunzione sistolica del ventricolo sinistro e ritmo in sinusale. Tuttavia, il range terapeutico è stretto ed è necessario somministrare il farmaco con cautela, soprattutto in pazienti con compromissione della funzione renale. La combinazione di digossina e beta-bloccante appare efficace. Nei pazienti in ritmo sinusale sintomatici nonostante ACEinibitore, beta-bloccante e diuretici, la digossina è consigliata per ridurre i sintomi , migliorare le condizioni cliniche e ridurre le ospedalizzazioni ( come dimostrato dallo studio DIG) ma non ha alcun impatto favorevole sulla sopravvivenza.
La digossina e la digitossina sono i glicosidi cardiaci più frequentemente usati. Hanno effetti farmacodinamici identici, ma profili farmacocinetici diversi. La digossina viene eliminata per via renale. Per contro, la digitossina viene metabolizzata dal fegato ed è meno dipendente dalla funzione renale quindi potenzialmente utile nella disfunzione renale e nei pazienti anziani. Le controindicazioni all'uso di glicosidi cardiaci sono note e comprendono la bradicardia, il blocco AV di secondo e terzo grado, la malattia del nodo del seno, la sindrome del seno carotideo, la sindrome di Wolff-Parkinson-White, la cardiomiopatia ostruttiva ipertrofica, l'ipopotassiemia e l'ipercalcemia.
La digossina ha uno stretto range terapeutico con frequente
comparsa di aritmie e effetti collaterali gastrointestinali. Occorre inoltre considerare che numerosi farmaci possono alterare la concentrazione serica di digitale. La determinazione della digossinemia non serve per modulare il dosaggio del farmaco ma solamente quando esiste il sospetto di rischio di intossicazione ( specialmente in presenza d’ insufficienza renale ).
Gli anticoagulanti orali sono indicati in pazienti con fibrillazione atriale, con anamnesi di embolizzazione sistemica o polmonare o con trombosi intracavitaria. Il trattamento potrebbe essere utilizzato anche in pazienti con cuore dilatato e bassa frazione di eiezione, o con aneurismi ventricolari, ma questo tipo di uso non e’ indicato dalle linee guida in quanto non c’e’ dimostrazione che con il loro impiego si ottenga una riduzione della mortalita’ – morbilita’ maggiore rispetto ad aspirina o placebo.
L’unico inibitore diretto della renina tutt’ora in studio e’ l’Aliskiren che , allo stato attuale, non e’ raccomandato come alternativa di ACE- inibitori o ARB.
Molti agenti antiaritmici possono indurre un effetto proaritmico nei pazienti con scompenso cardiaco e aumentarne la mortalità. Numerosi studi hanno dimostrato la sicurezza dell'amiodarone per i pazienti con scompenso cardiaco congestizio, ma l'effetto benefico di questo farmaco sulla sopravvivenza globale sembra scarso. Può essere utile per il trattamento della fibrillazione atriale parossistica o di altre tachicardie sopraventricolari.
Per quanto riguarda gli acidi grassi polinstaturi Omega-3 (PUFA) lo studio GISSI-HF non e’ stato in grado di dimostrare il loro ruolo nel ridurre le ospedalizzazioni per scompenso. Al tempo stesso l’utilizzo delle statine in soggetti senza cardiopatia ischemica non si e’ dimostrato prognosticamente utile nello scompenso cardiaco secondo quanto emerso dai trial condotti utilizzando questo tipo di farmaci.
PRINCIPALI NOVITA’ IN AMBITO TERAPEUTICO EMERSE DALLE LINEE GUIDA E DAL CONGRESSO 2012 DELLA SOCIETA’ EUROPEA DI CARDIOLOGIA ( ESC ).
1) L’ indicazione all’utilizzo di MRA ( spironolattone ed elprerenone ) e’ stata estesa a tutti i pazienti con sintomi persistenti ( classe funzionale NYHA II- IV ) e frazione di eiezione del ventricolo sinistro < 35 % , non ostante il trattamento ottimizzato con ACE- inibitori e beta – bloccanti per ridurre il rischio di ospedalizzazione per scompenso e di morte improvvisa ( raccomandazione livello I-A ).
2) Consigliato l’utilizzo di Ivabradina per ridurre il rischio di ospedalizzazione per scompenso in pazienti in ritmo sinusale , con una frazione di eiezione del ventricolo sinistro < 35 %, una frequenza cardiaca > 70 battiti / minuto e persistenza di sintomi ( classe funzionale NYHA II- IV ) non ostante la terapia ottimizzata con ACE- inibitori , beta – bloccanti e MRA (raccomandazione livello IIa -B ).
3) L’indicazione alla terapia di resincronizzazione ventricolare ( preferibilmente con funzione anche di defibrillatore ) per ridurre il rischio di ospedalizzazione per scompenso e quello di morte improvvisa e’ stata allargata anche ai pazienti in classe NYHA II se in ritmo sinusale , con un QRS > 130 msec, un blocco di branca sinistro e una frazione di eiezione del ventricolo sinistro < 30% nei quali l’attesa di vita sia superiore ad un anno. D’altra parte nei pazienti che non hanno un blocco di branca sinistro e’ richiesto un QRS > 150 msec e il livello di raccomandazione e’ solamente IIa- A. Le linee guida sottolineano che le evidenze a favore della terapia di resincronizzazione ventricolare conservano una notevole quota d’incertezza in due situazioni cliniche molto comuni : nei pazienti con fibrillazione atriale e in quelli nei quali c’e’ un’indicazione all’impianto di elettrostimolazione convenzionale, una funzione ventricolare depressa ma nessun altro criterio a favore della resincronizzazione.
4) E’ stato presentato, durante il congresso ESC 2012, il BAY 94-8862 , attualmente e’ in corso di valutazione nello studio ARTS , che arruola pazienti con disfunzione ventricolare sinistra sistolica , frazione di eiezione <40% e filtrato glomerulare 60-90, messo a confronto con placebo o con spironolattone e che ha dato risultati interessanti su modelli animali. Non ci si aspetta un aumento della potassiemia e’ resta da chiarire con quale meccanismo agirebbe in modo positivo . I primi risultati sull’uomo verranno presentati al prossimo congresso dell’American Heart Association. Gli inibitori diretti della renina sono in corso di valutazione negli studi Atmosphere e Astronaut che coinvolgono pazienti con scompenso cardiaco cronico e acuto.
5) Nella sessione “ Hotline “ del congresso sono stati presentati I risultati dello studio PARAMOUNT , publicati sul Lancet,che ha utilizzato LCZ in pazienti con funzione sistolica conservata ed elevati livelli di BNP, dimostrando una capacita’ significativa di ridurre i livelli ematici di NtBNP e di migliorare la classe NYHA . E’ in corso il PARADIGM, che ha arruolato 8000 pazienti , in classe funzionale NYHA II-IV e con BNP aumentato . Sono poi in corso di valutazione alcune molecole derivate dai peptidi natriuretici . Gli studi su un attivatore del cGMP (BAY58-26627) sono stati interrotti per la comparsa di ipotensione eccessiva anche a basse dosi . La relaxina ( l’ormone che si libera nelle donne in gravidanza ) e’ in corso di valutazione nello studio RELAX , il cui arruolamento e’ terminato . Il follow up completo sara’ disponibile entro la fine dell’anno .
6) E’ stato sottolineato che le linee guida rappresentano un sostegno per il cardiologo nel difficile percorso terapeutico all’interno della realta’ ““scompenso cardiaco“ ma al tempo stesso non debbono sopravanzare l’esperienza clinica che porta il medico ad esplorare percorsi sempre nuovi .
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