LA terapia medica DELLA
Cardiopatia ischemica cronica:
Vincenzo Capuano, Norman Lamaida, Fabio Franculli, Sergio Torre, Matteo Sonderegger, Liberata Ricciardi, Giuseppe Di Maso,
Giuseppe Di Mauro, Giuseppe La Sala, Giuseppe Vecchio.
Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno – Unità Operativa di Cardiologia ed UTIC dell’Ospedale “G. Fucito” di Mercato S. Severino.
L’eterogeneità dei pazienti con cardiopatia ischemica cronica richiede un’attenta valutazione e una terapia mirata alle singole problematiche del paziente.
In questo articolo focalizzeremo l’attenzione ai soggetti con “angina stabile”.
Spesso in medicina esistono enormi contraddizioni tra le evidenze di base e la pratica clinica ed uno dei campi in cui spesso “si cade in tentazione” è proprio il paziente con angina stabile.
Di fronte a questi pazienti il pensiero della rivascolarizzazione, prescindendo da una valutazione prognostica , è un pensiero costante. In più, essendo quella dei pazienti con angina stabile una popolazione molto differenziata diventa difficile concordare linee d’azione comuni.
Relativamente più semplice è essere d’accordo sulle strategie per l’ottimizzazione della terapia medica di questi pazienti.
Le linee guida europee (1) e quelle americane (2), non sono proprio recenti, mentre più attuali sono le line guida NICE (3), che tra l’altro riprendono spesso i concetti espressi nelle precedenti linee guida.
Esse affrontano: le modalità per offrire ai pazienti un supporto efficace, il trattamento antianginoso ottimale, le indagini valutative e la rivascolarizzazione dei pazienti con angina stabile.
Gli obiettivi della terapia sono in particolare due:
- Ridurre il rischio di nuovi eventi (prevenzione secondaria) attraverso l’adozione di uno stile di vita corretto e con la prescrizione di farmaci la cui utilità è ampiamente dimostrata da numerosi trial (statine, antiaggreganti, terapia antipertensiva….)
- Annullare, o almeno rendere sopportabile, la sintomatologia ricorrendo a farmaci ampiamente noti (betabloccanti, ca-antagonisti, nitrati) ai quali, recentemente, si sono aggiunti tre nuove molecole: ranolazina, ivabradina, nicorandil.
L’approccio iniziale, e gli step successivi della condotta terapeutica, sono riportati dalle linee guida NICE (3) e sono oggi abbastanza condivisibili:
1. Consigliare un beta-bloccante o un calcio-antagonista, come trattamento di prima linea.
2. Se il farmaco di prima linea non è tollerato va considerato il cambio per l’altra opzione.
3. Se i Sintomi non sono controllati con soddisfazione le due molecole vanno combinate.
4. Se la sintomatologia persiste con due farmaci e il paziente è in attesa della rivascolarizzazione o la rivascolarizzazione non è appropriata va esaminata l’aggiunta di un terzo farmaco antianginoso.
5. Non va aggiunto un terzo farmaco se il paziente non è più sintomatico.
Un famaco diverso da un betabloccante o un calcioantagonista andrebbero dunque usato solo nelle seguenti condizioni:
- nel paziente che non tollera i BB e/o i calcioantagonisti
- In aggiunta, come terzo farmaco nei soggetti in cui l’angina non è controllata in modo efficace. La scelta dovrebbe essere effettuata in base alle comorbilità, alle controindicazioni e ai costi (si veda tabella 1)
Tabella 1
Farmaco |
Durata azione |
Costo per giorno (Sterline) |
Costo per anno (Sterline) |
Nitrati |
Breve (isosorbide mononitrato) |
0.05 |
19 |
Lunga (isosorbide mononitrato) |
0.09 |
34 |
|
Ivabradina
|
|
1.39 |
507 |
Ranolazine |
|
1.63 |
595 |
Nicorandil |
10 mg |
|
99 |
20 mg |
|
190 |
Snodi clinici
Sottolineate quelle che sono le regole più accreditate vanno ora affrontati alcune tematiche che rimangono degli snodi clinici importati:
L’uso degli Ace-inibitori
Uno dei dubbi costanti è se gli ace-inibitori debbano essere usati in tutti i pazienti. L’approccio più razionale sembrerebbe il seguente:
- da somministrare sicuramente ai pazienti con: pregresso IM, diabete, scompenso cardiaco, insufficienza ventricolare sx asintomatica (Classe I livello di evidenza A).
- Va attentamente valutato il loro uso anche negli altri pazienti (studi Hope ed Europa) (Classe IIa livello di evidenza B).
- È opinione comune che, comunque, gli ace-inibitori vanno continuati nei pazienti che assumono questa classe di farmaci per altri motivi.
Beta bloccanti
I betabloccanti sono estremamente utili nel controllare il dolore e, nei pazienti dopo infarto del miocardio, hanno ampiamente dimostrato di ridurre la mortalità. Non vi è però a tutt’oggi un’evidenza significativa dell’impatto dei betabloccanti rispetto agli altri farmaci antianginosi (calcio antagonisti in particolar modo) sulla mortalità nei pazienti con angina stabile. Sembrerebbe esserci un Trend a favore dei betabloccanti cardioselettivi rispetto al placebo, ed anche ai calcioantagonisti, ma occorrono ulteriori conferme per questo dato.
Ivabradina e Ranolazina
Altra domanda chiave per determinare le giuste scelte è: i nuovi farmaci sono utili nella gestione del paziente con angina stabile solo perché riducono la sintomatologia o possono rappresentare un valore aggiunto nella terapia di questi pazienti?
Ivabradina
Ha dimostrato di controllare in modo efficace la sintomatologia, sia quando somministrata da sola che in associazione con i betabloccanti, ed esistono evidenze di riduzione di eventi nei pazienti con scompenso cardiaco, per cui il farmaco è particolarmente utile nella gestione dei pazienti ischemici in particolar modo nei pazienti che hanno controindicazione ai betabloccanti. Purtroppo, per il suo meccanismo d’azione, non può essere utilizzato nei pazienti con fibrillazione atriale.
Ranolazina
La ranolazina ha dimostrato di migliorare la durata dell’esercizio e i sintomi/segni di ischemia, con effetti indipendenti dalle variazioni della FC e della PA. La sicurezza e la tollerabilità generalmente sono risultate buone e inversamente correlate alla dose. La ranolazina si propone con estremo interesse nella gestione dei pazienti con cardiopatia ischemica cronica non solo per avere un meccanismo d’azione differente da tutti gli altri farmaci antianginosi, che agiscono o sulla riduzione della richiesta di ossigeno o sul maggior apporto dello stesso, interferendo più a valle a bloccare la cascata ischemica, ma anche per le altre azioni che si sono evidenziate negli studi clinici condotti fino ad oggi. Il farmaco ha infatti dimostrato di:
- ridurre le artimrie ventricolari e soprattutto quelle sopraventricolari
- ridurre in modo marcato i valori di glicemia ed emoglobiona glicosilata nei pazienti con iperglicemia.
Sono meccanismi che potrebbero rilevarsi particolarmente utili nella gestione del paziente con cardiopatia ischemica cronica e gli studi futuri ci dovranno fornire i dati per capire l’utilità di questo farmaco anche in termini di costo/efficacia.
Conclusioni
Ci pare di poter concludere con le seguenti brevi considerazioni:
La terapia medica del paziente con angina stabile deve essere finalizzata a prevenire nuovi eventi e a controllare la sintomatologia.
La terapia antianginosa è da affidare in particolar modo a betabloccanti e calcioantagonisti.
Nuovi studi ci diranno se ivabradina e ranolazina potranno avere un ruolo non solo nel ridurre la sintomatologia ma anche nel ridurre nuovi eventi.
Bibliografia essenziale
2. Fraker TD Jr, Fihn SD, et al: 2007 chronic angina focused update of the ACC/AHA 2002 guidelines for the management of patients with chronic stable angina: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines Writing Group to develop the focused update of the 2002 guidelines for the management of patients with chronic stable angina.J Am Coll Cardiol. 2007; 50(23):2264-74.