Il Punto sulla Stenosi Aortica dell’ Anziano
Caso P, Cavallaro M, Severino S, Martiniello AR, Ascione L,
Merenda R,*Monteforte I,*Monda V,*Bonzani G
UOC di Cardiologia-UTIC, *UOC di Cardiologia Interventistica,
Ospedale Monaldi ,Azienda Ospedali dei Colli ,Napoli
Introduzione, epidemiologia
La stenosi aortica calcifica rappresenta oggi la valvulopatia più comune nei paesi industrializzati, con una prevalenza che aumenta con l’ aumentare dell’ età. Nella popolazione di pazienti con età superiore ai 65 la prevalenza della stenosi aortica anni è stimata del 2%, per i soggetti di età superiore agli 85 anni la prevalenza è del 4%1. Sino agli ultimi anni l’ intervento chirurgico di sostituzione valvolare ha rappresentato l’ unica opzione per il trattamento definitivo della stenosi aortica sintomatica, anche per i soggetti anziani, in grado di migliorare la sopravvivenza anche in questa popolazione di pazienti. Nonostante i buoni risultati della chirurgia classica, il rischio operatorio per i pazienti anziani risulta maggiore a causa delle frequenti co-morbidità. Infatti, come dimostrato nell’ Euro Heart Survey on Valvular Heart Disease del 20032, fino al 30% dei casi con indicazione chirurgica è considerato ad elevato rischio operatorio e non viene trattato con intervento di sostituzione valvolare, andando così incontro ad una cattiva prognosi. L’ impianto transcatetere della valvola aortica (TAVI, Tanscatheter Aortic Valve Implantation) consente l’ impianto di una valvola protesica per via percutanea senza la necessità di intervento a cuore aperto e del by-pass cardiopolmonare, offrendo una nuova opzione terapeutica per i pazienti anziani considerati a rischio chirurgico troppo elevato.
Fisiopatologia
Nei soggetti adulti affetti da stenosi aortica calcifica di solito l’ ostruzione all’ efflusso ventricolare sinistro si sviluppa gradualmente nel tempo, generalmente nell’ arco di decadi. Durante questo periodo di tempo il ventricolo sinistro si adatta al sovraccarico di pressione, che comporta un aumento dello stress di parete, sviluppando una ipertrofia di tipo concentrico con un aumento della spessore di parete senza aumento delle dimensioni cavitarie. Lo stress di parete, che è direttamente proporzionale alla pressione intracavitaria e al diametro della camera ventricolare e inversamente proporzionale allo spessore di parete, viene mantenuto così a valori normali3-5. Lo stress di parete in fase sistolica rappresenta il post-carico contro cui il ventricolo sinistro lavora durante la fase di eiezione ed è inversamente correlato alla frazione di eiezione (mediante l’ ipertrofia ventricolare sinistra lo stress di parete è mantenuto nel range normale e la frazione di eiezione risulta preservata6).
Se l’ ipertrofia non è adeguata e lo spessore di parete non aumenta in maniera tale da controbilanciare il sovraccarico di pressione, aumenterà lo stress di parete e l’ elevato post-carico porterà ad una riduzione della frazione di eiezione6-8. Una ridotta frazione di eiezione può essere dovuta anche ad una depressione della contrattilità miocardica, ed è difficile dal punto di vista clinico distinguere se una bassa frazione di eiezione è dovuta ad una depressione della contrattilità o ad un eccesso del post-carico in un paziente con valvulopatia aortica calcifica9. Nel caso in cui la ridotta frazione di eiezione dipenda da una perdita di contrattilità l’ intervento chirurgico porterà un minore beneficio clinico rispetto ai pazienti in cui la ridotta frazione di eiezione è dovuta ad un eccesso del post-carico10.
Una conseguenza dell’ ipertrofia ventricolare concentrica e dell’ aumentato rapporto fra massa miocardica e volume di parete è la ridotta compliance ventricolare, con aumento della pressione di rempimento del ventricolo sinistro11, alla ridotta compliance si associa un alterato rilasciamento ventricolare, con un ridotto riempimento protodiastolico ed un aumento del contributo atriale al riempimento ventricolare. La perdita del contributo atriale dovuta all’ insorgenza di fibrillazione atriale è di solito associata ad un deterioramento del quadro clinico12. Inoltre l’ aumentata massa miocardica può causare una riduzione del flusso coronarico per grammo di tessuto ed associarsi a una ridotta riserva coronarica13. Nei soggetti anziani, in particolare di sesso femminile, è comune il riscontro di un grado eccessivo di ipertrofia ventricolare, definita inappropriata, che comporta un ridotto stress sistolico ed una aumentata frazione di eiezione, tale condizione è associata ad una aumento della mortalità perioperatoria14.
Diagnosi e Follow-up
La tipica presentazione clinica della stenosi aortica sintomatica comprende la classica triade: angina pectoris, dispnea da sforzo e sincope. La maggior parte dei pazienti oggi viene diagnosticata prima dello sviluppo di sintomi sulla base del reperto auscultatorio tipico dato dal soffio sistolico eiettivo, a carattere aspro, ben auscultabile alla base, con irradiazione alle carotidi, e talvolta, soprattutto nei soggetti con anziani con valvola calcifica, alla punta . Il dato auscultatorio viene confermato all’ ecocardiogramma trans-toracico, che rappresenta la metodica standard per la diagnosi e il follow-up dei pazienti affetti di stenosi aortica. L’ ecocardiografia Doppler consente anche la gradazione della severità: da lieve a moderata a severa mediante la valutazione della velocità di picco transvalvolare, del gradiente di picco transvalvolare, del gradiente medio e dell’ area valvolare aortica mediante l’ equazione di continuità. In particolare secondo le ultime linee guida dell’ American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) del 200815 e le più recenti linee guida della European Society of Cardiology (ESC) dell’ agosto 201216 la stenosi aortica è considerata di grado:
E’ importante ricordare che il gradiente transvalvolare dipende dal flusso attraverso la valvola e quindi dalla funzione sistolica, di conseguenza è possibile riscontrare in pazienti con area valvolare severamente ridotta (<1cmq) e ridotta funzione sistolica un gradiente medio inferiore a 40mmHg (low-flow low-gradient), in questi pazienti è utile un eco-stress farmacologico alla dobutamina. Nel caso in cui vi sia una disfunzione ventricolare sinistra associata a una stenosi aortica lieve o moderata (“pseudostenosi” aortica) vi sarà al picco , dopo infusione di dobutamina un aumento della portata cardiaca e dell’ area valvolare (incremento superiore a 0,2cmq) senza aumento del gradiente transvalvolare. La vera stenosi aortica severa (stenosi aortica “fissa”) non mostrerà variazioni significative dell’ area valvolare (incremento inferiore a 0,2 cmq) ma un netto aumento del gradiente transvalvolare rispetto ai valori di base17. Inoltre fra i pazienti con stenosi aortica l’ aumento al picco della frazione di eiezione superiore al 20% identifica un gruppo di pazienti con buona riserva contrattile e prognosi migliore rispetto ai pazienti che non mostrano incremento della frazione di eiezione17. Recentemente è stato identificato un altro sottogruppo di pazienti con area valvolare<1cmq, ridotta gittata sistolica<35ml/mq, gradiente medio<40mmHg e frazione di eiezione>50% (definiti low-flow, low-gradient con frazione di eiezione conservata)18, di solito questi pazienti sono anziani con elevato grado di ipertrofia ventricolare e ridotte dimensioni ventricolari, condizioni che consentono il mantenimento di un valore della frazione di eiezione apparentemente nel range normale in presenza di una ridotta gittata sistolica. La severità della stenosi aortica in questi pazienti è ancora da considerarsi dubbia, dato che sembrano avere prognosi simile a quella di pazienti con stenosi aortica definita come moderata19.
L’ ecocardiografia consente inoltre di valutare l’ anatomia della valvola aortica, in particolare il grado di calcificazione e l’ eventuale presenza di bicuspidia e talvolta è possibile la misura diretta dell’ area valvolare su sezione bidimensionale. L’ ecocardiogramma, infine, permette la valutazione dell’ aorta ascendente, della funzione sistolica e del grado di ipertrofia del ventricolo sinistro e
Storia Naturale
La storia naturale della stenosi aortica comprende un lungo periodo di latenza, in assenza di manifestazioni cliniche, durante il quale la mortalità è bassa e paragonabile a quella della popolazione generale20-23. La morte improvvisa rappresenta una complicanza possibile, che si verifica più frequentemente nei pazienti che hanno sviluppato sintomi, è invece relativamente infrequente per i pazienti asintomatici, con una incidenza che dalle diverse casistiche risulta essere in media dell’ 1% anno fra i pazienti con stenosi severa asintomatica20-23. Con la comparsa dei tipici sintomi di angina, dispnea da sforzo e sincope la prognosi peggiora nettamente, con una sopravvivenza media di 2-3 anni ed un alto rischio di morte improvvisa24-26.
Lo sviluppo di sintomi rappresenta quindi un punto critico nella storia naturale della malattia e le decisioni riguardo al trattamento con sostituzione valvolare sono di solito, nella pratica clinica, prese sulla base della presenza di sintomi. Occorre ricordare a tal proposito che spesso la presenza di sintomi può non essere evidente nei pazienti anziani fisicamente inattivi, per tale ragione è importante eseguire una anamnesi accurata e talvolta possono essere necessari test provocativi per elicitare i sintomi. Per i pazienti asintomatici la decisione fra intervento chirurgico, il follow-up e terapia medica è complessa e va tenuto conto di diversi fattori, in particolare la buona sopravvivenza, il rischio di morte improvvisa, il rischio legato all’ intervento chirurgico, i rischi legati alla protesi valvolare e al trattamento anticoagulante e fattori prognostici clinici o ecocardiografici. L’ intervento chirurgico di sostituzione valvolare aortica nella popolazione di pazienti anziani ha una mortalità maggiore rispetto ai soggetti più giovani, stimata intorno al 4-8% per i soggetti di età superiore ai 70 anni16 e del 10% nelle casistiche di pazienti di età superiore agli 80 anni27 per la maggiore presenza di comorbidità, inoltre nei pazienti anziani è più frequente la presenza di stenosi coronarica e la necessità di by-pass associato alla sostituzione valvolare, con un rischio operatorio maggiore. Data la bassa incidenza di morte improvvisa fra i pazienti asintomatici di norma l’ intervento chirurgico precoce è sconsigliabile per i pazienti anziani asintomatici. Sono stati identificati alcuni fattori di rischio clinici ed ecocardiografici associati con una progressione più rapida della malattia e la cui presenza può costituire una indicazione all’ intervento chirurgico precoce prima dell’ esordio della sintomatologia. In particolare: un test da sforzo positivo per sintomi, per ridotto incremento pressorio o per alterazioni del tratto ST; presenza di disfunzione sistolica del ventricolo sinistro22; una stenosi aortica “molto severa” con velocità di picco>5,5m/sec23; presenza di calcificazione valvolare moderata/severa e incremento della velocità di picco >0,3 m/sec/anno21.
Opzioni Terapeutiche
La terapia definitiva per la stenosi valvolare aortica, è rappresentata dalla sostituzione valvolare, con protesi valvolare meccanica o biologica. La sostituzione valvolare aortica è in grado di migliorare la prognosi e la qualità della vita per i pazienti sintomatici29, anche per i pazienti anziani la sostituzione valvolare aortica rappresenta una valida opzione terapeutica, con un guadagno di sopravvivenza simile a quello osservato per i pazienti più giovani e riscontrabile anche in pazienti con età superiore ai 90 anni30.
L intervento transcatetere (TAVI) è recentemente stato preso in considerazione dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia del 2012, eseguito per la prima volta nel 2002 da Cribier31 su un paziente affetto da neoplasia maligna in fase terminale, oggi conosce una diffusione sempre maggiore. Attualmente sono utilizzati due tipi di valvole biologiche per l’ impianto percutaneo: la Edwards-Sapien, valvola a tre cuspidi di pericardio bovino, e la Corevalve, valvola a tre cuspidi di pericardio porcino. L’ approccio più utilizzato è per via trans-femorale retrograda in entrambi i casi, in alternativa può essere eseguito l’ impianto per via trans-apicale o trans-aortica per la Edwards-Sapien o per via trans-aortica o attraverso la succlavia sinistra per la Corevalve. La TAVI può essere eseguita solo presso strutture dotate di cardiochirurgia, dopo decisione collegiale da parte dell’ “Heart Team”, comprendente un cardiologo, un anestesista e un cardiochirurgo, che abbia valutato i rischi relativi all’ intervento chirurgico e l’ assenza di controindicazioni anatomiche o cliniche all’ impianto percutaneo, in particolare la presenza di accessi vascolari adeguati e l’ aspettativa di vita superiore ad un anno con possibilità di miglioramento della qualità della vita dopo l’ intervento non compromessa da altre comorbidità.
La TAVI è, quindi, indicata per i pazienti con stenosi aortica sintomatica soltanto dopo che l’ Heart Team ha escluso l’ intervento chirurgico. Per i pazienti ad alto rischio che sono ancora possibili candidati alla chirurgia la decisione va individualizzata, utilizzando gli score per la stima del rischio chirurgico quali EuroSCORE (http://www.euroscore.org) sviluppato dalla società europea di chirurgia cardio-toracica o lo score di rischio della americana Society of Thoracic Surgeons (http://www.sts.org/quality-researchpatient-safety/quality/risk-calculator-and-models/risk-calculator). Un EuroSCORE>20% o un STS score>10% possono essere considerati indici di rischio elevato e favorire l’ indicazione a TAVI. Data la non completa affidabilità degli score di rischio è utile nella pratica clinica prendere in considerazione quali elementi a favore di TAVI anche in presenza di punteggi EuroSCORE o STS non elevati32 le comorbidità e la presenza di aorta a porcellana o di By-pass aorto coronarici pervi. Nell’ iter decisionale riguardo le opzioni terapeutiche per la stenosi aortica nell’ anziano vanno prese in considerazione anche le possibili complicanze legate alla TAVI, soprattutto data la fragilità dei soggetti anziani con comorbidità. In particolare: lesioni arteriose nella sede di accesso (2-17%); stroke periprocedurale (0-10%); blocco atrio-ventricolare richiedente impianto di pace-maker (3-36% per la corevalve, 9-12% per la Edwards); leak perivalvolare, che è particolarmente frequente, e di solito di lieve entità e ben tollerato, mentre è moderato-severo nel 12% dei casi33-36. Va ricordata, infine, una complicanza particolarmente temibile costituita dalla endocardite su TAVI, che di solito si manifesta con improvviso aggravamento dello scompenso cardiaco, spesso in assenza di segni di infiammazione sistemica e richiede trattamento antibiotico e talvolta intervento chirurgico, in pazienti già considerati ad alto rischio. Le casistiche pubblicate recentemente mostrano una relativa sicurezza ed efficacia per la TAVI nella popolazione di soggetti ad alto rischio chirurgico, i dati provenienti da registri multicentrici in Europa e in Canada per l’ impianto di valvole Edwards o Corevalve per via trans-femorale indicano una percentuale di successo del 90% e una mortalità inferiore al 10%33-36. Lo studio PARTNER è stato il primo studio randomizzato sulla TAVI, la popolazione oggetto dello studio era costituita da 1057 pazienti, i criteri di inclusione erano la presenza di stenosi aortica severa, una classe NYHA II o superiore, alto rischio chirurgico valutato da cardiologo e cardiochirurgo o con score STS>10%. L’ intera popolazione veniva suddivisa in due coorti: un gruppo costituito da 358 pazienti giudicati non operabili veniva randomizzato per essere sottoposto a TAVI per via transfemorale o trattato con terapia conservativa, inclusa la valvuloplastica aortica; un secondo gruppo, costituito da 699 pazienti, ad elevato rischio chirurgico veniva randomizzato per essere sottoposto a TAVI (per via transfemorale o transapicale) o a sostituzione valvolare aortica. In confronto alla terapia conservativa nei pazienti inoperabili il gruppo sottoposto a TAVI mostrava una migliore sopravvivenza a un anno37. Nel braccio dello studio che confrontava la TAVI con la sostituzione valvolare aortica, la TAVI dimostrava la sua non inferiorità alla terapia chirurgica, con una inferiore mortalità a 30 giorni e una differenza statisticamente non significativa nella sopravvivenza a un anno per i due trattamenti38.
Recentemente sono stati pubblicati i risultati a due anni per le due coorti di pazienti dello studio PARTNER. Il beneficio di sopravvivenza per la TAVI rispetto alla terapia conservativa era mantenuto a 2 anni, a costo di un aumento degli eventi cerebrovascolari per i pazienti trattati con TAVI39. In confronto alla chirurgia la TAVI ha mostrato a due anni una non inferiorità con una mortalità per tutte le cause simile per i due trattamenti, non vi era differenza significativa a lungo termine anche per gli eventi cerebrovascolari e i parametri funzionali ecocardiografici mostravano al follow-up una riduzione del gradiente mantenuta nel tempo40. La terapia medica non migliora la sopravvivenza, i pazienti sintomatici non operabili o con controindicazione a TAVI necessitano di terapia per i sintomi di scompenso con digitale, ace inibitori o sartanici e diuretici. La valvuloplastica percutanea ha valore come trattamento ponte in vista di intervento chirurgico o TAVI, oppure nei pazienti con stenosi aortica sintomatica severa che devono sottoporsi a chirurgia non-cardiaca urgente.
Conclusioni
L’ ingresso della TAVI nella pratica clinica ha fornito un’ opzione terapeutica valida per i pazienti anziani fragili con comorbidità che sono considerati inoperabili per l’ eccessivo rischio chirurgico. In questo campo in rapida evoluzione della cardiologia interventistica i progressi tecnologici delle valvole e l’ ottimizzazione dei risultati procedurali punteranno ad espandere le indicazioni per la TAVI ad un più largo spettro di pazienti. E’ necessario però che venga dimostrata l’ efficacia a lungo termine delle protesi impiantate per via percutanea, particolarmente riguardo il rischio di degenerazione calcifica, leak perivalvolari e rischio di endocardite batterica.
Bibliografia
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