L’IMA in fase iniziale: problematiche  infermieristiche in cardiologia interventistica

Elia Antonio Carmine,  Laurito Alessandro, Carotenuto  Lucio,

Lerro Gianfranco, Sacco Antonietta, Romano Sabatina, D’Andreoli Piero,

 Gnarra Enrico, Gallo Gerardo, Gregorio Giovanni

  U.O. Utic-Cardiologia Ospedale San Luca Vallo Della Lucania Dipartimento Cardiovascolare ex ASL SA 3  -  ASL Salerno

                         

 

Esami emodinamici in urgenza in corso di I.M.A. iniziale:

Sono rappresentati da:

PTCA Primaria

PTCA Rescue(di Salvataggio)

PTCA Facilitata

 

Indicazioni cliniche alla Ptca

Va premesso che la coronarografia è l’indagine essenziale per prendere ogni decisione. Le indicazioni vengono distinte a seconda delle diverse indicazioni cliniche.

 

ANGIOPLASTICA PRIMARIA

 Ha lo scopo in situazioni di estremo rischio, di tentare la rivascolarizazzione di vasi coronarici  nei seguenti casi:

 

    Come alternativa alla trombolisi (nei centri in cui vi è l’accesso diretto alla sala entro i 90 minuti)

    Pregresso IMA specie se recente

    Compromissione emodinamica

    Pregresso impianto di Bypass AC

    Pazienti nei quali non si possono usare i trombolitici

 

ANGIOPLASTICA RESCUE

Ha lo scopo di tentare la rivascolarizazione successivamente ad un trattamento trombolitico risultato inefficace. L’Angioplastica coronarica di salvataggio (PTCA RESCUE) effettuata molto precocemente, dopo l’insuccesso della terapia trombolitica (persistenza del sopralivellamento del tratto ST) è in grado di ricanalizzare efficacemente l’arteria coronarica responsabile dell’IMA,ciò nonostante, in caso di insuccesso tecnico è gravata da un’elevata mortalità.

 

ANGIOPLASTICA FACILITATA

  Unisce all’angioplastica tradizionale la terapia trombolitica somministrata ad un dosaggio ridotto rispetto alla trombolisi. La PTCA facilitata è diventata area di estremo interesse infatti offre la possibilità di superare i limiti legati ad entrambe le procedure di rivascolarizazione ( ptca primaria e fibrinolisi) in particolare il ritardo della riperfusione legato alle difficoltà logistiche ed organizzative della PTCA primaria e la persistenza di pervietà del vaso della fibrinolisi. Il trattamento fibrinolitico precoce incoraggia il trasferimento presso centri dove è possibile eseguire un’angioplastica.

           

Controindicazioni alla PTCA

 

     Stenosi del tronco

     Mancato consenso del paziente.

     Mancanza di stand-by chirurgico

 

Complicanze

L’ostruzione acuta del vaso conseguente a dissezione, trombosi e spasmo spesso tra loro associati è la complicanza maggiore.La sua incidenza è inferiore al 5% dei casi: può avvenire acutamente nel 70% dei casi, nelle 6 ore successive nel restante 30%.Le complicanze maggiori inoltre possono essere: la morte improvvisa, l’ictus cerebrale e l’embolia o la trombosi vascolare periferica. la loro incidenza è inferiore all’1/1000. Altre possibili complicanze sono: la fibrillazione ventricolare,il blocco AV, l’asistolia, la sindrome vaso vagale, le reazioni febbrili, l’ipotensione da nitroglicerina ,le reazioni allergiche al mezzo di contrasto e le complicanze arteriose locali (trombosi,danno della parete e formazione di uno pseudoaneurisma,ematoma).

  Complicanze tardive

Sono costituite dalle restenosi causate dalla proliferazione di  fibroblasti. Insorgono abitualmente entro il 6° mese.

 

  L’assistenza infermieristica prima dell’ingresso in sala di emodinamica

Il paziente in attesa di essere sottoposto a PTCA primaria viene adeguatamente preparato dai colleghi dell’UTIC,fondamentale è la continuità assistenziale tra le varie unità operative interessate.

L’infermiere dovrà:

      Reperire due accessi venosi periferici in entrambi gli arti

     Applicare il catetere vescicale o un texas

     Rimuovere le protesi dentarie ed eventuali monili

     Accertarsi del consenso informato firmato

     Eseguire una tricotomia bilaterale inguinale

 

L’assistenza infermieristica in Sala di emodinamica e modalità di esecuzione della procedura

Prima dell’ingresso del paziente viene preparato un tavolo operatorio sterile. Il paziente viene trasferito all’UTIC con una barella sul lettino angiografico della sala. L’infermiere monitorizza il paziente con un ECG a 12 derivazioni e controlla che sul monitor ci sia una buona traccia ECGrafica,controlla l’accesso venoso periferico, rassicura la persona fornendo le notizie necessarie  a tranquillizzarlo, eventualmente somministra una lieve sedazione (benzodiazepine). Il sito della puntura viene trattato scrupolosamente con disinfettante iodato, e il paziente viene coperto con un telo forato, aderente e idrorepellente; anche i tubi dell’amplificatore di brillanza vengono coperti da teli sterili. La via d’accesso più comune è l’arteria femorale destra, a volte per difficoltà a reperire l’accesso arterioso si utilizza l’arteria femorale sinistra,l’arteria radiale destra o brachiale destra. L’infermiere collabora strettamente con il medico fornendo il materiale che serve per garantire l’accesso arterioso e per poter procedere alla coronarografia per visualizzare la sede delle lesioni coronariche. Il medico inserisce in arteria, mediante tecnica di Seldinger,un introduttore 6F o 7F, attraverso il quale inserisce una guida metallica e il catetere diagnosticoAttraverso il catetere guida si inietta il liquido di contrasto nell’arteria per evidenziare la coronaria. Dopo aver evidenziato il vaso coronarico interessato, l’infermiere fornisce al medico il materiale necessario per l’angioplastica che deve essere scelto a seconda delle indicazioni cliniche angiografiche. La procedura consiste nei seguenti passaggi:

 1.    incanalamento selettivo di una coronaria con catetere guida;

2.    identificazione della zona stenotica mediante iniezione di mezzo di contrasto;

3.    superamento della stenosi con una sottile guida metallica;

4.    introduzione ed avanzamento di un catetere a palloncino fino a livello della placca;

5.    gonfiaggio del palloncino;

6.    sgonfiaggio e ritiro del palloncino lasciando in sito la guida;

7.    controllo del risultato;

8.    applicazione di eventuale stent;

9.    controllo del risultato e in caso positivo, sfilamento di tutto l’apparato.

In caso di pazienti in shock cardiogeno può essere necessario il materiale per l’impianto di contropulsazione aortica, pertanto è necessario avere una conoscenza accurata del materiale e garantirne la disponibilità in sala. Si somministrano farmaci anticoagulanti (eparina),antiaggreganti piastrinici, e si inizia o si prosegue la terapia con gli inibitori delle glicoproteine II/b III/a. Viene monitorizzato ACT (tempo di coagulazione attivato), da  mantenersi tra i 250 sec e i 300 sec. L’infermiere  monitorizza costantemente i parametri vitali (PA;FC;RESPIRO;ECG) e lo stato clinico (dolore, insorgenza di dispnea, deficit neurologici, sintomi collegati all’attivazione vagale quali sudorazione, bradicardia, ipotensione, nausea o vomito). Controlla il monitor per intervenire tempestivamente su eventuali complicanze procedurali che possono avvenire soprattutto nelle riperfusioni del vaso come FV, TV, BAV. Alla fine il paziente viene informato sul risultato della procedura e trasferito in UTIC.

 

BIBLIOGRAFIA

 

Miceli D, Tozzi Q.,Di Giulio P. Sabbadin L.: Manuale Cardionursing Centro Scientifico Editore 2005

 

FIC-ANMCO-SIC Documento di Consenso Infarto Miocardio Acuto con ST elevato persistente: verso un appropriato percorso diagnostico-terapeutico nella comunità. Ital Heart Suppl. 2002,3(11): 1127-1164