Processo alla prevenzione cardiovascolare :

 lA DIFESA

 

Carmine Riccio – Saverio Ambrosino

Divisione di Cardiologia A.O. Caserta

 

È ormai un dato acclarato che sia la prevenzione primaria, sia la prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari abbia un’importanza indiscutibile per la salute pubblica.

Infatti alla luce della prevalenza della CHD, la prevenzione anche di una piccola percentuale di casi poterebbe salvare migliaia di vite, evitare grandi sofferenze e risparmiare miliardi destinati alla sanità.

I costi della prevenzione sono certo minori rispetto a quelli necessari alla cura dopo un incidente cardiovascolare acuto: secondo la SIPREC (Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare), in media un caso di infarto oggi costa al SSN circa 3000 euro (con alcune variazioni in caso di decesso o di sopravvivenza all’evento ischemico), per un totale di 3400 milioni di euro spesi ogni anno dal SSN, senza considerare i costi in termini di assistenza sociale, perdita di risorse lavorative, le ricadute sui familiari… Gli esami per valutare i fattori di rischio (colesterolo, pressione,
glicemia ecc.) hanno un costo decisamente inferiore, e in caso di rischio, la soluzione è nella maggior parte dei casi assolutamente low cost: stile di vita più sano, migliore alimentazione, leggera e frequente attività sportiva, eventuale terapia farmacologia.

I passi avanti degli ultimi 50 anni nella comprensione della fisiopatologia dell’aterosclerosi e nell’identificazione di un vasto numero di stili di vita, fattori biochimici, genetici potenzialmente associati con le CHD hanno contribuito ad un significativo declino della mortalità cardiovascolare corretta per l’età .

La riduzione di mortalità per malattie cardiovascolari registrata nelle società occidentali è determinata essenzialmente dai progressi ottenuti dalla prevenzione e dalla lotta ai fattori di rischio cardiovascolare , in particolare fumo, ipertensione e dislipidemie .

L’individuazione e il trattamento dell’ipertensione sono altamente convenienti sia nella prevenzione primaria che secondaria, anche in termini economici.

La migliore stima dell’entità del rischio associato all’ipertensione deriva da una metanalisi  pubblicata negli anni 90 da MacMahon et al su Lancet, basata su nove ampi studi prospettici osservazionali comprendenti 420.000 partecipanti che hanno accumulato oltre 4850 eventi CHD durante il follow up. Un aumento di 7 mmhg della pressione arteriosa diastolica rispetto ad una qualsiasi lettura di base era associato ad un aumento del 27% del rischio di CHD e del 42% del rischio di Ictus.

L’ipertensione è anche associata ad un aumentato rischio di scompenso cardiaco e nefropatia. L’andamento della curva del rischio cardiovascolare è lineare.

La modalità più comune per confrontare gli interventi è data dagli anni di vita corretti per la qualità (Quality-Adjusted Life-Year). Le stime di costo-efficacia sono calcolate come rapporto tra il costo netto e il guadagno aspettativa di vita.

Gli interventi con un rapporto costo-efficacia incrementale inferiore a 40.000 dollari per QALY sono paragonabili ad altri interventi cronici come il trattamento del diabete e l’emodialisi.

Gli interventi con un rapporto costo-efficacia al di sotto di 20000 dollari per QALY sono molto convenienti, mentre quelli che superano i 40000 dollari per QALY hanno un costo che tende ad essere piu’ elevato di quanto generalmente accetato da moti assicuratori negli Stati Uniti.

Nella prevenzione secondaria, per farmaci come beta-bloccanti ed ace-inibitori il costo è inferiore a 10000 dollari per QALY nei pazienti con CHD accertata, anche quando la pressione arteriosa è solo lievemente elevata. Nella prevenzione primaria, il costo varia tra 10000-20000 dollari per QALY negli individui con aumento moderato o importante della pressione arteriosa.

 

Farmaci efficaci nel trattamento delle dislipidemie , come le statine, hanno mostrato la loro massima efficacia nel trattamento di prevenzione secondaria ,quali i pazienti reduci da Sindromi Coronariche Acute  o con Ictus o con malattia cardiovascolare nota.

Nella prevenzione secondaria, la terapia con statine è chiaramente efficace economicamente, variando da 1800 dollari per QALY per un uomo di età compresa 45 e 54 anni a 40000 dollari per una donna di età compresa tra 35 e 44 anni.

 La maggiore efficacia delle statine ad alte dosi nelle Sindromi Coronariche Acute (SCA) è proporzionale alla maggiore riduzione della PCR-hs, e come dimostrato in una analisi “post-hoc” del PROVE-IT i migliori risultati vengono ottenuti nei pazienti che raggiungono livelli di LDL < 70 mg/dl e contemporaneamente livelli d PCR-hs < 2 mg/L 16. Nel più recente studio JUPITER , l’ impiego di una statina (Rosuvastatina , 20 mg/die) , in pazienti senza malattia cardiovascolare documentata, LDL in range di normalità (< 130 mg/dl) e aumentati livelli di PCR-h (> 2 mg/L) , ha determinato una riduzione di eventi cardiovascolari così importante da indurre il Board Scientifico ad interrompere lo studio per motivi etici, vista la evidente superiorità del trattamento rispetto al placebo in questa coorte di pazienti . La modulazione della infiammazione costituisce il punto principale per la definizione di una serie di “nuovi” fattori di rischio cardiovascolare, con risvolti di non poco rilievo clinico. In particolare , i “nuovi indicatori di rischio” costituiscono anche dei “target” del trattamento ? Quest’ ultimo punto rappresenta  uno snodo clinico fondamentale

 La prevenzione cardiovascolare primaria, per essere efficace, non puo prescindere da una strategia di intervento “sulla popolazione” essenziale in modo tale da favorire la attività fisica fin dall’ infanzia, sostenere l’ adozione di adeguati stili di vita (dieta ricca di antiossidanti, controllo del peso, attività fisica, astensione dal fumo) con adeguata informazione e adeguate strategie di counselling

I dati presentati sono sufficienti a sottolineare come il processo sulla efficacia della prevenzione cardiovascolare non ha ragione di esistere visto che la completa e totale assoluzione senza appelli la si ha già in partenza.

Il punto quindi non è se la prevenzione cardiovascolare, in particolare quella secondaria è efficace oppure no,  ma se la prevenzione viene concretamente praticata.

L’attenzione dei cardiologi al problema  “prevenzione secondaria” rimane comunque modesta, adispetto di ripetute ed enfatiche attestazioni della sua rilevanza.

Questa considerazione è documentata in modo molto consistente: è sufficiente al riguardo citare i datidegli studi EUROASPIRE(European action on secondary Prevention by intervention to reduce events),che hanno monitorato il comportamento  dei cardiologi ospedalieri europei durante la degenza e alla dimissione dei pazienti cardiopatici acuti: i risultati relativi alla prescrizione di uno stile di vita corretto, al controllo dei fattori di rischio e alle terapie a distanza dell’evento sono molto deludenti, così come la sostanziale non variazione tra le due rilevazioni a 5 anni di distanza l’una dall’altra.

Pur riconoscendo i limiti della “survey” non si può essere d’accordo con le seguenti conclusioni:

·                    i risultati sono molto insoddisfacenti sia in termini di controllo dei fattori di rischio che di implementazione di terapie efficaci;

·                    i cardiologi devono riflettere attentamente sui loro comportamenti e sulle loro responsabilità in merito;

·                    la prevenzione secondaria richiede un approccio integrato tra cardiologo e medico di medicina generale che segue il paziente nel lungo termine, per raggiungere gli obiettivi terapeutici,il controllo dei fattori di rischio e le modificazioni intensive dello stile di vita.

 

 

Bibliografia

 

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