PROCESSO AL DEFIBRILLATORE IMPIANTABILE:

LA DIFESA.

 

       Valentino Ducceschi, Michele Santoro, Giovanni Gregorio

U.O. Utic-Cardiologia Ospedale San Luca Vallo della Lucania

     Dipartimento Cardiovascolare EX ASL SA 3 ASL SALERNO

 

La morte improvvisa cardiaca (MI) è causa di circa 400000 – 450000 decessi per anno in Europa e negli Stati Uniti ed è causata dall’ evenienza di tachiaritmie ventricolari maligne (tachicardia, flutter e fibrillazione ventricolare). Attualmente, il presidio terapeutico più efficace per trattare tali disturbi del ritmo cardiaco è rappresentato dal Cardiovertitore - Defibrillatore Automatico Impiantabile (AICD), la cui valenza, sia in termini di prevenzione primaria che secondaria, è oramai largamente comprovata da numerosi studi che attestano la superiorità dell’ AICD rispetto alla sola terapia medica (1 - 6).

Trattandosi di device costosi, è facilmente intuibile il conseguente impatto sulla spesa sanitaria, tenendo a mente che, conformemente alla ultime linee guida, in Europa andrebbero impiantati circa 200000 AICD l’ anno. Tuttavia, considerando la loro indiscutibile efficacia nell’ interrompere eventi aritmici maligni altrimenti mortali, sia con la funzione di defibrillazione, ma spesso anche in modalità “pain free”, cioè ricorrendo soltanto al pacing in overdrive antitachicardico, l’ aspetto antieconomico del loro utilizzo passa necessariamente in secondo piano (1 – 6).

Un altro punto da considerare  è l’ impatto sulla qualità di vita del pz impiantato: essere portatore di un dispositivo così complesso e delicato impone sicuramente delle limitazioni, specialmente a determinate categorie di lavoratori (operai, autisti, piloti, artigiani etc.), così come possibili interferenze con elettrodomestici o con apparecchiature capaci di emettere onde elettromagnetiche, riguardanti potenzialmente tutti i pz impiantati, non vanno assolutamente sottovalutate. Ciononostante, il fatto stesso di sapere che il device TUTELI il pz a rischio di MI e che ogni sua entrata in funzione in maniera appropriata consenta la sopravvivenza del portatore, giustificano abbondantemente il suo utilizzo (1 – 6).

Circa poi l’ evenienza di “scariche inappropriate”, determinate ad esempio da tachiaritmie sopraventricolari ad alta risposta ventricolare che pertanto cadono nella finestra terapeutica del dispositivo, per quanto tecnicamente incongrue, è innegabile che spesso e volentieri riescono ad interrompere anche queste ultime, arrecando in ultimo comunque beneficio al pz, in quanto contribuiscono a mantenere spesso delicati equilibri emodinamici.

Non bisogna poi dimenticare che alcuni AICD presentano la funzione di “resincronizzatori”, cioè la capacità di ripristinare la sinergia di contrazione dei due ventricoli nei pz affetti da grave scompenso, determinando un sensibile miglioramento della qualità di vita e della capacità di esercizio del pz , oltre che una riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso. Secondo poi un recentissimo studio (MADIT-CRT), la funzione di resincronizzatore, se estesa anche a soggetti in classe NYHA I e II causerebbe una riduzione del 29% degli eventi avversi maggiori (morte o ricovero per scompenso) rispetto alla terapia con AICD convenzionale (6).

Da ultimo, meritevoli di approfondimento  sono anche le conseguenze psicologiche che una siffatta terapia comporta nel pz: sentirsi dipendere dagli interventi terapeutici di un apparecchio automatico programmato e soprattutto il sopraggiungere delle terapie spesso in maniera totalmente inaspettata, generano un considerevole stato d’ ansia nel portatore, tanto più marcato quanto più giovane è la sua età. Un esaustivo colloquio preliminare col pz, a device non ancora impiantato, ed il chiarimento della necessità assoluta e dell’ efficacia della terapia con l’ AICD consentono generalmente al pz di accettare il suo stato di portatore di protesi “particolare”.

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

1)      Zipes D.P. et al. ACC/AHA/ESC 2006 guidelines for management of patients with ventricolar arrhythmias and the prevention of sudden death. Circulation 2006; 114: 385-484.

2)      Epstein A.E. et al. Implantable cardioverter-defibrillator prescription in the elderly. Heart Rhythm 2009; 6: 1136 1143.

3)      Lee D.S. et al. effect of cardiac and non cardiac conditions on survival after defibrillator  implantation. JACC 2007; 49: 2408-2415.

4)      mOSS A.J. ET AL. PROPHYLACTIC IMPLANTATION OF A DEFIBRILLATOR IN PATIENTS WITH MYOCARDIAL INFARCTION AND REDUCED EJECTION FRACTION. N. ENGL. J. MED. 2002; 346: 877-883.

5)      MC CLELLAN M.B. ET AL. MEDICAL COVERAGE OF ICDS. N. ENGL. J. MED. 2005; 352: 222-224.

6)      MADIT-CRT DATA AT THE ESC 2009 HOT LINE SESSIONS.