ENDOCARDITE INFETTIVA SU VALVOLA NATIVA: SVILUPPO DI UN
SISTEMA DI STADIAZIONE CLINICA DALL’ANALISI DI UN’ESPERIENZA
CARDIOCHIRURGICA TRENTENNALE
M. Cotrufo
Dipartimento di Scienze Cardiotoraciche, Seconda Università
di Napoli
Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare e Trapianti,
A.O.R.N. V. Monaldi, Napoli
L’endocardite infettiva,
nonostante i progressi e la standardizzazione dell’armamentario
terapeutico medico e chirurgico, rappresenta ancora una delle
patologie cardiovascolari a più alta mortalità. L’esperienza
clinica suggerisce che un approccio terapeutico aggressivo sia
in termini di terapia antibiotica sia di indicazione chirurgica
si rende necessario per la maggioranza dei casi. Tuttavia, la
complessità della natura di questa patologia, che può
presentarsi con svariati quadri clinici con diversi gradi di
severità per motivi sia cardiologici, sia infettivologici ed
internistici, continua a stimolare la ricerca in questo ambito,
per stabilire il ruolo e gli outcomes della chirurgia in
determinati sottogruppi di pazienti. La stessa complessità del
problema ha reso difficile fino ad oggi standardizzare un metodo
di valutazione prognostica del paziente candidato alla terapia
cardiochirurgica.
Diversi sistemi di
stratificazione prognostica a punteggio possono essere
utilizzati nella pratica cardiochirurgica in generale, ma
nessuno di essi è specifico per la patologia valvolare su base
endocarditica.
Lo scopo del nostro studio è
stato di sviluppare, partendo dall’analisi statistica della
nostra esperienza chirurgica trentennale con l’endocardite
infettiva su valvola nativa, un sistema di stadiazione della
patologia che potesse essere efficace nell’identificazione di
sottogruppi di pazienti con caratteristiche cliniche che
implicassero diversi livelli di rischio di mortalità.
La popolazione di studio
includeva 405 pazienti operati dal gennaio 1979 al gennaio 2009.
L’età media era 48±16 anni, 72% dei pazienti erano di sesso
maschile. L’analisi univariata ha permesso di identificare i
fattori associati ad una maggiore mortalità: tali fattori sono
stati introdotti in un modello di analisi multivariata. Sulla
base dei coefficienti emersi per ogni fattore dalla
multivariata, la popolazione è stata suddivisa in quartili di
rischio; i primi due quartili, avendo rischio identico, sono
stati poi accorpati in modo da ottenere tre gruppi. Dai
coefficienti sono stati ricavati punteggi da attribuire a
ciascun predittore significativo, con i seguenti risultati.
- Età 50-70 anni: 2 punti;
- età >70 anni: 7 punti;
- insufficienza renale
preoperatoria: 6 punti;
- classe NYHA III: 2 punti;
- classe NYHA IV: 3 punti;
- ventilazione meccanica
pre-operatoria (e/o edema polmonare): 5 punti;
- chirurgia effettuata in
emergenza: 2 punti;
- agente microbico “difficile”
(inclusi MRSA, gram negativi, forme polimicrobiche etc.): 7
punti; coinvolgimento peri-valvolare (ascesso o fistola): 6
punti.
Un punteggio totale da 0 a 2
indica l’inclusione nel primo gruppo/stadio (basso rischio); da
3 a 8 punti nel secondo (rischio medio); 9 o più punti nel terzo
(rischio elevato).
La mortalità ospedaliera globale
è stata del 9.1%: nel gruppo/stadio 1 (168 pazienti) era
dell’1.2%, nel gruppo/stadio 2 (129 pazienti) del 7%, nel
gruppo/stadio 3 (108 pazienti) del 24% (p<0.001).
Il follow-up è stato completo al 96%. La sopravvivenza
attuariale globale era dell’82%±0.023 a 5 anni, 73%±0.03 a 10
anni, 59%±0.04 a 15 anni. La sopravvivenza a 10 anni è stata
dell’81%, 70% e 59% per lo stadio 1, 2 e 3 rispettivamente (log-rank
test: p=0.002).
Analizzando la composizione dei
gruppi dal punto di vista clinico, lo stadio 1 può essere
definito come “healed endocarditis” (a mortalità vicina allo 0%)
o “active endocarditis in the young” (<50 anni, senza rilevanti
comorbidità; mortalità nel sottogruppo pari a 4%); lo stadio 2
può essere definito “active endocarditis with no comorbidity”
(mortalità 3%) o “endocarditis of the young patient with
comorbidities” (mortalità 8%); lo stadio 3 identifica la “active
endocarditis in the elderly” (10% di mortalità) or “critical
status endocarditis” (mortalità 40%), essendo caratterizzato da
fase avanzata dell’infezione (misconosciuta o trattata
intempestivamente) e/o dello scadimento della funzione cardiaca.
In un sottogruppo, comprendente i pazienti operati dal 2000,
anno di introduzione dell’Euroscore nella nostra pratica
clinica, ad oggi, è stata riscontrata una sua discreta
correlazione con il nostro score-system (“Cotrufo score”), sia
nella versione additiva (r=0.65, p<0.001) sia nella logistica
(r=0.56; p<0.001). Tuttavia, in 71 pazienti classificati come a
rischio medio dall’Euroscore ed invece a basso rischio (stadio
1) dal nostro sistema, non abbaimo osservato alcun decesso, così
come nei pazienti con Euroscore elevato ed in secondo stadio
sec. Cotrufo si è verificato solo un exitus. Ciò dimostra che in
una certa percentuale di pazienti l’Euroscore risultava
inferiore al nostro sistema nell’indicare la prognosi
postoperatoria ed in particolare sovrastimava il rischio in
alcuni pazienti che invece presentavano interventi a buon esito
e decorsi regolari.
Il metodo di stratificazione ed
il relativo scoring system da noi proposti, risultano efficaci
nel distinguere gruppi di pazienti con prognosi ospedaliera e a
lungo termine significativamente diversa, basandosi su
relativamente pochi criteri clinici preoperatori. Pertanto lo
proponiamo prima di tutto per una validazione in più ampia scala
(ad es., in esperienza multicentrica) ed anche per l’utilizzo
nella pratica clinica, per integrare l’informazione erogata al
paziente in merito ai rischi perioperatori.