QUANDO, PERCHE’E COME DIMETTERE IL PAZIENTE CON SCOMPENSO CARDIACO
Vittorio Palmieri, Maria Rosaria Pagliuca,
S. S. Scompenso Cardiaco, Cardiologia, AORN “S.G. Moscati”, Avellino
Un adeguato percorso diagnostico-terapeutico in un paziente che si ricovera per scompenso cardiaco acuto mira alla stabilizzazione durevole del suo quadro clinico, precondizione per la dimissione ospedaliera. Ciò si esprime essenzialmente nel raggiungimento del peso secco del paziente, nella stabilizzazione dei valori pressori, nella ripresa di una certa capacità funzionale tale da garantire un certo grado di autonomia in assenza di sintomi, nella risoluzione dei segni e sintomi di scompenso cardiaco; il mantenimento di tale condizione clinica per 24-48 ore consente una dimissione con una probabilità ragionevolmente bassa di riammissione precoce. LA capacità di raggiungere e mantenere tale obiettivo clinico dipende anche dai contesti sociale, culturale ed economico in cui il paziente vive, i quali condizionano il raggiungimento ed il mantenimento dell'autosufficienza, della capacità di auto assistenza, di compliance alla terapia farmacologica e non farmacologica, dunque a ridurre la probabilità di una re-ospedalizzazione. La dimissibilità del paziente da una struttura ospedaliera, soprattutto se ad alta intensità di cura, tiene tuttavia conto anche della possibilità di una eventuale prosecuzione del percorso assistenziale verso strutture riabilitative, al fine di ottimizzare il turn-over della prima, e consentire una osservazione prolungata in ambiente medico in pazienti con particolari esigenze cliniche.
Come suggerito dalla Consensus ANMCO sul Percorso assistenziale del paziente con scompenso cardiaco (Giornale Italiano di Cardiologia, 2006, volume 7, giugno) Uno schema operativo standardizzato può contribuire a determinare criteri razionali ed oggettivi per la dimissibilità dei pazienti, consentendo anche comparazioni tra strutture sanitarie in diversi contesi territoriali e clinici. La condizione ideale è che il paziente sia asintomatico e privo di segni di scompenso cardiaco (dispnea, bassa portata, congestione viscerale e periferica, astenia porfonda, obnubilamento) per 24-48 ore prima della dimissione, e che sia in grado di accudire la propria persona nelle funzioni minime senza affanno e stanchezza. Se ciò non si realizza, è asuspicabile un'accurata indagine su sintomi, loro intensità e ricorrenza, su soglia della dispnea e della stancabilità precedenti l'aggravamento, per portare il paziente quanto meno alle stesse condizioni cliniche precedenti la fase acuta. E' determinante inoltre l'assenza di angor, o la possibilità di controllare i sintomi farmacologicamente quando necessario, se il paziente non è rivascolarizzabile. Inoltre, è fondamentale constatare l'assenza di aritmie che spesso contribuiscono all'instabilità emodinamica, o verificare la loro sporadicità e sostenibilità clinica, o l'efficacia di presidi come il defibrillatore impiantabile nel risolvere aritmie pericolose. Altri indicatori di stabilità emodinamica, e dunque di dimissibilità, sono: l'impossibilità di procedere ad altri interventi in pazienti in classe funzionale New York Heart Association IV; una pressione arteriosa sistolica >80 mmHg e l'assenza di fenomeni di ipotensione ortostatica, ovvero l'educazione del paziente a prevenire tale condizione; frequenza cardiaca sufficiente a mantenere una portata adeguata, in genere >50 bpm e <120 bpm; funzione renale normale o quanto meno comparabile alla condizione cronica pre-ricovero, ed in ogni caso una natriemia >=130 mEq/L ed una potassiemia compresa tra 4 e 5,5 mEq/L. E' inoltre importante escludere stadi settici, o averli sotto controllo con trattamento da 48-72h, ed infine, la stabilizzazione della terapia medica in assenza di effetti collaterali.
E’ inoltre utile valutare mediante ecocardiografia le modifiche in corso di ospedalizzazione del pattern di riempimento del ventricolo sinistro e l’andamento della pressione sistolica del piccolo circolo, quali parametri non-invasivi delle variazione dell’emodinamica ottenuti con la terapia.
Un caso a parte è quello del paziente non ulteriormente migliorabile, per il quale è possibile prevedere un adeguato programma di assistenza domiciliare.
La dimissibilità è facilitata dalla disponibilità di un ambulatorio specifico di scompenso cardiaco mirante alla continuità assistenziale ospedale-territorio, e da quella del DH scompenso dedicato, di programmi di telemonitoraggio e teleassistenza, di programmi concordati per assistenza domiciliare programmata/integrata. Pazienti fragili vanno infatti rivalutati entro 7-30gg dalla dimissione; inoltre, è fondamentale la titolazione dei farmaci e dunque un programma appropriato di valutazione sistematica di parametri vitali, dal peso corporeo, alla pressione, alla frequenza cardiaca, alla diuresi, alla ricorrenza ed intensità di sintomi. Il tele-monitoraggio, ad esempio, può consentire un programma aggressivo di titolazione farmacologica, e di controllo dei sintomi, soprattutto se integrato con l’attività del medico di medicina generale, che rimane il “case manager” sul territorio.