PROCESSO ALL’ANGIOPLASTICA MULTIVASO:

 L’ACCUSA

 

Antonio Panza, Antonio Longobardi, Severino Iesu,

Giuseppe Di Benedetto

S. C. Cardiochirurgia, Dipartimento “Cuore”, A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno

 

Recentemente due lavori scientifici (1,2) hanno fornito nuove evidenze scientifiche sulla efficacia della rivascolarizzazione “meccanica” (terapia chirurgica e percutanea). La discussione di tali risultati ci permetterà di evidenziarne l’impatto nella pratica clinica quotidiana della nostra Stuttura complessa di Cardiochirurgia.

 

Lo Studio SYNTAX

L’acronimo SYNTAX significa SYNergy fra TAXus e cardiac surgery, ovvero sinergia fra percutaneous coronary intervention (PCI) e cardiochirurgia (CABG). Tale trial compara i risultati della rivascolarizzazione chirurgica e percutanea in 3075 pazienti con lesioni coronarica miltivasali associate o meno ad una lesione del tronco comune (TC). La peculiarità di tale studio è stata quella di coinvolgere sia i cardiologi interventisti che i cardiochirurghi di 85 centri (62 in Europa e 23 negli USA): infatti, entrambi dovevano esprimere un giudizio di “fattibilità” della rivascolarizzazione meccanica. I pazienti, per i quali entrambe le opzioni erano attuabili, venivano arruolati nel gruppo di confronto e randomizzati prospetticamente 1:1 (PCI = 903, CABG = 897). Altrimenti, i pazienti erao arruolati in due registri separati: quello della PCI (n = 198) e quello del CABG (n = 1077). La severità e l’estensione delle lesioni coronariche erano definite ricorrendo ad una nuova classificazione: il SYNTAX score. Tale punteggio è un nuovo strumento angiografico usato per misurare la complessità della malattia coronarica, che si basa su nove criteri anatomici, inclusi frequenza, complessità e posizione della lesione. Punteggi SYNTAX più alti indicano pazienti con patologia più complessa e maggiori difficoltà di trattamento (3).

L’endpoint primario (Major Adverse Cardiac and Cerebral Events= MACCE) dato dalla somma composita ad un anno di morte, infarto miocardico, evento cerebro-vascolare e nuova procedura di rivascolarizzazione era rilevato per i pazienti arruolati. Poiché il CABG è il gold standard nella rivascolarizzazione meccanica, tale studio cercava di provare la non-inferiorità della PCI nei confronti del CABG per incidenza di MACCE. I risultati ad un anno non hanno dimostrato la non-inferiorità della PCI. Infatti, la MACCE si verificò nel gruppo PCI nel 17.8% e nel gruppo CABG nel 12.4% (P= 0.002). In altre parole per 19 pazienti trattati con CABG piuttosto che con PCI si evitava 1 caso di MACCE. Analizzando i singoli elementi della MACCE si osservava che la mortalità e l’infarto miocardico erano simili nei due gruppi (P = 0.37 per la mortalità e P = 0.11 per IMA), mentre le complicanze neurologiche erano in favore della PCI (0.06% dopo PCI e 2.2% dopo CABG, P = 0.003) e la necessità di un’ulteriore rivascolarizzazione significativamente inferiore nel gruppo CABG (5.9% vs. 13.7% dopo PCI, P= 0.001), portando il valore della MACCE ben oltre il limite della non-inferiorità.

Analisi successive su specifici sottogruppi si sono dimostrate complesse poiché lo studio è essenzialmente negativo e conferma il valore della rivascolarizzazione chirurgica che resta il trattamento gold standard per la maggioranza dei pazienti con lesioni coronariche multiple ed estese. Inoltre, solo per il gruppo trattato con PCI i risultati sono stati inversamente proporzionali alla estensione e severità della coronaropatia, come ben raffigurato dal SYNTAX score. L’incidenza di MACCE suddivisa in terzili di SYNTAX score (≤22, 23–32, ≥33) ha mostrato un incremento progressivo: 13.5, 16.6, 23.3%, rispettivamente (P = 0.007) (Fig. 1).

Fig. 1

 

Il terzile inferiore del SYNTAX score includeva pazienti con lesione del TC in assenza di un interessamento coronarico diffuso distale. Pertanto, minore il numero di stent impiantati, minore la lunghezza del tratto coronarico ricoperto, migliore i risultati. In retrospettiva, riservando l’impianto di stent in pazienti nel primo e secondo terzile del SYNTAX score (< 33) e con lesioni coronariche pertanto meno estese, avrebbe prodotto un trials verosimilmente positivo (non-inferiorità della PCI vs CABG). I risultati ottenuti nei pazienti chirurgici erano buoni e sovrapponibili nei tre terzili. L’estensione delle lesioni coronariche non influenzava l’endpoint primario dello studio. Inoltre si confermava la superiorità del CABG nei pazienti diabetici anche nel terzile intermedio. Utilizzando un’analisi multivariata i risultati peggiori si avevano nei pazienti sottoposti a CABG e con associate comorbidità (Euroscore aumentato), quali angina instabile, broncopatia cronica ostruttiva, bassa frazione di eiezione o pregressi IMA.

LA PCI più frequentemente era ritenuta non eseguibile rispetto al CABG, essenzialmente per la complessità delle lesioni. Mentre la chirurgia veniva negata nei pazienti o per eccessiva rischio chirurgico (nel 70.7% dei casi) o per mancanza di condotti (solo nel 9.1% dei casi).

Qualche critica è stata posta nella strategia scelta da qualche centro nell’espletamento delle due procedure. Alcuni cardiochirurghi obiettano che le complicanze neurologiche potevano essere ridotte se la rivascolarizzazione chirurgica fosse stata eseguita prevalentemente a cuore battente (in realtà 85% è stato rivascolarizzato a cuore fermo e con il clampaggio dell’aorta) e con un uso più estensivo di condotti arteriosi (condotti solo arteriosi nel 18.9%) e con un numero inferiore di by pass aortocoronarici in vena safena (presente nell’81% dei casi). Pertanto molti cardiochirurghi sostengono che la tecnica del cuore battente, della rivascolarizzazione arteriosa e la mancanza di anastomosi sull’aorta ascendente avrebbero ulteriormente aumentato il divario fra le due procedure.

Sul fronte della rivascolarizzazione percutanea, molti cardiologi fanno notare che il numero degli stents impiantati (4.6±2.3 per paziente) e la lunghezza totale degli stent impiantati (86.1±47.9 mm e con una lunghezza totale >100 mm nel 33.2% dei pazienti) rappresentano entità difficilmente perseguite nella pratica clinica.

Analizzando l’mpatto della scadenza temporale nella comparsa delle complicanze si osservava un trend diverso nelle due metodiche. Nei CABG il rischio era maggiore nella fase periprocedurale (rischio di morte e di complicanze neurologiche) mentre per la PCI tale rischio era superiore nelle fasi tardive (basso nella fase iniziale e stabile nel tempo successivamente). Tale aspetto rende più temibile la costante incidenza della trombosi tardiva dello stent (late stent trombosis), e pertanto molti cardiochirurghi ipotizzano un ulteriore divario nella forbice fra le due procedure in un follow-up più lungo.

 

 

Lo Studio FAME

L’acronimo FAME significa Fractional flow reserve vs. Angiography for Multivessel Evaluation. L’utilizzo di test funzionali nel determinare la severità di una lesione coronarica (piuttosto che la semplice valutazione coronarografica utilizzata normalmente) è poco diffuso (solo nel 26–45% dei pazienti sottoposti a PCI) (4). Prova della validità del test funzionale (FFR= fractional flow reserve) è emersa dallo studio DEFER (5). Lo studio FAME fu eseguito per comparare le PCI guidate con FFR alle PCI guidate dalla coronarografia nei pazienti con coronaropatia bi o trivasale. In tale studio il flusso coronarico è risultato essere ridotto solo nel 63% delle lesioni coronarograficamente giudicate severe. Questo ha determinato un minore numero di stent impiantati (980 vs. 1359). Ad un anno di follow-up i pazienti dilatati con stent FFR-guidati hanno avuto risultati migliori in termine di mortalità globale (15 vs. 9, P = 0.19), IMA non fatali (43 vs. 29, P = 0.07), e di nuove rivascolarizzazioni (47 vs. 33, P = 0.08)..

Pertanto, lo studio FAME ha mostrato che la valutazione routinaria della FFR prima dell’impianto di stents nei pazienti con lesioni coronariche multiple offre risultati migliori a quelli ottenuti ricorrendo alla sola visione della lesione coronarica in termine di efficacia, sicurezza e rapporto costo/beneficio.

Tale dato offre un nuovo spunto di riflessione. La rivascolarizzazione dovrebbe essere stabilita ricorrendo non solo a criteri anatomici ma anche funzionali. Se le lesioni coronariche stentate nello studio SYNTAX fossero state trattate solo se confermate da uno studio funzionale, si sarebbe registrato un numero inferiore di impianti e di complicanze legate all’uso degli stent (IMA non fatali o nuove rivascolarizzazioni). Invece, non sono disponibili dati clinici che dimostrino il vantaggio di una rivascolarizzazione chirurgica guidata da una valutazione funzionale dell’entità della lesione coronariche.

 

Criteri di appropriatezza

Un recente documento congiunto sull’appropriatezza della rivascolarizzazione miocardica è stato stilato da una Task Force costituita da membri di varie società scientifiche cardiologiche e cardochirurgiche americane (6).

La rivascolarizzazione è stata giudicata appropriata quando i benefici attesi, in termini di sopravvivenza o miglioramento della sintomatologia erano superiori alla somma degli eventi negativi secondari alla procedura espletata. Circa 180 scenari clinici sono stati individuati (prendendo quale variabili il numero delle lesioni coronariche, la FE, il diabete e la stabilità clinica) e per ciascuno di essi la rivascolarizzazione è stata giudicata appropriata, dubbia od inappropriata.  La presenza di una lesione del tronco comune o di una lesione prossimale della discendente anteriore (IVA) sono condizioni a prognosi negativa, se non efficacemente rivascolarizzate. Mentre l’instabilità ischemica rappresenta un forte elemento a favore di una rivascolarizzazione meccanica, le lesioni responsabili di un’angina stabile andrebbero dilatate solo se severe (> 95%) o se moderate (≥70%) dovrebbe essere dimostrata la presenza di un territorio ischemico sotteso a tale coronaria o avere un test positivo funzionale (FFR).

La rivascolarizzazione chirurgica è sempre raccomandata in tutte le varianti anatomiche di lesioni coronariche severe (tronco comune, lesioni trivasali o mono/bivasali con il coinvolgimento dell’IVA prossimale). Mentre la PCI è indicata nelle lesioni bivasali con coinvolgimento dell’IVA prossimale. Le lesioni coronariche trivasali sono giudicate ad indicazione percutanea dubbia, mentre quella del tronco comune è giudicata inappropriata. Alla luce dei dati SYNTAX l’efficacia della PCI risulta essere evidente anche nei trivasali e in quelli con lesione del TC nel gruppo di pazienti dei primi due terzili (Fig. 1). Infatti nei pazienti con un SINTAX score <33, l’incidenza della MACCE non è significativamente diversa (PCI vs CABG).

Un gruppo a parte è rappresentato dai diabetici. Per i pazienti sottoposti a CABG, il diabete non rappresenta un fattore di rischio incrementale di ripetuta rivascolarizzazione, mentre la presenza di tale disturbo metabolico aumenta del doppio il rischio di nuova procedura per i pazienti sottoposti a PCI (Fig. 2)

 

.  

Fig. 2

 

Conclusioni

I progressi della rivascolarizzazione percutanea hanno permesso il trattamento di pazienti con lesioni sempre più complesse. Anche i pazienti trivasali o con lesioni del tronco-comune possono essere trattati mediante PCI, pur sapendo di essere esposti ad un rischio maggiore di ripetute rivascolarizzazioni. E’ importante integrare nel processo decisionale due punteggi di valutazione: il SYNTAX score e l’ Euroscore. Il primo permette di individuare i pazienti ad aumentato rischio di complicanze maggiori cardiovascolari qualora sottoposti a trattamento percutaneo (SYNTAX score > 33), mentre il secondo allerta il cardiochirurgo dell’elevato rischio. I pazienti diabetici sono esposti ad un rischio di failure di rivascolarizzazione percutanea maggiore e pertanto la chirurgia coronarica rappresenta spesso l’indicazione ottimale.

La rivascolarizzazione meccanica deve essere adattata alla complessità del quadro coronarografico (estensione e sedi delle lesioni) e clinico (elevate comorbidità e diabete). I nuovi trials randomizzati offrono ottimi strumenti per una corretta stratificazione del rischio procedurale.

Un aperto ed onesto confronto fra cardiologo interventista e cardiochirurgo permette di scegliere l’opzione terapeutica con il rapporto rischio/beneficio ottimale per ogni singolo paziente.

 

 

Bibliografia

 

1. Serruys PW, Morice MC, Kappetein AP, Colombo A, Holmes DR, Mack MJ, Stahle E, Feldman TE, van den Brand M, Bass EJ, Van Dyck N, Leadley K, Dawkins KD, Mohr FW, for the SYNTAX Investigators. Percutaneous Coronary Intervention versus Coronary-Artery Bypass Grafting for Severe Coronary Artery Disease. N Engl J Med 2009;360:961–972.

.

2. Tonino AL, De Bruyne B, Pijls NH, Siebert U, Ikeno F, van ‘t Veer M, Klauss V, Manoharan G, Engstrom T, Oldroyd KG, Verlee PN, Mac Carthy PA, Fearon WF. Fractional Flow Reserve versus Angiography for guiding Percutaneous Coronary Interventions. N Engl J Med 2009;360:213–224.

3. Valgimigli M, Serruys PW, Tsuchida K, Vaina S, Morel MA, van den Brand MJ, Colombo A, Morice MC, Dawkins K, de Bruyne B, Kornowski R, de Servi S, Guagliumi G, Jukema JW, Mohr FW, Kappetein AP, Wittebols K, Stoll HP, Boersma E, Parrinello G, ARTS II. Cyphering the complexity of coronary artery disease using the SYNTAX score to predict clinical outcome in patients with three-vessel lumen obstruction undergoing percutaneous coronary intervention. Am J Cardiol 2007;99:1072–1081.

 

4. Lin GA, Dudley RA, Lucas FL, Malenka DJ, Vittinghoff E, Redberg RF. Frequency of stress testing to document ischemia prior to elective percutaneous coronary intervention. J Am Med Assoc 2008;300:1765–1773.

 

5. Pijls NHJ, van Schaardenburgh P, Manoharan G, Boersma E, Bech JW, van’t Veer M, Ba¨r F, Hoorntje J, Koolen J, Wijns W, de Bruyne B. Percutaneous coronary intervention of functionally nonsignificant stenosis: 5-year follow-up of the DEFER study. J Am Coll Cardiol 2007;49:2105–2111.

 

6. Patel MR, Dehmer GJ, Hirshfeld JW, Smith PK, Spertus JA. ACCF/SCAI/STS/ AATS/AHA/ASNC 2009 Appropriateness criteria for coronary revascularization: a report of the American College of Cardiology Foundation Appropriateness Criteria Task Force, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of Thoracic Surgeons, American Association for Thoracic Surgery, American Heart Association, and the American Society of Nuclear Cardiology: Endorsed by the American Society of Echocardiography, the Heart Failure Society of America, and the Society of Cardiovascular Computed Tomography. Circulation 2009;119:1330–1352. Erratum in: Circulation 2009;119:e488.