LA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE DELL’INFERMIERE

IN CARDIOLOGIA


 

Elisabetta Simonetti

Area Infermieristica

Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona


 


 

INTRODUZIONE

L’evoluzione del sistema sociale, economico, politico e sanitario ha determinato profondi cambiamenti a livello organizzativo e gestionale.

La necessità per il SSN di assicurare appropriatezza, competenza, accessibilità, qualità/eccellenza e competizione dell’offerta e nella produzione di servizi e di garantire anche prestazioni di provata efficacia in condizioni adeguate, comportano sfide non semplici che vanno affrontate attraverso la riprogettazione dei percorsi di salute, soprattutto attraverso l’impegno di ogni organizzazione e di ciascun professionista, chiamato a esprimere al meglio la propria competenza con un’attenta

interpretazione dei bisogni di salute dei cittadini e prestazioni di provata efficacia.

I professionisti rivestono infatti un ruolo strategico per il mantenimento e lo sviluppo positivo del SSN, acquisendo, attraverso un rapporto di advocacy (difesa e tutela), lo status di garanti della qualità, dell’appropriatezza e della sicurezza delle prestazioni erogate alla persona e alla collettività.

In tale prospettiva, il processo di trasformazione dell’esercizio professionale versus la competenza e la responsabilità, ha individuato come sostanziale obiettivo di ciascun professionista sanitario la capacità di dimostrarsi autonomo, nella consapevolezza delle decisioni prese nelle diverse situazioni affrontate, e di assumersi la diretta responsabilità sui risultati raggiunti. In una logica in cui nessuna situazione assistenziale può essere considerata facilmente comprensibile in termini di interpretazione e di risposta, occorre che l’infermiere acquisisca competenze sempre più sofisticate al fine di poter assumere le decisioni più opportune e scegliere le modalità di intervento migliori nelle diverse circostanze.

Mantenere elevati livelli di competenza diviene, pertanto, un aspetto essenziale dell’agire infermieristico attraverso il quale si configura la responsabilità professionale.(1)


 

EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE INFERMIERISTICA

Le professioni sanitarie sono state pervase, nell’ultimo decennio, da importanti cambiamenti. Molti di questi cambiamenti sono stati originati dalla naturale evoluzione che le professioni acquisiscono, modificando i modelli e gli accessi formativi. Oltre al percorso evolutivo in atto introdotto dalla formazione universitaria, ciò che sta sostanzialmente modificando il concetto di responsabilità di queste professioni è, in buona parte, dovuto anche all’aumentata consapevolezza, da parte degli utenti dei servizi sanitari, di essere portatori di diritti, di capacità di scelte autonome, di possibilità di differenziare i percorsi di cura nonchè le modalità di approccio.(2)

Nella normativa infermieristica sono presenti molti richiami a quali tipi di responsabilità è chiamato oggi l’infermiere. Le fonti di riferimento della responsabilità sono indicate dalle leggi dello Stato, dal Codice Deontologico, dalle Norme etiche, cui le conoscenze scientifiche e la competenza professionale fanno riferimento.

La Legge 42 del 1999 sposta l’attenzione dell’attività professionale su un piano giuridico-formale; l’infermiere viene riconosciuto quale professionista della salute, con responsabilità giuridica sul risultato assistenziale in un ambito autonomo e non derivato delle attività di cui si rende garante.

L’infermiere assume pertanto una parte contrattuale autonoma all’interno del rapporto con il paziente e diviene perciò titolare di responsabilità specifiche e globali assunte in proprio nei confronti dell’assistito.(3)

Dopo la Legge 42 del 1999 in tutta la normativa infermieristica viene più volte richiamato il concetto della consapevolezza della responsabilità, ossia dello stretto legame che esiste fra livello di autonomia raggiunto e consapevolezza delle decisioni assunte nell’area di competenza specifica. Il previgente Mansionario I indicava gli ambiti di attività dell’infermiere definendo un contesto di responsabilità che si limitava alla corretta esecuzione e non al risultato finale del processo in cui la prestazione stessa era inserita. (4) Oggi il campo di attività e di responsabilità infermieristica è caratterizzato da un’area cosiddetta “grigia”, a elevata discrezionalità, in cui è difficilmente riconoscibile il limite delle competenze senza una consapevole assunzione dei rischi e una chiara identità del ruolo; tale consapevolezza è strettamente connessa al livello di competenza raggiunto e “agita” nel contesto organizzativo in cui l’infermiere opera. Ciò significa che, ogniqualvolta l’infermiere opera delle scelte nell’agire quotidiano, tali scelte non possono non tenere conto del livello di conoscenza e di competenza raggiunti, della capacità di analisi e di valutazione dei rischi reali e/o potenziali che ne possono derivare.

La responsabilità si concretizza nell’attuazione di quel complesso di atti assistenziali prodotti dalle competenze intellettuali, relazionali e tecnico-operative insite nel profilo, derivanti dalla formazione universitaria e ispirati al Codice Deontologico. (5)

Non è semplice individuare “il campo proprio di attività e responsabilità” dai criteri guida; non vi sono dubbi che una figura, come per esempio può essere l’infermiere con master in area cardiologica, possa vantare e dimostrare maggiori competenze e di conseguenza vedersi attribuita un’autonomia professionale maggiore rispetto all’infermiere senza il master.(6)

La maggiore autonomia professionale comporta anche una più netta assunzione di responsabilità a livello individuale per gli atti posti in essere nell’esercizio professionale. In questi ultimi anni la giurisprudenza della Corte di Cassazione è stata estremamente punitiva in tema di eventi lesivi collegati alle attività sanitarie; in una vicenda verificatasi anni fa (sentenza n. 9638 del 13/9/2000), la sezione IV Penale della Cassazione ha stabilito che è responsabile il “solo” infermiere e non il medico se l’evento in cui il paziente è rimasto vittima in ospedale è dovuto a violazione, da parte dell’infermiere, dei suoi obblighi giuridici. (7)

La legislazione che regola la professione dell’infermiere prevede la facoltà, ed in taluni casi l’obbligo, di prendere iniziative e decisioni nel quadro della competenza specifica riconosciuta; questa autonomia comporta che, in caso di violazione degli obblighi professionali, l’infermiere è chiamato a rispondere del danno da lui prodotto con le sue azioni od omissioni. (8) L’inosservanza di tali obblighi comporta sanzioni che individuano tre tipi di responsabilità: (9)

la responsabilità penale: l’obbligo di rispondere per azioni che costituiscono un reato;

la responsabilità civile: l’obbligo di risarcire un danno ingiustamente causato;

la responsabilità amministrativo/disciplinare o ordinistico/disciplinare per i libero

professionisti, che fa riferimento agli obblighi contrattuali e di comportamento professionale.

Non si vuole entrare nello specifico con digressioni sulle diverse fattispecie, piuttosto sottolineare che l’autonomia decisionale è una conquista importante, che non può ovviamente prescindere da una “responsabilità” personale che si traduce in un comportamento corretto e coscienzioso nei confronti del paziente. (10)


 

INFERMIERI ED ERRORI IN CARDIOLOGIA

Affinchè vi sia responsabilità professionale è indispensabile che sia stato posto in essere un comportamento considerato vietato da una norma e a cui segue una sanzione.

La responsabilità professionale deriva, come in altre attività che presentano margini di rischio, da quelle che sono le forme classiche della colpa: la negligenza, l’imprudenza, l’imperizia e cioè dall’inosservanza di regole ricavate dall’esperienza. (11)

La negligenza si sostanzia in un contegno omissivo contrastante con quelle regole di condotta che impongono un determinato comportamento sollecito, attento e accorto che sia diretto a evitare un evento dannoso o anche solo pericoloso per la salute del paziente. E’ negligente la condotta del professionista che per leggerezza, disattenzione, dimenticanza violi quelle elementari norme di diligenza la cui osservanza sarebbe legittimo attendersi da persona abilitata all’esercizio di una professione sanitaria.

L’imprudenza, che generalmente, al contrario della negligenza, si riverbera in una condotta positiva, coincide con avventatezza, insufficiente ponderazione, temerarietà.

L’imperizia si concreta nell’errore professionale che gli inglesi chiamano “malpractice” e i francesi “inobservation des règles d’art”: l’incapacità tecnica di esercitare l’attività professionale nel modo dovuto. E’ il risultato di un insufficiente adeguamento all’insieme della legge dell’arte, ossia “il difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica…che non devono mai difettare in chi esercita una professione sanitaria”. (12,13)

In Italia, sono circa 320.000 le persone danneggiate ogni anno per errori sanitari. Gli operatori coinvolti nelle controversie legali sono principalmente i medici e in minima

Tabella 1

Cause degli episodi di malasanità

(Fonte: Leonardi G. Gli aspetti assicurativi nella responsabilità professionale.

Il risk management in sanità, 2009)


 


 

32% Inefficienza, distrazione

23% Assistenza infermieristica

17% Apparecchiature/strumenti

13% Farmaci

8% Terapie e trattamenti

7% Pazienti e Cartelle cliniche


 


 

parte le professioni sanitarie. I casi di cronaca recente, come la morte di un malato per clisma a base di formaldeide, la morte di un bambino per scambio di fiale di potassio, evidenziano maggiori attribuzioni di responsabilità nei confronti delle professioni sanitarie. (14) Le statistiche indicano che non più del 20% degli incidenti che si verificano nelle strutture sanitarie è dovuto a responsabilità strettamente personali, il resto è di natura sistemica, di organizzazione, di processo o di risorse. Le ragioni non dipendono tanto dalla mancanza di conoscenza ma dal fatto che non si applica compiutamente ciò che già si conosce. (15)

Infatti, a contribuire a rendere gli infermieri più esposti, in qualche modo, nel sistema dell’errore, sono l’assoluta mancanza di abitudine a considerare protocolli e linee guida come strumenti di lavoro.(16)

Generalmente l’operatore è la causa più prossima all’evento accidentale, ma la causa generatrice è da ricondurre a decisioni manageriali e scelte organizzative sbagliate; il livello di responsabilità si sposta verso il gestore del sistema che costruisce l’ambiente operativo attraverso l’architettura organizzativa (linee guida e protocolli assistenziali, procedure e istruzioni operative).(17)

Secondo le esperienze statistiche dei maggiori sistemi di rilevamento della malpractice, di norma si verifica, un evento sentinella II ogni mille rilevati (includendo anche i quasi errori o near misses). Le cause degli episodi di malasanità (Tab.1) e gli eventi sentinella individuati dal Ministero della Salute (Osservatorio nazionale sugli eventi sentinella), rappresentano un “difetto del sistema” che meritano un serio e adeguato momento di riflessione. (18, 19) Dal primo rapporto sul monitoraggio degli “eventi sentinella” del novembre 2007, emerge che quasi la metà degli eventi segnalati (51 casi) riguarda una categoria generale nella quale sono inclusi tutti quegli eventi non previsti dal protocollo come morte o grave danno imprevisto conseguente ad intervento chirurgico, caduta di paziente, inadeguata gestione dell’emergenza ed anestesia. Tra le cause principali di errore prevenibile vi è la carente applicazione o la totale assenza di appropriate procedure e linee guida; per esempio, procedure per la prevenzione delle cadute dei pazienti, per la corretta prescrizione delle terapie farmacologiche.

Tra gli altri fattori sono stati segnalati il carente inquadramento, valutazione o osservazione dei pazienti, la carente formazione da parte degli operatori, la carenza di comunicazione tra gli operatori e tra operatori ed i pazienti. (20)


 

Tabella 2

Attività dell’infermiere

(Fonte: Page A. Keep patient safe. The National Academic Press,Washington, 2004)


 

Attività dirette

Valutazione del paziente

Somministrazione dei farmaci

Esecuzione di medicazioni

Coordinamento delle cure tra

professionisti diversi

Applicazione di prescrizioni

mediche

Spiegazioni al paziente

Educazione del paziente e

familiari

Pianificazione delle attività per

la dimissione


 

Attività indirette

Coordinare le figure di supporto

Compilare documentazione

amministrativa

Convocare parenti

Approvvigionamento e

controllo delle scorte dei

materiali necessari alle cure ed all’assistenza


 

Attività improprie

Trasporti di materiali o farmaci

Trasporto di richieste ai vari

settori operativi

Pulizie

Distribuzione o ritiro dei vassoi

del vitto

Trasporto di pazienti non critici

Governo dei visitator


 


 

Un’indagine condotta da nove State Boards of Nursing ha permesso di identificare gli errori più frequenti, classificati poi in una tassonomia che racchiude otto categorie; le otto categorie di errori infermieristici che rappresentano un largo range di possibili errori e fattori contributivi o causativi sono le seguenti: (21)

1. mancanza di attenzione

2. mancanza di interesse fiduciario

3. giudizio inappropriato

4. mancanza di interventi nell’interesse del paziente

5. errori terapeutici

6. mancanza di prevenzione

7. sbagli o equivoci di altri operatori

8. errori di documentazione

In considerazione di quanto sopra esposto, i rischi tipici dell’attività infermieristica cui l’infermiere può incorrere in ambito cardiologico, derivano da tutta una serie di situazioni legate principalmente all'alto numero di attività e processi nei quali è coinvolto (Tab. 2). Le situazioni in cui l'infermiere è più impegnato (e che sono direttamente da lui controllabili) sono:

- la sorveglianza del paziente in ordine a situazioni attualmente o potenzialmente critiche,

- il coordinamento delle cure tra professioni e provider diversi,

- l'esecuzione di attività dirette (legate direttamente all’attività assistenziale), indirette (legate indirettamente all’attività assistenziale) ed improprie (poco legate all’assistenza).

Tutte queste attività, ad eccezione di quelle improprie che dovrebbero essere evitate, comportano rischi peculiari che possono coinvolgere la responsabilità dell'infermiere (22), in particolare si richiama quella legata agli errori terapeutici e agli eventi avversi causati da mancanza di attenzione o da giudizio inappropriato.

 


 


 


 

Gli errori terapeutici

Il D.M. 739/1994 “Profilo Professionale dell’Infermiere” recita “L’infermiere garantisce la corretta somministrazione delle prescrizioni diagnostico terapeutiche”.

Già negli anni settanta si stimava che circa il 30% dei pazienti ospedalizzati andasse incontro a un evento avverso da farmaco (Adverse Drug Event – ADE), con la successiva conferma arrivata da uno studio effettuato su un campione di 30.121 pazienti assistiti nei diversi ospedali di New York che ha evidenziato la presenza di una importante reazione avversa durante il periodo di ospedalizzazione nel 3,7% dei casi di cui il 19,4% è riconducibile ad ADEIII. Inoltre una proporzione di ADE compresa tra il 28% e il 56% è prevenibile.

Per quanto riguarda l’entità del fenomeno in Italia, fino ad ora, non sono stati effettuati studi nazionali di sorveglianza e di monitoraggio dei rischi farmacologici e degli aventi avversi da farmaco; i dati ad oggi disponibili provengono esclusivamente da fonti non istituzionali o derivano da proiezioni di casistiche internazionali. (23)

L’infermiere si assume la responsabilità per preparazione, gestione e somministrazione della terapia e ha la responsabilità legale nella pratica clinica. (24)

In particolare la fase della somministrazione implica una responsabilità sulla buona pratica clinica, condivisa da tutti gli operatori che sono coinvolti nel processo. La responsabilità nel processo di somministrazione della terapia farmacologica è determinata da tre elementi fondamentali: sicure modalità di identificazione del paziente, tracciabilità delle attività e tracciabilità del farmaco.

Si classificano diverse categorie di errore:

errore di prescrizione: rappresenta il 39% degli errori terapeutici.

errore di trascrizione/interpretazione: rappresenta l’11% degli errori terapeutici.

errore di dispensazione / di allestimento: rappresentano il 12% degli errori terapeutici.

errore di somministrazione: è l’ultima fase del processo di gestione del farmaco durante la quale l’infermiere somministra il farmaco prescritto in cartella clinica al paziente cui era destinato e rappresenta il 38% degli errori terapeutici.

All’interno di ciascuna di queste fasi vi sono molteplici attività, in ognuna delle quali può verificarsi un possibile errore. In relazione alle responsabilità per la gestione della terapia farmacologica, si individuano due figure principali: il medico, la cui competenza si riferisce alla determinazione dei farmaci da somministrare e alla conseguente prescrizione, e l’infermiere, la cui attività è legata alla somministrazione dei farmaci prescritti. Se distinguiamo la competenza del medico nel momento prescrittivo, l’infermiere è direttamente coinvolto in tutte le altri fasi del processo terapeutico, nel corso delle quali può inserirsi un errore. L’infermiere è infatti responsabile di tutto ciò che avviene dal momento della prescrizione medica fino al momento della somministrazione del farmaco. (25)


 

Gli eventi avversi da mancanza di attenzione o da giudizio inappropriato

La mancanza di attenzione è un buon esempio di una categoria di errori particolarmente rilevante nell’assistenza infermieristica perché la sicurezza del paziente dipende dal livello di attenzione degli infermieri alle condizioni cliniche del paziente e alla risposta alla terapia. La mancanza di attenzione può essere causata da problemi a livello di sistema, quali livelli di organico insufficienti, elevato turnover dei pazienti, improvvisa modifica delle condizioni dei pazienti senza incremento della “nursing staff”. Il giudizio inappropriato richiama alla competenza infermieristica di identificare la natura della situazione clinica e perseguire il processo di assistenza infermieristica utilizzando la conoscenza della situazione clinica. Gli errori si verificano quando ad esempio si malinterpretano segni e sintomi del paziente. (26)

In ambito sanitario l’errore dovuto a incompetenza può recare grave danno alla salute. Esercitare la professione infermieristica richiede la necessità di dominare un ampio orizzonte di conoscenze, di competenze e di abilità. Il livello di competenza raggiunto richiama alla responsabilità che ’infermiere deve/può assumere. Dal punto di vista giuridico, il richiamo al livello di competenza raggiunto fa propria una tendenza irreversibile nell’attuale analisi della responsabilità professionale: la critica al mansionismo; il parametro prevalente cui è rapportata l’azione professionale nelle aule

di giustizia è l’efficacia dell’azione verso il raggiungimento del risultato. Dentro tale approccio, la conoscenza dei propri limiti risulta indispensabile per l’infermiere che deve sviluppare capacità di autovalutazione e richiedere l’intervento di esperti qualora riconosca dei limiti professionali.(27)

Tale affermazione sui limiti delle conoscenze non deve costituire, però, un principio di astensione ma rappresentare una tutela per la persona assistita cui spetta una assistenza infermieristica fatta con la massima competenza; declinare la responsabilità significa farsi carico che altri più qualificati possano assumerne la presa in carico o, ad esempio, supervisionare una pratica nuova. Dal punto di vista giuridico evocare il dover di “umiltà professionale” può anche fungere da esimente della colpa. Esiste un sottile equilibrio dell’agire etico-professionale che trova rispondenza anche sul piano degli obblighi giuridici: anche nel diritto la legalità dei comportamenti umani è data da un

mix di doveri di fare e di astenersi. Ne consegue che sia l’eccessiva esuberanza che la renitenza possono essere ambedue sanzionate. (28)


 

CONCLUSIONI

Esiste il problema della responsabilità professionale sanitaria ed è un problema importantissimo, tale da condizionare l’esercizio della professione e quindi innescare un sistema di limitazione dell’assunzione di responsabilità dell’operatore sanitario che nel dubbio e nell’incertezza tende a non esporsi oltre il limite.

Il pericolo è quello di mettere in atto meccanismi propri della medicina difensiva che tende ad applicare una serie di norme che servono ad evitare il contenzioso; l’unico scopo degli operatori è, in questo caso, quello di non incorrere in ipotesi di responsabilità, non di migliorare la qualità delle prestazioni erogate e della relazione con il cittadino. (29)

Il profilo dell’infermiere disegnato dalla normativa è quello di un professionista intellettuale, competente, autonomo e responsabile. Si è di fronte ad una autonomia che ha necessità di dialogo costante con altre autonomie e di una responsabilità che ha necessità, per il proprio completarsi, di altre responsabilità. Non ultima quella del cittadino nel definire il “proprio” ben-essere. (30)

Le competenze clinico-assistenziali e la costante “manutenzione” sono fondamentali, ma vanno sostenute da comportamenti improntati alla diligenza, al prendersi cura e all’attenzione alla persona unica e irripetibile. Attraverso un risveglio dell’interesse per l’uomo è possibile creare una cultura della cura, attenta alle complesse e peculiari esigenze dei pazienti e del personale che ne ha la responsabilità.

La formazione infermieristica, disegnata finora prevalentemente su un modello bio-medico, deve rivedere il proprio paradigma, spostando il focus verso contenuti più specifici e attenti alla realtà della persona e della famiglia.


 

BIBLIOGRAFIA

1 Vallicella F, D’Innocenzo M, Leto A. La responsabilità professionale dell’infermiere. In: Procedure diagnosticoterapeutiche e assistenziali. Milano: Edizioni Mc Graw-Hill, 2005; 3-4

2 Sasso L. L’infermiere e la legge. Santarcangelo di Romagna: Edizioni Maggioli, 2008; 7

3 Vallicella F, D’Innocenzo M, Leto A. La responsabilità professionale dell’infermiere. In: Procedure diagnosticoterapeutiche e assistenziali. Milano: Edizioni Mc Graw-Hill, 2005; 4-6

4 Gobbi P. Responsabilità professionali e competenza specifica degli operatori nella prevenzione e nel trattamento delle complicanze cutanee dell’allettamento prolungato. 1

5 Vallicella F, D’Innocenzo M, Leto A. La responsabilità professionale dell’infermiere. In: Procedure diagnosticoterapeutiche e assistenziali. Milano: Edizioni Mc Graw-Hill, 2005; 4-6

6 Franzoni A. Esercizio della professione infermieristica: ambiti di autonomia e livelli di collaborazione.

7 Marra A. L’esercizio professionale e le responsabilità penali. In: Il ginecologo e l’ostetrico. Milano: Edizioni Passoni, 2003;62

8 www.inail.it L’attività dell’infermiere: autonomia e responsabilità, 2008

9 Mangiacavalli B. La nuova dimensione della responsabilità professionale infermieristica. Nursing Oggi 2002; 3: 8

10 www.inail.it L’attività dell’infermiere: autonomia e responsabilità, 2008

11 Buscemi A. La gestione del rischio in sanità. In: Il risk management in sanità. Milano: Edizioni Franco Angeli, 2009; 25-30

12 Gobbi P. Responsabilità professionali e competenza specifica degli operatori nella prevenzione e nel trattamento delle complicanze cutanee dell’allettamento prolungato. 5

13 Marra A. La responsabilità penale colposa. In: Il ginecologo e l’ostetrico. Milano: Edizioni Passoni, 2003;127-30

14 La Torre P. Tutele e Responsabilità degli Operatori Sanitari. InfermieriOnline.net, 2007

15 Basenghi M. In: Caminati A, Di Denia P, Mazzoni R. Risk management. Roma: Edizioni Carocci, 2007; 21

16 Turco A. Eventi, errori e soluzioni. In: Il risk management in sanità. Milano: Edizioni Franco Angeli, 2009; 63

17 Mangiacavalli B. Professione e responsabilità. 1^ parte. Federazione Nazionale Collegi IPASVI; 5

18 Turco A. Eventi, errori e soluzioni. In: Il risk management in sanità. Milano: Edizioni Franco Angeli, 2009; 61

19 Leonardi G. Gli aspetti assicurativi nella responsabilità professionale. In: Il risk management in sanità. Milano: Edizioni Franco Angeli, 2009; 89

20 Primo rapporto sul monitoraggio degli “eventi sentinella”. Ministero della Salute, 2007

21 Mangiacavalli B. Professione e responsabilità. 2^ parte. Federazione Nazionale Collegi IPASVI; 4

22 Marcon G. Imparare dall’errore Il risk management oggi. Atti del VIII Congresso Nazionale G.It.I.C. 2005; 13

23 Fabbri C, Di Denia P. Errori di terapia e sicurezza nella gestione del farmaco. In: Risk management. Roma: Edizioni Carocci, 2007;139-40

24 Turco A. Eventi, errori e soluzioni. In: Il risk management in sanità. Milano: Edizioni Franco Angeli, 2009; 54

25 Alvaro R, Bagnasco A, Del Negro L, Lancia L, et al. La sicurezza nella somministrazione della terapia farmacologica: una revisione narrativa della letteratura. L’Infermiere 2009; 3: 23-24

26 Mangiacavalli B. Professione e responsabilità. 2^ parte. Federazione Nazionale Collegi IPASVI; 4-5

27 Mangiacavalli B. Professione e responsabilità. 1^ parte. Federazione Nazionale Collegi IPASVI; 4-6

28 Mangiacavalli B. Professione e responsabilità. 2^ parte. Federazione Nazionale Collegi IPASVI; 4

29 Leonardi G. Gli aspetti assicurativi nella responsabilità professionale. In: Il risk management in sanità. Milano: Edizioni Franco Angeli, 2009;103

30 Sasso L. L’infermiere e la legge. Santarcangelo di Romagna: Edizioni Maggioli, 2008; 8