L' ABLAZIONE DELLA FIBRILLAZIONE
ATRIALE:
QUANDO ESEGUIRLA, QUANDO NON
ESEGUIRLA.
Valentino Ducceschi
U.O. UTIC – CARDIOLOGIA Ospedale
San Luca Dipartimento Cardiovascolare ASL SA 3 Vallo della
Lucania .
La fibrillazione atriale (FA) è
la più comune aritmia che si incontra nella pratica clinica,
responsabile di oltre un terzo dei ricoveri dovuti a disturbi
del ritmo cardiaco.
Si stima che rispettivamente
2.2 e 4.5 milioni di cittadini negli Stati Uniti e nella
Comunità Europea siano affetti da FA parossistica o persistente,
senza contare poi che negli ultimi 20 anni si è osservato un
incremento del 66% delle ammissioni in ospedale per
fibrillazione atriale. Pertanto, ben si comprende come la FA
costituisca un problema per le risorse economiche della sanità
nei paesi più avanzati, soprattutto per le ripetute
ospedalizzazioni che richiede ed in minor misura per la spesa
farmacologica che comporta.
Si calcola che annualmente il
costo complessivo per pz ammonti a circa 3000 euro, per una
spesa globale dell' Unione Europea di crca 13.5 miliardi di
euro.
L' incidenza della FA aumenta
progressivamente con l' età, passando dallo 0.1% negli
individui di età inferiore ai 40 anni, a circa il 2% nei
soggetti maggiori di 80 anni.
Inoltre, tale aritmia si associa
ad un sensibile incremento del rischio di stroke, di scompenso
cardiaco e di mortalità : secondo una stima recente, .quest'
ultimo risulta almeno raddoppiato nei pz con FA.
Pertanto, l' ablazione
transcatetere mediante radiofrequenza della FA si propone come
valida alternativa alla terapia farmacologica in pz selezionati,
soprattutto per il minor dispendio di risorse che alla fine
comporta e la migliore qualità di vita che assicura.
Essa va riservata a quei pz con
FA parossistica o persistente primitiva con episodi frequenti
(almeno tre all' anno), refrattari a terapia farmacologica
(almeno un farmaco antiaritmico a dosi piene) o che lo
richiedano per motivi particolari (determinate categorie
professioneli, sportivi agonisti, pz intolleranti alla terapia
farmacologica etc.): Le dimensioni dell' atrio sx non
costituiscono, entro certi limiti, un fattore limitante l'
indicazione all' ablazione, purchè non si tratti di
ingrandimento atriale secondario a cardiopatia valvolare . Lo
stesso dicasi per l' età avanzata del pz: generalmente, il
limite è posto a 75 anni, ma si deve tener conto anche delle
condizioni generali dell' individuo. Infine, nei pz con FA e
disfunzione sistolica ventricolare sx non vi è
controindicazione alla procedura ablativa, anzi sembrerebbe che
questa tipologia di pz sarebbero quelli che traggono maggiori
benefici dalla procedura.
Controverso è tuttora l' impiego
di questa metodica nel trattamento delle forme cronicizzate di
FA.
La tecnica ablativa attualmente
maggiormente seguita perchè corroborata dalle evidenze
clinico-sperimentali è definibile "ibrida", in quanto mira ad
eliminare eventuali foci "trigger", localizzati sembrerebbe
soprattutto nelle vene polmonari, ed a modificare il substrato
atriale, riducendo con lesioni lineari eseguite su entrambe le
camere atriali la massa "disponibile" a fibrillare.
Recentemente, inoltre, è emerso anche il ruolo non trascurabile
svolto dal sistema nervoso autonomo nella genesi della
fibrillazione atriale, con forma favorite sia dall' ipertono
simpatico che da quello vagale: di qui i tentativi di
localizzare dapprima e successivamente di ablare i cosiddetti
plessi ganglionati.
Da queste premesse, si evince
come il successo a lungo termine della procedura di ablazione
nelle FA parossistiche e/o persistenti sia dato dalla corretta
individuazione del meccanismo elettrogenetico della FA, in altri
termini dalla comprensione di quale fattore giochi un ruolo
preponderante (trigger, substrato, sistema neurovegetativo?)
A titolo speculativo, è
ipotizzabile che quanto più l' aritmia sia "radicata", come nel
caso di forme persistenti ricorrenti - senza voler arrivare alle
croniche, tanto più sia dipendente da alterazioni non più solo
elettriche, ma morfostrutturali degli atri, cioè del substrato.
Da ultimo, l' approccio ablativo
alla fibrillazione atriale non va raccomandato, oltre che nei
casi che non rispecchino le condizioni suddette, anche in quelli
in cui la turba del ritmo sia secondaria a cause note non
cardiache (ipertiroidismo, anemia, disionie) o cardiache ma a
genesi diversa (canalopatie, malattia del nodo SA etc.)