QUELLO CHE OCCORRE SAPERE IN TEMA DI

PERCORSI DIAGNOSTICO-ASSISTENZIALI

 

Pasquale  Caldarola, Marco Sassara

U.O. Cardiologia-UTIC Osp. San Paolo Bari

 

 

   La numerosità delle scoperte scientifiche  degli ultimi decenni in ambito medico , la crescente complessità sia organizzativa che clinico-assistenziale dei  sistemi  sanitari  moderni pone il problema della ottimale integrazione delle attività in tale ambito.

D'altro canto il raggiungimento di standard elevati di qualità all’interno di una singola struttura non indica assolutamente che il sistema globale di assistenza sia realmente efficace. Pertanto un sistema sanitario moderno   non può prescindere da un sistema di gestione integrata dove multidisciplinarietà, multiprofessionalità ed organizzazione diventano requisiti imprescindibili. 

I Percorsi Diagnostico Terapeutici (PDT) hanno lo scopo di affrontare tali problematiche attraverso gli strumenti del rigore metodologico   basato sulle evidenze medico-scientifiche. Conosciuti a livello internazionale come “clinical pathway”, ovvero “integrated care pathway”, i PDT vengono sperimentati per la prima volta nel 1985 presso il New England Medical Center di Boston (1; 2) al fine di monitorare  per ogni patologia i diversi processi di cura e i  tempi, con l'obiettivo di ridurre la durata  delle degenze ospedaliere  e quindi  dei  costi, senza però rinunciare al rispetto degli standard qualitativi.

In ambito italiano l’espressione “Percorso Diagnostico Terapeutico” compare in ambito normativo per la prima volta nella legge finanziaria n. 662 del 23 dicembre 1996 in riferimento ai tetti di spesa: “I medici  abilitati alle  funzioni prescrittive conformano le proprie autonome decisioni tecniche a percorsi  diagnostici e terapeutici, cooperando in tal modo al rispetto degli obiettivi di spesa". Il concetto di PDTA viene però meglio specificato nel decreto legislativo 229/99  che propone “ linee guida e  relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, in ogni struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l’applicazione dei livelli essenziali di assistenza” (3).

Oggi per PDTA si intende la  migliore sequenza temporale e spaziale  possibile delle attività sulla base delle  evidenze scientifiche riconosciute e delle risorse a  disposizione, elaborato per tipo di patologia (4). E' così che per esempio in ambito cardiologico ci potrà essere  un PDT per lo scompenso cardiaco, uno per lo STEMI, per la fibrillazione atriale, per l'embolia polmonare, per la gestione del paziente resuscitato da arresto cardiaco  e così via.

La parola "percorso" indica l’iter del paziente dal primo contatto con il mondo sanitario alla diagnosi e terapia, i termini "diagnostico", "terapeutico" e "assistenziale" definiscono invece la presa in carico totale  dalla prevenzione alla riabilitazione  del  paziente, nonchè gli interventi multiprofessionali e multidisciplinari rivolti in diversi ambiti come quello psico-fisico, sociale e delle eventuali disabilità.

 

Il Piano di Intervento

La Struttura Sanitaria che intende promuovere un percorso deve procedere inizialmente attraverso l'istituzione di un gruppo di lavoro (Consensus Conference) diretto  da  un  coordinatore che proponga una mappatura dettagliata delle   condizioni di partenza, analizzandone le  criticità (percorso "reale"), studi il percorso “teorico” di riferimento, ed infine elabori con il gruppo  il percorso “target”, che è il migliore realizzabile sulla base delle condizioni oggettive del contesto e delle risorse reali disponibili.

  Durante lo  sviluppo  del  piano  è essenziale  il coinvolgimento di tutte le parti, direttamente ed indirettamente coinvolte, attraverso un efficace processo di comunicazione e di rendicontazione dei risultati ottenuti.

 Si devono poi definire i criteri di inclusione ed esclusione dei pazienti oggetto del PDTA e quindi definire puntualmente ruoli e responsabilità dei diversi attori .  Punti critici del sistema sono  i passaggi (gli “snodi”- fig.1) tra un sottopercorso e l’altro il cui coordinamento necessita di  una nuova figura in ambito sanitario: il case manager (che può essere il medico  di  medicina generale, o altra figura, in rapporto alle specifiche problematiche cliniche) (5;6).

Figura 1

 

 Altro criterio da stabilire è l'ambito di estensione: un PDTA può essere  ospedaliero o  territoriale, oppure sia ospedaliero che territoriale (PIC), disegnato nell'ottica della gestione integrata ospedale-territorio, con una struttura  allo stesso tempo sia  definita che flessibile.

Per esempio, per la gestione della sindrome coronarica acuta (7)  andrebbe elaborata una rete organizzativa delle strutture ospedaliere sia pubbliche che private accreditate e del  territorio con centri di riferimento secondo il modello  “Hub & Spoke”.

 

La Gestione Elettronica del PDTA

 Un sistema informatico è necessario dal momento che si richiede un capillare scambio e condivisione di informazioni gestionali e sanitarie (8); così come pure un sistema di budgeting e di contabilità analitica  per le risorse (umane, finanziarie, strumentali e farmaceutiche) consumate durante il percorso dai vari centri di responsabilità.

Esso dovrebbe gestire l'intera filiera di programmazione,  monitoraggio, valutazione di aderenza dei Piani Diagnostici Terapeutici e, possibilmente, avere la capacità di gestire molteplici tipologie di percorso socio-assistenziali.

 

La rappresentazione grafica

Nella  costruzione  grafica  di  un  PDTA è necessario fornire una visione globale dell’intero percorso e identificare i punti  cardine che lo  compongono. La rappresentazione può avvenire tramite un  diagramma  di  flusso oppure attraverso una rappresentazione  a matrice (9).

 Il diagramma di flusso è la rappresentazione grafica dell’intero processo  inteso come una sequenza di attività e snodi decisionali. Con un diagramma di flusso si è in grado di rappresentare schematicamente i componenti di una struttura, i passaggi di una procedura o una cronologia. Gli elementi costitutivi sono gli input, le attività o fasi, gli snodi decisionali, le interdipendenze tra attività, l’output, le risorse e le responsabilità  rappresentati  con una simbologia costituita da forme geometriche (fig. 2)

 

Figura 2  Esempio di rappresentazione a diagramma  di  flusso

 

L' imput è raffigurato come ellissi o come quadrilatero trapezoidale e rappresenta il punto di inizio del processo.

Le attività o fasi, rappresentate in genere da rettangoli, corrispondono alla sequenza delle azioni che, a partire da uno o più input, consentono la realizzazione dell’output. Nella descrizione delle attività o fasi occorre definire puntualmente tutte le operazioni individuate in termini di quantità, tempistica di attuazione e costi.

Gli snodi decisionali sono raffigurati in genere con rombi, momenti fondamentali nel processo che orientano il percorso; rappresentano in genere punti di  scelta diagnostico-terapeutica, spesso riferibili a linee  guida, in altri casi possono corrispondere a momenti decisionali di tipo organizzativo.

Le interdipendenze tra le attività, rappresentabili da linee di congiunzione o frecce, sono i legami logici  che esistono tra le fasi di un processo ed, eventualmente, con altri processi.

L’output, rappresentato normalmente dal trapezio ma anche come ellisse, è il punto di arrivo del processo e corrisponde ai traguardi ed agli outcomes definiti. Un output può diventare o essere un input per un processo successivo ed in questo caso è meglio rappresentato come ellisse.

La rappresentazione a matrice consiste in una tabella che incrocia le attività (tempi e fasi) con le risorse/responsabilità (strutture, operatori, ecc.), definendo così in modo chiaro gli  attori coinvolti nel processo.

(fig. 3)

 

Figura 3 Esempio di rappresentazione a matrice applicato al PDT  dello scompenso cardiaco acuto riacutizzato

 
 

 


Misurare il Rendimento

La valutazione della performance di una qualsiasi “struttura” non può prescindere dalla misurazione delle  attività in relazione alle risorse ed ai  risultati ottenuti (fig. 4), con l'attenta analisi degli scostamenti tra risultati raggiunti e obiettivi prefissati  (10).

 

 

Figura 4

Si rende allora  necessario un modello  di  reporting strutturato secondo diversi livelli di assistenza (ospedaliera, distrettuale), un sistema di  registrazione dati (data entry) e di elaborazione degli  stessi (data output), da cui ottenere  indicatori capaci di analizzare  gli  scostamenti tra quanto promesso al cittadino-paziente ed i risultati di periodo ottenuti  (11).

Gli  indicatori di Struttura misurano la qualità della Struttura Sanitaria in termini di tecnologie, organizzazione, professionalità e risorse.

Gli indicatori di  processo misurano il “come” verrà gestito il paziente all’interno del PDT e, per esempio, quanto vengano  utilizzati i diversi trattamenti e le prestazioni ritenute appropriate. Tali informazioni possono essere desunte dalla lettera di dimissione dopo un ricovero ospedaliero piuttosto che,  a livello territoriale,  dalle cartelle cliniche computerizzate dei medici di  medicina  generale o degli specialisti ambulatoriali.

Gli indicatori di esito sono legati direttamente al risultato della gestione del paziente attraverso il PDT. Ne sono esempio la  valutazione a 30 e  90 gg dalla  dimissione del numero dei ricoveri ripetuti e di accessi al  Pronto  Soccorso/DEA così come pure i  dati  di  mortalità.

Gli indicatori, potenti strumenti per l'analisi di benchmarking,  forniscono dati sul funzionamento  delle  singole  reti  e,  attraverso l'analisi  dei  costi  non funzionali e  degli  sprechi , risultano  utili all'aggiornamento della strategia sanitaria.

 

Considerazioni conclusive

L’adozione del PDT rappresenta quindi uno strumento metodologicamente standardizzato in grado di definire nell'ambito di uno  specifico problema clinico gli obiettivi,  le azioni da adottare,   i tempi di intervento, gli ambiti di intervento, i compiti dei vari attori (fig. 5). Tale organizzazione risponde al bisogno primario di continuità della risposta assistenziale e di erogazione di servizi e prestazioni con un’efficiente utilizzo delle risorse disponibili e quindi sicuramente  strumento fondamentale per la  gestione del paziente con patologie  cardiache.

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 5  Esempio di PDT per il paziente con STEMI sottoposto a riperfusione coronarica (10)

 

 

Bibliografia

 

1) K. Zander, ML Etheredge, KA Bower. Nursing Case Management: Blueprints for Transformation. Boston, MA: New England Medical Center Hospitals, 1987

 

2) K. Zander Integrated care pathways: eleven international trends. J Integrated Care Pathways 2002;6:101–7

 

 3) C. Iacono;  V. Tozzi et al. " I PDTA ospedalieri per il carcinoma del colon retto - Sette aziende a  confronto" www.cergas.unibocconi.it CTP/PDTA - AIOM  2009

 

4)  L. De Bleser , R Depreitere R, KD Waele, K Vanhaecht , J Vlayen , W Sermeus . Defi­ning pathways. J Nurs Manag 2006 Oct;14(7):553-63.

 

5) A Chen, R Brown, N Archibald, S Aliotta, PD Fox. Best Practices in Coordinated Care. Centers for Medicare and Medicaid Services, US Department of Health and Human Services. March 22, 2000.

 

6) P Silberman, S Poley, R Slifkin. Innovative primary care case management programs operating in rural communities: case studies of three states. Working Paper No. 76, North Carolina Rural Health Research and Policy Analysis Program. January 3, 2003.

 

7) Federazione Italiana di Cardiologia. Struttura e organizzazione funzionale della Cardiologia. Ital Heart J Suppl 2003; 4: 881-930.

 

8)   A Clarke. Implementing electronic integrated care pathways: learning from experience. Nurs.Manag 2005 May; 12 (2): 28-31

 

9)  S Martelli et al. Raccomandazioni per la costruzione di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) e profili integrati di cura (PIC) nelle aziende sanitarie della Regione Piemonte. ARESS 2007

 

10)  M Scherillo, P Caldarola, D Gabrielli.  Progetto AMI – Standard of care.  Cardiologia  negli  Ospedali. Mag.-Giu. 2011

 

11) O Pitocchi. La misurazione delle performance in sanità e l’implementazione di un sistema di balanced scorecard. Valutare in Sanità. Dic. 2011