PROCESSO ALL’ ANGIOPLASTICA DEL TRONCO COMUNE: L’ACCUSA
Antonio Panza, Severino Iesu, Antonio Longobardi, Chiara
Paolillo, Giuseppe Di Benedetto
Struttura Complessa di Cardiochirurgia, Dipartimento Cuore,
A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno
Introduzione
La lesione del tronco comune (left
main disease:LMD) è una patologia coronarica caratterizzata da
una prognosi severa a causa dell’ampio territorio a rischio
ischemico. Infatti, le due parole “tronco comune”(TC) evocano il
timore di un grave ed incombente pericolo di vita.
Tale lesione fu descritta per la
prima volta da J. Herrick nel 1912, quale causa della morte di
un soggetto di 52 anni deceduto per shock cardiogeno acuto e
diagnosticata in corso di esame autoptico (1).
Nell’ambito della cardiopatia
ischemica il coinvolgimento del TC si verifica nel 7%-13% dei
coronaropatici, ed è raramente una lesione isolata (solo nel
6%-9% dei casi). Inoltre, solo nel 10% dei casi la placca
aterosclerotica è localizzata all’ostio e nel 50% dei casi è
severamente calcifica. Tali aspetti anatomopatologici
rappresentano degli elementi importanti in quanto, influenzando
il risultato del trattamento percutaneo, ne condizionano le
indicazioni.
La storia naturale dei pazienti
affetti da LMD e’ gravata da una elevata mortalità naturale a
breve (soprattutto se in presenza di una sindrome coronarica
acuta) e a medio termine (a 3 anni varia dal 50% al 65%).
Fino a qualche hanno fa la LMD
era una urgenza chirurgica: la rivascolarizzazione miocardia era
da eseguirsi in tempi rapidi e tale indicazione era unanimemente
riconosciuta da tutto il mondo cardiologico.
Tale approccio “esclusivo” e’
stato posto in discussione dal miglioramento dei risultati a
breve e medio termine ottenuti dalla rivascolarizzazione
percutanea.
Risultati
Rivascolarizzazione percutanea
(PCI)
I risultati storici della PCI
nella LMD mediante l’impianto dei stent non-medicati (bare metal
stent: BMS) erano nettamente inferiori a quelli ottenuti
mediante rivascolarizzazione chirurgica. Infatti uno studio
meta-analitico rilevava come la mortalità media ospedaliera del
gruppo PCI era del 6%, con una incidenza media di
rivascolarizzazione precoce del 4% (range 2-20%) ed una
mortalita’ a 2 anni del 17% (2).
I risultati sono stati
migliorati con l’utilizzo di stent medicati (drug eluting stent:
DES). Infatti, la mortalità ospedaliera media è del 2,4% ed ad
1 anno è del 7%. Resta, quale tallone di Achille dell’approccio
percutaneo, una significativa incidenza di restenosi (20%) (2).
Rivascolarizzazione chirurgica
(CABG)
La superiorità del trattamento
chirurgico della LMD rispetto alla terapia medica è stao sancito
dal famoso studio multicentrico americano CASS (coronary artery
surgery study) condotto dal 1974 al 1979 negli Stati Uniti. In
tale studio (3) 1153 pazienti sottoposti a CABG per LMD erano
paragonati a 351 pazienti trattati solo con terapia medica. La
sopravvivenza media era di 13,3 anni nel gruppo chirurgico e di
6,6 anni in quello medico. In un voluminoso e protratto studio
monocentrico (4), che coinvolgeva 3803 pazienti operati dal
1971 al 1998, si rileva una mortalità operatoria del 2,4% , ad 1
anno del 7%, a 10 anni del 36% ed a 20 anni del 72%. Inoltre, si
documenta un effetto benefico dell’utilizzo della mammaria
sinistra, che migliora la sopravvivenza a distanza e riduce la
necessità di reintervento. Pertanto, l’autore conclude
affermando che la rivascolarizzazione chirurgica rappresenta un
valido “banco di confronto” per tutte le procedure alternative
di rivascolarizzazione meccanica (vedi PCI). In passato la
presenza di una LMD rappresentava un fattore di rischio
chirurgico aggiuntivo. A partire dal 1985, la malattia del
tronco comune non aumenta il rischio dell’intervento (5).

Fig. 1 Linee guida presenti
Linee guida presenti
Tutte le linee guida presenti
(Fig. 1), anche se datate (Stable Angina 2002, UA/STEMI 2002,
CABG 2004 e PCI 2005), considerano la presenza della LMD una
patologia per la quale la rivascolarizzazione chirurgica
rappresenta una indicazione chirurgica di classe I con livello
di evidenza A, mentre quella per la PCI di classe III con
evidenza B.
Pertanto. l’utilizzo della PCI
in tale patologia e’ da riservarsi solo in caso di rischio
chirurgico proibitivo (per la presenza di gravi comorbidità).
Il confronto recente
Due studi recenti prospettici e
multicentrici hanno confrontato la PCI con stent medicati al
CABG. Il primo lavoro presentato sul NEJM ha documentato
l’assenza di differenze significative in termini di mortalità e
complicanze maggiori (IMA ed Ictus), ma una statisticamente
significativa maggiore incidenza di rivascolarizzazione
successive nel gruppo PCI (6).
Il secondo studio rilevava una
minore mortalità operatoria nel gruppo PCI (1,1 vs 6,9), che
diveniva simile ad 1 anno (9,6 vs 11,4) (7).
Tali dati hanno gettato le basi
per uno studio prospettico randomizzato che superasse i limiti
degli studi comparativi precedenti. Infatti, la mancanza di
omogeneità per lesioni coronariche e per i fattori di rischio
procedurali, hanno reso finora l’interpretazione di tali dati
inconsistente.
Studio SYNTAX
La particolarita’ dello studio
SYNTAX (TAXUS Drug-Eluting Stent Versus Coronary Artery Bypass
Surgery) (8) e’ quella di comprendere tutti i pazienti, che
comunemente sono presenti nella pratica clinica senza esclusione
per la presenza di complesse lesioni coronariche (trivasali,
tronco comune e occlusioni totali), comorbidita’ (IRC, BPCO,
Ictus) e disfunzione ventricolare (bassa FE). Inoltre, per la
prima volta era possibile classificare la complessità delle
lesioni con un punteggio in modo da poter confrontare i
risultati in gruppi omogenei. Infatti, i pazienti sono stati
suddivisi in 3 terzili: basso, medio ed alto a seconda della
complessità e del conseguente punteggio SYNTAX raggiunto. Erano
arruolati i pazienti se con lesioni trivasali e/o con lesione
del tronco comune. Alla randomizzazione prospettica erano
arruolati 1800 pazienti divisi fra PCI (903 pz) e CABG (897
pz). I risultati operatori e tardivi (ad 1 e 2 anni) presentano
una mortalità simile ed una MACCE (Major Adverse Cardiac and
Cerebrovascular Events quali: IMA, ictus,
redo-rivascolarizzazioni) superiore nel gruppo PCI. Tale
differenza era dovuta solo ad una maggiore incidenza di ripetute
rivascolarizzazioni necessarie nel gruppo PCI (ad 1 anno 17,8 vs
12,1).
I dati, se scorporati per
terzili, per la presenza di LMD e di diabete hanno presentato
risultati diversi. I pazienti con un SYNTAX Score basso (I
terzile) hanno risultati simili se rivascolarizzati con PCI o
CABG. Pertanto, i pazienti con lesioni coronariche non complesse
possono essere rivascolarizzati mediante PCI o CABG a seconda
delle caratteristiche cliniche e della preferenza del paziente
e/o medico anche se in presenza di una LMD. I pazienti con un
SYNTAX Score intermedio hanno un’ incidenza di MACCE leggermente
superiore se trattati con PCI rispetto al CABG. Per questi
pazienti la PCI è ancora un’ opzione accettabile. La scelta del
trattamento sarà influenzato dalle comorbidità (se Euroscore
alto si preferirà la PCI). In toto l’incidenza di MACCE e’
sovrapponibile nel gruppo LMD (la maggiore incidenza di
reintervento e’ controbilanciata da minore incidenza di Ictus).
Ma se si scorporano i LMD + 2/3 vasi, l’incidenza di MACCE
diventa maggiore
I diabetici del II terzile (con
left main o trivasali) hanno un’incidenza di MACCE superiore nel
gruppo PCI rispetto a quello CABG. Pertanto, anche per i
diabetici di questo gruppo il trattamento sarà fortemente
influenzato dalle comorbidità (solo con un Euroscore alto si
dovrebbe preferire la PCI)
L‘indicazione alla
rivascolarizzazione meccanica in base ai sottogruppi Syntax ed
al diabete e’ la seguente:
Infine,
anche la sede della lesione del tronco comune (ostio, corpo o
biforcazione) ha una sua valenza nell’influenzare l’indicazione
elettiva alla rivascolarizzazione meccanica. Una lesione
dell’ostio o del tronco isolata rappresenta una condizione
favorevole all’impianto di uno stent medicato. Una lesione
distale dovrebbe essere trattata con chirurgia
Conclusioni
La rivascolarizzazione
coronarica nel paziente con lesione del TC deve tener conto sia
della sede della lesione (ostiale, del corpo o distale) sia
dell’estensione della malattia aterosclerotica. Una lesione del
TC ostiale o del corpo ha una incidenza di MACCE neutra rispetto
al CABG (+ restenosi/ - Ictus). La scelta finale, dopo
stratificazione del rischio chirurgico (Euroscore), deve essere
fatta dal paziente attraverso un consenso informato interattivo.
Qualora esista il coinvolgimento
di due vasi (nei pazienti diabetici) o piu’ vasi (in tutti i
pazienti), l’opzione chirurgica resta di prima scelta. Tuttavia,
in alcuni pazienti con molteplici comorbidità’, l’elevato
rischio chirurgico rende l’alternativa percutanea un’opzione
vantaggiosa per l’ammalato.
Dai dati epidemiologici
menzionati:
–
prevalenza: bassa (7-13% )
–
lesione isolata: poco frequente ( 9%)
–
sede della
lesione: frequentemente distali (90%)
–
caratteristiche
della lesione: spesso calcifica (50%)
si deduce che l’opzione
percutanea resta una eventualità poco frequente.
Inoltre, tali evidenze
scientifiche devono essere contestualizzate, considerando il
livello di competenza dello specifico team cardiologico/
cardiochirurgico di riferimento.
Bibliografia
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