Rischio e Malattia cardiovascolare nella donna
Ilaria Caso, Sara Hana Weisz°, Maria Macrino°,
Pio Caso*, Maurizio Cotrufo1
UTIC-Cardiologia, Ospedale San Luca, Vallo della Lucania
Dottorato di Ricerca in Fisiopatologia Cardio-Respiratoria, SUN,
Ospedale Monaldi, Napoli
°Scuola di Specializzazione in Cardiologia, SUN, Ospedale
Monaldi, Napoli
*Cardiologia, Ospedale Monaldi, Napoli
1Dipartimento
di Scienze Cardiotoraciche, SUN, Ospedale Monaldi, Napoli
Introduzione
La malattia cardiovascolare (MCV) rappresenta in Europa e negli
altri paesi industrializzati la prima causa di morte nella
donna, circa il doppio rispetto alla mortalità per tumore, come
indicato dai dati resi noti nel 2004 della World Health
Organization, con un maggior numero di decessi per MCV nel sesso
femminile rispetto a quello maschile (55% vs 43%) (1). Le
differenti cause di morte in Europa divise per sesso sono
illustrate nella seguente figura 1.

Figura 1.
Da Stramba-Badiale et al. Eur Heart J 2006 (1).
Come anche
nell’uomo, il rischio di malattia cardiovascolare aumenta con
l’aumentare dell’età, ma nella donna si sviluppa più
tardivamente, in genere 10 anni dopo rispetto all’uomo. Il ruolo
protettivo degli estrogeni e le differenze fisiologiche,
difatti, determinano una più tardiva manifestazione della
patologia cardiovascolare. Inoltre, è stato dimostrato che la
formazione della placca aterosclerotica inizia già dopo i 30
anni e le strategie di prevenzione primaria dovrebbero iniziare
in età giovanile; sebbene tali strategie abbiano portato negli
ultimi anni a una diminuzione della mortalità per malattia
cardiovascolare nel sesso maschile, il trend è rimasto
pressocchè invariato nel sesso femminile. In entrambi i sessi, i
fattori di rischio sono molteplici come la dislipidemia,
l’obesità, il diabete mellito e il fumo di sigaretta.
Il problema della MCV nella donna, dalla prevenzione alla
sottostima del rischio, è un tema molto attuale anche nel mondo
scientifico, come testimonia la stesura del documento pubblicato
dalla Policy Conference della European Society of Cardiology
(ESC) nel 2006. In tale documento, venivano identificate oltre
alla sottostima del rischio e della patologia CV nella donna,
anche le differenze fra i sessi nella risposta alle terapie,
nella diagnosi e nel trattamento, nelle manifestazioni cliniche
e nell’outcome, fino alla corretta attribuzione delle risorse
economiche per ridurre l’incidenza della MCV nella donna.
Differenze
fra i sessi nella risposta alla terapia cardiovascolare
La risposta alla terapia farmacologica può differire nella donna
per i differenti livelli endogeni ormonali, un minore peso
corporeo e una maggiore proporzione di adipe, nonché per le
differenze nel metabolismo e nell’escrezione dei farmaci, come
un minore filtrato glomerulare (2). Inoltre, la difficoltà nella
gestione farmaceutica è data anche dal fatto che i maggiori
trials sono stati condotti su una popolazione a prevalenza
maschile: nell’ambito di questi grandi trials andrebbero inclusi
degli end-points correlati al sesso e, quindi, analizzati i
risultati in modo mirato. Una maniera per superare tali limiti
potrebbe essere arruolare lo stesso numero di pazienti maschi e
femmine o eseguire studi con popolazione esclusivamente
femminile, come nel caso del Women’s Health Study che
evidenziava come la terapia con aspirina riduceva il rischio di
stroke ma non quello di infarto miocardico acuto, a differenza
di ciò che avviene nel sesso maschile; tali meccanismi rimangono
tuttora sconosciuti (3).
Fattori di
rischio e differenze fra i sessi
L’identificazione dei fattori di rischio e il loro controllo
attraverso misure preventive rappresenta l’arma principale per
la riduzione della MCV e la mortalità ad esse correlata.
L’età rappresenta un importante fattore di rischio per
entrambi i sessi, ma le donne sono in media 10 anni più anziane
rispetto alla controparte maschile quando sviluppano una MCV.
Questo è probabilmente correlato ai differenti livelli ormonali
nell’età post-menopausa (4). Anche nel caso dell’ipertensione
arteriosa vi sono differenze fra i generi, in quanto più
donne sviluppano ipertensione arteriosa rispetto agli uomini, ma
ciò accade usualmente dopo i 45 anni, nell’età post-menopausale.
Inoltre, le donne anziane sviluppano una ipertensione
prevalentemente sistolica. Il controllo dei valori pressorei si
è dimostrato efficace nel ridurre il rischio di stroke e di
coronaropatia in entrambi i sessi (5).
Il tabagismo è un fattore di rischio in entrambi i
sessi e benchè sia più diffuso fra gli uomini, la diminuzione
dei fumatori fra gli uomini è maggiore rispetto alle donne. La
combinazione del fumo con l’uso di anticoncezionali rappresenta
un ulteriore incremento del rischio. Anche nel caso dei valori
di colesterolo totale, l’incremento avviene nella
donna più tardivamente rispetto all’uomo con un picco fra i 45 e
i 55 anni. L’uso di farmaci che riducono i lipidi, come le
statine, riduce il rischio CV, ma tutt’oggi il numero di donne
che assumono questi farmaci rimane molto basso e, anche se
trattate, poche di esse raggiungono valori di colesterolo LDL
nei limiti della norma (6).
Nel mondo occidentale la prevalenza del diabete
mellito è in costante aumento; nella donna, la
mortalità per MCV è maggiore rispetto agli uomini diabetici.
L’obesità è più tardiva nelle donne rispetto agli
uomini, essendo prevalente dopo i 45 anni, il rischio CV è
correlato principalmente alla cosiddetta obesità centrale e si
associa spesso alla presenza di altri fattori di rischio o
comorbidità (6).
Per stimare il rischio cardiovascolare in base ai fattori di
rischio principali, è possibile utilizzare la Carta del Rischio
Cardiovascolare Globale realizzata dal Gruppo di Ricerca del
Progetto Cuore, dedotta da uno studio osservazionale su una
popolazione di 16658 uomini e 22488 donne di età compresa fra i
20 e gli 84 anni (7). Le due tabelle principali suddividono la
popolazione femminile in base alla presenza di diabete e
permettono un rapida e facile stima del rischio CV (figura 2).

Figura 2.
Stima del rischio cardiovascolare (7).
Diagnosi e
trattamento nella cardiopatia ischemica
Numerosi studi hanno mostrato come la donna ha una maggiore
tendenza alla presentazione di dolore toracico atipico che è
spesso associato a dolore addominale, dispnea, nausea e astenia
(8). Avendo una presentazione più tardiva dell’infarto, spesso i
sintomi sono mascherati da altre patologie; inoltre, l’ischemia
può essere più frequentemente silente nelle donne e la
proporzione di infarti non diagnosticati è sicuramente maggiore
(9).
L’attendibilità dei test provocativi di ischemia nella donna,
dal test da sforzo all’ecocostress, alla scintigrafia
miocardica, ha mostrato dei grandi limiti con frequenti falsi
negativi che rendono la diagnosi precoce di patologia coronarica
molto complessa. La non conclusività di uno di questi esami
comporta spesso la necessità di associare i vari esami per
giungere a una conclusione diagnostica affidabile.
Nello studio
GUSTO-II ACS, veniva evidenziato come le donne con sindrome
coronarica acuta, all’esame coronarografico presentavano una
maggiore frequenza di malattia dei piccoli vasi e disfunzione
endoteliale micro vascolare, con impossibilità, pertanto, di
rivascolarizzazione efficace (9). A questo si aggiunge che nelle
donne con più di 65 anni con infarto miocardico acuto ST
sopraelevato ricevevano terapia riperfusiva con minore frequenza
rispetto agli uomini (10). Nelle pazienti sottoposte a
rivascolarizzazione è molto frequente la presenza di più fattori
di rischio associati come l’ipertensione, il diabete e l’ipercolesterolemia;
la possibilità di eseguire una rivascolarizzazione percutanea
mediante impianto di stents non è molto alta in quanto i vasi
coronarici della donna sono spesso tortuosi e di piccolo
calibro. Inoltre, i rischi correlati alla procedura, come i
sanguinamenti o la dissezione coronarica, sono più frequenti
nelle donne, così come rimane più alta la mortalità
intraospedaliera. Tuttavia, il più frequente uso nel sesso
femminile di stents medicati ha ridotto la possibilità di
restenosi intrastent.
Scompenso
Cardiaco
Lo scompenso cardiaco rappresenta anche nella donna la causa più
frequente di ospedalizzazione. Anche in questa patologia la
presentazione nel sesso femminile è più tardiva ma è molto
comune nelle donne con più di 75 anni e, considerando la più
lunga aspettativa di vita, è attendibile una ulteriore aumento
della frequenza nei prossimi anni. L’ipertensione arteriosa e la
cardiopatia ischemica rappresentano le principali cause di
scompenso, con maggiore rilevanza nel sesso femminile
dell’ipertensione e della presenza di diabete mellito. Gli
effetti della terapia sono pressocchè sovrapponibili nei due
sessi e una maggiore mortalità nelle pazienti che assumono
digitale molto probabilmente risiede nel fatto che la
funzionalità renale nelle pazienti più anziane è spesso ridotta.
Oltre alla terapia farmacologica, l’uso di device di
resincronizzazione cardiaca è molto poco frequente nel sesso
femminile, come dimostrato da vari studi come il MADIT II con
una percentuale di popolazione femminile del 13% (11). Una delle
ragioni del minore utilizzo di tali devices nelle donne potrebbe
risiedere nel fatto che i criteri di valutazione e di inclusione
alla terapia sono stati valutati in una popolazione
prevalentemente maschile.
Manifestazione clinica e outcome dello stroke
Lo stroke rappresenta la maggiore causa di morte in entrambi i
sessi e la prima causa di disabilità e la seconda di demenza. Le
cause dello stroke sono molteplici, fra cui il tromboembolismo a
origine dal cuore per infarti estesi o per fibrillazione
atriale; in quest’ultimo caso, studi osservazionali hanno
mostrato come nella donna lo stroke da fibrillazione atriale sia
più frequente. Inoltre, solo una piccola percentuale dei
pazienti con fibrillazione atriale era in terapia anticoagulante
orale prima dell’evento acuto di stroke (12). Il trattamento
trombolitico dello stroke ischemico acuto è stato recentemente
accettato in Europa e presenta un maggiore beneficio nella
popolazione femminile, che andrebbe trattata entro le 3-6 ore
dal’inizio dei sintomi, dopo tale periodo il rischio di
sanguinamento diviene troppo alto.
Interventi
preventivi e costi
Negli ultimi anni, vi è stato un grande sviluppo di nuovi
farmaci antipertensivi e ipocolesterolemizzanti, associati a
nuove tecniche chirurgiche e percutanee di rivascolarizzazione
e a possibilità di utilizzare nuovi device (PMK, defibrillatori
impiantabili o PMK biventricolari), che hanno permesso una
migliore prevenzione, riabilitazione e trattamento di pazienti
con MCV. Numerosi studi sono stati condotti per verificare
l’efficacia di questi nuovi strumenti terapeutici, alcuni dei
quali molto costosi, ma la popolazione in studio era spesso in
prevalenza maschile. Inoltre, la prescrizione di farmaci
ipocolesterolemizzanti, come le statine, viene giudicata troppo
costosa soprattutto in caso di giovani donne con elevati valori
di colesterolo, senza valutare i benefici a distanza di tale
terapia e il contenimento di eventuali costi futuri. La terapia
di prevenzione dovrebbe essere basata esclusivamente sulla
valutazione del rischio cardiovascolare (mediante la Carta
mostrata in figura 2), indipendentemente dal sesso ma in base
solo alla percentuale di rischio. Le donne in genere presentano
un rischio minore ma quando si verifica un evento
cardiovascolare, le conseguenze in termini di costi e perdita di
qualità e aspettativa di vita sono senza dubbio superiori
rispetto agli uomini.
Conclusioni
La malattia cardiovascolare rappresenta uno delle principali
sfide della medicina moderna. Le armi a disposizione per
combattere la morbidità e la mortalità risiedono nella corretta
divulgazione dell’incidenza della MCV nel sesso femminile, nella
prevenzione precoce, nel miglioramento delle tecniche
diagnostiche, nella ricerca mirata in popolazioni di sesso
femminile e nello studio delle peculiarità fisiopatologiche
della MCV nella donna.
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