NURSING E RISCHIO CLINICO
Elisabetta Simonetti
Area Infermieristica Azienda Ospedaliero-Universitaria
Ospedali Riuniti Ancona
Introduzione
Il tema del rischio clinico si
pone come argomento di rilevante severità che interessa vari
settori della sanità ed ha un forte impatto sociale.
Il sistema sanitario è un
sistema complesso per diverse variabili coinvolte, quali la
specificità dei singoli pazienti, la complessità degli
interventi, le esperienze professionali multiple, i modelli
gestionali diversi.
Partendo dalla considerazione
che l’errore è una componente inevitabile della realtà umana,
diventa fondamentale riconoscere che anche il sistema può
sbagliare creando le circostanze per il verificarsi di un
errore, che restano latenti fino a quando un errore
dell’operatore non le rende manifeste.
Nella complessa macchina della
sanità, a volte l’errore non è del medico ma dell’infermiere;
nonostante non siano disponibili dati precisi sul numero degli
errori commessi dagli infermieri, si è consapevoli che molti
errori nelle somministrazioni di farmaci, le infezioni contratte
durante la degenza ospedaliera, le cadute, le ulcere da
pressione sono sicuramente imputabili in buona parte al
comportamento negligente degli infermieri.[1]
Non si può però non considerare
la carenza di risorse umane come una tra le principali cause
latenti presenti in un sistema o in un’organizzazione, che
possono condurre al verificarsi di errori o di eventi avversi.
Rischio clinico
Il rischio clinico è la
probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso,
cioè subisca un qualsiasi danno o disagio imputabile, anche se
in modo involontario, alle cure mediche prestate durante il
periodo di degenza, che causa un prolungamento del periodo di
degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte.
Le istituzioni sanitarie hanno
pertanto il dovere di fornire la massima protezione possibile
dai danni – conseguenti a errori umani o a errori di sistema-
che si verificano nei processi di cura.[2]
L’errore umano può essere
definito come il fallimento della sequenza di azioni mentali o
di attività pianificate per ottenere un obiettivo desiderato.
Reason delinea tre diverse
tipologie di errore (Tabella 1):
-
errori di esecuzione che si verificano a livello di
abilità (slips): azioni compiute diversamente da come
pianificate: “sa ma non lo fa”;
-
errori di esecuzione provocati da un fallimento della
memoria (lapses): “non ricorda”;
-
errori non commessi durante l’esecuzione pratica
dell’azione (mistakes): errori di pianificazione di strategie.
Generalmente si considera
l’errore solo come diretta conseguenza della azione
dell’operatore sanitario; non sempre, tuttavia, la produzione di
un danno o di una lesione può essere ricondotta esclusivamente
all’azione degli operatori. E’ il caso degli incidenti
riconducibili a cause organizzative, per i quali l’evento è il
risultato della combinazione e dell’intreccio dell’azione
dell’operatore e di condizioni latenti. Quindi si possono
distinguere gli “errori attivi” che sono commessi direttamente
dall’operatore e determinano un effetto negativo quasi immediato
sull’assistito, dagli “errori latenti”, che interessano
l’organizzazione, la quale è direttamente coinvolta nel processo
di gestione dei rischi, poiché dietro ogni errore attivo
troviamo, e vanno ricercate, le cause di errore latente
attribuibili al sistema e alla gestione organizzativa.
[3]
Tabella 1 – Classificazione
dell’errore umano.

Attualmente il focus
dell’attenzione si sposta dalla ricerca dell’errore attivo a
quello dell’errore latente, riconoscendo nelle carenze del
sistema la responsabilità dell’esito non voluto dell’azione
intrapresa.
Questi errori sono
metaforicamente descritti da Reason come “patogeni”, che
rimangono latenti all’interno dell’organismo, incapaci di per sé
di causare una sintomatologia conclamata, ma che, in connessione
con altri fattori eziologici e in condizioni facilitanti,
possono dare origine a un evento patologico. Allo stesso modo in
tutte le organizzazioni sono presenti elementi potenzialmente
dannosi: quanto più essi sono numerosi, tanto più probabile sarà
il verificarsi di una combinazione scatenante.
Da questa visione sistemica
nasce l’idea che il verificarsi di un incidente sia frutto di
una concatenazione di eventi che hanno superato tutte le difese
che erano state messe in atto.
Reason ha cercato di chiarire il
significato di errore latente utilizzando una anologia con il
formaggio svizzero: ogni fetta di formaggio rappresenta uno
strato difensivo dell’organizzazione. Questi strati nelle
organizzazioni complesse sono diversi: alcuni sono basati
sull’affidabilità dei sistemi ingegnerizzati, altri
sull’affidabilità umana, altri ancora sono dipendenti da
controlli e procedure. Ognuno di questi strati dovrebbe
idealmente essere privo di punti critici, ma in realtà in ognuno
c’è – come appunto in una fetta di formaggio svizzero – una
serie di buchi che sono in grado di aprirsi, chiudersi,
spostarsi al variare delle prospettive adottate in quella
determinata parte del sistema.
La presenza di questi buchi in
diversi strati di per sé non è sufficiente per il verificarsi di
un incidente che accade solo in quelle particolari situazioni in
cui questi si trovano allineati e permettono la cosidetta
traiettoria delle opportunità.
Non tutti gli errori latenti
producono un errore attivo, né tutti gli errori provocano un
danno; perché il danno si verifichi, devono sussistere
condizioni tali da permettere all’errore di superare tutte le
barriere di sicurezza tecniche e organizzative predisposte
all’interno della struttura per contenere gli effetti di
possibili errori.[4]
[5]
Professione e responsabilità
Un’analisi della letteratura
internazionale sulla sicurezza in ambito sanitario e, sugli
errori degli operatori sanitari, in special modo degli
infermieri, evidenzia che la casisitica più frequente proviene
dagli Stati Uniti, seguiti da Regno Unito, Canada e Australia.
La Quality of Health Committee
dell’Institute of Medicine (IOM) ha redatto nel 1999 un rapporto
in cui si stima che il numero delle morti che si verificano a
causa di errori degli operatori sanitari sia compreso tra le
44.000 e le 98.000 unità all’anno. Oltre al costo in termini
strettamente economici, è necessario tenere in considerazione i
costi indiretti – e difficilmente stimabili - rappresentati
dalla sfiducia che i cittadini danneggiati sviluppano nei
confronti del sistema sanitario.
Anche l’Italia ha avviato in
anni recenti un percorso orientato alla ricerca di qualità e
sicurezza in ambito sanitario, con particolare attenzione al
problema dell’errore umano. Il Tribunale dei Diritti del Malato
riferisce che il 30,3% dei contatti che il Progetto Integrato di
Tutela ha avuto nel 2001 sono relativi a sospetti errori di
diagnosi e terapia.[6]
Un’indagine condotta da nove
State Boards of Nursing ha permesso di identificare gli errori
più frequenti, classificati poi in una tassonomia che racchiude
otto categorie. Le otto categorie di errori infermieristici che
rappresentano un largo range di possibili errori e fattori
contrbutivi o causativi[7]
sono le seguenti:
-
mancanza di attenzione
-
mancanza di interesse
fiduciario
-
giudizio inappropriato
-
mancanza di interventi
nell’interesse del paziente
-
errori terapeutici
-
mancanza di prevenzione
-
sbagli o equivoci di altri
operatori
-
errori di documentazione
Nursing e carenza
infermieristica
In letteratura sono pubblicati
numerosi articoli che tentano di dimostrare gli esiti della
carenza infermieristica sul paziente.
Lo studio di Needleman et al.[8]
ha dimostrato che tra i pazienti delle medicine un numero più
elevato di ore erogate dagli infermieri qualificati, in
proporzione alle ore totali di assistenza, e un più alto numero
di ore erogate in assoluto erano associati ad una minore
frequenza di insorgenza di eventi avversi fra i pazienti.
Lo studio di Aiken et al.[9]
ha riscontrato una relazione statisticamente significativa tra
livelli assistenziali e mortalità intraospedaliera e conseguente
a complicanze.
Questi studi dimostrano che
l’assistenza erogata dagli infermieri in condizioni ottimali ha
un ruolo importante nella prevenzione degli eventi avversi,
nella prevenzione /gestione delle complicanze, nella guarigione
in tempi più rapidi e nella prevenzione delle morti correlate
all’ospedalizzazione.
Inoltre, aumenta la
soddisfazione degli infermieri per il proprio lavoro e
rappresenta un deterrente verso l’abbandono della professione.
Conclusioni
Un sistema sanitario credibile e
affidabile non può permettere che le attività di pertinenza,
complesse e difficili, possano determinare accidentalmente il
peggioramento delle condizioni di salute dei pazienti e un
conseguente aumento dei costi per le famiglie e la collettività.
Molti degli episodi di danni
reversibili o irreversibili a carico dei pazienti trattati nelle
condizioni consuete di cura sono causati dalle carenze del
sistema organizzativo, più che dall’incompetenza dei singoli
operatori sanitari, e quindi sono attribuibili a chi ha la
responsabilità di garantire un’organizzazione efficace ed
efficiente.[10]
Dal momento che in ogni
organizzazione complessa l’errore e la possibilità di un
incidente non sono eliminabili, devono essere utilizzati tutti
gli interventi possibili affinchè siano, per lo meno,
controllabili.
E’ fondamentale favorire le
condizioni lavorative ideali e porre in atto un insieme di
azioni che renda difficile per l’uomo sbagliare ed, in secondo
luogo, attuare delle difese in grado di arginare le conseguenze
di un errore che si è verificato.
Gli approcci al problema degli
eventi avversi in sanità si focalizzano sul comportamento umano
che attribuisce l’incidente ad un comportamento aberrante e
sulle condizioni nelle quali accade l’errore, inteso come il
risultato di un fallimento di un insieme di elementi umani,
tecnologici e relazionali, fortemente interconnessi, interattivi
e finalizzati ad un obiettivo comune.[11]
Il rischio clinico può essere
controllato attraverso iniziative di Risk Management che devono
prevedere strategie di lavoro che includano la partecipazione di
numerose figure che operano in ambito sanitario e devono essere
articolate e comprendere tutte le aree in cui l’errore si può
manifestare, nell’interezza del processo clinico-assistenziale
del paziente.
Finchè l’errore continuerà ad
essere visto come una colpa, sarà difficile riuscire a cambiare
la situazione; per modificare un atteggiamento di questo tipo il
primo passo è l’accettazione stessa dell’errore, come
inevitabile; tale obiettivo si può raggiungere con la formazione
e la gestione delle competenze dei professionisti della sanità,
affinchè il risultato sia quello di prevenire l’errore e di
introdurre un cambiamento culturale ed elevare quindi la
consapevolezza degli operatori su un tema delicato come quello
del rischio clinico.[12]
Parole chiave:
rischio clinico, assistenza infermieristica
Bibliografia
[1] Del Poeta G, Mazzufero F, Canepa
M. Nursing malpractice: gli errori degli infermieri
nella pratica professionale. In: Il risk management
nella logica del governo clinico. Milano: Edizioni
McGraw Hill, 2006;115-38
[2] Del Poeta G, Mazzufero F, Canepa
M. Il risk management. In: Il risk management nella
logica del governo clinico. Milano: Edizioni Mc Graw
Hill, 2006; 58
[3] Del Poeta G, Mazzufero F, Canepa
M. Il risk management. In: Il risk management nella
logica del governo clinico. Milano: Edizioni Mc Graw
Hill, 2006; 92
[4] Ministero della Salute
Dipartimento della Qualità Direzione Generale della
Programmazione Sanitaria, dei Livelli Essenziali di
Assistenza e dei principi etici di sistema. Ufficio III
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Commissione Tecnica del Rischio Clinico D.M. 5 marzo
2003. Roma, marzo 2004.
[5] Del Poeta G, Mazzufero F, Canepa
M. Il risk management. In: Il risk management nella
logica del governo clinico. Milano: Edizioni Mc Graw
Hill, 2006; 92-4
[6] Agenzia Regionale Sanità Toscana.
La sicurezza degli utenti. In: Nursing: proposta per un
progetto regionale. Bozza n. 1.1, 13 dicembre 2003; 8
[7] Mangiacavalli B. Professione e
responsabilità. Federazione Nazionale Collegi IPASVI
[8] Needleman J,
Buerhausn P, Stewart M, Zelewinsijy K. Nurse-staffing
levels and the quality of care in hospitals. N England J
Med, 2002; 22:1715-21
[9] Aiken LH,
Clarke SP, Sloane DM, Sochalski, Silber JH. Hospital
nurse staffing and patient mortality, nurse burnout and
job dissatisfaction, JAMA, 2002; 16:1987-93
[10] Del Poeta G, Mazzufero F, Canepa
M. Il risk management. In: Il risk management nella
logica del governo clinico. Milano: Edizioni Mc Graw
Hill, 2006; 82-3
[11] Ministero della Salute
Dipartimento della Qualità Direzione Generale della
Programmazione Sanitaria, dei Livelli Essenziali di
Assistenza e dei principi etici di sistema. Ufficio III
Risk management in sanità. Il problema degli errori.
Commissione Tecnica del Rischio Clinico D.M. 5 marzo
2003. Roma, marzo 2004.
[12] Del Poeta G, Mazzufero F, Canepa
M. Il risk management. In: Il risk management nella
logica del governo clinico. Milano: Edizioni Mc Graw
Hill, 2006; 113