La sindrome del QT lungo e del QT breve

 

Berardo Sarubbi, Nicola Grimaldi, Anna Correra, Giuliano D’Alterio, Maria Giovanna Russo

U.O.C Cardiologia – U.O.S. Cardiopatie Congenite dell’Adulto –

Seconda Università degli Studi di Napoli. A.O. Monaldi

 

La sindrome del QT lungo (LQTS) è una patologia aritmogena su base genetica, caratterizzata, nella maggioranza dei pazienti, da un prolungamento dell’intervallo QT e dal rischio di aritmie ventricolari potenzialmente letali. La malattia può presentare trasmissibilità autosomica dominante, sindrome di Romano-Ward (1,2) o autosomica recessiva, sindrome di Jervell e Lange-Nielsen (J-LN), associata a sordità neurosensoriale (3, 4).

La malattia è caratterizzata da eterogeneità genetica. Ad oggi, infatti, sono noti un totale di 10 geni coinvolti nella malattia: 3 geni principali KCNQ1 (LQT1) che codifica per i canali IKs, KCNH2 (LQT2) che codifica per i canali IKr ed SCN5A (LQT3), che codifica per il canale del sodio cardiaco e 7 geni che coprono un numero ridotto di casi e che spesso sono correlati a forme di LQTS che si associano a fenotipi particolari: le varianti LQT4(5), LQT5, LQT6, LQT7 (sindrome di Andersen) (6), LQT8 (sindrome di Timothy) (7). Del tutto recentemente sono stati descritti altri due geni malattia, cav3 (8) e SCN4B (9), che tuttavia sembrano responsabili di pochissimi casi.

All’interno della popolazione, la malattia è caratterizzata da prolungamento della durata della ripolarizzazione ventricolare, con QTc superiore a 440 msec nei bambini e nei soggetti adulti di sesso maschile e QTc superiore a 460 msec nei soggetti di sesso femminile dopo la pubertà. E’ possibile che i pazienti presentino, oltre al prolungamento del QT, alterazioni della ripolarizzazione ventricolare con onde T bifasiche o notched. E’ possibile, inoltre, osservare in alcuni pazienti la presenza di blocco atrio-ventricolare (BAV) 2:1 funzionale e fenomeni di alternanza battito/battito dell’onda T.

L’aritmia più frequente nella LQTS è la torsione di punta che degenera in fibrillazione ventricolare.

Sono noti specifici triggers per le principali forme genetiche nella LQTS: nei pazienti LQT1, il più ampio sottogruppo genetico, la maggior parte degli eventi cardiaci potenzialmente letali si verifica durante attivazione simpatica, prevalentemente indotta dall’esercizio. I pazienti LQT2 sono particolarmente sensibili alle emozioni e ai rumori improvvisi, quali lo squillo del telefono o quello della sveglia (10); inoltre, le femmine LQT2 sembrano essere a più alto rischio nel periodo post-partum (11). I pazienti LQT3 presentano più frequentemente eventi in condizioni di riposo o nel sonno.

La terapia cardine nella LQTS è la terapia β-bloccante (12, 13) che ha dimostrato un’efficacia nella riduzione della mortalità nella popolazione di pazienti LQTS (13). L’utilizzo di un dosaggio pieno di β-bloccanti è raccomandato in tutti i casi (2-4 mg/kg die di propranololo o 1-2 mg/kg die di nadololo; il metoprololo sembra meno efficace e dovrebbe essere limitato ai pazienti in cui è necessario utilizzare un farmaco selettivo per la presenza di comorbidità). Nei pazienti LQT1, poiché gli eventi potenzialmente mortali si verificano in fase di attivazione simpatica, le terapia antiadrenergiche si dimostrano di elevata efficacia (14, 15). I pazienti LQT2 hanno una risposta meno soddisfacente alla terapia β-bloccante (15, 16). I soggetti con QTc superiore a 500 msec, sono da considerare ad alto rischio di aritmie.

I pazienti LQT3 non sono protetti dalla terapia β-bloccante quanto gli altri due sottogruppi genetici e quindi terapie addizionali divengono necessarie. La mexiletina, bloccante del canale del sodio, è in grado di ridurre in maniera significativa l’intervallo QT (17), antagonizzando il ritardo nell’inattivazione dei canali del sodio, indotto dalla maggior parte delle mutazioni responsabili di questa variante di malattia (18).

Il 17% degli LQT3 sintomatici, sviluppa arresto cardiaco o morte cardiaca improvvisa nonostante la terapia β-bloccante (16), inoltre la probabilità di un primo evento fatale sembra maggiore negli LQT3 (19). L’insieme di queste considerazioni rappresenta una forte motivazione a considerare l’impianto di un ICD.      

La Denervazione Cardiaca Simpatica di Sinistra (LCSD) è stata associata a una riduzione e a lungo termine nella frequenza di eventi sincopali o arresto cardiaco pur non dando una protezione del 100% da eventi aritmici. Questo intervento terapeutico può essere preso in considerazione per pazienti che hanno sincopi malgrado la terapia β-bloccante e per tutti i pazienti con ICD che hanno tempeste aritmiche con interventi frequenti dell’ICD (20).

La sindrome del QT corto (SQTS) è una malattia elettrica cardiaca primitiva, ereditaria (autosomica dominante) descritta per la prima volta nel 2000 (21). Familiare o sporadica, manifesta o occulta, è comunque rara (circa 50 casi descritti) (22-25).

E’ caratterizzata da QTc corto, con valori limite diversi nei diversi lavori (<300-340 ms) (21, 23-25), onde T strette e appuntite, simmetriche e non, con relativo prolungamento dell’intervallo Tpeak-Tend e con aumento della dispersione transmurale della ripolarizzazione (TDR). Le anormalità del QT e la TDR sono maggiori alle basse frequenze cardiache, perciò le tachiaritmie si verificano maggiormente in questa situazione, ma possono verificarsi anche durante stimolazione adrenergica.

La sindrome è geneticamente eterogenea; sono state, infatti, descritte 5 mutazioni geniche definite come SQT 1-5 (26-29):

1.                KCNH2 (aumento della funzione HERG, IKr);   

2.                KCNQ1 (aumento della funzione KvLQT1, IKs) ;

3.                KCNJ2 (aumento della funzione Kir 2.1, IK1) ; 

4.                CACNA1C (riduzione della funzione Cav1.2, ICa) ;

5.                CACNB2b (riduzione della funzione Cavβ 2b, ICa) ;

Anche la presentazione clinica è molto eterogenea, con uno spettro che va dalla totale asintomaticità fino all’arresto cardiaco come prima manifestazione, comprendendo inoltre palpitazioni, sincopi, episodi di flutter o fibrillazione atriale, extrasistolia ventricolare o tachicardia ventricolare (24). I sintomi e le aritmie, causate dall’accelerata ripolarizzazione atriale, possono verificarsi anche in neonati, bambini e giovani adulti (24-25).

Lo studio elettrofisiologico (SEF) dimostra un periodo refrattario effettivo atriale (PRE A) e ventricolare (PRE V) corti, <200 ms, inducibilità di flutter o fibrillazione atriale anche con singolo extrastimolo, tuttavia, la sensibilità per l’inducibilità di fibrillazione ventricolare è solo del 50% (24). Inoltre, non è ancora chiaro se l’inducibilità di fibrillazione ventricolare sia predittiva di outcome sfavorevoli. La semplice manipolazione del catetere nel ventricolo destro può facilmente indurre fibrillazione ventricolare e questo sembra una caratteristica della SQTS (25).

Le forme SQT 4-5 (29), dovute a ridotta funzione del canale del calcio, presentano come peculiarità un sopraslivellamento ST in V1 V2 tipo Brugada spontaneo o da ajmalina e QTc relativamente lungo (330-360 ms).

La terapia della SQTS (25, 29, 30) si basa essenzialmente sull’impianto dell’ICD. L’impianto dell’ICD è però problematico nei bambini, per diversi motivi: piccole dimensioni, difficoltà tecniche, alto rischio di complicazioni, motivi psicologici (31). Inoltre, nella SQTS, la presenza di ampie e precoci onde T può causarne l’oversensing con risultante doppio conteggio e quindi terapie inappropriate.

Dato che i farmaci antiaritmici prolungano la durata del potenziale d’azione, inibendo IKr (ma anche Ito, IK1, IKs), sono stati presi in considerazione nel trattamento della SQTS (25, 29). A tutt’oggi, anche con una limitata esperienza con test elettrofarmacologico, sono stati proposti l’i

drochinidina, la disopiramide, e il propafenone. L’idrochinidina allunga il QT e il PREV, rende la non inducibile la fibrillazione ventricolare, normalizza il rapporto QT-RR (24). La disopiramide è stata utilizzata in singole esperienze, determinado un allungamento del QTc, il prolungamento del PREV, e la diminuzione dell’intervallo Tpeak-Tend, e il propafenone si è dimostrato efficace in alcuni pazienti nel prevenire le recidive di fibrillazione atriale parossistica, senza avere effetto sulla durata della ripolarizzazione ventricolare e sul QT. La f

lecainide, il sotalolo, e l’ibutilide si sono dimostrati inefficaci, l’amiodarone può prevenire sintomi dipendenti da aumentato tono adrenergico (25). Non sono state descritte esperienze con i beta-bloccanti.

 

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