L’IMA in fase iniziale: problematiche infermieristiche in UTIC
Gallo
Gerardo, Di Sevo Gian Luca, Nicoletti Angela, Gatto Donato,
Rizzo Maria, Vassallo Enzo, Cirillo Piero, Orlanno Annamaria,
Passaro Francesca Maiese Nives, Di Palma Antonietta,D’Angelo
Maria,
Gugliucci
Angioletta, Gregorio Giovanni
U.O.
Utic-Cardiologia Ospedale San Luca Vallo Della Lucania
Dipartimento Cardiovascolare ex ASL SA 3 - ASL Salerno
Con il
termine Infarto Miocardico Acuto si indica la morte delle
cellule muscolari cardiache causata da una ischemia prolungata.
Nell’IMA ST
elevato la riduzione del flusso coronarico è quasi sempre dovuta
alla rottura di una placca aterosclerotica con sovrapposta
trombosi che occlude il lume della coronaria con o senza
concomitante vasocostrizione. La risposta trombotica alla
rottura della placca è un fenomeno dinamico: la trombosi e la
trombolisi spontanea, spesso associate a vasospasmo, si
verificano simultaneamente causando l’interruzione intermittente
del flusso sanguigno e talvolta l’embolizzazione distale.
Quest’ultima evenienza può portare ad un ostruzione del
microcircolo che impedisce il successo di riperfusione
miocardica nonostante il raggiungimento di una buona pervietà
della coronaria correlata all’infarto.
L’IMA, dovuta
alla occlusione completa di una coronaria, in assenza di flusso
anterogrado e collaterale, comincia dopo 15-30 minuti di severa
ischemia, progredisce dal subendocardio al subepicarido e si
esaurisce in alcune ore, ragion per cui la riperfusione precoce
può salvare il miocardio a rischio di necrosi e limitare i
danni.
La mortalità
intraospedaliera per IMA si è ridotta negli ultimi anni per
l’introduzione e la diffusione delle UTIC, il miglioramento
delle conoscenze e la terapie riperfusiva ed è attualmente nel
mondo reale del 11-12%.
Il dolore
retrosternale di tipo oppressivo o costrittivo è la
manifestazione di esordio più frequente dell’IMA che talvolta,
più frequentemente nei pazienti diabetici e ipertesi, decorre in
modo completamente silente.
L’elevazione
del segmento ST a convessità superiore, che caratterizza il
quadro di esordio di queste SCA, è espressione di una severa
ischemia transmurale, cioè che interessa a tutto spessore la
regione esplorata del’elettrodo.
L’evoluzione
temporale di un tracciato elettrocardiografico in corso di IMA
si distingue in quattro fasi:
Iperacuta:
aumento di ampiezza e di durata dell’onda T, spesso associata a
rettilineizzazione della normale concavità del tratto ST
Acuta:
sopraslivellamento del tratto ST con aumento dell’onda R nelle
derivazioni poste in corrispondenza dell’area colpita
Subacuta:
comparsa di onde Q patologiche e riduzione di ampiezza dell’onda
R, il tratto ST persiste sopraslivellato ma la porzione
terminale dell’onda T comincia a diventare negativa.
Cronica
stabilizzata:
aumento dell’ampiezza e della durata dell’onda Q patologica,
perdita di voltaggi dell’onda R, scomparsa oppure minima
persistenza del sopraslivellamento del tratto ST, onda T
negativa.
Le
derivazioni ECG coinvolte dalle alterazioni del tratto ST-T e
del complesso QRS permettono di localizzare la sede dell’IMA.
Occorre ricordare che nell’IMA inferiore e sempre opportuno fare
una registrazione delle derivazioni precordiali destre (V3R-
V6R) per svelare se ci sia o meno il coinvolgimento del
ventricolo destro. La presenza di BBS può mascherare sia le
modificazioni del tratto ST che la comparsa di onde Q
rendendo difficile la diagnosi di infarto. Va sottolineato però
che in un paziente con dolore toracico di tipo coronarico la
comparsa di un blocco di branca sinistra deve essere
considerata, dal punto di vista diagnostico e terapeutico, la
stessa stregua del sopraslivellamento del tratto ST.
Diversi sono
gli enzimi contenuti nelle cellule miocardiche che in
conseguenza della morte e della rottura di queste vengono
liberati nel plasma da dove possono essere dosati con gli esami
di laboratorio. Gli enzimi cardiaci più importanti per
l’utilizzo clinico sono la mioglobina, il CK-MB massa e le
troponine T e I.
La mioglobina
è il marcatore che viene rilasciato in circolo più rapidamente
una volta instaurata la lesione ma è poco specifico perché
contenuto anche nelle cellule del muscolo scheletrico. I suoi
valori plasmatici sono elevati già alla prima ora pertanto è il
marcatore che viene usato nelle diagnosi precoci, non solo ma
grazie alla sua rapida cinetica viene utilizzato come indice
bioumorale di riperfusione, infatti l’innalzamento della
mioglobina a 90 minuti dalla trombolisi permette di identificare
il 95-100% delle riperfusioni efficaci.
La
misurazione delle CK.MB di massa ha permesso di migliorare la
sensibilità e la specificità per la necrosi miocardica rispetto
alla misurazione delle CPK totali e delle CK-MB. La sua
concentrazione plasmatica comincia ad aumentare dopo 4-6 ore
dopo l’infarto, ritorna alla normalità dopo 2 o 3 giorni e
presenta un picco dopo 24 ore.
Le troponine
T e I sono i marcatori più specifici per la rilevazione di una
necrosi miocardica e si elevano anche quando il danno miocardico
risulta di minima entità. I livelli plasmatici di troponina si
elevano dopo circa 6-8 ore dall’inizio dei sintomi e restano
elevati per diversi giorni contribuendo così alla diagnosi di
IMA anche nelle fasi più tardive.
Nell’IMA
l’ecocardiogramma risulta di fondamentale importanza per la
diagnosi, la valutazione della funzione ventricolare e delle
complicanze. Il miocardio normale all’ecocardiogamma mostra un
normale ispessimento sistolico con movimento dell’endocardio
all’interno della cavità ventricolare. Il miocardio ischemico
mostra una compromissione regionale sia del movimento che
dell’ispessimento (asinergia) a seconda della gravità. A seconda
dell’estensione dei segmenti coinvolti nel processo ischemico e
necrotico si può avere una riduzione degli indici di
funzionalità sistolica ventricolare, frazione di eiezione che
costituisce un ottimo indice prognostico. L’ecocardiogramma
risulta di fondamentale importanza anche per riconoscere le
formazioni trombotiche intracavitarie, i versamenti pericardici,
le alterazioni valvolari e le rotture di cuore.
La
tratificazione del rischio è alla base di una efficace strategia
terapeutica nell’IMA ST elevato, gli score clinici che hanno una
maggiore diffusione sono semplici calcoli eseguibili al letto
dell’ammalato e si basano su dati clinici ed ECG. Gli score
clinici di rischio più importanti e più largamente utilizzati e
validati sono quelli realizzati nei pazienti con angina
instabile e IMA non ST elevato. La federazione Italiana di
Cardiologia ha individuato i seguenti indicatori di IMA ST
elevato ad alto rischio.
·
FC > 100
b/min
·
PA < 100 mmHg
·
Edema
polmonare
·
Shock
cardiogeno
·
Elevazione di
ST in > 4 derivazioni
·
TIMI risk
score > 3
·
Recidiva
infartuale eterosede
·
IMA dopo
bypass aortocoronarico
Il
trattamento dell’IMA ST elevato, dovuto alla ostruzione
trombotica di una coronaria, è la riapertura precoce del vaso
ostruito: quanto più breve è il tempo di occlusione coronarica
tanto maggiore è la quota di miocardio salvata e tanto migliore
è la prognosi.
La severità
della prognosi e la rapidità delle complicanze possono portare
al decesso del paziente è per questa ragione che sono state
introdotte in Italia strutture chiamate UTIC che costituiscono
l’epicentro per il trattamento delle S.C.A. Si caratterizzano
per la dotazione strumentale idonea per la diagnosi e cura delle
complicanze elettriche e meccaniche e per la dotazione di
personale infermieristico in numero sufficiente, specializzato e
addestrato secondo protocolli prestabiliti per erogare
immediatamente le terapie di emergenza ( Rianimazione
Cardiopolmonare e defibrillazione) anche in assenza del
personale medico.
I moderni
sistemi di monitoraggio sono in grado di registrare,
visualizzare, analizzare, confrontare, memorizzare e stampare
diversi parametri:
·
FC
·
Pressione
arteriosa incruenta
·
Traccia ECG
aritmie, variazione del segmento ST
·
Saturazione
di O2
·
Pressione
arteriosa cruenta
·
Portata
cardiaca
·
Frequenza
respiratoria
·
Temperatura
Sono
costituiti da un monitor al letto del paziente e da una centrale
di ripetizione dei segnali posto in un posto dell’UTIC che
permette di sorvegliare a vista tutti i pazienti ricoverati.
Talvolta sono presenti anche sistemi di telecamere che
permettono la sorveglianza del paziente.
Il
monitoraggio del paziente è compito dell’infermiere
opportunamente addestrato che deve essere in grado di utilizzare
al meglio le attrezzature di cui dispone come rilevare il
bilancio idrico e l’andamento dei segni clinici. A lui spetta
il compito di somministrazione della terapia e di sorvegliarne
la risposta. Il ruolo dell’infermiere è radicalmente cambiato
nel corso degli anni e lo portato a diventare un protagonista
fondamentale dell’assistenza al paziente, ancor più in
condizioni critiche come nel caso di coloro che sono stati
colpiti da infarto miocardico acuto.
Per ottenere
i migliori risultati, le moderne strategie di riperfusione
devono essere praticate quando più precocemente possibile è in
questa ottica è auspicabile che
un paziente con diagnosi di IMA possa praticare
immediatamente la terapia trobolitica oppure, in alternativa, se
i tempi sono inferiori a 90 minuti, trasportare in emergenza il
paziente al più vicino laboratorio di emodinamica
interventistica per l’angioplastica coronarica primaria. Una
volta eseguita la terapia riperfusiva il paziente deve essere
comunque ricoverato in UTIC per essere monitorato del punto di
vista clinico, elettrocardiografico ed ecocardiografico. I
trattamenti riperfusivi disponbili sono la rivascolarizzazione
meccanica mediante angioplastica coronarica percutanea (PTCA)
e quella farmacologica medicante l’utilizzo dei farmaci
fibrinolitici. L’angioplastica effettuata come primo
trattamento di riperfusione viene definita PTCA primaria; quando
vi si ricorre dopo il fallimento del trattamento fibrinolitico
viene detta di salvataggio.
I farmaci
fibrinolitici come Streptochinasi, Alteplase, Reteplase e
Tenecteplase sono in grado di sciogliere la fibrna contenuta
nel trombo che occlude l’arteria coronaria e quindi ripristinare
la pervietà del vaso. I segni indiretti di riperfusione sono
rappresentati da:
·
Regressione
del dolore
·
Riduzione di
oltre i 50% dell’elevazione del tratto ST
·
Marcata
elevazione della mioglobina rispetto ai valor di pre-trombolisi
( “salto”> 4-5 )
·
Comparsa si
aritmie da riperfusione come fasi di ritmo idio-ventricolare
accelerato (RIVA)
Questi segni
sono molto importanti da ricercare in quanto la loro assenza
dopo 60-90 minuti sta ad indicare il fallimento della trombolisi
e la necessità di valutare l’indicazione alla PTCA di
salvataggio. La trombolisi è meno costosa e più semplice della
PTCA primaria ma ha alcuni limiti: la proporzione di
riperfusioni efficaci non supera il 70%, vi è un certo numero di
riocclusioni precoci, un aumento del rischio di ictus cerebrale
e di sanguinamenti.
Altra
terapia:
·
Antiaggreganti piastrinici
·
Antitrombinici
·
Beta-bloccanti
·
Nitroderivati
·
Calcioantagonisti
·
ACE-inibitori
·
Farmaci
ipolipemizzanti
·
Glucosio-insulina-potassio
·
Terapia del
dolore, della dispnea e dell’ansia
Le
complicanze dell’IMA ST elevato comprendono:
·
L’angina
post-infartuale
·
Lo scompenso
cardiaco
·
Lo shock
cardiogeno
·
La trombosi
endoventricolare con embolia sistemica
·
Le aritmie
ventricolari e i blocci AV
·
La
pericardite
·
L’infarto del
ventricolo destro
·
L’insufficienza mitralica acuta
·
La rottura di
cuore.
BIBLIOGRAFIA
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Tozzi Q.,Di Giulio P. Sabbadin L.: Manuale Cardionursing Centro
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