LA GESTIONE OSPEDALIERA DEI PAZIENTI

CON SINDROME CORONARICA ACUTA IN ITALIA:

RISULTATI DELLO STUDIO IN-ACS OUTCOME

 

Alessandro Boccanelli

Dipartimento per le Malattie dell’Apparato Cardiovascolare,

Azienda Ospedaliera S.Giovanni-Addolorata-Roma

 

 

Lo studio IN-ACS Outcome (Italian Network on Acute Coronary Syndromes-Outcome) nasce dalla  necessità di verificare l’epidemiologia clinica e l’esito, nel mondo reale, delle sindromi coronariche acute (SCA). Le linee guida, infatti, sono basate sui risultati di numerosi studi clinici controllati, ma gli studi randomizzati indipendenti nel campo delle SCA sono molto rari. Numerosi studi osservazionali o di outcome riportano dati in apparente controtendenza rispetto ai trial clinici randomizzati che stanno alla base delle Linee Guida.

Lo studio BLITZ aveva dimostrato che pazienti con SCA ricoverati in Ospedali di diverso livello tecnologico subiscono trattamenti differenti che dipendono più dal tipo di Ospedale che dalle caratteristiche cliniche di base e che la prognosi dei pazienti non sembra variare grandemente nelle strutture cardiologiche con o senza emodinamica se si analizzano i dati tenendo conto delle  caratteristiche di base dei pazienti.

Da quanto sopra emerge l’esigenza di definire le caratteristiche cliniche  dei pazienti del “mondo reale” per stabilire il grado di effettiva applicazione e di applicabilità delle linee guida, che sono ricavate da trial condotti su popolazioni selezionate di pazienti.

Obiettivo dello studio, pertanto, è quello di misurare l’outcome clinico dei pazienti con SCA a breve e medio termine nella realtà delle Cardiologie italiane.

Sono stati inclusi nello studio tutti i pazienti senza limiti di età ricoverati in uno dei Centri partecipanti nel periodo di arruolamento con quadro clinico compatibile con SCA associato a:

 - alterazioni ischemiche acute dell’ECG

                        e/o

 - rilascio significativo dei marcatori di necrosi

 - pregressa rivascolarizzazione miocardica o documentazione coronarografica di stenosi ≥ 50 % di un ramo principale

 - pregresso infarto miocardico documentato

 - pazienti che sviluppavano SCA in corso di procedure di rivascolarizzazione.

 

Venivano esclusi i pazienti che rifiutavano il consenso informato o che sviluppavano SCA determinata da comorbidità confondenti.

Outcome primario dello studio era la morte per ogni causa a 30 giorni, a 6 e 12 mesi, mentre outcome secondari erano morte/reinfarto a 30 giorni, a 6 e 12 mesi,reospedalizzazioni per IMA  con ST elevatom  reospedakizzazioni per NSTE-SC a 12 mesi,reospedalizzazioni per scompenso a 12 mesi A, reospedalizzazioni per eseguire rivascolarizzazione a 12 mesi.

 

 

I principali outcome di  sicurezza erano l’ictus da qualsiasi causa a 30 giorni, a 6 e 12  mesi e l’incidenza di sanguinamenti (minori e/o maggiori) a 30 giorni, a 6 e 12 mesi.

 All’interno dello studio il sottoprogetto “Get Appropriate “ si proponeva  come obbiettivo quello di descrivere le diverse strategie antiaggreganti nei pazienti con SCA NST e di definire il profilo di sicurezza associato alle diverse strategie antiaggreganti.

Hanno partecipato allo studio 41 Centri, di cui 32 UTIC, 2   Cardiologie senza UTIC, 7 Medicine interne. Sono stati analizzati 5869 pazienti, le cui caratteristiche sono riportate nelle tabelle 1-3. Il 62,7% dei pazienti aveva una sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTACS) e il 37,3% una SCA con sopraslivellamento di ST (STEMI).Per quanto riguarda i dati demografica e di popolazione  si può osservare che la sindrome coronarica acute si verificano mediamente a 66 (ST) e 69 (NST) anni, 3 anni più tardi 3 anni più tardi della media registrata nei registri europei e nei trial clinici (fig.1).

Le donne rappresentano circa il 30% della popolazione e i pazienti con NSTSCA hanno più fattori di rischio (diabete, ipertensione, dislipidemia) e comorbidità (insufficienza renale, BPCO).

 

 

 

 

L’angioplastica primaria è stata praticata nel 47,5% dei pazienti con STEMI e la trombolisi nel 26,4%.Riceve pertanto una terapia riperfusiva, globalmente, il 73,9% dei pazienti con STEMI, ovvero il 26,1% non riceve nessuna terapia riperfusiva.

 

 

 

 

 

 Il tempo mediano tra l’esordio dei sintomi e l’angioplastica era di 220 minuti e quello door to balloon di 92 minuti. Gli stessi tempi, per la trombolisi, scendevano, rispettivamente, a 120 e 30 minuti (Tabella 4). I tempi per l’angioplastica primaria differivano in modo significativo a seconda che i pazienti fossero trasferiti da altro Ospedale o che la procedura fosse praticata nello stesso Ospedale che riceveva il paziente (rispettivamente, 142 e 83 minuti di tempo mediano, P<0,0001) (tabella 5).

Per quanto riguarda i pazienti con NSTE-SCA, il 74,2% veniva sottoposto a studio coronarografico nel corso del ricovero e il 47,2% veniva sottoposto ad angioplastica. Solo il 24,9% dei pazienti veniva sottoposto a PTCA nelle prime 48 ore, percentuale decisamente inferiore rispetto a quella ritenuta necessaria dalle linee guida per coprire le esigenze della popolazione con NSTE-SCA ritenuta a rischio intermedio-alto, pari ad oltre il 50% (Tabella 6). Il tempo mediano per eseguire PTCA, tra quelli che sono stati sottoposti alla procedura entro le prime 48 ore, non differiva tra i pazienti trasferiti da altro Ospedale rispetto a quelli trattati nello stesso Ospedale di ricovero (P=0,4) (Tabella 7).

La durata mediana della degenza totale ed in unità di terapia intensiva cardiologica era, rispettivamente di 6 e 3 giorni, non diversa tra pazienti STEMI e NSTEMI (Tabella 8).

 

 

 

 

 

Per quanto riguarda l’outcome di sicurezza, relativamente all’incidenza di ictus e di emorragie, questa è risultata bassa (tab 9) sia nella popolazione con STEMI che NST.

Non si rilevavano differenze significative nella incidenza di emorragie maggiori nei gruppi trattati con farmaci antiaggreganti rispetto ai non trattati (figg.2 e 3).

La mortalità totale era del 2,9%, quella per STEMI del 4,4% e quella per NSTEMI del 2%, in linea con i dati dei registri internazionali (fig.4).

Alcuni dei risultati emersi nella fase ospedaliera relativi all’uso dei farmaci offrono lo spunto per qualche riflessione sulla  aderenza alle Linee Guida.

La popolazione generale dello studio aveva un profilo di rischio elevato, ma, nonostante questo, il trattamento farmacologico precedente l’evento indice era subottimale(tab 10). Tutte le classi di farmaci consigliate dalle Linee Guida erano sottoutilizzate.Anche nella popolazione con coronaropatia documentata c’era una sostanziale sottoutilizzazione dei farmaci raccomandati (Tab 11). Qualche tipo di trattamento antiaggregante, in particolare, era usato solo nel 73,6% dei pazienti, come pure il trattamento con ACE-I o ARB  o con statine era inferiore a quello che ci si sarebbe atteso in una popolazione di questo tipo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  Alcune importanti riflessioni possono essere fatte sulle prescrizioni farmacologiche alla dimissione. Nella Tab.12 si vede come la doppia antiaggregazione (ASA + Clopidogrel o Ticlopidina) sia praticata in modo sostanzialmente corretto solo nei pazienti sottoposti ad angioplastica (94,8%), mentre solo al 59,4% dei pazienti che non sono stati sottoposti ad angioplastica viene prescritto questo trattamento raccomandato dalle Linee Guida.L’angioplastica sembra “tirarsi dietro” anche altre terapie raccomandate, come se la procedura interventistica generasse un maggiore livello di attenzione: si veda ad esempio il maggiore uso di statine e di beta bloccanti che si fa nei pazienti sottoposti a PCI rispetto ai non trattati. Una considerazione analoga si può fare per la terapia alla dimissione dei pazienti con STEMI (tab 13), in cui è raccomandata la doppia antiaggregazione per almeno due settimane dopo. I pazienti che non praticano nessun tipo di terapia riperfusiva (no TR) subiscono un trattamento meno appropriato di quelli riperfusi con trombolisi (TT) o con angioplastica primaria (PCI). I dati dello studio IN-ACS, di cui quelli citati sono solo una minima parte, contengono informazioni molto rilevanti sulla epidemiologia clinica delle SCA in Italia, sulle strategie terapeutiche e sulle abitudini prescrittive in questo settore così rilevante dell’assistenza sanitaria. E’ in corso di completamento il follow up ad un anno dei pazienti arruolati, che consentirà di correlare le scelte della fase acuta all’esito a distanza.