UN FATTORE DI RISCHIO MISCONOSCIUTO:
LA MANCATA ADERENZA ALLA TERAPIA
Sabino Scardi Paolo Umeri Giuliano Ceschia
Scuola di Specializzazione in Cardiologia Università degli
Studi di Trieste
sabino.scardi@libero.it
I farmaci non funzionano nei pazienti
che non li assumono
(Everett Koop US
Surgeon General)
Introduzione
Numerosi sono i fattori di
rischio-modificabili e non-implicati nella comparsa e nella
progressione della malattia aterosclerotica.Recentemente in
letteratura è stato evidenziato un nuovo fattore misconosciuto:
la non-aderenza alla terapia cardioprotettiva (Fig 1).
La non-aderenza alla terapia è
comune in molti pazienti con malattie cardiache croniche
riducendo, in questo modo, l’efficacia dei trattamenti medici
efficaci. Non solo, ma spesso gli stessi pazienti hanno scarsa
aderenza anche alle modificazioni dello stile di vita e alla
partecipazione ai programmi di riabilitazione.
La cardiopatia ischemica stabile
è una manifestazione comune anche nel nostro Paese e la sua
gestione a lungo termine rappresenta un problema importante
nella pratica quotidiana. Per la sua prevenzione primaria e
secondaria è necessario ridurre omogeneamente il tasso di tutti
i fattori di rischio noti raggiungendo, se possibile, i
livelli-target ottimali suggeriti dalle linee guida. La terapia
provata con aspirina, betabloccanti, statine, ACE-inibitori/Sartani
é la pietra miliare nella
BOX
Definizioni
L’aderenza (o compliance) alla terapia é la percentuale
di farmaci e di loro dosi, prescritte dai medici
curanti, che i pazienti devono assumere con la stabilita
frequenza e per un preciso periodo di tempo.
Il
paziente è considerato aderente se assume più del 70-80%
dei farmaci prescritti ( alta >80%), media (39-79%) e
bassa aderenza (<40%).
La
compliance é più completa nelle situazioni morbose
acute, mentre in quelle croniche crolla dopo 6 mesi.
Infatti, anche nei trials controllati sui trattamenti
cronici l’aderenza varia dal 43 al 78%. L’aderenza è un
fenomeno complesso che riflette l’interfaccia tra
efficacia, tollerabilità, frequenza di somministrazione
e costi di eventuali tickets, interazioni fra preparati
ed effetti indesiderati.
La
compliance parziale è la riduzione della dose o
l’interruzione occasionale delle dosi.
La
persistenza è la continuazione del trattamento secondo
le direttive del medico curante.
La
concordanza è l’alleanza terapeutica fra medico e
paziente che concordano la terapia ( per la quale hanno
un’uguale responsabilità ) rispettando le proprie
esigenze.
Nell’aderenza alla terapia è necessario rilevare anche
il dosaggio dei farmaci assunti per il raggiungimento
del target (aspetto spesso sottovalutato), perché solo
in questo modo si ottengono benefici.
|
gestione della profilassi
secondaria per evitare o controllare la sintomatologia, ridurre
gli eventi successivi, prolungare la sopravvivenza e migliorare
la qualità della vita. Nonostante i dimostrati benefici, essa
però è poco utilizzata nei Paesi occidentali compresa l’Italia
per diversi motivi fra cui la bassa aderenza dei pazienti (BOX).
Infatti, trials clinici hanno
dimostrato che alcuni farmaci riducono la mortalità
cardiovascolare nei pazienti con cardiopatia ischemica, tuttavia
nel mondo reale questo risultato non sempre si realizza per
l’insufficiente aderenza alla terapia raccomandata, confinata
solo alla popolazione dei trials e non al mondo reale.
L’interruzione o la completa
sospensione della terapia (in particolare al primo mese) nei
pazienti con recente episodio coronarico incrementa la mortalità
rispetto agli aderenti dopo un anno di follow-up (p<0.001). La
scarsa aderenza causa oltre il 50% dei fallimenti terapeutici e
si associa a progressione della malattia, ospedalizzazioni
evitabili, disabilità e morte.
L’entità del problema
Viceversa l’aderenza alla
terapia con statine, betabloccanti e calcioantagonisti migliora
la sopravvivenza dopo 15 mesi dal ricovero in 31.455 pazienti
sopravvissuti ad un infarto del miocardio. I pazienti sono stati
distinti in 3 classi: alta, intermedia e bassa aderenza alla
terapia consigliata (basata sulla proporzione di giorni nei
quali hanno assunto i farmaci nel primo anno dopo la
dimissione). La sospensione di statine, betabloccanti e
calcioantagonisti è risulta bassa rispettivamente 13.2%, 19.6%,
33.5%. E’ stato dimostrato che il miglioramento della
sopravvivenza è dovuto ai farmaci e non al più idoneo
stile di vita che accompagna gli aderenti alla terapia
farmacologica (healthy-adherer effect).
Le conseguenze della non
aderenza
La non-aderenza ai farmaci
incrementa il rischio di successivi eventi nei pazienti con
cardiopatia ischemica stabile di due volte maggiore in un
follow-up di 3.9 anni e un aumento di mortalità dell’80% a 1
anno dalla dimissione. Negli Stati Uniti, utilizzando la banca
dati della Duke University è stata analizzata l’aderenza di
31.750 pazienti sottoposti a procedure cardiache, ad aspirina,
betabloccanti e statine con surveys annuali dal 1995 al 2002. E’
stata valutata la mortalità rispetto al loro uso o non uso
aggiustata per i potenziali fattori confondenti. La non-aderenza
ai farmaci è risultata costosa, spesso letale e sconfortante.
In una ricerca
policentrica internazionale su 21.408 pazienti d’età maggiore di
18 anni condotta in 104 centri terziari dimessi dopo una
sindrome coronarica acuta (GRACE-Study), dall’8% al 20% non
assume regolarmente i farmaci evidence-based già dopo 6 mesi di
follow-up, nonostante i programmi educazionali per favorire la
compliance; dopo 16 mesi dalla dimissione, le percentuali
d’assunzione dei farmaci cardioprotettivi sono risultate del
98%, 86%, 88% e 92% rispettivamente per antiaggreganti,
betabloccani, ACE-I/Sartani e statine.
Invece, é noto dai trials che la
riduzione del sovrappeso, dell’ipertensione arteriosa, della
dislipidemia, della resistenza all’insulina, l’abolizione del
fumo, la corretta gestione del diabete si associano ad
un’importante riduzione della mortalità nei pazienti con
cardiopatia ischemica.
Fattori che favoriscono la
non-aderenza
Molti pazienti hanno difficoltà
a gestire la terapia dopo la dimissione dall’ospedale per
l’elevata prescrizione di farmaci o perché non comprendono il
piano del trattamento e in che modo assumere il regime
terapeutico. Questa forma di non aderenza alla terapia è fonte
di errori e di effetti collaterali dopo la dimissione. In
un’indagine, fra le motivazioni riferite dai pazienti per
giustificare la non aderenza sono state riferite: difficoltà nel
capire la prescrizione (21%), non concordanza con i farmaci
assunti prima del ricovero (16%), scarsa Literacy (48%)
che è la capacità di ottenere, interpretare e comprendere le
informazioni sanitarie di base necessarie per prendere decisioni
appropriate sulla cura della propria salute. Questo fenomeno
negli Stati Uniti è aumentato dal 40% del 1992 al 50% del 2004.
Con l’aumentare dell’età si riduce la Literacy, mentre
aumenta il numero delle prescrizioni. I pazienti hanno limitate
conoscenze sui farmaci somministrati alla dimissione e bassa
comprensione del dosaggio, tempi di somministrazione e finalità
del preparato. La scarsa comprensione è legata ad età, cultura,
numero di nuovi farmaci prescritti.
In letteratura è stato rilevato
più volte che la scarsa aderenza è un ostacolo critico per il
successo della terapia, però numerosi sono gli ostacoli per la
sua corretta assunzione. Infatti, l’aderenza è un processo
complesso, influenzato dall’ambiente in cui il paziente vive,
dal personale sanitario e dal sistema di cura offerto dalla
sanità del Paese. Così ad esempio nel Nordamerica, una causa
importante di non-aderenza è il pagamento dei farmaci, mentre da
noi sono il costo di eventuali tickets, la distanza della
farmacia ed i costi dei trasporti. Molti altri fattori
contribuiscono all’insufficiente aderenza per la terapia
cardioprotettiva (Tab I): età, razza, sesso, stato civile,
livello di istruzione, classe farmacologia, effetti
indesiderati, politerapia, costo dei tickets, la non risposta
alla terapia ecc. In un questionario è stato riportato che i
pazienti non assumono i farmaci per le motivazioni più varie:
dimenticanza (30%), altre priorità (16%), decisione di ridurre
la terapia (11%), mancanza di informazioni (9%), fattori
emozionali (7%), mentre il 27% non riporta alcuna motivazione.
La terapia farmacologica per la
prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica è complessa a
causa della politerapia che può innescare potenziali interazioni
con la comparsa di effetti indesiderati che comportano cattiva
qualità della vita e a volte numerosi ricoveri ospedalieri, ma
soprattutto può favorire la non-aderenza. Tuttavia molte
interazioni sono prevedibili e perciò evitabili. La politerapia
inoltre comporta un regime complesso (prescrizione multipla,
pluralità di somministrazione in ore differenti della giornata).
Le donne mostrano una maggior compliance degli uomini ma
l’aderenza è difficile per tutti i pazienti e rappresenta una
sfida particolare per gli anziani per difficoltà di
comunicazione, comorbilità, mancanza d’informazioni sulla sua
utilità, stile di vita, insufficiente relazione con il Servizio
Sanitario Nazionale, difficoltà d’accesso ai medici e alle
strutture sanitarie. Anche l’incidenza di effetti indesiderati o
la scarsa tollerabilità o la mancata risposta alla terapia
possono rappresentare un motivo di non-aderenza al programma
terapeutico. Un’ altra causa di non-aderenza è la depressione
(spesso indice di severità della malattia) che colpisce i
pazienti reduci da un evento coronarico acuto. Infine, un
contributo per la non-aderenza è causato da un atteggiamento non
particolarmente aggressivo o convicente dei medici, in
particolare per i pazienti asintomatici o paucisintomatici.
Alcuni autori hanno dimostrato
che spesso cardiologi, medici ospedalieri e medici di famiglia
omettono di riferire ai pazienti il nome del farmaco, la durata
del trattamento e suoi tempi di somministrazione ed eventuali
effetti collaterali. La mancanza di adeguate informazioni
favorisce la non-aderenza. Viceversa la qualità
dell’informazione e il coinvolgimento dei pazienti nella
decisione terapeutica sono elementi decisivi per raggiungere una
compliance “informata”.
La valutazione dell’aderenza:
come si misura ?
I medici fanno poca attenzione
alla non-aderenza dei pazienti probabilmente perché non
consapevoli dell’entità del problema, perché l’aderenza è
considerata responsabilità del paziente, per la mancanza di
metodologie efficaci per valutarla e di interventi atti a
migliorarla e per l’insufficiente comunicazione fra pazienti e
medici e fra medici ospedalieri e medici di medicina generale.
La capacità dei medici a rilevare la non-aderenza è
insufficiente anche perché non esiste un metodo ideale per
valutarla, alcuni poi valutano l’aderenza ma non verificano i
suoi effetti sulla qualità e quantità di vita dei pazienti. Nel
2005 l’OMS ha pubblicato un volumetto ad hoc (SABATE-Geneva:
WHO, 2003: 3-5).
Diversi autori sono del parere
che la valutazione dell’aderenza razionalmente o idealmente deve
essere fatta con il miglioramento dell’outcomes e in particolare
della mortalità ma questa strategia necessita di un adeguato
follow-up. La
Tab I Fattori implicati nell’aderenza alla terapia prescritta
- Inerenti alla terapia
(numero e dosaggi dei farmaci, numerose assunzioni
giornaliere, effetti indesiderati).
- Inerenti al paziente (
età, sesso, grado d’istruzione, stato socio-economico,
tipo di patologia, presenza di comorbilità, deficit
psichici e cognitivi).
|
valutazione dell’aderenza si
avvale però di numerosi altri strumenti. Una sua diretta ed
accurata dimostrazione la si può ottenere misurando la
concentrazione plasmatica ed urinaria dei farmaci assunti e dei
loro metaboliti, la modalità però è molto costosa e difficile da
gestire nel territorio. Metodi indiretti di misura si sono
dimostrati: l’intervista, i questionari (SEAMS Self-Efficacy for
Appropriate Medications Use, ARMS self-report using an
adaptation of the Adherence to Refills and Medications Scale),
la valutazione della risposta clinica, il conto delle pillole
nelle confezioni, la ripetizione delle prescrizioni da parte del
medico curante in un mese, la misura elettronica dei monitors
dei farmaci, il riportare su un diario il consumo mensile dei
farmaci, le telefonate o le lettere inviate periodicamente ai
pazienti. Tutti questi metodi hanno limitazioni, alcuni sono
inadeguati perché sovrastimano, mentre l’utilizzo di strumenti
elettronici (monitoraggio microelettronico) rappresenta un
metodo più obiettivo di misura.
Migliorare l’aderenza: come ?
La prima visita dopo la
dimissione rappresenta la chiave per identificare il problema.
Una strategia conveniente è la combinazione degli interventi
compresa l’educazione standardizzata dei pazienti e i contatti
con loro. Anche il supporto sociale, il follow-up telefonico si
sono dimostrati efficaci per contrastare la non-aderenza. Studi
recenti riferiscono che la compliance nel primo mese di
trattamento è predittivo dell’aderenza a lungo termine. Una
nutrita serie di dati della letteratura documenta i metodi
realizzati per favorire l’aderenza: farmaci long-acting,
blister, dispensare direttamente i farmaci. Per semplificare la
gestione quando i farmaci devono essere assunti più volte il
giorno è utile usare prodotti di associazione. Recentemente in
Gran Bretagna per facilitare l’assunzione dei numerosi farmaci
cardioprotettivi è stato proposto l’uso della polipillola.
Tab II Interventi per migliorare l’aderenza
-Identificazione dei soggetti ad
alto rischio di non aderenza
-Sviluppare metodi per la
valutazione dell’aderenza nella pratica clinica
-Educare ed informare i pazienti
utilizzando anche i foglietti d’istruzioni allegati ai
farmaci e ponendo l'accento sui pericoli di una loro
sospensione, riduzione del dosaggio o non assunzione
-Rinforzare il messaggio ad ogni
visita
-Chiedere ai pazienti i motivi
della non aderenza
-Ricordare telefonicamente e
periodicamente ai pazienti di assumere la terapia
-Ridurre il numero e la frequenza
delle somministrazioni utilizzando preparati long-acting
o associazioni
-Migliorare il regime d’assunzione
giornaliero, stabilendo facili orari ma evitando le
interazioni in caso di terapia multipla e sostituire la
molecola se effetti indesiderati non tollerati
-Favorire l’uso di blister o box di
pillole settimanali
-Incoraggiare i pazienti a tenere
un diario settimanale o mensile
-Evitare costi economici per
tickets prescivendo preparati generici o equivalenti
Raccomandare ai farmacisti di
favorire la compliance
-Migliorare l’aderenza e la
collaborazione dei medici e del personale
infermieristico (rinforzando il messaggio con telefonate
o lettere)
-Suggerire ai pazienti di
controllare il livello della pressione arteriosa o della
colesterolemia per verificare l’efficacia della terapia
-Creare incentivi e disincentivi
finanziari
-Sviluppare nuovi metodi per
migliorare l’aderenza
|
Conclusioni
La compliance terapeutica è
influenzata dall’ambiente in cui il paziente vive, dai providers
della salute e dal sistema di cura, per facilitarla è necessario
un intervento multifattoriale che coinvolga i diversi attori. La
compliance è favorita anche dalla concordanza. Per
concordanza s’intende “l’alleanza” terapeutica che si viene
a stabile fra medico e paziente che per l’aderenza alla terapia
devono avere un’uguale responsabilità. Per facilitare l’adesione
è necessaria la partecipazione responsabile del paziente che
deve essere coinvolto nella percezione realistica del livello di
rischio e va informato sui benefici e sui possibili svantaggi
(effetti collaterali). Infatti, essi spesso tendono a
sottostimare il rischio perché pensano che il rischio riguardi
solo gli altri. Tenendo conto delle capacità intellettuali è
necessario fornire informazioni adeguate, oneste ed equilibrate
adatte a stabilire un rapporto fiduciario, anche se spesso
un’adeguata informazione non modifica i comportamenti.
Poiché il basso livello
culturale e l’età possono condizionare in maniera negativa
l’aderenza, la qualità dell’informazione offerta dai medici e il
coinvolgimento dei pazienti rappresentano un momento
fondamentale per stabilire un rapporto di fiducia e un patto di
“alleanza” terapeutica ( Tab II ). E’ necessario perciò
migliorare il rapporto di comunicazione dei medici e il
decison-making con il paziente, con cui definire i benefici
attesi dall’assunzione regolare dei farmaci prescritti ed i
possibili problemi (Tab III). Ad esempio si può migliorare la
compliance evitando di cambiare i farmaci o il loro nome
commerciale negli anziani, in quelli con bassa scolarità o con
prescrizioni multiple perchè ciò ostacola la compliance.
Le tecnologie di supporto
(patient decision aids) hanno riscosso un crescente interesse
negli ultimi anni. L’uso di questi strumenti rappresenta un
aiuto decisionale nei pazienti ad alto rischio e potrebbe avere
effetti favorevoli sull’aderenza alla prevenzione. Sono stati
proposti inoltre supporti mediatici interattivi (video e audio)
da mettere nella sale d’attesa degli ambulatori e degli ospedali
per facilitare poi la decisione durante l’incontro o la visita
con il medico. Per gli anziani a volte è indispensabile il
coinvolgimento dei familiari. L’azione educativa deve essere più
pressante all’inizio della prescrizione, perché è stato
dimostrato che l’aderenza nel primo mese di cura favorisce la
compliance a lungo termine.
In conclusione la
farmacoaderenza è
un nuovo termine per un problema importante e rappresenta la
nuova frontiera della cura cardiovascolare. I medici ed in
particolare i cardiologi devono garantire un trattamento
ottimale per i pazienti con cardiopatia ischemica ottimizzando
l’aderenza che è costo-efficacia, ma richiede un intervento sui
pazienti, sul sistema sanitario e sui providers.
La non aderenza alla terapia per
la prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica è una
sfida importante per i medici e per la sanità in generale. Per
favorire la compliance é’ necessario utilizzare il maggior
numero di strategie, sviluppando modalità d’intervento di tipo
educativo ed ambientale. La strategia omnicomprensiva prevede
l’interazione fra pazienti, providers e sistema di cura, per
cercare, trovare e migliorare i metodi idonei a scoprire i
soggetti a maggior rischio di non aderenza e per realizzare
strategie che sostengano duraturi comportanti di salute.
Per raggiungere la piena
adesione dei pazienti alla cura é necessario stabilire
“un’alleanza terapeutica” che richiede medici preparati e
disponibili al confronto con i malati. Inoltre, cardine
dell’intervento terapeutico non sono solo le prescrizioni, ma la
terapia di sostegno che ogni operatore, coinvolto nella cura dei
pazienti, deve offrire perché essi accettino di proseguire le
indicazioni terapeutiche che alla lunga risultano di difficile
realizzazione. L’analisi e la verifica dell’efficacia dei
trattamenti per la prevenzione secondaria nei pazienti con
Tab III Strategie per migliorare la comunicazione
medico-paziente
Favorire la fiducia
nell’informazione
Informare con chiarezza tenendo
presente il livello culturale
Costruire un rapporto fiduciario
Informazione chiara senza
allarmismi
Volontà di condividere le scelte
|
cardiopatia ischemica
rappresentano una delle maggiori sfide del sistema sanitario
perché la sanità pubblica ha necessità di avere informazioni
accurate, credibili e valide per verificare l’efficacia e gli
esiti delle terapie ritenute efficaci. Le associazioni mediche
devono assumere la leadership per implementare future ricerche
in questa direzione.
La Scuola di Specialità in
Cardiologia dell’Università di Trieste ci ha affidato la
coordinazione di un gruppo di lavoro, formato dagli
specializzandi del primo anno, che inizierà una ricerca della
durata di un anno sull’aderenza alla terapia dei pazienti
dimessi dalle divisioni di Cardiologia e Cardiochirurgia
dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Trieste.
Bibliografia
1.
Braunwald E, Antam EM, Beasley JW
et al. ACC/AHA guidelines for the
management of patients with unstable angina and non-ST-segment
elevation myocardial infarction. A report of the American
College of Cardiology/American Heart Association Task Force on
Practice Guidelines (Committee on the Management of Patients
with Unstable Angina). J Am Coll Cardiol 2000; 36:970-1062.
2.
Mukherjee D, Fang J, Chetcuti S, Moscucci M, Kline-Rogers
E, Eagle KA. Impact of combination evidence-based medical
therapy on mortality in patients with acute coronary sindromes.
Circulation 2004; 109:745-749.
3.
Kripalani S, Yao X, Haynes RB Interventions to enhance
medication adherence in chronic medical conditions: a systematic
review Arch Intern Med 2007; 167:540-550
4.
Osterberg L, Blaschke T. Adherence to medication. N Engl
J Med 2005; 353:487-497
5.
Ford ES, Ajani UA, Croft JB et al Explaining the decrease
in U.S. deaths from coronary disease, 1980-2000 N Engl J Med
2007,356,2388-2398
6.
Sud A, Kline-Rogers EM, Eagle KA,
et al. Adherence to medications by
patients after acute coronary syndromes. Ann Pharmacother 2005;
39:1752-1797
7.
Ho PM, Spertus JA, Masoudi FA et al Impact of medication
therapy discontinuation on mortality after myocardial infarction
Arch Intern Med 2006; 166:1842-1847
8.
Newby LK, LaPointe NM, Chen AY, et al. Long-term
adherence to evidence-based secondary prevention therapies in
coronary artery disease. Circulation 2006; 113: 203-312
9.
Morisky DE, Green LW, Levine DM Concurrent and predictive
validity of a self-reported measure of medical adherence Med
Care 1986; 24:67-74
10.
Bond WS, Hussar DA Detection methods and strategies for
improving medical compliance Am J Hosp Pharm 1991; 48:1978-1988
11.
Daugherty SL, Ho PM, Spertus JA,
et al. Association of early follow-up after acute myocardial
infarction with higher rates of medication use.
Arch Intern Med 2008; 168:485-491
12.
Mukherjee D. Improving adherence to medications-can we
make this horse drink? Am Heart J 2008; 155: 589-590
13. Sommaruga M, Bettinardi O, Opasich C La
comunicazione tra medico e paziente con scompenso cardiaco
cronico può aiutare ad ottenere gli obiettivi terapeutici.
Come renderla efficace? Ital Heart J 2001;
2(Supp 9):945-957
14. Peterson AM, Takiya L, Finley R
Meta-analysis of trials of interventions to improve medication
adherence Am J Health-System Pharm 2003;60:657-665
15. Simpson RJ. Jr Challenges for
improving medication adherence. JAMA 2006; 296: 2614-2616