Il Punto sull’Embolia Polmonare
Osvaldo Silvestri
Divisione di Cardiologia Riabilitativa
A O. R.N.“A. Cardarelli” Napoli
L’Embolia Polmonare (EP) e la Trombosi Venosa Profonda (TPV) costituiscono due manifestazioni cliniche del Tromboembolismo Venoso (TEV) e condividono gli stessi fattori predisponenti.
Nella maggior parte dei casi l’EP è determinata dalla presenza di coaguli ematici nei vasi polmonari provenienti da trombosi a sede periferica nel sistema venoso profondo (tromboembolia).
Più raramente da fenomeni di trombosi locale (trombosi cardiaca o polmonare autoctona) oppure da emboli estranei alla normale composizione del sangue (embolie polmonari non trombotiche)
L’EP rappresenta un’emergenza cardiovascolare che causa un’ostruzione del letto vascolare polmonare e può indurre grave scompenso acuto del ventricolo destro (VD) anche se potenzialmente reversibile.
L’Embolia polmonare é una condizione clinica:
• ad elevata incidenza: negli USA ~600.000 casi/anno; in Italia ~ 60.000-120.000 nuovi casi/anno;
• ad alta mortalità: 3a causa di morte intraospedaliera, dopo IMA e stroke; causa di morte più comune in gravidanza
• ma a basso indice diagnostico: la diagnosi è difficile da formulare e può essere misconosciuta a causa di una presentazione clinica spesso atipica; molti casi di EP vengono riconosciuti solo al riscontro autoptico.
Le conseguenze dell’EP acuta sono fondamentalmente di tipo emodinamico e cominciano a manifestarsi in presenza di un’ostruzione del letto vascolare polmonare >30-50%.
Emboli multipli o di grosse dimensioni possono provocare un improvviso aumento delle resistenze vascolari polmonari con conseguente incremento del postcarico al quale il VD non riesce a fare fronte. Una dislocazione verso sinistra del setto interventricolare può determinare un’ulteriore compromissione della gittata cardiaca come conseguenza della disfunzione diastolica ventricolare sinistra.
La diagnosi di EP rimane uno dei problemi più difficili nella pratica clinica in quanto rappresenta la diagnosi più comunemente mancata che ha come conseguenza la morte del paziente.
La sola valutazione clinica non permette quasi mai di fare diagnosi di certezza
La sequenza diagnostica deve tenere sempre conto delle condizioni cliniche del paziente.
Nel sospetto di EP è necessario ottenere una diagnosi “più certa possibile” per evitare di:
• non trattare i pazienti con EP ( rischio di morte)
• trattare con terapia anticoagulante pazienti senza EP ( rischio emorragico).
La diagnosi deve essere formulata il più rapidamente possibile in quanto la mortalità aumenta in misura proporzionale al ritardo con cui viene formulata la diagnosi
L’EP deve essere sospettata quando compaiono dispnea, tachipnea, dolore toracico o ipotensione non giustificate da cause rilevabili, soprattutto se questo si verifica in soggetti con TPV o a rischio di TPV.
Pertanto nel paziente con sospetto clinico di EP bisogna innanzi tutto confermarne la presenza e quindi fare diagnosi di EP. Successivamente bisogna determinarne la gravità attraverso una stratificazione prognostica del paziente con EP. Solo così possiamo impostare una terapia opportuna in tempi relativamente rapidi.
La gravità dell’EP deve essere valutata sulla base del rischio individuale di mortalità precoce piuttosto che sulla base del coinvolgimento anatomico e delle dimensioni e distribuzione degli emboli polmonari.
L’EP può essere stratificata in diversi livelli di rischio di mortalità precoce (da intendersi intraospedaliera o a 30 giorni) in base alla positività dei marker di rischio.
Ai fini pratici, i marker per la stratificazione del rischio di EP possono essere classificati in tre gruppi: markers clinici, markers di disfunzione ventricolare dx e markers di danno miocardico.
L’immediata valutazione clinica al letto del paziente per riscontro positivo o negativo dei marker clinici consente di stratificare il rischio in elevato e non elevato.
L’EP ad elevato rischio costituisce un’emergenza pericolosa che richiede uno specifico approccio diagnostico-terapeutico (mortalità a breve termine >15%).
La diagnosi di EP a rischio elevato viene formulata in presenza di shock od ipotensione sistemica (definita come una pressione arteriosa sistolica <90 mmHg o un calo pressorio di 40 mmHg per più di 15 min non secondario ad aritmia di nuova insorgenza, ipovolemia o sepsi) e rappresenta un’emergenza pericolosa che richiede uno specifico approccio gestionale3
L’EP a rischio non elevato può essere ulteriormente stratificata in EP a rischio intermedio ed EP a basso rischio in base al riscontro positivo dei marker di disfunzione ventricolare destra e/o di danno miocardico.
La diagnosi di EP a rischio intermedio ( mortalità a breve termine 3-15%)viene posta quando almeno un marker di disfunzione ventricolare destra o di danno miocardico risulti positivo, È probabile che quei pazienti con EP a rischio intermedio che mostrino positività ad entrambi i marker siano a rischio più elevato rispetto ai pazienti con risultati discordanti.
La diagnosi di EP a basso rischio viene posta quando tutti i
marker di disfunzione ventricolare destra e di danno miocardico risultino
negativi (mortalità a breve termine <1%)
Sospetta embolia polmonare a rischio elevato.
Questa condizione è estremamente pericolosa ed i pazienti con associato shock od ipotensione rappresentano un problema clinico a sé stante. Generalmente la probabilità clinica è elevata e la diagnosi differenziale include lo shock cardiogeno, l’insufficienza valvolare acuta, il tamponamento pericardico e la dissezione aortica.
Di conseguenza, l’esame di primo livello più utile è l’ecocardiografia, che evidenzia generalmente segni indiretti di ipertensione polmonare acuta e di sovraccarico ventricolare destro se la causa di instabilità emodinamica è un’EP acuta.
La presenza di trombi flottanti nel cuore destro può talvolta essere rilevata mediante ecocardio- grafia transtoracica mentre, se disponibile, l’ecocardiografia transesofagea consente la visualizzazione diretta di trombi nelle arterie polmonari. Tuttavia, in pazienti altamente instabili o quando non sia possibile eseguire ulteriori test diagnostici, la diagnosi di EP può essere formulata sulla base dei soli reperti ecocardiografici indiretti.
Se il paziente viene stabilizzato dalla terapia di supporto, si deve invece giungere ad una diagnosi di certezza. A causa dell’estensione dell’embolia nel circolo polmonare, la TC è in grado di confermare la diagnosi
Sospetta embolia polmonare a rischio non elevato
Malgrado i comuni test ed i singoli segni e sintomi abbiano uno scarso valore diagnostico in termini di sensibilità e specificità, la combinazione di queste variabili valutata in modo empirico oppure sulla base di criteri predittivi consente di classificare i pazienti con sospetta EP in categorie di pro- babilità clinica o pretest, corrispondenti all’aumento di prevalenza dell’EP. Accanto al giudizio clinico empirico, nella valutazione della probabilità clinica di EP, negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi criteri predittivi clinici tra i quali il più diffuso è lo score di Wells seguito dal Geneva score modificato.
Si delineano così due categorie di pazienti: quelli a probabilità clinica bassa o intermedia e quelli a probabilità clinica alta.
I pazienti con probabilità bassa di EP sono in percentuale molti, tra di essi la percentuale di EP accertata è bassa e il VPN dei test è alta.
Al contrario i pazienti con probabilità alta di EP sono in percentuale, tra di essi la prevalenza di EP è alta e il VPN è basso.
Nei pazienti giunti in pronto soccorso e giudicati a probabilità clinica bassa o intermedia il dosaggio del D-dimero ad alta sensibilità costituisce l’approdo iniziale più logico e consente di escludere la presenza di di EP in circa il 30% dei pazienti con rischio tromboembolico a tre mesi < 1%. La determinazione del BNP non deve essere fatta nei pazienti ad alta probabilità di EP, a causa del suo basso VPN in questa categoria di pazienti
La MDCT rappresenta il test di secondo livello nei pazienti con elevati livelli di D-dimero e il test di primo livello in quelli con alta probabilità clinica.
Qualora in pazienti ad alta probabilità di EP si dovesse avere una TC negativa il valore predittivo negativo è uguale a 60% tuttavia se si ricorre alla MDCT (64 detettori) e l’esame è negativo, l’iter diagnostico finisce qui senza nessun ricorso ad alcuna terapia specifica
Il caso diametralmente opposto è quello di TC positiva in pazienti con probabilità bassa di EP.
In questo caso anche la MDTC ha un VPN basso pari al 58 %.
In questo caso però è di grande aiuto la localizzazione della manifestazione trombotica. Infatti il VPP è tanto più alto quanto più ci si sposta dai rami subsegmentari ai rami lobari con notevolissima riduzione dei falsi positivi.
Utile l’ecografia venosa degli arti inferiori che se individua una TVP alta consente la rapida instaurazione della terapia senza ulteriori esami diagnostici. La cosa è particolarmente utile in caso di donne in gravidanza poiché si evita in questo modo la somministrazione di radiazioni al feto e alla madre.