PROCESSO ALL’ECOSTRESS.   L’ACCUSA

 

Ernesto Murena,   Luigi Cavuto,   Francesco Sibilio*,   

Sabato Tortorella, Antonio Vitolo,   Gerolamo Sibilio

Unità Operativa di Cardiologia UTIC

Ospedale S.Maria delle Grazie Pozzuoli ASL NA2 Nord

*Seconda Università degli Studi di Napoli (SUN)

 

 

Sostenere l’accusa ad una metodica strumentale ampiamente utilizzata la cui validità in termini di efficacia clinica è universalmente accettata, non è semplice ed agevole. Numerosi sono i dati in letteratura che conferiscono a questa indagine un posto di rilievo nella diagnosi e stratificazione del rischio nell’ambito della cardiopatia ischemica.  1  2   3   Ulteriori campi di applicazione in cui è stato evidenziato un beneficio con relativa appropriatezza clinica⁴  sono da ricercare nei pazienti con nuova diagnosi di scompenso cardiaco o disfunzione ventricolare sinistra⁵ , con fibrillazione atriale di nuova insorgenza⁶ , in pazienti candidati ad una valutazione pre-operatoria ( chirurgia maggiore non cardiaca)⁷e in soggetti affetti da valvulopatia⁸.

L’ecocardiografia da stress può essere effettuata con stress fisico o farmacologico ( dobutamina, dipiridamolo, adenosina) nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica per la ricerca di vitalità miocardica o per accertare la presenza e sede di ischemia inducibile 3  4. Come tutte le metodiche strumentali, l’ecostress presenta, oltre ad indubbi vantaggi, anche limiti che confinano questa indagine ad un particolare setting di pazienti. Indubbiamente per la ricerca di vitalità la metodica di elezione è l’ecostress farmacologico con dobutamina a basse dosi con una specificità superiore ed una sensibilità inferiore rispetto alla scintigrafia miocardica, ma con la stessa accuratezza predittiva, senza, tuttavia, gli elevati costi e gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti della tecnica scintigrafica: occorre notare, a tal proposito, che le definizioni di miocardio stordito ed ibernato nel contesto di questa tanto decantata vitalità sono decisamente datate ( stordito:1975 ed ibernato: 1989 ) e considerate come dogmi non più contestabili o criticabili.

Per la ricerca di ischemia inducibile, invece, l’ecostress può essere effettuato, e sottolineo il può, in aggiunta o in alternativa al test ergometrico (T.E.). Il documento di consenso del 2010 9  “Appropriatezza dell’esame ecocardiografico e definizione delle classi di priorità : una proposta della SIEC” recita: “Ecostress indicato in AGGIUNTA al T.E. nei seguenti casi: 1) esito dubbio T.E.; 2) necessità di documentare la sede e l’estensione dell’ischemia inducibile, al fine della scelta tra terapia medica e chirurgica. In merito al primo punto, allorquando il T.E. viene effettuato con tutti i crismi ( iniziale indispensabile valutazione clinica del paziente con adeguata selezione e chiare, mirate, non generiche indicazioni all’esecuzione del T.E., un esame massimale o “syptoms limited”, un’attenta valutazione poliparametrica : durata dell’esercizio, controllo dei valori di P.A. e F.C., un adeguato prolungato periodo di recupero) le percentuali di test dubbio diventeranno realmente minime, per cui un’indagine suppletiva risulta inappropriata.

Sul secondo punto, è presuntuoso , con un ecostress farmacologico poter indirizzare il paziente, in base alla sede e all’estensione dell’ischemia, ad una scelta tra terapia medica o chirurgica: affiderei questa decisione su quale strategia intraprendere, medica o chirurgica, alla coronarografia con la sua eventuale valutazione di riserva coronarica, tipo flow-fractional-reserve (FFR). Inoltre questo documento recita che l’ecostress è indicato in ALTERNATIVA al T.E. nei seguenti casi: 1) “Impossibilità di effettuare da parte del paziente uno sforzo fisico, come per esempio una severa arteriopatia cronica ostruttiva degli arti inferiori”; 2)”Test ergometrico non valutabile per alterazioni basali all’ E.C.G. (BBS, alterazione della ripolarizzazione ventricolare secondaria a I.V.S., terapia digitalica ed in pazienti portatori di pace-maker)”.

In merito al primo punto, i sostenitori dell’ecostress riconoscono praticamente che quasi tutti i pazienti possono eseguire un T.E., con esclusione, pertanto, per i soggetti con severa limitazione funzionale. Sul secondo punto, le alterazioni basali all’E.C.G. sono talmente poco presenti nel mondo reale, che anche in questo caso l’ecostress risulta perdente nei confronti del T.E. : per altro, anche nel paziente con BBS, un ecostress ha i suoi limiti.

La prova da sforzo è il test diagnostico più universalmente disponibile con potentissimo significato prognostico, soprattutto se non ci si limita a valutare soltanto le misure elettrocardiografiche di ischemia, ma piuttosto la riserva funzionale ed altre misure di performance10 . Uno Score, in particolare, il Duke Treadmill Score11   derivato da  a) durata dell’esercizio in minuti; b) entità della limitazione funzionale imposta dall’angina ( nessuna, limitante o non limitante ); c) entità sottoslivellamento del tratto ST, e testato con un follow-up a lungo termine per la mortalità, è in grado di discriminare pazienti a basso rischio (mortalità  3,1% a 5 anni, simile a quella dei soggetti senza malattia coronarica) da quelli ad alto rischio ( mortalità 35% a 5 anni).

L’ecostress è una metodica a basso costo che deve però essere eseguita da ecocardiografisti esperti, essendo altamente operatore-dipendente sia per la registrazione dell’esame, sia per la sua interpretazione. Essendo, pertanto una metodica operatore-dipendente, risulta più difficile definire la sua sensibilità e specificità. E’ fondamentale la qualità dell’immagine, tant’è che è occorsa necessità di ulteriori progressi tecnologici atti ad un graduale miglioramento delle immagini : a) la seconda armonica con relativo miglioramento della risoluzione spaziale e riconoscimento del bordo endocardico; b) elevato frame-rate utile per le frequenze cardiache più elevate; c) archiviazione digitale e l’analisi off-line che migliora la riproducibilità facilitando il consulto di esperti; d) mezzi di contrasto per l’opacizzazione del ventricolo sinistro. 12  Recentemente anche queste innovazioni tecnologiche hanno confermato alcuni limiti, tant’è che si cercano ulteriori miglioramenti nella strumentazione per poter fornire al clinico una tecnologia sempre più raffinata: il miglioramento delle procedure strumentali è ben accetto, purchè non perdiamo di vista il paziente, che forse può fare a meno di questa sempre più sofisticata strumentazione.

Gli stressor più comunemente utilizzati per questa metodica sono l’esercizio fisico, la dobutamina ed il dipiridamolo.

ESERCIZIO FISICO : Agisce mediante un incremento delle richieste di ossigeno; è uno stress fisiologico, fornisce un parametro indipendente dell’ischemia che è la capacità di esercizio, riconosciuto come buon valore prognostico; i limiti evidenti sono rappresentati dai movimenti del paziente durante il test e dalla iperventilazione, nonché dai limiti intrinseci legati alle apparecchiature utilizzate ( lettoergometro-treadmill ).

DOBUTAMINA : Utile per la ricerca d’ischemia e vitalità miocardica. Agisce mediante la stimolazione dei recettori adrenergici, inducendo un aumento del lavoro cardiaco e della domanda di ossigeno : rappresenta, pertanto, un agente che simula l’esercizio, un surrogato dello stress fisico. Gli effetti cardiovascolari della dobutamina sono dose-dipendenti, con aumentata contrattilità a più basse dosi, seguite da progressiva vasodilatazione e risposta cronotropa a dosi crescenti, usualmente a 20 mcg/kg/min. Basse dosi  sono associate ad una insufficiente sensibilità; alte dosi sono associate con un più alto rischio di “Side effects”. Il protocollo più ampiamente utilizzato è quello proposto dalle raccomandazioni dell’AM. SOC. ECOCARDIOGRAPHY e dell’EUROP ASSOCIATION OF ECOCARDIOGRAPHY, con incremento della somministrazione da 5 a 40 mcg/kg/min in steps di 2 o 3 minuti. I limiti sono rappresentati dalla aritmogenicità della molecola, possibile comparsa di ipotensione specie ad alti dosi, dalla necessaria integrità del sistema beta adrenergico.

DIPIRIDAMOLO : non agisce come surrogato dello stress fisico, ma agisce con un meccanismo alquanto “intrigante” causando ischemia attraverso una riduzione dell’offerta di ossigeno con una dilatazione coronarica che può determinare un furto nel territorio a valle della stenosi.

Da queste stringenti note critiche su questa metodica, mi sento di concludere che l’ecostress è ovviamente non appropriato in pazienti con bassa probabilità pre-test, ma soprattutto non è appropriato quando siamo in grado di eseguire un T.E. interpretabile in soggetti con capacità di esercizio, e noi siamo bene a conoscenza di quanto la capacità di esercizio sia un ottimo marker prognostico.

Con l’ecostress, come con altri stressor tests, si corre il rischio di un inappropriato eccesso di richieste specie come di screning in pazienti asintomatici, soprattutto in soggetti a basso o medio profilo di rischio cardiovascolare, nel controllo periodico di routine in pazienti con cardiopatia ischemica nota e in pazienti con pregresso intervento di PCI. D’altro canto (nota dolente) la richiesta di ecostress, come di un semplice test ergometrico, è sempre più in calo nella stratificazione del rischio in pazienti post S.C.A. (specie in soggetti ricoverati ed inquadrati come sicuri “ischemici”, soltanto in considerazione di uno sfumato quadro laboratoristico ed ecgrafico). Sono, difatti, questi soggetti che meritano particolarmente la nostra attenzione ai fini di una sicura diagnosi di cardiopatia ischemica con un eventuale successivo invio all’esame coronarografico previa valutazione del rischio ischemico (basso-intermedio-alto) emerso dopo l’esecuzione dello stressor test. Molte coronarografie si eviterebbero (ed i dati in letteratura dimostrano l’elevato numero di coronarografie inappropriate). Il clinico si riappropri del proprio bagaglio di esperienze, impegnandosi ad essere prima clinico e poi “fruitore” di questi stressor tests da eseguire al momento giusto per un chiaro inquadramento del paziente.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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2)      PICANO E, SICARI R, GHERARDI S:   Ecostress nella cardiopatia ischemica e valvolareL.G. SIEC 2009

3)      PELLIKKA PA, NAGUEH SF, SAWADA SG,   American Society of Ecocardiography  reccomandions for performance, interpretation and   application of stress echocardiography  J Am Soc  Echocardiography 2007;  11:97-104

4)      DOUGLAS PS, STAINBACK RF, WEISSMAN N,  Appropriateness criteria for stress echocardiography:  A report of ACCF/ASE/ACEP/AHA/ASNC/ SCAI/SCCT/SCMR       CIRCULATION 2008  117: 1478-1497

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6)      POLDERMANY D; JJ BAX et al  “Long term prognostic value of dobutamine stress echocardiography in patients with atrial fibrillation” CHEST 2001 119; 114-149

7)      K.A. EAGLE  “The preoperative cardiovascular evolvation of the intermediate-risk patients: new data changing strategies”Am J Med 2005 118 (12): 1413

8)      PICANO E, PIBAROT P, LANCELLOTTI P, MONIN JL, BONOW RO  “The emerging role of exercise testing and stress echocardiography in valvular heart disease.J Am Coll Cardiol 2009;  54:2251-60

9)      S. MANDORLA, P. TRAMBAIOLO, M. DE CRISTOFARO, M. BALDASSI on behalf Consiglio Direttivo 2005-2007 SIEC  Appropriatezza dell’esame ecocardiografico e definizione delle classi di priorità: una proposta della SIEC.

GIC 2010  Volume 11 n°6 ;  503-533

10)  LAUER M,  SIVARAJAN FROELICHER E,  WILLIAMS M,  KLIGFIELD P.  Exercise Testing in Asymptomatic Adults.  A statement for Professionals from the American Heart Association, Council on Clinical Cardiology, Subcommittee on Exercise, Cardiac Rehabilitation, and Prevention. CIRCULATION 2005;    112:771-6

11)  MARK DB,  SHAW L,  HARRELL FE, et al. Prognostic value of a treadmill exercise score in outpatients with suspected coronary artery disease.

N Engl J Med 1991;   325:849-53

12)  C. SZYMANSKY, L. PIERARD, P. LANCELLOTTI     “Imaging techniques in coronary atherosclerotic disease: dobutamine stress echocardiography-evidence and perspectivesJ  OF CARDIOVASCULAR MEDICINE 2011  Vol.12: N° 8  543 553