ORGANIZZAZIONE
SANITARIA
L’oggi e il domani
dell’Ospedale
G.Rosato,
T.Lanzillo; F. Candelmo; F.Rotondi; F.Manganelli; L.Marino.
A.O. R. N. A. S. “ San Giuseppe Moscati” Avellino
Nel contesto dell’assistenza
sanitaria specialistica l’Ospedale ha una rilevanza
particolare sia per la sua intrinseca complessità organizzativa
sia per la quota di risorse che assorbe dal fondo sanitario.
L’obiettivo di ogni ospedale che oggi meriti realmente questo
termine, pertanto, è di far sì che tutte le sue diverse
componenti che sono tra loro complementari - nel senso che hanno
competenze diverse allo scopo di dare uno specifico contributo
specialistico per il miglior trattamento diagnostico-terapeutico
di ogni paziente ambulatoriale o degente- siano strettamente
integrate fra loro, con l’adozione di idonei modelli
organizzativi, adozione che presuppone un’adeguata mentalità
degli operatori tale da condividere ed accettare questa
impostazione. Indubbiamente i fattori che hanno fin qui
influenzato il percorso dell’ospedale verso il XXI secolo sono:
l’Aziendalizzazione, la
Dipartimentalizzazione, e la Remunerazione con tariffe
predeterminate dei ricoveri ospedalieri sulla
base dei DRG (Diagnosis Related Group).
Per quanto
concerne l’organizzazione interna dell’Ospedale,
l’organizzazione di tipo dipartimentale è quella che più di
ogni altra coinvolge i medici anche nelle responsabilità
gestionali. Essendo, inoltre, il numero delle specialità e delle
subspecialità mediche e chirurgiche in continuo aumento, il
dipartimento favorisce l’interazione di vari specialisti e
subspecialisti garantendo ai pazienti un’assistenza moderna.
Dal punto di vista
organizzativo-gestionale il dipartimento consente di superare le
barriere funzionali ed il “sequestro” di personale e di
attrezzature all’interno delle unità operative, che provocano
inefficienze e relativi costi. Senza considerare che
l’attribuzione dei posti letto alle diverse specialità tende a
dilatare le degenze di relativi oneri in un periodo in cui le
moderne tecniche chirurgiche ed interventistiche e le nuove
metodologie organizzative consentono di contrarre i posti letto
e di diminuire i costi di degenza. Anche dal punto di vista
della ricerca e della didattica i vantaggi sono considerevoli.
Le integrazioni orizzontali, basate su criteri di aggregazione
che tendono a ricostruire il percorso diagnostico-terapeutico
specifico del paziente, rappresentano la soluzione più avanzata
ed innovativa ed hanno l’indubbio pregio di dare continuità alle
cure. Il modello ospedaliero basato su una distribuzione
verticale delle proprie componenti sanitarie, amministrative e
tecnico-economali, non ha infatti risposto in termini adeguati a
questi bisogni. L’adattamento continuo alle nuove esigenze non
è stato sempre agevole in relazione alle caratteristiche degli
edifici ospedalieri presenti nelle varie realtà, pur essendo
l’ospedale uno degli ambiti per eccellenza in cui concretizzare
il valore fondante del rispetto dell’individuo anche oltre i
limiti non scritti.Dieci sono i principi informatori per un
Ospedale ad alto contenuto tecnologico ed assistenziale.
Umanizzazione:
ospedale luogo di accoglienza del
malato acuto senza discriminazione alcuna dove si pone
attenzione al disagio sociale , alla lotta al dolore ed alla
sofferenza, anche tramite ambienti progettati per garantire
confort fisico e psichico ai pazienti, agli operatori sanitari
ed ai parenti.
Urbanità:
ospedale non più concepito come
perimetro per separare i sani dai malati ma come struttura
generalmente allocata in aree periferiche che ne determinano
massima fruibilità in condizioni di emergenza, attraverso
percorsi differenziati.
Socialità:
luogo di riscoperta del valore
della solidarietà, aperto alle associazioni di volontariato ed
ai cittadini ed accogliente verso attività socio-culturali di
supporto al malato.
Organizzazione:
metodo da perseguire è quello
della valutazione della qualità totale dove la tutela della
salute è frutto di interventi multidisciplinari ed
interfunzionali, in cui l’efficacia per diagnosi e terapia si
integra con pari dignità alla logistica ambientale che permette
degenze flessibili, centralizzazione dei servizi e ricerca
interdisciplinare.
Interattività:
ospedale aperto al territorio in
cui i medici di famiglia seguono i loro assistiti nella tappa di
diagnosi e cura ospedaliera, interconnesso al territorio
attraverso la telemedicina, al fine di evitare inutili
duplicazioni e disagi logistici.
Appropriatezza:
monitoraggio continuo del
rapporto tra le esigenze della collettività e numero di
prestazioni erogabili. Suddivisione delle azioni sanitarie
ospedaliere in differenti tipologie: intensive care; high care;
low care; day hospital.
Un utilizzo appropriato
dell’Ospedale permette un contenimento del numero dei posti
letto pur mantenendo un alto numero di prestazioni.
Affidabilità:
preparazione e professionalità di
tutti gli operatori perseguita attraverso formazione permanente
e controlli di qualità; verifica continua dei percorsi condivisi
intraospedalieri e delle sinergie interospedaliere la cui
trasparenza ed efficacia induce fiducia nell’utenza.
Affidabilità ottenuta anche attraverso aggiornamento e revisione
delle apparecchiature elettromedicali, sicurezza ambientale,
rischio igienico- sanitario, tutela della privacy.
Innovazione:
Struttura ospedaliera concepita
come capace di adattarsi alla continua variabilità delle parti
consentendo modificazioni e crescite, senza che il preesistente
risulti obsoleto, completa flessibilità fisica dell’edificio nei
sistemi costruttivi e nell’impiantistica.
Ricerca:
ospedale luogo di ricerca
scientifica, moltiplicatore delle curiosità del sapere
attraverso un sistema informativo che permetta analisi integrate
di dati clinici ed amministrativi.
Formazione:
luogo di aggiornamento continuo
per medici, infermieri, personale tecnico-gestionale, luogo di
educazione sanitaria ed occasione di cultura per i cittadini.
Superato, pertanto, il modello tradizionale di Ospedale occorre
andare alla ricerca di nuovi modelli. Pur essendo ipotizzabile
l’esistenza, almeno nel breve periodo, di vari possibili livelli
di Ospedali, il modello tendenziale è quello ad elevato
contenuto tecnologico non solo a vocazione chirurgica, ma anche
relativamente alla medicina per acuti. E’ peraltro evidente che
per curare bene un paziente, l’Ospedale deve disporre di una
pluralità di discipline: il moderno approccio alla malattia
generalmente comporta la messa in campo di più di una specifica
competenza. Umano ed
hi-tech, grande ma non troppo, ad alta intensità di cura, ma in
continua osmosi con la città. Una struttura che mette al centro
il paziente privilegiando accoglienza, comfort e organizzazione
delle cure. E’ questo il ritratto dell’ospedale del futuro,
tracciato in uno studio finanziato dal Ministero della Salute e
promosso dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali, in linea
con le indicazioni del PSN che ha indicato, tra le priorità,
anche il cambiamento strategico del ruolo dell’ospedale,
con il suo inserimento nell’ambito della più ampia rete di
servizi e col definitivo abbandono delle caratteristiche
generaliste.
Traguardi ancora oggi molto
lontani, strutture vetuste, finanziamenti utilizzati con
discontinuità, assenza di standard e di linee guida per la
realizzazione ottimale degli ospedali, iniziative affidate al
buonsenso e alla buona volontà dei singoli promotori sono mali
diffusi da un capo all'altro della Penisola. Nel corso
dell’ultimo decennio gli ospedali hanno dovuto affrontare il
problema, strutturale ed organizzativo, di ospitare nuove
attività e funzioni coerenti con il principio della “
PROGRESSIVE PATIENT CARE”. Sono 65 le specialità
cliniche e le discipline codificate dal SSN ed è quindi stato
necessario collocare le funzioni nell’ambito delle” AREE
FUNZIONALI OMOGENEE” alle quali fanno riferimento le
discipline affini e complementari che si raggruppano in
DIPARTIMENTI. La Diagnostica per Immagini, ad esempio, si è
evoluta e si è diversificata in modo tale da richiedere
prestazioni particolari anche perché, unitamente a molte altre
discipline, ha esteso il campo di azione all’interventistica
invasiva e seminvasiva anche terapeutica. Talune specialità
hanno cominciato a praticare queste attività in regime di
ricovero diurno- il Day-hospital e la Day-surgery- che dai primi
anni novanta hanno assunto una importanza sempre crescente,
ponendo contestualmente problemi di accesso, di collocazione, di
articolazione ed ampiezza degli spazi. Altre esigenze hanno
posto le biobanche, con specifiche
caratteristiche per il prelievo e il trapianto di organi e di
tessuti, per la donazione di sangue e di emocomponenti, per i
tessuti/organi patologici e, da ultimo, ma non certo ultime per
importanza attuale e futura, le biobanche genetiche. Si ritiene,
tuttavia, che gli elementi fondamentali da considerare per la
definizione dell’Ospedale del futuro sono: l’intensità di cura,
la stratificazione dei tipi di casistica trattata, l’accesso a
tecnologie complesse all’interno di una struttura a rete, il
dimensionamento operativo, il modello organizzativo, le funzioni
miste e l’esigenza didattica. Le Regioni hanno provveduto, in
genere, a definire una strategia di integrazione tra i diversi
macrolivelli assistenziali ed a rimodellare l’offerta di servizi
ospedalieri, anche sulla base della funzione locale del singolo
istituto. Permane però una forte sovrapposizione tra attività
erogate in sede ospedaliera e funzioni proprie di altri livelli
assistenziali che, sebbene garantisca al cittadino opzioni
differenziate di scelta, non contribuisce ad una visione
organica e razionale del servizio. La valutazione degli outcome
in un modello ospedaliero tecnologico avanzato deve tener conto
della “FRAZIONE” di percorso assistenziale che il paziente
compie nella struttura ed è quindi tanto più specifica quanto
più è specialistico e puntuale l’intervento realizzato. Una
valutazione degli outcome realizzata in chiave di storia clinica
del paziente deve invece tener conto dell’intero percorso
terapeutico e non della semplice somma di efficacia delle
singole azioni in un’ottica di sistema. I percorsi
diagnostici-terapeutici sono strumenti indispensabili alla
diffusione, nella pratica clinica, dei risultati emersi dalla
valutazione e dalla ricerca e dalla riduzione dei costi
generati da un congruente ed ottimale utilizzo delle risorse (
procedure, prescrizione di esami diagnostici, interventi
chirurgici ecc…). Anche la revisione delle modalità
organizzative o di regime di erogazione delle prestazioni
(degenza, day hospital, ambulatorio) deve portare a renderle
adeguate ed efficienti.
La configurazione dell’Ospedale del domani, basata essenzialmente
sul decentramento e sulla deospedalizzazione, richiede un
potenziamento della capacità di collegamento interno-esterno
(teleconsulto, teleassistenza, ecc…) ed una diversa forma di
aggregazione delle varie unità di produzione sanitaria, che non
vivono più in interazione con un ambiente chiuso (l’ospedale
tradizionale), ma con un numero cospicuo di altre esperienze e
competenze.
Come cambierà allora il modello gestionale dell’Ospedale?
Si sta procedendo verso la istituzionalizzazione di presidi per
“intensità di cure” non più concepiti come isole sanitarie
specialistiche, ma come punti qualificati di una complessa rete
di servizi. In questo processo innovativo e modulare il malato
viene posto al centro di ogni azione. E ‘ proprio da qui e dalla
complessità del soggetto che parte l’intelaiatura organizzativa
in cui il malato viene seguito, nell’intero percorso clinico, da
una figura unica di riferimento: il tutor ( case manager) che
rappresenta per il paziente la guida per l’intero evento
sanitario; un medico in possesso di una formazione
“generalista”, che assicura e tutela il malato affinché riceva
le prestazioni adeguate avvalendosi dell’opera e delle
competenze di equipe di specialisti adeguatamente supportate dal
TEAM infermieristico.
La logica che sottende a questa impostazione è quella della
“responsabilità diffusa”. La realizzazione di un ospedale per
intensità di cura, però, passa attraverso un forte cambiamento
sia da un punto di vista dell’assetto strutturale, con grandi
piastre diagnostico-ambulatoriali e aree dedicate ai livelli
degenziali, che da quello organizzativo: non più dipartimenti,
non più strutture complesse o semplici, non più ospedale
organizzato sulla figura del medico/disciplina, ma l’ospedale
articolato su livelli di intensità di cura: alta - livello 1 (
UTIC, UTIR, UTIM, ecc..) ; media- livello 2 (degenze mediche e
chirurgiche) ; bassa- livello 3 (low care : cure intermedie,
riabilitazione, continuità assistenziale temporale- RSA, cure
domiciliari, MMG e pediatri di libera scelta).
Il cambiamento riguarda anche e soprattutto gli aspetti gestionali
e culturali.
L’assetto gestionale, in particolare, prevede una diversa scala di
valori: le risorse dell’ospedale vengono di fatto gestite dal
personale dell’assistenza sulla base delle necessità del
paziente.
Nel dettaglio il paziente si muove all’interno dell’ospedale solo
per cambiare il livello dell’assistenza dal livello 1 al 2 o
viceversa, dal 2 al 3 o viceversa, sulla base del proprio
bisogno e quindi correlato al gradiente di complessità definito
in appositi incontri (briefing) da parte dell’equipe
specialistiche ed assistenziali con la figura cardine del
processo gestionale dell’assistenza per intensità, il Tutor.
L’elemento più critico dell’ospedale per intensità di cura,
tuttavia, è correlato alle risorse umane e al fattore culturale
connesso alla nuova impostazione che prevede un articolato e
oneroso sistema formativo con una nuova impostazione critica
del ruolo delle figure in campo e dei loro rapporti. Il primo e
inevitabile passaggio sarà proprio da ospedale “medico-centrico”
a ospedale “paziente-centrico “ in cui gli attori coinvolti
sono: medico, paziente, personale di assistenza. Questo
passaggio comporta un cambiamento culturale oggi basato sulla
competenza professionale per disciplina che determina i reparti,
le divisioni, i servizi, denominati genericamente struttura.
Altro grande cambiamento è correlato alla diversa distribuzione
delle responsabilità ora concentrate nella figura del Direttore
che risponde complessivamente dell’operato di tutti i
collaboratori della struttura indipendentemente dalla varia
competenza professionale.
Il modello proposto prevede che ai vari livelli di assistenza vi
siano i Direttori clinici, simili agli attuali Direttori di
dipartimento, che hanno la responsabilità clinica del paziente
nell’ambito del livello 1,2,3 e/o dell’area di competenza.
Alla diretta dipendenza dei Direttori clinici sono i Tutor a cui
vengono affidati i pazienti sulla base delle rispettive
competenze. Accanto operano, organizzati in team, i medici
specialisti: Chirurghi, Cardiologi, Ortopedici, Ematologi,
nonché le strutture di diagnosi: laboratorio, radiologia ecc… .
La gestione dei livelli di assistenza è infine affidata alle
figure che già ora gestiscono i reparti ( infermieri) e i
servizi (tecnici) e che, secondo schemi appropriati,
garantiscono l’adeguata assistenza ai pazienti coordinando
l’attività con il tutor e con i team specialistici.
Occorrono, però, nuove soluzioni
e un nuovi approcci, riconfigurando gli ospedali
strutturalmente, tecnologicamente e soprattutto
organizzativamente e culturalmente.
Spesso, infatti, ci innamoriamo dei modelli e purtroppo siamo
propensi a veloci cambiamenti, ma a volte senza neppure aver
realizzato i modelli di riferimento previsti precedentemente.
BIBLIOGRAFIA
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transizione: “dalla carità al mercato”.
L’Arco di Giano 26/2000
Catananti C “ Ospedali per il
futuro:lavori in corso” Tendenze
nuove 1/2000
Falcinetti
N.; Trabucchi M.; Vanara F. “ Rapporto Sanità 2000. L’Ospedale
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Godetti G. “L’ospedale come
processo dinamico e complesso”, in Arcuri F. P. ( a cura di)
“L’organizzazione ospedaliera tra complessità e creatività”
Franco Angeli,
Milano 1992
L.R. 40/2005 Regione Toscana
Documento approvato dai Direttivi regionali delle società
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Pedace C. “L’organizzazione
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2006; 5(4); 201-205
