CARDIOPATIE E ATTIVITA’ LAVORATIVA


 

P. Caldarola, M. Cuonzo, F. Troso

U.O.C. Cardiologia-UTIC Osp. Terlizzi-ASL BA


 

Nel rapporto tra lavoro e cardiopatie bisogna valutare due aspetti: il ruolo svolto dall’attività lavorativa nello sviluppo di patologie cardiovascolari e la limitazione della capacità lavorativa derivante dalla presenza di una cardiopatia.

L’impegno cardiocircolatorio in corso di attività lavorativa può essere dovuto all’incremento dell’attività fisica con aumento della richiesta energetica, ma anche al carico di lavoro mentale con eventuale stress psicologico ad esso correlato.

Il carico psicomentale provoca variazioni nella funzione del sistema circolatorio in relazione all’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con incremento dei valori pressori e della frequenza cardiaca e sulla coagulazione con attivazione piastrinica .

La scarsa attività fisica dei lavori d’ufficio e più di recente anche del settore industriale, per la progressiva automazione del lavoro, favorisce l’incremento del peso corporeo e lo sviluppo di sindrome metabolica, importanti fattori predisponenti lo sviluppo di cardiopatie. È controverso se sussista un rapporto causale tra il lavoro a turni e le malattie cardiocircolatorie. Tra i fattori di rischio più elevato potrebbero esservi le alterazioni del ritmo circadiano o meccanismi indiretti, quali la modifica delle abitudini alimentari e l’abitudine tabagica (1).

Anche l’esposizione a sostanze chimiche come piombo, cobalto, monossido di carbonio, solfuro di carbonio o idrocarburi alogenati può essere causa di malattie cardiocircolatorie correlate al lavoro, ma è attualmente meno frequente in seguito alla sostituzione delle sostanze pericolose e all’introduzione di misure protettive sul piano tecnico, organizzativo e personale. Gli effetti delle sostanze chimiche sull’apparato cardiocircolatorio dipendono dal grado e dalla durata dell’esposizione (2).

Ai fattori sopra citati vanno aggiunti anche gli effetti sull’apparato cardiovascolare del rumore, delle variazioni climatiche con, ad esempio, aumento della dispersione termica in ambienti caldi ed effetti ad essa correlati (tachicardia, ipotensione) e la vasocostrizione correlata con le basse temperature e relativi effetti sul tono coronarico.

D’altro canto la capacità lavorativa in corso di cardiopatie può risultare variabilmente limitata ed associata a modificazione delle prestazioni lavorative, del rapporto di lavoro ed in taluni casi anche ad interruzione dello stesso.

A tale situazione fanno riferimento le norme riportate nella tabella sottostante (3).


 

 


 

PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI


 

Art. 1464 codice civile: Qualora una prestazione di una parte (lavoratore) è divenuta solo “parzialmente” impossibile, l’altra parte (datore di lavoro) può anche recedere il contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale


 

D.Lgs 277/91 art 8: obbligo del datore di lavoro di assegnare, in quanto possibile, il lavoratore temporaneamente invalido ad altro posto di lavoro


 

D.Lgs 626/94 art 4 e successive modifiche 81/08 e 106/09: “il datore di lavoro….nell’affidare i compiti ai lavoratori…..tiene conto delle capacità e delle condizioni di salute degli stessi…”


 

D.Lgs 626/94 art 16 e 17 e successive modifiche 81/08 e 106/09: prevedono che il medico competente esprima i giudizi di idoneità specifica alla mansione accertando, in via preventiva e poi periodicamente, l’assenza di controindicazioni


 

La valutazione spetta al Medico Competente “…. medico in possesso di titoli e requisiti formativi e professionali …che collabora, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed é nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto” (d.lgs 81/08 e 106/09), che deve valutare la capacità lavorativa del soggetto affetto da malattia cardiovascolare con parametri affidabili, riproducibili, standardizzabili ed incruenti, utili a consentire una stadiazione finalizzata ad una esatta quantificazione del danno biologico. (4)

L’inquadramento clinico risulta spesso complesso ed inficiato dalla difficoltà di far corrispondere la soggettività dei sintomi e della percezione di malattia, con una obbiettività incontestabile.

La valutazione delle condizioni cardiache deve originare dall’integrazione di diversi dati disponibili, clinici e strumentali associati ad un accurato inquadramento prognostico.

Per l’inquadramento clinico vengono generalmente utilizzate scale di valutazione come quella della New York Heart Association (NYHA) per lo scompenso cardiaco e la Canadian Cardiovascular Society Specfic Activity Scale di Goldman per l’angina. Tali scale, pur presentando alcuni limiti quali eccessiva dipendenza dalla valutazione soggettiva del medico e del paziente e la scarsa capacità di valutazione nelle fasi acute, risultano correlare con la capacità funzionale molto più di parametri come l’entità della dilatazione ventricolare e la frazione di eiezione (5)

Le indagini strumentali utilizzabili sono diverse a seconda della patologia cardiovascolare in oggetto. Non è giustificata la richiesta di indagini di tipo cruento per i soli fini medico-legali. Le indagini maggiormente utilizzate sono i test da sforzo (ECG da sforzo, ecostress, scintigrafia miocardica, test cardiospirometrico), l’ecocardiogramma con valutazione della funzione sistolica e diastolica, l’ECG dinamico secondo holter.

L’integrazione dei dati provenienti dalla clinica e dalle indagini strumentali, permette una valutazione globale del paziente cardiopatico ed il suo eventuale inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro.

A tale proposito sono state proposte griglie di quantificazione del danno cardiologico che hanno la finalità di inquadrare il soggetto cardiopatico in classi cui corrispondono livelli di impegno lavorativo (6)


 

Livello di compromissione

1

2

3

4

Sintomatologia


 

NYHA 1

NYHA 2

NYHA 3

NYHA 4

Ergometria

negativo

Positivo per ECG a soglia elevata

Positivo e soglia media per ECG e/o angor


 

Positivo a soglia bassa per ECG ed angor

ecocardiografia

FE>50%

Fr.Acc. >30%

Cinesi normale

Vsn normale

FE 40-50%

F.Acc. 24-30%

Ipocinesi+

IVS+

FE 30-40%

F.Acc 18-24%

Ipocinesi ++

IVS++


 

Fe 20-30%

F. Acc 12-24%

Ipocinesi+++

IVS+++

Ecg dinamico*


 

No aritmie

Non disturbi della conduzione

Aritmie Lown I, II, III

Bav I grado*

Aritmie Lown IV A

Bav I grado**

Aritmie Lown IV B

Ischemia silente


 


 

  • *Il protocollo prevede un primo holter a 30gg dalla ripresa del lavoro ed un secondo dopo 6 mesi

  • **tutte la altre forme di blocco consigliano la sospensione della valutazione e l’invio del lavoratore c/o centri specializzati per l’approfondimento diagnostico


 

I fattori clinici che influenzano il reinserimento lavorativo del soggetto cardiopatico sono quindi la classe NYHA, la frazione di eiezione, il risultato del test ergometrico, le aritmie, cui si aggiungono la sintomatologia, la comorbidità.

Tra i fattori non clinici annoveriamo:

  • Età: esiste una progressiva diminuzione del ritorno al lavoro con l’aumento dell’età, anche in relazione alla possibilità di prepensionamento, ridotta possibilità di cambiare lavoro o mansione;

  • Tipologia di lavoro: i lavoratori autonomi ritornano al lavoro molto più facilmente e rapidamente dei dipendenti;

  • Profilo psicologico: i soggetti con depressione ed ansia tendono ad attribuire una maggiore rilevanza alla patologia di cui soffrono che viene vissuta come limitante

  • Atteggiamento del medico curante;

  • Stato lavorativo preoperatorio: i soggetti cardiopatici che si sottopongono ad un intervento tendono a rientrare al lavoro più rapidamente se hanno svolto normale attività lavorativa fino a pochi giorni prima;

  • Possibilità previdenziali offerte: prepensionamento, congedi ed aspettative per malattia, causa di servizio, invalidità civile (7) I test provocativi utilizzati non riescono a simulare completamente lo sforzo prodotto durante lo svolgimento del lavoro, che viene influenzato anche dallo stress psicologico, dalle condizioni ambientali, dalle variazioni termiche ed acustiche, dalla turnazione. Pertanto i test valutativi andrebbero associati a specifici questionari in grado di rilevare queste variabili e dovrebbero essere messe a punto strategie preventive che insegnino al lavoratore come rallentare il ritmo di lavoro, modulare i carichi, introdurre delle pause, ridurre l’attività fisica di tipo isometrico.

Il reinserimento nel mondo del lavoro dovrebbe rappresentare l’evento finale di un percorso di riabilitazione del paziente, sia di tipo fisico che psicologico ed i controlli periodici da parte del medico competente dovrebbero servire per tenere alta l’attenzione del paziente sulla sua patologia in termini di aderenza alla terapia ed adeguato stile di vita e del datore di lavoro sulle condizioni di lavoro offerte.

 

BIBLIOGRAFIA

 

1) A Knutsson, J Hallquist, C Reuterwall, T Theorell and T Akerstedt Shiftwork and myocardial infarction: a case-control study. Occupational and Environmental Medicine 1999.

2)SUVA Factsheet Lavoro e cuore, lucerna 4/09/2008

3) Il lavoratore cardiopatico: una metodologia diagnostica e reinserimento. U. Candura. Atti del convegno AIMA. Melfi 24/11/2006

4) Molisso C. Infermità cardiovascolari e capacità di lavoro. Linee guida di valutazione medico-legale. Giuffrè Editore 1998

5) Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni. Guida orientativa per la valutazione del danno biologico. Bargagna M. Giuffrè Editore 1996

6) Giachino GM et al “l’idoneità lavorativa specifica nel cardiopatico: criteri e risultati di un protocollo di valutazione” Atti 55° congresso SIMLII Vol I, pag 391-398. Torino Settembre-Ottobre 1992

7) Il paziente cardiopatico: la prevenzione secondaria e la riabilitazione cardiovascolare. G. Polimeni. Atti del congresso ANMA Melfi novembre 2006.