Il
trattamento chirurgico della
Endocardite Infettiva
Giuseppe Di Benedetto, Generoso Mastrogiovanni
Struttura Complessa do Cardiochirurgia – A.O.U.”OO.RR.S.
Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, Salerno
Introduzione:
L’endocardite infettiva rappresenta una piccola percentuale del
volume chirurgico totale di una struttura cardiochirurgica ma
presenta estrema peculiarita’ per l’elevato impegno scientifico
richiesto, la necessita’ di interdisciplinarieta’ nelle scelte
terapeutiche e la varieta’ di indicazioni e soluzioni
applicabili. Lo scopo di tale lavoro e’ quello di presentare la
casistica chirurgica ed i risultati a distanza della nostra
Struttura Complessa di Cardiochirurgia.
Pazienti e metodi:
Dal giugno 1993 al giugno 2010, 110 pazienti sono stati
sottoposti al trattamento chirurgico dell’ endocardite
infettiva: 77 pazienti (57 maschi e 20 femmine) presentavano
Endocardite su Valvola Nativa (gruppo 1) e 33 pazienti ( 29
maschi e 4 femmine) Endocardite su Valvola Protesica (gruppo
2).L’eta’ media era di 49.7 anni nel gruppo 1 e 59 anni nel
gruppo 2. La classe NYHA III-IV era presente nel 67.5% dei
pazienti del gruppo 1 e 66.7% del gruppo 2. Il 33.8% dei
pazienti del gruppo 1 presentava endocardite attiva al momento
dell’intervento chirurgico,mentre quest’ultima era presente in
circa il doppio (66.7) dei pazienti del gruppo 2. In entrambi i
gruppi spesso la valvola colpita dal processo endocarditico era
quella aortica (specialmente se bicuspide in caso di valvola
nativa). Staphilococcus epidermidis era l’agente eziologico piu’
frequentemente isolato nel gruppo 2, mentre batteri appartenenti
al genere Streptococcus erano quelli di solito riscontrati nel
gruppo 1.
Risultati:
La mortalità’ ospedaliera era del +6,5% nel gruppo 1 e del 30,3%
nel gruppo 2. Il follow-up medio era di 80 mesi (range: 1-208
mesi). Al termine del follow-up la classe NYHA era
significativamente migliorata in entrambi i gruppi (p<0.05):
l’83,1% dei pazienti del gruppo 1 ed il 60.6% del gruppo 2 era
in classe NYHA I-II. La sopravvivenza a 1.5 e 15 anni era del
93.4 ± 2.9%, 86.3± 4.3%, 74.7± 6.7 % rispettivamente nel gruppo
1 e del 66.5 ± 8.2%, 62.6± 8.6%, 55.7± 10.1% nel gruppo 2,
quindi significativamente piu’ alta nel gruppo 1 (p=0.014). La
liberta’ da recidiva endocarditica ad 1 anno ed al termine del
follow-up era del 97.2± 2% e 95.7± 2.4% nel gruppo 1 e del 91.3±
5.9% e 85.9± 7.6% nel gruppo 2.
Discussione:
Instabilita’ emodinamica da alterazione delle strutture
valvolari, sepsi incontrollata presenza di vegetazioni
ampiamente mobili, tipo di germe rappresentavano le piu’ comuni
indicazioni per la chirurgia dell’endocardite infettiva. La
mortalita’ ospedaliera differiva in maniera significativa tra i
due gruppi, come risultato di uno stadio di malattia sistemico e
locale piu’ avanzato nel gruppo 2. L’intervento chirurgico
consentiva un marcato miglioramento dello stato clinico dei
pazienti. La sopravvivenza a distanza era relativamente buona,
anche se peggiore nel gruppo 2 e le strategie medico-chirurgiche
adottate consentivano di avere ottimi risultati in termini di
liberta’ da recidive a lungo termine.
Conclusioni:
Sebbene impegnativa sul piano terapeutico, la chirurgia
dell’endocardite consente un netto miglioramento
dell’aspettativa e della vita dei pazienti trattati, in presenza
di mortalita’ chirurgica accettabile. Una migliore selezione dei
pazienti affetti da endocardite su Valvola Protesica potrebbe
consentire di ridurre la mortalita’ ospedaliera e migliorare i
risultati a distanza.
