La rimodulazione della terapia con statine: quando
un’opportunità, quando un errore.
Vincenzo
Capuano,
Fabio Franculli, Ernesto Capuano, Sergio Torre, Matteo
Sonderegger, Giuseppe Di Mauro, Giuseppe La Sala, Giuseppe Di
Maso, Liberata Ricciardi, Giuseppe Vecchio.
Unità Operativa di Cardiologia ed UTIC – Ospedale amico
“G.Fucito” Mercato S. Severino (ASL Salerno)
Le statine hanno permesso di ridurre, in modo concreto, il
rischio cardiovascolare.
Si sono dimostrate utili sia in prevenzione primaria che
secondaria e nell’ambito della prevenzione secondaria hanno
dimostrato in particolare la loro utilità quando usate
precocemente e soprattutto le molecole in grado di ridurre in
modo più ampio i valori di colesterolo-ldl.
Nonostante le chiare evidenze in tal senso, sono ancora numerosi
i condizionamenti (nota tredici, decreti regionali,
interpretazioni diverse, differenti approcci al problema) che
interferiscono con la prescrizione di un farmaco
ipolipidemizzante e troppo spesso, dopo la dimissione
ospedaliera, i dosaggi vengono rimodulati in basso senza un
reale motivo, dimenticando i target di colesterolo LDL da
assicurare al paziente.
Le prime evidenze
I grandi studi epidemiologici del dopoguerra avevano ampiamente
dimostrato la correlazione tra colesterolemia ed eventi
cardiovascolari (1-2).
Ma, nella realtà clinica, solo l’avvento delle statine ha
permesso di incidere in modo determinante sui livelli di
colesterolemia e di ridurre in maniera concreta gli eventi
cardiovascolari. Il primo trial che ha dimostrato, in modo
inconfutabile, la possibilità di ridurre gli eventi
cardiovascolari, la mortalità cardiovascolare e la mortalità
totale è stato lo studio 4S (3) che ha offerto al medico una
nuova ed efficace possibilità di incidere sul destino del
proprio paziente.
In pochi anni sono stati condotti numerosi trial (4-14), i cui
risultati hanno dimostrato l’indiscutibile efficacia delle
statine sia in prevenzione secondaria (tabella 1) che in
prevenzione primaria (tabella 2).
Tabella 1. Trial in prevenzione secondaria
Studio |
Bib. |
Pubbl. |
Molecola |
N° |
Età |
donne |
diabetici |
MI Pregresso |
Altri eventi CV |
4S |
1 |
1994 |
Simva |
4.444 |
35/70 |
19 % |
5 % |
79 % |
21 % |
CARE |
4 |
1996 |
Prava |
4.159 |
21/75 |
14 % |
14 % |
100 % |
0 |
PostCABG |
5 |
1997 |
Lova |
1.351 |
21/74 |
8 % |
9 % |
49 % |
51 % |
LIPID |
6 |
1998 |
Prava |
9.014 |
31/75 |
17 % |
9 % |
64 % |
36 % |
GISSI-P |
7 |
2000 |
Prava 20 |
4.271 |
19/90 |
14 % |
14 % |
100 % |
0 |
LIPS |
8 |
2002 |
Fluva 80 |
1.677 |
18/80 |
16 % |
12 % |
44 % |
56 % |
Tabella 2 . Trial in prevenzione primaria
|
Bib. |
Pubbl. |
Molecola |
N° |
età |
donne |
diabetici |
Assenza Eventi Pregressi |
WOSCOPS |
9 |
1995 |
Prava |
6.595 |
45/64 |
0 |
1% |
92% |
AFCAPS |
10 |
1998 |
Lova |
6.605 |
45/73 |
15 % |
2 % |
97% |
ALLHAT |
11 |
2002 |
Prava |
10.355 |
>
55 |
49 % |
35 % |
89% |
ASCOT |
12 |
2003 |
Atorv 10 |
10.305 |
40/79 |
19 % |
25 % |
86% |
CARDS |
13 |
2004 |
Atorv 10 |
2.838 |
40/75 |
32 % |
100 % |
96% |
Quali limiti di colesterolo-ldl raggiungere
L’efficacia era così evidente che ci si è subito posto
l’interrogativo di quali potessero essere i limiti da
raggiungere per poter avere il massimo effetto senza rischiare
effetti collaterali importanti da ipocolesterolemia.
Osservazioni epidemiologiche e studi clinici hanno dimostrato
l’utilità di raggiungere valori di colesterolemia decisamente
bassi (15) e la sostanziale mancanza di effetti collaterali
importanti. Già nel 1994 l’ ATP III segnalava l’importanza di
raggiungere, in pazienti ad alto rischio, valori inferiori a 70
mg/dl di colesterolo-LDL.
Contemporaneamente studi con IVUS rafforzavano questo concetto
dimostrando come valori bassi (circa 70 mg/dl) di colesterolo
LDL fossero in grado di stabilizzare la placca e concentrazioni
ancora più basse fossero in grado di farla regredire (16).
Gli effetti collaterali giustificano una riduzione dei dosaggi ?
Questi risultati hanno portato ad un’enorme prescrizione delle
statine tanto che, in breve tempo, è divenuta la classe di
farmaci più prescritta. A questo punto, ovviamente, ci si è
iniziati a porre in modo più concreto il problema degli effetti
collaterali e tale preoccupazione è stata particolarmente
supportata dalla sospensione dal commercio della cerivastatina
per eccesso di rabdomiolisi nei pazienti trattati.
I possibili dubbi sono stati dissipati dall’analisi dei vari
trial ed in particolare appariva molto confortante una
metanalisi (17) che analizzava ben 16 trial ( 90.056 pazienti)
condotti con statine ad efficacia medio-bassa, che affrontava il
problema dell’efficacia e della sicurezza delle statine,.
Questo lavoro dimostrava, ancora una volta, l’efficacia
dell’intervento che si traduceva, per ogni riduzione di una
mmol/L (39 mg/dl) di colesterolo-ldl, in una riduzione relativa
di eventi cardiovascolari maggiori pari al 21 % e una riduzione
di eventi coronarici pari al 23%. Non vi era differenza tra
prevenzione primaria e secondaria. Ovviamente la riduzione
assoluta di eventi era più concreta negli studi di prevenzione
secondaria (- 48 eventi / 1000 soggetti trattati) che primaria
(- 25 eventi / 1000 soggetti trattati). Tutto questo si otteneva
con un costo di effetti collaterali sostanzialmente basso. In
particolare l’assunzione di statine per 5 anni non produceva un
eccesso di rabdomiolisi ( pari solo allo 0.01 %) e non
modificava l’incidenza di cancro.
Perché una terapia più aggressiva è utile
Queste osservazioni facevano coniare lo slogan “The lower, the
better” (15), ma erano necessari studi che dimostrassero la
possibilità di concretizzare in clinica questo concetto e
soprattutto che vi fosse la dimostrazione che un incremento dei
dosaggi di statine non si traducesse in un incremento di effetti
collaterali inaccettabile. Alcuni trial, raccolti in una recente
metanalisi (18) hanno evidenziato benefici aggiuntivi da
progressive riduzioni della colesterolemia-ldl. La retta di
regressione, colesterolo-LDL/eventi cardiovascolari) conservava
la stessa pendenza anche per valori di ldl più bassi.
L’incremento di effetti collaterali era decisamente accettabile
(tabella 3).
Recentemente, una metanalisi (19), che considera ben 25 studi
effettuati fino ad oggi (compresi quelli condotti con statine ad
alta efficacia), conferma la stretta correlazione tra ampiezza
della riduzione del colesterolo-ldl e la percentuale di
riduzione di eventi cardiovascolari e coronarici.
Tabella 3. Effetti collaterali della terapia con statine ad alta
efficacia vs statine ad efficacia medio-bassa.
|
% di pazienti con effetti collaterali:
Statine ad alta efficacia vs statine ad efficacia
medio-bassa |
Odds ratio (95% IC) |
Eventi avversi legati all’assunzione discontinua |
7.8 vs 5.3 |
1.34 (0.98 - 1.83) |
Elevazione Transaminasi |
1.5 vs 0.4 |
4.14 (2.3 - 7.44) |
Mialgia |
3.3 vs 2.8 |
1.26 (0.98 - 1,63) |
Miopatia (mialgia con CPK elevato) |
2.2 vs 1.8 |
1.91 (0.11 - 32.13) |
Rabdomiolisi |
00.5 vs 0.04 |
0.97 (0.29 - 3.24) |
Le dimostrazioni in UTIC
Lo studio MIRACL (80 mg di atorvastatina) (20), ha dimostrato
per primo l’importanza di usare la terapia ipolipidemizzante il
più presto possibile e a dosaggi alti in pazienti con sindrome
coronarica acuta. Vari altri studi hanno confermato questa
evidenza. Così come si è dimostrato importante non interrompere
la terapia in pazienti già trattati. Queste evidenze supportano
il concetto che i pazienti dopo SCA andrebbero prima trattati e
poi dimessi con terapia ad alta efficacia. Questo però non
succede con frequenza accettabile e molti pazienti dopo la
dimissione non sono a target.
Inoltre spesso la terapia ad alta efficacia viene ridotta nei
mesi successivi senza una valutazione attenta dei rapporti
benefici - effetti collaterali - costi.
In quali pazienti è giustificato rimodellare la terapia
- Sicuramente la terapia va rimodellata, ricorrendo a statine a
più alta efficacia nei pazienti non a target. Come già scritto
sono veramente tanti i lavori che hanno dimostrato una maggiore
riduzione di eventi nei pazienti con più bassi livelli di
LDL-Colesterolo.
- La rimodulazione, con l’uso di farmaci a minor efficacia, va
effettuata solamente nei casi in cui si manifestino dei chiari
effetti collaterali o si raggiungano valori di LDL-Colesterolo
veramente bassi (< 50 mg/dl ?).
- Non va assolutamente rimodulata la terapia nei pazienti a
target e che non hanno effetti collaterali.
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