LA TERAPIA FARMACOLOGICA
DELLO SCOMPENSO CARDIACO CRONICO
D. Gabrielli *, M.
Tullio*,E.Savini*, G.P. Perna°, E. Simonetti**
*UOC
Cardiologia – Ospedale Murri, ZTL 11 Fermo;
° Presidio Monospecialistico
Lancisi AOU-O. R. Ancona
** AOU-O. R. Ancona
INTRODUZIONE
Lo scompenso cardiaco (od
insufficienza cardiaca) è una sindrome complessa causata da una
serie di alterazioni strutturali e funzionali in grado di
determinare una disfunzione ventricolare. La causa principale
dello scompenso cardiaco è la malattia coronarica seguita da
ipertensione arteriosa, patologie valvolari, cardiomiopatie e
miocarditi.
Le stime sulla prevalenza di
scompenso cardiaco sintomatico nella popolazione europea variano
in un range compreso tra 0,4% e 2%.
La Società Europea di Cardiologia ha calcolato che nel nostro
continente vi siano almeno 10 milioni di individui con scompenso
cardiaco.
I dati epidemiologici dimostrano
chiaramente che lo scompenso cardiaco costituisce una vera e
propria epidemia destinata ad aumentare ulteriormente se si
considerano alcuni aspetti come il progressivo invecchiamento
della popolazione, la maggiore sopravvivenza ad eventi acuti, la
riduzione della mortalità per le altre cause cardiovascolari, la
maggiore frequenza della diagnosi anche con l’inclusione delle
forme non dovute a disfunzione sistolica del ventricolo
sinistro.
Di qui scaturisce l’importanza
di una corretta gestione del paziente con scompenso cardiaco per
ridurre la mortalità e la morbilità attraverso il miglioramento
della qualità della vita e la diminuzione del tasso di
ospedalizzazione.
Sebbene anche le Linee Guida
sottolineino l’importanza di un corretto stile di vita nei
pazienti scompensati, la terapia farmacologica resta il cardine
nel trattamento del paziente con insufficienza cardiaca e si
avvale di una serie di farmaci validati a livello internazionale
e ormai considerati imprescindibili.
ACE-INIBITORI (ACE-I)
In assenza
di controindicazioni, l’uso di un ACE-inibitore è raccomandato
in tutti i pazienti con scompenso cardiaco congestizio
sintomatico ed una frazione di eiezione (FE) ≤40%( Classe di
raccomandazione I,livello di evidenza A).
E’ chiaramente dimostrato come
il trattamento con ACE-inibitore migliora la funzione
ventricolare sinistra,aumenta la sopravvivenza (riduzione del RR
di circa il 20%) e accresce il benessere del
paziente,riducendone l’ospedalizzazione per il peggioramento
dello scompenso cardiaco.
Gli ACE-inibitori rappresentano
attualmente, insieme con i beta-bloccanti, il fondamento della
terapia dell'insufficienza cardiaca (IC), essendo stata
dimostrata in maniera concorde in numerosi trials farmacologici
(CONSENSUS I, SOLVD e V HEFT II etc.) la loro efficacia nel
ridurre sia la mortalità che il peggioramento della sindrome da
IC. Solo il 10% o meno dei pazienti non tollera gli
ACE-inibitori, al di fuori delle fasi di grave
instabilizzazione/refrattarietà. Gli effetti collaterali degli
ACE-inibitori sono l'edema angioneurotico, l'insufficienza
renale con iperkaliemia, la tosse (dovuta all’accumulo di
bradichinine).La titolazione del farmaco nei pazienti con IC
avanzata e valori di PA tendenzialmente bassi dovrà essere
particolarmente attenta. Il monitoraggio della pressione
arteriosa e della kaliemia in corso di adeguamento della dose
andranno stabiliti sulla base delle caratteristiche del paziente
e della risposta alle dosi iniziali.
Nello studio ATLAS (
Assessment of Treatment with Lisinopril and Survival) è
stato valutato l’impiego di ACE-inibitori ad alte dosi ed è
emerso che nel gruppo di pazienti con scompenso cardiaco
trattato con 20 mg/die di lisinopril si è verificata una
riduzione del rischio per l’end-point combinato morti-
ospedalizzazione, rispetto al gruppo di controllo che riceveva
un dosaggio di 5mg/die, questo fa pensare che convenga tendere
alla dose massima prevista o, comunque , alla dose massima
tollerata, per ottenre il maggior beneficio .
BETA BLOCCANTI
I beta bloccanti dovrebbero
essere usati in tutti i pazienti con scompenso cardiaco
sintomatico e FE≤40% (Classe di raccomandazione I,livello di
evidenza A). Migliorano la funzionalità ventricolare e il
benessere del paziente, riducono l’incidenza di ricoveri per il
peggioramento dello scompenso e incrementano la sopravvivenza
(riduzione del RR di morte > del 20%). Quando possibile,nei
pazienti ospedalizzati,il trattamento dovrebbe essere iniziano
con cautela prima della dimissione.
Nei pazienti con insufficienza
cardiaca avanzata, l'impiego dei betabloccanti non è agevole, ma
esistono i presupposti teorici e di sperimentazione clinica per
la loro utilità. Il farmaco deve essere avviato in condizioni di
accettabile stabilità del compenso, quindi al di fuori delle
fasi di aggravamento del quadro congestizio e a distanza dalle
eventuali fasi di refrattarietà come dimostrato nello studio
Copernicus con carvedilolo, che ha comunque evidenziato buona
tollerabilità. Anche per i beta-bloccanti è necessaria una
attenta titolazione , rimane aperto il discorso se privilegiare
una molecola rispetto ad un’altra e se convenga iniziare il
trattamento farmacologico con ace-inibitore o beta-bloccante ed
aspettare la titolazione dell’uno prima di inserire l’altro
oppure se iniziare con ambedue i farmaci contemporaneamente .
ANTAGONISTI DELL’ALDOSTERONE
La somministrazione di basse
dosi di un antagonista dell’aldosterone deve essere considerata
in tutti i pazienti con FE≤35%e scompenso cardiaco sintomatico
severo, e quindi con una classe funzionale
NYHA III-IV, in assenza di iperkaliemia e insufficienza
renale significativa (Classe di raccomandazione I,livello di
evidenza B). Gli antagonisti dell’aldosterone riducono
l’ospedalizzazione per peggioramento di scompenso e aumentano la
sopravvivenza con significativa riduzione della morte improvvisa
quando aggiunti ad una terapia di base che includa un ACE-I,
come dimostrato negli studi RALES e EPHESUS. Attualmente si sta
rivalutando il loro utilizzo precoce nel post-infarto per gli
effetti favorevoli sul rimodellamento ventricolare.
ARBs (Angiotensin Receptor
Blockers)
In assenza di controindicazioni,
l’uso di un ARB è raccomandato in tutti i pazienti
con scompenso cardiaco e con una FE ≤
40% che rimangono sintomatici nonostante un trattamento ottimale
con ACE-inibitori e β-bloccanti, a meno che i pazienti siano
trattati anche con un antagonista dell'aldosterone.
Il trattamento con
ARBs migliora la funzione ventricolare sinistra, il benessere
del paziente e riduce il ricovero ospedaliero per peggioramento
dello scompenso cardiaco.
(Classe di
raccomandazione I, livello di evidenza A)
Il trattamento con
ARBs riduce il rischio di morte cardiovascolare.(Classe di
raccomandazione IIa, livello di evidenza B)
Gli ARBs vengono
inoltre utilizzati in alternativa agli ACE inibitori nei
pazienti intolleranti a questi ultimi, ed è questo l’utilizzo
attualmente più frequente, dal momento che l'alternativa
costituita dall'impiego di idralazina + isosorbide dinitrato non
è praticabile per l'indisponibilità dell'idralazina sul mercato
italiano. In questi pazienti gli ARBs
riducono il rischio di morte da cause cardiovascolari e il
ricovero ospedaliero per peggioramento dello scompenso cardiaco.
Nei pazienti ospedalizzati, il trattamento con un ARB dovrebbe
essere iniziato prima della dimissione.
Classe di
raccomandazione I, livello di evidenza B
Analogamente
allo studio ATLAS,
l’ HEEAL (°Heart
Failure Endpoint Evaluation of AII-Antagonist Losartan)
è stato condotto su pazienti con scompenso cardiaco in
trattamento con ARBs piuttosto che con ACE-inibitori per
intolleranza a questi ultimi. Sono stati reclutati quasi 4.000
pazienti di cui alcuni sono stati trattati con 50 mg/die di
Losartan e altri con 150 mg/die.
Da un’analisi effettuata al follow-up è emerso che l’utilizzo di
un dosaggio più elevato di ARBs
era associato ad una riduzione del 10%
del rischio relativo (considerando come end-point primario
combinato la mortalità per tutte le cause e l’ ospedalizzazione
per insufficienza cardiaca) rispetto alla dose più bassa. Tale
differenza sembra essere dovuta soprattutto ad una riduzione del
rischio di ricovero per insufficienza cardiaca. Anche in questo
caso, i risultati ottenuti non sono da considerarsi ancora
conclusivi, anche alla luce degli effetti collaterali
(ipotensione e peggioramento della funzione renale) delle dosi
più elevate.
IDRALAZINA
ED ISOSORBIDE DINITRATO
In pazienti sintomatici con una
FE≤40% la combinazione di idralazina e di isosorbide dinitrato
(H-ISDN) può essere utilizzata in alternativa ai ACEI e ARB in
caso di intolleranza agli stessi. Può essere aggiunta nei casi
in cui si ha una persistenza dei sintomi nonostante
l’ottimizzazione della terapia con ACEI, beta bloccanti e ARB o
antagonisti dell’aldosterone.(Classe di raccomandazione
IIa,livello di evidenza B).
L’associazione di H-ISDN riduce
l’ospedalizzazione per il peggioramento dello scompenso (Classe
di raccomandazione IIa,livello di evidenza B) e migliora la
funzione ventricolare e la capacità nell’esercizio Classe di
raccomandazione IIa,livello di evidenza A).
Al presente, i vasodilatatori
disponibili e potenzialmente utili nell'IC avanzata sono
rappresentati dai nitrati. L'isosorbide dinitrato è il farmaco
teoricamente più indicato, ma la necessità di somministrazioni
multiple nell'arco della giornata li rende poco accetti a
pazienti che già assumono molti farmaci, favorendo l'impiego di
formulazioni ad azione prolungata (orali o transdermiche),
nonostante non sia stata dimostrata la loro efficacia in grandi
trials farmacologici. I nitrati sono generalmente ben tollerati
se si esclude la possibile insorgenza di cefalea; la sospensione
del trattamento per qualche ora al giorno, per evitare la
tolerance, sembra utile anche nei pazienti con insufficienza
cardiaca, analogamente a quanto osservato negli ischemici.
DIGOSSINA
Nei pazienti con scompenso
cardiaco sintomatico e fibrillazione atriale la digitale può
essere usata per rallentare una risposta ventricolare rapida.
Nei pazienti con fibrillazione atriale e FE≤40% dovrebbe essere
usata per il controllo della frequenza cardiaca insieme o prima
dei beta-bloccanti (Classe di raccomandazione I,livello di
evidenza C). Nei pazienti in ritmo sinusale con scompenso
cardiaco sintomatico e FE≤40%,il trattamento con digossina (in
aggiunta a un ACEI) migliora la funzione ventricolare e il
benessere del paziente, riduce la ospedalizzazione per
peggioramento di scompenso, ma non ha effetti sulla
sopravvivenza (Classe di raccomandazione IIa,livello di
evidenza B).
La digitale è utile in molti
pazienti con scompenso cardiaco grave. Tuttavia secondo i più
recenti orientamenti il suo utilizzo non è mandatario. Resta
consigliabile nei pazienti fibrillanti e/o tachicardici. I
livelli ematici devono essere accuratamente sorvegliati nei
soggetti con compenso labile e con latente disfunzione d'organo.
Nei pazienti in trattamento digitalico, è utile il controllo
periodico del ritmo e della conduzione all'ECG.
DIURETICI
I diuretici sono raccomandati in
pazienti con scompenso cardiaco e sintomi o segni clinici di
congestione (Classe di raccomandazione I,livello di evidenza
B).
I diuretici sono farmaci
sintomatici utili a limitare la congestione. La dose è dettata
dalla necessità, tenendo presente che ridurre il diuretico alla
dose minima necessaria ne limita gli effetti sfavorevoli
sull'equilibrio elettrolitico, sull'assetto neuroendocrino,
sulla funzione renale e sull'uricemia, e spesso permette
l'impiego di dosi più elevate di ACE-inibitori. La necessità di
incremento progressivo e/o stabile del diuretico è un indice di
peggioramento dell'IC, ma bisogna ricordare che a volte il
paziente risponde all'aumento della dose con un parallelo
aumento dell'assunzione di liquidi e/o sale, accentuando così il
circolo vizioso dello scompenso. Per quanto riguarda
l'associazione di più diuretici, pur essendo spesso più
maneggevole nei pazienti ambulatoriali rispetto a quelli
ricoverati, espone al rischio di iponatriemia e ipo- o
iperkaliemia non riconosciute per l'assenza del controllo
frequente del quadro elettrolitico; come noto, l'aggiunta
temporanea di metolazone al diuretico dell'ansa può risolvere
quadri di aggravamento della congestione, ma richiede stretto
monitoraggio dei parametri di funzionalità renale ed
elettroliti.
ANTICOAGULANTI E ANTIAGGREGANTI
Il warfarin e’ raccomandato nei
pazienti scompensati con fibrillazione atriale
parossistica,persistente o permanente che non abbiamo
controindicazioni all’ anticoagulazione.
Una corretta anticoagulazione
riduce il rischio trombo embolico(Classe di raccomandazione
I,livello di evidenza B). I pazienti con bassa portata,
fibrillazione atriale, aneurisma del ventricolo sinistro,
trombosi endocavitaria o fenomeni di contrasto spontaneo
all'ecocardiogramma, oltre che con le comuni indicazioni,
necessitano di terapia anticoagulante orale con dicumarolici
secondo le comuni abitudini. Il trattamento antiaggregante con
acido acetilsalicilico, ticlopidina od altre tienopiridine, o
indobufene può essere impiegato negli altri pazienti con
cardiomegalia e ridotta frazione d'eiezione.rimane da valutare
il ruolo di nuovi farmaci quali il dabigatran.
STATINE
Il trattamento con statine può
essere considerato per ridurre l’ospedalizzazione nei pazienti
anziani con scompenso cardiaco cronico sintomatico e disfunzione
sistolica causata da coronaropatia,come dimostrato negli studi
GISSI-HF e CORONA (Classe di raccomandazione IIb,livello di
evidenza B).
Dallo studio GISSI-HF emerge un
effetto favorevole moderato sugli end-point con l’utilizzo di
omega-3.
ANTIARITMCI
In generale, nei pazienti con IC
grave, gli antiaritmici presentano una limitata efficacia
antiaritmica e un incremento degli effetti collaterali
(depressione contrattile, proaritmia e aritmogenicità). Nei
pazienti con aritmie, va verificata l'assenza di significativa
diselettrolitemia. C'è indicazione all'impiego di antiaritmici
nella terapia di fondo dei pazienti con tachicardie ventricolari
sostenute, fibrillazione ventricolare (non relate a
diselettrolitemia o ipossiemia grave), fibrillazione atriale
rapida mal tollerata emodinamicamente, e, in generale, aritmie
anche non sostenute che determinano aggravamento dei
segni/sintomi di insufficienza cardiaca, se responsive al
trattamento antiaritmico, ovviamente la terapia farmacologica
non può essere considerata sostitutiva della terapia elettrica,
ove questa sia indicata, stante la maggiore efficacia dimostrata
nei numerosi trials clinici di confronto effettuati. Tra i
farmaci antiaritmici, fatte salve le ovvie considerazioni di
efficacia, sono da considerare di scelta nei pazienti con
scompenso cardiaco, soprattutto se refrattario, l'amiodarone e
la mexiletina (da sola o associate all'amiodarone). L'effetto
collaterale più frequente e temibile dell'amiodarone è il
distiroidismo; in particolare, l'ipertiroidismo può scatenare un
peggioramento dello scompenso fino a renderlo intrattabile; in
questi casi, va presa in considerazione la tiroidectomia.
CONCLUSIONI
In questo scritto abbiamo
brevemente esaminato i capisaldi della terapia farmacologica
dello scompenso cardiaco tratti dalle Linee Guida del ACCF/AHA
del 2009 e della ESC del 2008 e applicati nella nostra pratica
clinica. Dalla revisione della Letteratura e delle precedenti
Linee Guida non sono emerse delle sostanziali differenze per ciò
che concerne la farmacoterapia dello scompenso. Infatti, i vari
studi ed i trials che sono stati effettuati in merito hanno
confermato la validità dell’associazione terapeutica per la
gestione del paziente. ACE-inibitori, beta bloccanti e
antagonisti dell’aldosterone assumono un ruolo preponderante e,
in assenza di specifiche controindicazioni, andrebbero sempre
utilizzati nei pazienti con disfunzione sistolica sintomatici.
Effettivamente, le classi di farmaci attualmente impiegate
agiscono su aspetti diversi e in vario modo nella fisiopatologia
dello scompenso cardiaco e, considerando la molteplicità dei
meccanismi contemporaneamente coinvolti, la terapia di
associazione consente di intervenire a vari livelli con
outcomes migliori. Infatti, esistono forti evidenze che
testimoniano come una corretta terapia aumenti in modo
significativo la sopravvivenza e riduca il tasso di
ri-ospedalizzazione migliorando quindi la qualità della vita
dei pazienti scompensati. Per quanto riguarda nuove possibilità
farmacologiche rimane da verificare il ruolo della ivabradina e
dell’aliskiren e delle terapie di supplementazione marziale ,
per i quali sono in corso trials che ci auguriamo
chiarificatori, rimangono problemi aperti nella gestione di
sottogruppi di pazienti specifici e degli anziani, in relazione
alla politerapia necessaria ed alla sua tollerabilità anche
alla luce delle comorbilità ; inoltre si aspettano evidenze più
probanti sulla terapia farmacologica dello scompenso diastolico
od a funzione sistolica confermata. In conclusione , al momento
rimane di fondamentale importanza una terapia farmacologica
basata sì sulle linee-guida , ma ,soprattutto, individualizzata
sul quadro clinico del paziente nella sua interezza, tenendo in
estrema considerazione le interazioni farmacologiche nella
politerapia e le eventuali comorbilità , considerando che la
terapia farmacologica della IC è solo una degli aspetti, anche
se fondamentale , della gestione terapeutica complessiva del
paziente, come peraltro ben messo in chiaro dalle linee-guida
europee ed americane e dalla esperienza maturata da chi si
occupa sul campo della cura di questa patologia.
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