Scompenso Cardiaco:
dal documento di Consenso alla comunità’
Francesco
Mazzuoli
Azienda
ospedaliero-universitaria di Careggi Firenze
Nell’anno 2005 la nostra Associazione ha promosso una Consensus
Conference sullo scompenso cardiaco (SC) coinvolgendo tutte le
Società Scientifiche delle figure professionali coinvolte
nell’assistenza a questi pazienti ed anche il Ministero della
salute, l’ Istituto Superiore di Sanità (ISS), alcune Agenzie
Regionali ed alcune Aziende sanitarie Locali. Dal grande lavoro
svolto dalle varie commissioni è originato un documento che
stabilisce l’organizzazione della gestione del paziente con SC
in Italia. L’interesse per la sindrome dello SC nasce in primo
luogo dai numeri: è oramai divenuta la prima causa di ricovero
in ospedale per una patologia cronica. Questo naturalmente
comporta un enorme carico economico, da cui deriva la necessità
di razionalizzare il percorso di malattia cercando di ridurre al
massimo il numero dei ricoveri, principale fonte di spesa
sanitaria. Contemporaneamente è in atto in Italia il tentativo
di ridurre al massimo possibile i posti letto ospedalieri e di
dedicarli esclusivamente ai pazienti acuti (chiusura dei piccoli
ospedali, ospedale strutturato per intensità di cure).
Da tutte queste evidenze, risulta chiaro come il percorso
diagnostico terapeutico dello SC debba essere effettuato per lo
più al di fuori dell’ospedale. A questo proposito sono nati vari
progetti sotto l’egida sia del Ministero della Salute che delle
varie regioni, che tendevano a spostare il centro
dell’attenzione dall’ospedale al territorio. Questo non è stato
facile perché si tratta di accordare due tipologie di medici:
gli ospedalieri che sono dei dipendenti pubblici e i medici di
medicina generale (MMG) e gli specialisti extraospedalieri, che
sono dei liberi professionisti convenzionati col sistema
sanitario nazionale (SSN). La stragrande maggioranza dei
progetti cercava non solamente di curare i pazienti con SC al di
fuori dell’ospedale, ma si basava in maniera prevalente sulla
prevenzione degli episodi di instabilizzazione che
caratterizzano la patologia. Da questo deriva una nuova modalità
di agire dei MMG che dovrebbero mettere in atto quella che viene
chiamata medicina di iniziativa rispetto alla tradizionale
medicina di attesa. In altre parole dovrebbero valutare
periodicamente, con tempistiche differenziate in base alla
gravità della malattia i loro pazienti con SC cardiaco già
clinicamente manifesto, ma anche i paziente asintomatici a
rischio di presentare in futuro uno SC. Questo evidentemente
comporta un aumento della quantità e della qualità del lavoro
per cui i MMG chiedono un riconoscimento, di norma di tipo
economico. L’ostacolo naturalmente non è di poco conto,
particolarmente in questo periodo di drammatica riduzione delle
risorse ed è stato affrontato in maniera diversa nelle varie
realtà locali.
Io insieme ad un gruppo di MMG che conosco da tempo ho fatto un
tentativo di percorso (che ho già presentato anche in questo
congresso) che proverò a riassumere in breve. Tra l’altro questo
progetto ha avuto il riconoscimento del Ministero della Salute
che lo ha inserito come capofila nei progetti cofinanziati, sia
dalla Regione Toscana che lo ha fatto proprio (anche se insieme
ad altri). Trattandosi di un progetto “ministeriale” non era
possibile nessuna remunerazione per i partecipanti. Questo è
stato il primo ostacolo; la soluzione è stata facilitata dal
fatto chi i MMG del progetto erano riuniti in un Cooperativa: in
cambio della partecipazione al progetto sono stati forniti degli
strumenti (apparecchio per la misurazione del BNP) e del
personale (parziale finanziamento per un infermiera che lavorava
per i medici della cooperativa e azione sui medici responsabili
del distretto relativo per far dedicare al progetto almeno uno
degli infermieri a loro disposizione). Dopo una iniziale
formazione per medici ed infermieri, ogni MMG dei 15 scelti tra
i soci della cooperativa sceglieva in accordo con lo specialista
ospedaliero, quelli tra i suoi pazienti che avevano un SC o
erano ad alto rischio di averlo. Veniva fatta una prima visita
di arruolamento per i pazienti, utilizzando anche gli
accertamenti già eseguiti quando fossero stati presenti, ed il
paziente entrava nel progetto. Il MMG (o l’infermiere del
territorio) organizzavano una serie di controlli periodici,
temporizzati secondo la gravità del caso. In caso di una
instabilizzazione del quadro veniva messo in atto un contatto
con lo specialista ospedaliero di riferimento da parte del MMG
attraverso l’invio di una mail al call center appositamente
organizzato, che allertava lo specialista. L’alternativa,
specialmente nei casi più urgenti (ma sono stati molto pochi)
era costituita dal telefono cellulare. In questo modo gran parte
dei casi sono stati risolti dalla sola comunicazione
informatica, mentre i più complessi ricevevano un appuntamento
in tempi rapidi (uno-tre giorni) oppure venivano ricoverati, se
nel caso, con una via preferenziale.
I risultati dei primi due anni di studio pilota sono stati
estremamente soddisfacenti, sia per gli specialisti che per i
MMG che per i pazienti. Gli specialisti visitavano i pazienti
solamente quando era necessario e ricoveravano solo per problemi
non risolvibili a domicilio. I MMG dopo un iniziale periodo di
rodaggio riuscivano a gestire meglio anche i pazienti in classe
più avanzata, certi di avere all’occorrenza il supporto dello
specialista. Significativo il fatto che dopo i primi mesi si è
osservata una riduzione sia delle chiamate dei pazienti a 118,
sia delle richieste di consulenze dei MMG agli specialisti.
Molto alto anche il gradimento dei pazienti, e dei loro
familiari, che hanno ridotto non solamente i ricoveri, ma anche
gli spostamenti da casa all’ospedale, anche per una visita, che
comportano spesso dei disagi sia per il paziente che per i suoi
parenti.
Questo progetto è facilmente esportabile ad altre
realtà; meglio se i MMG sono organizzati tra di loro ma si sta
valutando di fare il progetto anche con singoli MMG. La cartella
informatizzata del paziente è disponibile per chi volesse
aderire al progetto e la riduzione dei costi è ben dimostrata.