Il trattamento percutaneo della stenosi valvolare aortica
DELL’ANZIANO:
dalla valvuloplastica
a palloncino alla sostituzione valvolare
Gennaro Santoro
SS Emodinamica A.O. Careggi Firenze
Introduzione al problema
La stenosi
valvolare aortica è la patologia valvolare di più frequente
riscontro nei paesi occidentali e la sostituzione valvolare
aortica è l’intervento di chirurgia valvolare più eseguito. La
prevalenza di stenosi aortica sintomatica aumenta con l’età: a
75 anni il 2,5% della popolazione e a 80 anni l’8,1% sviluppano
una stenosi aortica di grado moderato severo. Il costante
aumento nella popolazione italiana di ultraottantenni rende
facilmente prevedibile un incremento del numero di pazienti
affetti da stenosi valvolare aortica severa nel corso dei
prossimi anni. La storia naturale della stenosi aortica è ben
nota e strettamente correlata all’insorgenza dei sintomi. Nel
paziente con stenosi valvolare severa asintomatico la mortalità
annua è inferiore all’1%, mentre nei pazienti sintomatici per
insufficienza cardiaca, sincope o angina pectoris la
sopravvivenza non supera in genere i 2, 3 e 5 anni
rispettivamente. Attualmente la sostituzione chirurgica della
valvola è l’unica terapia in grado di modificare la prognosi di
questi pazienti, tuttavia, specialmente i pazienti molto anziani
presentano spesso un rischio cardiochirurgico molto elevato o
sono inoperabili in relazione all’età stessa o per la
poli-patologia tipica del paziente geriatrico. Mentre al di
sotto dei 70 anni la mortalità peri-operatoria in molti centri è
inferiore all’1%, al di sopra degli 80 anni il valore sale
all’11% nei primi 30gg dall’intervento. Nei pazienti
ultraottantenni emergono inoltre con frequenza non trascurabile
serie complicanze post-operatorie quali ictus (4-8%),
disfunzione renale (11%) e sindrome da bassa poratata (16,5%).
Il registro europeo dei pazienti affetti da valvulopatia (Euro
Heart Survey) ha permesso di dimostrare che circa 1/3 dei
pazienti affetti da stenosi aortica severa sintomatica non
riceve alcun trattamento, principalmente a causa della
co-morbidità che rende proibitivamente alto il rischio
chirurgico. La prevalenza elevata della malattia, la sua
associazione con età avanzata e elevato rischio operatorio , ha
promosso l’interesse per un approccio alternativo:
La
valvuloplastica aortica percutanea
: la dilatazione con palloncino della valvola aortica stenotica
è un intervento praticato da molti anni e che per molto tempo è
stata l’unica scelta terapeutica nei pazienti non operabili.
L’intervento si è dimostrato efficace nel ridurre in acuto il
gradiente transvalvolare e quindi nel determinare un
miglioramento clinico a breve termine. Tuttavia la
valvuloplastica ha il limite che la restenosi è pressoché
costante nell’arco degli 8-12 mesi successivi. Si tratta quindi
di una misura palliativa che non può essere una valida
alternativa alla sostituzione chirurgica, e che richiede il
re-intervento percutaneo nell’arco di 12-18 mesi.
L’impianto di protesi aortica percutanea:
la possibilità di impiantare un sistema valvolare protesico
aortico per via percutanea ha aperto nuovi orizzonti nel
trattamento di questi pazienti non candidabili alla sostituzione
valvolare aortica chirurgica. Il gruppo francese di Alain
Cribier, sfruttando l’esperienza decennale di valvuloplastiche
aortiche, ha effettuato su un paziente il 16 aprile 2002 il
primo impianto percutaneo di una bioprotesi valvolare aortica in
pericardio equino montata su palloncino e sviluppata ad hoc
(protesi Cribier-Edwards). I buoni risultati dei primi casi
hanno promosso una fervida attività sperimentale nella ricerca e
sviluppo di nuove valvole e nuovi sistemi di impianto. Alla
valvola montata su palloncino Cribier-Edwards si è affiancata
la valvola CoreValve di pericardio bovino inserito in uno stent
autoespandibile di nitinolo. Negli ultimi tre anni sono stati
trattati con tecnica percutanea circa 2200 pazienti nel mondo
con percentuali di successo dell’impianto superiori al 95% e con
risultati clinici molto incoraggianti sia in acuto che al follow
up a medio termine (mortalità a trenta giorni intorno all’8%).
In particolare l’intervento si caratterizza per la breve durata
della degenza post-operatoria (dimissione in media dopo 4
giorni), senza necessità di ricovero in terapia intensiva.

Figura 1

Figura 2

Figura 3

Figura 4

Figura 5

Figura 6
Le due
protesi valvolari aortiche attualmente in commercio hanno
caratteristiche differenti : la Cribier-Edwards (fig.1) è
costituita da una valvola biologica suturata su uno stent
espandibile su pallone ed il sistema di trasporto ha un diametro
di 22 F e può essere impiantato per via femorale arteriosa
previa arteriotomia chirurgica oppure per via trans-apicale
previa toracotomia ed esposizione dell’apice cardiaco; la
CoreValve (fig. 2,3) è una protesi biologica montata dentro uno
stent autoespandibile (fig 4,5) ed il sistema di trasporto è di
18F e può essere impiantata per via arteriosa femorale in modo
percutaneo (fig 6) o per via succlavia previa arteriotomia
chirurgica. Questa ultima può quindi essere impiantata anche
senza anestesia generale quando è possibile l’accesso femorale.
Il successo
tecnico dell’impianto è legato alla corretta selezione anotamica
dei pazienti.Più complessa è la selezione clinica dei pazienti
che richiede una stretta collaborazione fra cardiologi,
cardiochirurghi, cardioanestesisti, geriatri. Necessario è
capire quanto non solo in termini di sopravvivenza ma anche in
termini di qualità l’intervento sia utile ai nostri pazienti che
allo stato attuale è costituito da pazienti ad alto rischio o
inoperabili e quindi nella quasi totalità pazienti ultra
ottantenni, con gravi comorbilità. Il fine quindi deve essere
quello di dare una “vita migliore” ai nostri “vecchi”.
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Circulation Mar 2008