La terapia con statine fra note ministeriali,
linee guida e pratica clinica
Luigi Di Gregorio
Malattie cardio-vascolari e dislipidemie
Le malattie
cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte e
invalidità in tutto il mondo occidentale. Il peso globale della
morbilità CV sta rapidamente aumentando tanto che , entro il
2020, vi è una previsione di decessi per malattia coronarica e
ictus ischemico che supera i 20 milioni/anno con una
progressione verso i 24 milioni per il 2030. In Italia il 44%
della mortalità è attribuibile a cause di origine
cardio-vascolare e circa un quarto della spesa sanitaria viene
assorbito dalle cure di queste patologie.
I fattori di
rischio sono molteplici, alcuni modificabili, altri no. E’
cruciale il dato che solo nel 16-18% dei soggetti a rischio è
presente un unico fattore, da ciò deriva la necessità di un
approccio ed una valutazione del “rischio globale di malattia”.
Le
dislipidemie rappresentano uno dei più importanti fattori di
rischio modificabile: i livelli “target” di colesterolo sono
diversi a seconda della coesistenza o meno di altre condizioni
da valutare con attenzione caso per caso. La riduzione del
colesterolo totale del 10% determina una riduzione della
mortalità del 15%, ma, nella valutazione globale del rischio,
occorre tener conto anche del colesterolo HDL e, soprattutto,
LDL. Tali condizioni associate anche a modesta
ipertrigliceridemia configurano il cosiddetto “profilo lipidico
aterogeno” di costante riscontro nei coronaropatici.
Il
trattamento con le statine
Efficacia e
sicurezza del trattamento di riduzione del colesterolo con
l’utilizzo delle statine è stato da anni dimostrato con evidenze
inconfutabili.
Basterà
citare (The Lancet 2005) una meta-analisi prospettica dei dati
derivanti da 90.056 partecipanti a 14 studi clinici
randomizzati per verificare come la terapia con le statine può
ridurre l’incidenza a 5 anni, degli eventi cardiovascolari
maggiori, rivascolarizzazione coronarica e ictus, attraverso una
riduzione di colesterolo LDL, a prescindere dal profilo lipidico
iniziale o dalle altre caratteristiche individuali
I benefici
sono principalmente correlati al rischio assoluto individuale di
ciascun evento ed alla riduzione assoluta del colesterolo LDL
ottenuto. Questi risultati, rafforzano la necessità di
considerare il trattamento
continuativo in tutti i pazienti ad elevato rischio di uno
qualsiasi tra gli eventi cardiovascolari maggiori.
Al di là
della consolidata “teoria causale” sul meccanismo d’azione di
questi farmaci (meno colesterolo=meno rischi CV), negli ultimi
anni è andata accreditandosi l’ipotesi che l’efficacia delle
statine si basi sui cosiddetti “effetti pleiotropici”: a livello
dell'endotelio, l'ipercolesterolemia riduce la produzione di NO
e ne aumenta la degradazione; le statine hanno dimostrato di
incrementare l'NO endoteliale e di proteggere dagli eventi
ischemici con un meccanismo che non è associato al grado di
abbassamento di LDL. Quest'ultimo punto di vista, attualmente
sostenuto da molte ricerche internazionali, sposterebbe le
indicazioni delle statine da agenti ipolipemizzanti ad agenti
anti-aterosclerotici.
Ma nonostante
le indiscutibili evidenze cliniche, studi recenti condotti anche
con la collaborazione dei Mmg, dimostrano con chiarezza che i Pz
con alterazioni significative del profilo lipidico sono, ancora
oggi, sottotrattati su tutto il Territorio Nazionale. Soltanto
un terzo dei Pz a rischio CV elevato riceve un trattamento
efficace per regolarizzare i livelli di colesterolo portandoli a
target. Alla base di questi deludenti risultati vi sono
fattori diversi, ma sostanzialmente riconducibili ad un’alterata
percezione del rischio con la conseguenza di una sua troppo
frequente sottovalutazione. L’atteggiamento delle Aziende
sanitarie improntato al contenimento della spesa ad ogni costo,
la complicata applicabilità delle norme previste dall’AIFA e la
non sempre puntuale compliance del Paziente contribuiscono a
peggiorare la situazione.
La conoscenza
dei mezzi diagnostici disponibili per una corretta valutazione
del rischio CV associata all’applicazione di linee guida
ragionate e condivise, dovrebbe contribuire a migliorare la
qualità delle cure che saremo in grado di fornire ai Ns
Pazienti.
La
prevenzione
La
prevenzione personalizzata primaria e secondaria riveste un
ruolo fondamentale nel controllo della patologia cardiovascolare
ed in tale ambito il ruolo del Mmg è fondamentale ed
insostituibile.
La
prevenzione delle malattie CV passa attraverso una serie di
comportamenti (universalmente noti) che rappresentano il primo,
indispensabile, passo verso il controllo dei ben noti fattori di
rischio modificabili: l’adozione di un corretto stile di vita
come un’appropriata alimentazione, un’ adeguata attività
motoria, l’abolizione del fumo etc. riducono in maniera
sensibile la possibilità di imbattersi nelle malattie CV.
L’azione combinata di sane abitudini di vita influenza molto
positivamente molteplici fattori di rischio quali la
dislipidemia, il metabolismo glicidico, l’ipertensione arteriosa
e l’obesità.
Nei Pz ad
alto rischio (prevenzione primaria) ed in quelli che hanno già
subito un evento CV (prevenzione secondaria) è indispensabile
associare una terapia farmacologica idonea a correggere
efficacemente le alterazioni lipidiche. La più che collaudata
azione di riduzione della mortalità e morbilità CV e la loro
sicurezza di impiego fanno delle statine il farmaco di prima
scelta nel controllo delle LDL ma anche di HDL e trigliceridi.
La nota
13 prima e dopo
La
prescrizione di questi farmaci è sottoposta ad una serie di
norme codificate nella nota 13 dell’Agenzia Italiana per il
farmaco (AIFA) che pone alcune condizioni perché questa
“famiglia” di farmaci possa essere erogata a carico del SSN.
La filosofia
generale che sta dietro le ormai famigerate “note” è quella di
creare le premesse per una prescrizione consapevole, ragionata
ed appropriata. Applicando queste affermazioni di principio al
nostro caso e verificando il dettato della 13, emerge che il Pz
cui è possibile prescrivere la statina a carico del SSN, in
prevenzione primaria, è quello che supera, sulla base delle
“carte del rischio” CV, il valore limite del 20% (che
rappresenta la percentuale del rischio di avere un evento CV
maggiore a 10 anni).
Il farmaco è,
invece, sempre prescrivibile in prevenzione secondaria.
Se diamo
uno sguardo al passato,
rivedendo le note (all'epoca definite
CUF) che hanno regolato la prescrivibilità delle statine, è di
tutta evidenza come la restrizione imposta non fosse in linea
con i risultati che tanti studi in giro per il mondo andavano
affermando, vale a dire che il colesterolo assumeva una
responsabilità sempre maggiore nel determinismo delle malattie
cardio-vascolari e che questa categoria di farmaci (all'epoca
nettamente meno numerosa) veniva unanimamente accreditata della
capacità di ridurne i livelli e, con essi, la morbilità e la
mortalità CV. cardio-vascolare. Eppure se si vanno a rivedere i
termini entro i quali le statine erano rimborsabili si viene
assaliti dal dubbio che chi, all'epoca non aveva la possibilità
di acquistare i farmaci (tutti a costo piuttosto elevato...)
potrebbe essere stato immolato sull’altare di un risparmio
immotivato e bugiardo. Anche nell’ultima versione della nota
(nonostante le numerose “aperture” rispetto alle precedenti
versioni), c’è da rilevare qualche “distrazione” piuttosto
clamorosa già segnalata da alcune Società scientifiche e finora
non corretta; quando nella nota si parla della
possibilità di prescrivere la statina in caso di “vasculopatia
obliterante periferica” si fa riferimento alle arteriopatie
obliteranti degli arti inferiori; nessun riferimento alle
vasculopatie dei tronchi arteriosi sovra-aortici che, in molti
casi, hanno prognosi nettamente più sfavorevole…
Le note,
pertanto, regolano la rimborsabilità dei farmaci da parte del
SSN e sono oggetto, piuttosto spesso, di contestazioni ed
equivoci fra Medici prescrittori. In effetti il rispetto delle
note garantisce l’appropriatezza della prescrizione e tutte le
categorie professionali coinvolte debbono tenerne massimo conto.
Il Paziente in una certa percentuale di casi si trova coinvolto
in una diatriba a distanza che crea confusione ed incertezza.
L’appropriatezza prescrittiva delle statine
“Tra gli
obiettivi di un Sistema sanitario nazionale vi è quello di
massimizzare la probabilità di ottenere, con gli interventi
sanitari, gli effetti desiderati e di ridurre gli sprechi”
(Rapporto OSMED 2005)
La
prescrizione di un farmaco si dice “appropriata” se gli effetti
del principio attivo determinano benefici superiori ai rischi
correlati alla sua somministrazione. Una prescrizione è
“appropriata” quando il farmaco viene utilizzato per le
indicazioni cliniche per cui ne è stata dimostrata l’efficacia a
certe condizioni d’impiego (dose, durata, via di
somministrazione, interazioni etc…)
L’efficacia di un farmaco ne indica la capacità di modificare
positivamente l’evoluzione di una malattia attraverso la sua
guarigione o la riduzione della frequenza, della morbilità e
della mortalità associate.
Il Medico ha
l’obbligo di prescrivere farmaci efficaci assicurandosi che i
vantaggi evidenziati nelle sperimentazioni cliniche si
verifichino anche nella pratica clinica. Il discorso
sull’appropriatezza investe inevitabilmente il problema dei
costi per il notevole impatto della spesa farmaceutica sulla
spesa sanitaria generale. Se, a parità rischio-beneficio per il
Pz, una terapia è più costosa, la prescrizione va considerata
non appropriata.
Le
migliori evidenze scientifiche disponibili, riassunte nelle
Linee-guida internazionali, raccomandano di:
-
Trattare efficacemente tutti i pazienti ad alto rischio
cv per ridurlo il più possibile (-1% di C-LDL= -1%
rischio cv)
-
Trattare per portare a target di C-LDL (<100 mg/dl per i
pazienti ad alto rischio, cioè quelli ammessi dalla Nota
13)
-
Eliminare la discontinuità nel trattamento: le statine
sono una terapia cronica da non interrompere.
4.
Utilizzare la statina a più elevato rapporto costo/
efficacia nel portare a target i pazienti a rischio cv
L'appropriatezza prescrittiva deve
rappresentare un momento di riflessione, di consapevolezza e di
responsabilità da parte di tutte le categorie dei Medici
coinvolti nel processo prescrittivo. e non, come troppo spesso
accade, lo sterile scudo che le Aziende ergono contro l'aumento
della spesa.
Ecco la
necessità di fare dell'appropriatezza un metodo e non un
deterrente. Un metodo semplice ed abbondantemente sperimentato
in molte realtà è rappresentato dall'adozione di linee guida
condivise da tutte le categorie professionali interessate a
partire dal Territorio per passare ai presidi Ambulatoriali ed
Ospedalieri.
Senza intenti
e regole comuni tutto viene vanificato da un'antica, costosa ed
improduttiva incomunicabilità.